Polizia, le mani su Pietropolli
Ma l'associazione dei corridori non ha proprio niente da dire?
È il Giro del primo cinese, del primo greco, ma anche del primo poliziotto svalvolato. Credevo che il gravissimo episodio della tappa inaugurale, sul romantico lungomare di Napoli, sollevasse un certo polverone, o almeno un mezzo chilo di giusta indignazione. Vedo invece che tutti preferiscono la comoda linea del silenzio. Anche per questo – e mi scuso per il leggero ritardo – provvedo nel mio piccolo a chiudere il buco, della serie niente resti impunito, ma soprattutto della serie mai più una scena del genere.
Tra le abbaglianti bellezze di Napoli, tra i suoi chiaroscuri di architetture magnifiche e sporcizie perenni, giganteggia da domenica il nerboruto gendarme che applica il pugno di ferro ai ciclisti caduti, nella segreta ambizione di piantarglielo sul naso. Chiedere a Pietropolli, il poveretto della Lampre coinvolto in una delle cadute inaugurali. Sequenze mai viste prima, una vergogna nazionale.
Come tutti i ciclisti che scampano all’ammucchiata, il corridore si rialza un po’ barcollante e un po’ rintronato, cercando di verificare che tutte le ossa siano al posto giusto. In questi particolari attimi di vago choc, gli si fa vicino un gigante in divisa, chiamato a tenere l’ordine pubblico: all’inizio si pensa che l’agente voglia spostare un po’ Pietropolli verso le transenne, per proteggerlo dalle ammiraglie. In realtà, i suoi modi sono subito a dir poco sbrigativi. Il corridore, giustamente, si mostra sorpreso, gli si rivolge per chiedere cortesia e pazienza, santo cielo, ti sarai accorto che sono caduto, ti sembra il caso di fare il duro proprio con me, ma la risposta non ha niente a che fare con il buonsenso e il senso logico: l’agente in missione speciale, molto speciale, comincia a spintonarlo come un teppista da stadio (anche se dubito che con i teppisti da stadio faccia lo sceriffo a questo modo), quindi diventa parecchio minaccioso, molto sgradevole, andando a muso duro contro l’inebetito Pietropolli, senza che nessuno si prenda la briga di dirgli socio, cosa fai, mettiti tranquillo, ti sei reso conto che è un ciclista del Giro caduto e non un borseggiatore di zitelle americane.
Un grande spot nella memorabile domenica di festa popolare. Per la prima volta nella storia, in mezzo a una baraonda di ragazzini che arraffano gadget e automobilisti che mandano al diavolo i vigili urbani, il solerte poliziotto di sfoga sul ciclista caduto. Si vede che gli prudono le mani: gli devono aver raccontato che il ciclismo è sport di sofferenza, ha tutte le intenzioni di dare il suo contributo, che so, magari anche un paio di manganellate sugli zigomi. Se Pietropolli avesse tempo da perdere potrebbe finire annodato al telaio, ma per fortuna i meccanici della Lampre lo ricaricano in bici e al duro in divisa resta solo la voglia repressa.
In attesa che vada a sfogarla sui teppisti veri e sui delinquenti professionali (credo che nemmeno nella Napoli del Rinascimento manchino occasioni), due consigli. Il primo a Pietropolli: offra da bere ai suoi meccanici, perché in fondo gli hanno salvato la vita. Il secondo all’amata polizia di Stato: se deve venire al Giro per tenere l’ordine pubblico in questo modo, tante grazie per l’intenzione, ma fa lo stesso: già abbiamo fatto molta fatica a imporre il casco ai corridori, non possiamo pensare di imporre anche il paradenti.
P.S.: curiosità personale: ma il sindacato dei ciclisti, sul simpatico episodio, non ha proprio niente da dire?
di Cristiano Gatti per tuttobiciweb.it