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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 12 febbraio
#1
Anatole Novak (Fra)
[Immagine: 15739791741325Novak,Anatole.jpg]
Nato il 12 febbraio 1937 a La Mure, ed ivi deceduto il 4 gennaio 2022. Passista. Professionista dal 1956 al '71, con 21 vittorie. Figlio di un emigrante polacco, giunto in Francia dieci anni prima della sua nascita, Anatole può considerarsi uno dei gregari più importanti del ciclismo transalpino dell'ultimo mezzo secolo. Questo imponente atleta, alto e robusto (1,85m. per 83kg) e, per questo, ben presto soprannominato "il muro gigante", al fine di aiutare la famiglia, concepì giovanissimo lo sport come un mestiere. Corteggiato dalla pallacanestro scelse il ciclismo proprio perché gli garantiva la possibilità di guadagnare. A diciannove anni, nel '56, conquistò il Titolo Nazionale fra gli indipendenti, ed a venti, era già un professionista ben posizionato nell'ambito della propria squadra. La vita del gregario con qualche giornata di libertà, gli si addiceva per quella necessità che, unita ad un carattere mite, divenne convinzione. In carriera ha aiutato campioni come Anquetil ed Ocana, nonché buoni corridori come Aimar e Pingeon a vincere il Tour, non certo da pronosticati. A livello personale s'è tolto delle belle soddisfazioni vincendo fra le altre, la Parigi-Lussemburgo ('66), il Tour Herault ('65), una tappa al Tour de France (1961), alla Vuelta di Spagna (1970), nonché al Tour de l'Aude ('60), Dauphine Liberé ('60), Tour del Nord ('61), Tour de l'Oise ('63), Parigi Nizza ('64) e al Giro di Catalogna ('67). Di nota anche il successo nella Parigi-Pacy-sur Eure ('58).

Bruno Centomo
[Immagine: 1271487852CENTOMOBruno.JPG]
Nato a Molino d'Altissimo di Vicenza il 12 febbraio 1942. Passista veloce, alto m. 1,76 per kg. 71/72. Professionista dal 1966 al 1967, non ha ottenuto vittorie.
Cresciuto ciclisticamente nel varesino deve alla Unione Ciclistica Bustese e al Velo Club Varese Ganna, il suo decollo dilettantistico e la considerazione che lo portò al professionismo. Un corridore abbastanza veloce, ma non tale da vincere sui grupponi: aveva bisogno di azioni, di fughe, in sostanza di presentarsi al traguardo con piccoli drappelli, meglio ancora se molto piccoli. Furono i piazzamenti la sua costante fra gli ancor chiamati “puri”. Il successo più importante fra i dilettati fu il Gp Mocchetti, mentre la Coppa d’Inverno lo vide 2° sia nel ’62 che nel ’63. La Coppa Del Grande (anni prima aperta anche agli indipendenti prof), fu un’altra corsa con Centomo fra i protagonisti: 3° nel ’65, 5° nel ’63 e 6° nel ’62. Di nota anche il 4° posto nella Milano-Asti del ’64.  Nel 1966, l’Avvocatt Everardo Pavesi lo chiamò fra i professionisti della Legnano. Nell’anno d’esordio nell’élite ciclistica, Centomo finì 11° nella Sassari Cagliari (era giunto 3° ma fu declassato per irregolarità nello sprint decisivo), 7° nella terza tappa della Tirreno Adriatico, 5° nella diciottesima tappa del Giro d’Italia che concluse al 49° posto. Un’annata non male, ma Pavesi lo lasciò libero e per il 1967 Centomo s’accasò alla Mainetti, dive l’attese una stagione di completo gregariato al servizio di Marino Basso in particolare. La chiusura del sodalizio dalle maglie rosso porpora, fu un colpo al cuore per Bruno che, trovatosi fra i non accasati, provò a staccare la licenza anche per il 1968, ma corse pochissimo, ed a soli 25 anni concluse la sua carriera agonistica.

Georges Paillard (Fra)
[Immagine: 16401162911325Paillard,Georges.jpg]
Nato il 12 febbraio 1904 a Sainte-Gemmes-d'Andigné, deceduto ad Angers il 22 aprile 1998. Professionista pistard velocista prima e stayer-mezzofondo dopo, nonché stradista. Attivo dal 1921 al 1941 e nel 1949 con un centinaio di vittorie, delle quali trenta collocabili fra i valori internazionali. Un grande personaggio, che parlava il linguaggio della velocità, come pochi nella storia. Uno che ha stabilito record avveniristici per i sui tempi e che ha saputo monetizzare, grazie al fratello Antoine, che gli faceva da procuratore manager, tanto la popolarità, quanto la grande bravura. Un esempio: per tutti gli anni trenta è stato il corridore più pagato al mondo per partecipare alle riunioni su pista. Iniziò a gareggiare come dilettante all'età di 14 anni, nel 1918 . Quell'anno si classificò terzo nel campionato amatoriale francese della velocità su pista. In seguito cominciò a gareggiare anche su strada con la maglia bianconera del Vélo Club de Levallois e si dimostrò competitivo pure su quel versante del ciclismo. Un piazzato più che un vincente, in ogni caso un evidente, vincitore della Parigi-Evreux, della Paris-Rouen e del Criterium des Aiglons. Partecipò nella velocità su pista alle Olimpiadi di Anversa nel 1920, ma fu eliminato nei quarti. Continuò ad alternare pista in particolare nella massima prova veloce e ad esibirsi su strada dove arrivarono piazzamenti. Nel 1922 fu campione francese di velocità junior. L'anno successivo, dopo il successo su strada nella Paris-Dieppe, nella Rouen-Le Havre e nel Gp di Parigi, passò a novembre ufficialmente fra i professionisti.
Dopo un paio d’anni interlocutori, fatti più che altro di piazzamenti in gare di secondo piano, Léon Didier, il vecchio campione di mezzofondo divenuto “pacers” nelle gare dietro motori, lo convinse a praticare quella specialità, che allora aveva pure un versante su strada. Per Georges fu una nuova genesi, e che genesi!
Dopo un paio di stagioni in grande crescita, ma senza titoli di peso dal 1928 a fine carriera comprendendo taluni ritorni clamorosi vinse 6 volte il Campionato di Francia (1928–’29-’30-’31-’32 e ’34) 2 volte il Titolo Mondiale (1929-’32) e tutti i più grandi Gran Premi di mezzofondo d’Europa. In sintesi: il Gp di Bruxelles, il Gp di Boulogne, la Ruota d’Oro di Buffalo e la Ruota d’Oro di Basilea nel 1929; il Gp di Pasqua, il Gp dell’UVF, il Gp d’Auteuil, nel 1930; il Gp del Belgio, il Gp di Pasqua di Parigi nel 1931; il Gp d'Amsterdam, la Ruota d’Oro di Parigi, il Gp di Pasqua di Parigi, il Gp Montrouge e il Gp Boulogne nel 1932; le Cento Miglia, il Gp Boulogne, il Criterium dell’Hiver nel 1934; la Ruota d’Oro di Zurigo e il Croterum dell’Hiver nel 1935; il Criterium degli Assi su strada (gara iper di quei tempi) e il Gp di Milano nel 1937; il Gp di Buffalo nel 1938. A queste vittorie aggiunse una ventina di grandi piazzamenti e, soprattutto, stabilì dei record da lasciare a bocca aperta. Il 29 marzo 1937, sul circuito di Montlhéry, fece suo il primato mondiale di velocità su una bicicletta stayer, raggiungendo i 137,404 kmh. All’inizio di ottobre del medesimo anno, percorse Chartres - Parigi (86 chilometri fino a Porte de Saint-Cloud) in 1 ora e 8 minuti, ovvero 75,880 kmh in media, dietro motocicletta di 1000 cm3.
Nel 1939, desideroso di dimostrare di essere ancora un gigante ciclistico, anche a 35 anni compiuti si schierò alla partenza della più massacrante delle classiche, Bordeaux-Parigi. Tra l’altro, visti gli ingaggi che ancora percepiva grazie al fratello Antoine ex aviatore, il virtuoso Georges Paillard, sentiva la necessità di stupire ulteriormente l’osservatorio. E la cosa si stava mettendo molto bene, perché il “vecchietto”, a pochissimi chilometri dal termine, era ancora secondo a circa tre minuti da Marcel Laurent (poi vincitore). Il suo pacemaker, a quel punto, per il timore di un crollo del campione, lo consigliò di procedere con tranquillità e di puntare al record della pista del Parco dei Principi dive si concludeva la classica. Per un simile record c’erano in palio tanti soldi e Paillard si convinse della bontà del consiglio. Senonché, un po’ per la foga, ed un po’ per la stanchezza, quando arrivarono sul già divenuto leggendario impianto del Parco dei Principi, Georges andò a colpire il rullo del suo allenatore con conseguente terribile caduta. L’incidente, a 100 metri in linea d’aria dal traguardo, poteva davvero essergli fatale: si fratturò il cranio e una clavicola. Naturalmente non concluse la prova e s’avviò ad un difficile recupero che gli valse perlomeno il congedo sempiterno dal servizio militare con conseguente guerra evitata.
Paillard però, era una roccia e le sue doti di grande corridore, lo spinsero a ritornare in sella. Sia nel ’40 che nel ’41, partecipò e si piazzò molto bene in un paio di prove fra le pochissime del periodo. Poi la guerra prese il sopravvento e Georges, al pari di tutti, si fermò. Ma nel dopo conflitto, anche se non subito, decise di prepararsi ad un ultimo sussulto agonistico: lo voleva stavolta solo il suo orgoglio di campione, che da quel 18 maggio 1939 al Parco dei Principi, si sentiva ferito. E così, nel 1949 a 45 anni, stabilì il Record Mondiale dell'ora su strada dietro mezzo motoristico, con 96,480 km.
[Immagine: 16401162481325Paillard,Georges4.jpg]

Helmut Wechselberger (Aut)
[Immagine: 151233241718495Wechselberger.jpg]
Nato a Jerzens il 12 febbraio 1953. Passista alto 1,80 per 71 kg. Professionista dal 1987 al 1989 con 3 vittorie. Un ciclista fra i più anomali che chi scrive ricordi. Uno che iniziò a correre per davvero molto tardi, ma che era sulla bici da corsa da lustri e poteva casualmente impazzare fra gli amatori.
I primi anni settanta segnarono in Italia, ma non solo, il primo boom delle gare di quei competitori di varie età, non collocabili nelle categorie ufficiali del ciclismo, ma ben definite fra gli enti di promozione sportiva che avevano sviluppato una vera e propria organizzazione, anche europea. In quelle gare si trovava di tutto: da chi era più che altro un cicloturista, all’ex professionista o dilettante di un certo valore, divenuto amatore perché stare lontano dalle competizioni, talvolta è difficilissimo, un po’ come disintossicarsi dalla schiavitù del gioco d’azzardo. Fatto sta, che chi scrive, ennesima figura anomala di quel mondo, lasciò il calcio per cimentarsi senza pretese di futuro, sul mezzo spinto a motore umano: proprio quello strumento che coi suoi protagonisti l’avevano conquistato fin da prima delle elementari. Pigiando i pedali, fra i crampi dovuti al tanto calcio e le difficoltà tecniche, il pazzoide sottoscritto, scoprì di andar più forte dei più in salita, perlomeno negli allenamenti di gruppo. Capitò così che in uno di questi, nel febbraio del 1974, il folto drappello di amatori del sodalizio, s’arricchì di una decina di austriaci quasi tutti biondi e di età abbastanza simile a quella di chi scrive, definiti dal chiacchiericcio di contanti pedalatori domenicali, come appartenenti alla nazionale austriaca dei dilettanti e degli amatori. E fu così che su una salita resa celebre da un pessimo personaggio della storia, il sottoscritto si trovò positivamente coinvolto nella battaglia per quel fantomatico GPM, ancora fresco per distinguere chi aveva davanti: due di quella rappresentativa, il proprio capo ex professionista, ed un amatore che spingeva rapporti da spezzare le gambe di taluni anoressici frullini di oggi. Il sottoscritto non fece in tempo a gustarsi quella quinta posizione che, da dietro, fu appaiato da un austriaco con la maglia diversa dagli altri. Il tempo di uno sguardo, un incitamento in una lingua incomprensibile e poi lo scatto con tanto di vuoto verso gli stessi che stavano davanti. Una sorta di fenomeno che chi scrive sentì chiamare Helmut e che si dimostrò davvero di categoria superiore. Uno insomma che doveva correre in alto. Il sottoscritto memorizzò fotograficamente quel che vide e quel nome, ma per anni non ci furono novità o notizie. Poi, ad ottobre del 1987, la Paini Sidi fece passare fra i prof un austriaco di 34 anni, di nome Helmut e di cognome Wechselberger: non poteva essere che lui, il protagonista di quel lontano giorno di febbraio ’74.
Cos’era successo nel frattempo?
Wechselberger esordì fra i dilettanti veri nel 1979, a ventisei anni. In quella stagione vinse la Classifica generale della Niederosterreich Rundfahrt, divenendo un perno (stavolta sì), della rappresentativa austriaca dei dilettanti. In seguito, fra i tanti successi colse la Rheinland-Pfalz-Rundfahrt, il Niedersachsen-Rundfahrt, l'Osterreich-Rundfahrt due volte e il campionato austriaco in linea nel 1984. Ciononostante non passò al professionismo e continuò a vincere fra i "puri". Ai Campionati del mondo 1987, si aggiudicò la medaglia di bronzo nella cronometro a squadre e conquistò, fra le altre gare, il Trofeo Alcide De Gasperi, una classica del calendario italiano per dilettanti. Fu quel successo a spingere la Paini alla proposta di passaggio al professionismo, che fu accolta giusto in tempo per qualche prova di quella stagione nell’élite del ciclismo. Un esordio che lo vide 19° al Giro di Lombardia e, poi, subito baciato da una bella vittoria nella corsa più antica d'Europa: la cronometro individuale Firenze-Pistoia. Nel 1988, con la Paini divenuta Malvor, fu dapprima protagonista al Giro del Trentino con diversi piazzamenti di tappa, indi vinse il GP di Innsbruck, mentre al Giro d’Italia, che chiuse 23°, finì 3° fra i debuttanti. Andò poi al Tour de Suisse. Qui con una condotta regolare e diversi piazzamenti sui podi di tappa, conquistò il sesto giorno la maglia oro e la portò al traguardo finale di Zurigo. Una vittoria tanto inaspettata quanto significativa. L'anno seguente emigrò in Spagna alla Caja Rural, a fare da spalla a Marino Lejarreta. Partecipò alla Vuelta che chiuse 37° e, successivamente, al Tour de France, che portò a termine al 42° posto, cogliendo il miglior piazzamento di tappa nella cronometro finale di Parigi: 7°.
A fine anno, pur avendo la possibilità di continuare, mise il punto sulla sua carriera agonistica, brevissima fra i prof. Ma cosa avrebbe potuto fare se fosse passato in età giusta nella massima categoria?

Maurizio Ricci detto Morris
 
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