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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 15 aprile
#1
Armando Fabbri
[Immagine: 7018.jpg]
Nato a Cesena il 15 aprile 1927. Passista scalatore, alto m. 1,75 per 70 kg. Professionista nel 1952 al '53, senza ottenere vittorie. I suoi esordi si consumarono nella categoria dei liberi, dopo il conflitto, quando il suo soprannome, "Martèin", divenne popolare quanto le sue copiose vittorie. Certo, successi che contavano poco agonisticamente, però l'importante, per lui e il suo intorno, c'era eccome. Passato dilettante all'interno della culla storica del ciclismo cesenate, ovvero l'Unione Ciclistica Renato Serra, si mostrò tanto bravo in salita, quanto vulnerabile negli arrivi in volata. Ma la sua scorza di corridore comunque tenace, gli consentì di vincere diverse gare nel territorio marchigiano e di cogliere piazzamenti di pregio. Al punto che nel 1952, riuscì a conquistare il passaggio fra i professionisti con la Welter-Ursus. Qui però, nonostante talune belle gare, in specie alla Milano-Torino quando fu l'unico a tenere la ruota di Fiorenzo Magni in discesa (guadagnandosi i complimenti del "terzo uomo"!), non ebbe la possibilità di sfondare, ed a fine anno, la morte prematura del padre, lo costrinse ad abbandonare l'attività.

Graham French (Aus)
[Immagine: FRENCH%20Grame%20-%201.jpg]
Nato a Ulverstone (Tasmania) il 15 aprile 1926, deceduto in Gold Coast il 9 marzo 2012. Pistard Stayer in particolare. Professionista dal 1951 al 1959 con un numero imprecisato di vittorie si pista di cui almeno 15 di primario valore internazionale.
Arrivò all'aeroporto di Bruxelles alla fine del 1954, con due ruote ed una bicicletta che pareva un cancello, veniva dall'Australia, ed era sconosciuto a tutti. Il suo nome non figurava fra i già nobili aussie che avevano impreziosito le piste degli affollatissimi GP del periodo, dei Mondiali e delle Olimpiadi. Di quella terra lontana ed affascinante, che era diventata dimora e nuovo paese dell'italiano Nino Borsari, olimpionico nel 1932, si conoscevano bene Sid Pattersson (l'unico capace di vincere un mondiale sia nell'inseguimento che nella velocità), il grandissimo Russel "Mocka" Mockridge, corridore totale e sempre in grado di stravolgere tutta la conoscenza ciclistica fin lì evidenziata, il velocista Lionel Cox, il seigiornista Reginald Arnold, ma di questo Graham French, nessuno proprio sapeva nulla. Già, perché le sue generalità recitavano quel nome e quel cognome, la data di nascita nel 15 aprile 1927 (coetaneo di Pattersson, dunque) e quella provenienza da Ulverstone in Tasmania che poi tanti smarriranno, forse per mantenere alto quel mistero che coinvolge, ancora oggi, il tratto agonistico di questo figlio dell'incantevole isola a sud dell'Australia continentale.
Qualcuno aveva dato al biondo e piuttosto tozzo Graham, l'indirizzo di un allenatore ed un tempo campione delle gare dietro moto: Frans Cools. Quell'incontro serviva come il pane al tasmaniano, perché era quella la specialità che un paio di mesi prima, Sid Pattersson, sulla pista di Melbourne, gli aveva consigliato come la più adatta ai suoi mezzi. Ed il già quasi ventottenne French, voleva assolutamente provarla. Nella sua lontana terra, gli stayer erano solo un'attrazione ancor densa di curiosità e le gare erano davvero pochissime. Quando si presentò a Cools, sconosciuto com'era, il buon Graham un po' guascone come tutti i tasmaniani, pensò bene di darsi una credibilità, sostenendo d'essere un amico e compagno di squadra di Mockridge, proprio quell'anno vincitore di una gara molto sentita dai fiamminghi con ambizioni su pista: il GP Marcel Kint. In parte le dichiarazioni di French erano vere: con "Mocka" aveva condiviso la stessa appartenenza nell'equipe australiana Rudge, ma nel ciclismo aussie del periodo, le squadre erano davvero sui generis e non andavano molto oltre la semplice conoscenza dei singoli. Le parole del giovanotto però, furono sufficienti ad alimentare la curiosità di Cools, che decise di provare le qualità del ciarliero Graham sulla magica pista di Anversa. Fu proprio un derny, il primo riferimento europeo di French, professionista isolato già nel '51, poi per due anni fermo ad allevare bestiame, ed il ritorno proprio durante il '54, sempre nelle poco competitive gare australiane.
La risposta di Graham sulla pista fu strabiliante. Frans Cools capì subito che le doti del ragazzo della Tasmania erano primarie: French rispondeva alle sue accelerazioni e sapeva mantenere una forte velocità sulla linea degli stayer. Le prove dei giorni successivi superarono i primi responsi, ed anche le risposte con le moto degli stayer furono estremamente convincenti: Frans Cools, allenatore esperto, ma ancor giovane, aveva trovato un campione in grado di competere con gli assi del periodo, Dolf Verschueren su tutti.
Il record sull'ora dietro derny di Graham French.
Frans Cools, volle bruciare le tappe. Graham, il tasmaniano era in Europa da una sessantina di giorni e dietro le spalle aveva esperienze ridicole, ma per l'allenatore era già pronto per entrare nella storia del ciclismo. Deciso ed impavido il "pacer" di Crayford, prenotò il velodromo di Anversa per il 7 febbraio 1955, con l'intento di portare Graham French a cancellare il primato di Verschueren. Per il corridore degli antipodi, l'occasione era ghiotta, d'altronde non era certo nelle condizioni di poter mettere dubbi o contestare il suo allenatore. In fondo non aveva niente da perdere, ed agli occhi dell'osservatorio era ancora un perfetto sconosciuto. Ciononostante, il pubblico accorse numeroso, attirato dalla curiosità di vedere quell'atleta venuto dal nulla, elevare la sfida "all'uomo dietro moto" per antonomasia. Il tentativo si svolse regolarmente, e si dipanò senza nessuna tabella di marcia concordata, ma con la sola sensibilità di Cools a dettare i ritmi per le gambe, a suo giudizio convincenti, di French. Nell'animo del "pacer" belga, la volontà di segnare qualcosa di unico, era forte al punto, di condurre la prestazione dell'aussie su ritmi in grado di poter superare i sessanta all'ora.
Per una cinquantina di minuti, i piani molto istintivi di Cools, stazionarono sulle ali della speranza più impensabile, con una media collocata sui 60,300 kmh! Solo nei dieci minuti finali, l'ovvia flessione di Graham, fece scendere la media a 59.875 kmh, ma era pur sempre record mondiale, con la bellezza di 1 km e 189 metri in più del grande Dolf Verschueren.
Graham French l'aveva fatta davvero grossa, quasi volesse rivivere, nel suo campo, la celebre frase di Caio Giulio Cesare: "Veni vidi vici"!
La carriera di Graham French.
Sulle ali di quell'incredibile primato, il corridore di Ulverstone, provò la corsa dietro derny su strada, a Wevelgem, uscendo sconfitto d'un soffio dallo specialista belga Lucien Demunster, Si schierò poi su pista, nei GP degli stayer, ed anche dietro le grosse moto, si dimostrò degno del record mondiale dell'ora coi derny, non uscendo mai dai primi cinque. Vinse la Ruota d'Oro, ed assaggiò i podi illustri: finì, infatti, terzo, dietro al giovane fenomeno tedesco Karl Heinz Marsell e al sire Dolf Verschueren, nel Campionato Europeo, mentre ai Mondiali che si svolsero al Vigorelli di Milano (dove lo spagnolo Guillermo Timoner vinse la prima delle sue sei maglie iridate), giunse quarto.
La puntata italiana, gli valse un contratto con la Torpado per la stagione successiva. Nel 1956, il suo crescendo di risultati continuò, anche se finì il sodalizio diretto con Frans Cools. Affidatosi al pacer Georges Grolimund, confermò il terzo posto agli Europei Stayer (battuto da Verschueren e dal francese Godeau), ma ai Mondiali di Copenaghen sbaragliò il campo, laureandosi, proprio ai danni del grande Timoner e dello svizzero Bucher, Campione del mondo.
Nel 1957, onorò la maglia iridata, confermandosi fra i migliori e chiuse la stagione col terzo posto ai Mondiali di Roucourt, dietro al belga Depaepe e allo svizzero Bucher. In quei tre anni che lo avevano posto all'attenzione mondiale, Graham French, dispensò sorrisi ed una spiccata simpatia, ma mantenne ugualmente quell'alone di mistero che pareva a lui siamese fin dal suo arrivo a Bruxelles. Alla fine dell'anno, dopo il secondo posto nel GP di Zurigo (vinto da Depaepe), tornò in Australia.
Nel 1958, i suoi viaggi per le gare in Europa furono pochi ed incolori. Ai mondiali di Parigi guadagnò la finale ad otto, ma poi deluse, giungendo settimo. Il suo canto del cigno si consumò alla "Sei Giorni" di Melbourne, dal 16 al 21 marzo 1959, dove, in coppia con Murray, giunse secondo dietro Pattersson e Reynolds. Il giorno dopo, appese la bicicletta al chiodo e sparì letteralmente dal mondo del ciclismo, tornando nella nebbia degli enigmi, proprio come prima del suo arrivo a Bruxelles. Si sa, perché me lo ha raccontato Danny Clark, che è stato il silenzioso maestro di diversi ciclisti, lui compreso. È morto agli inizi di settembre 2012 in Gold Coast, dove s’era trasferito a fine anni novanta.   

Raymond Poulidor (Fra)
[Immagine: 16374277271325Poulidor,Raymond2.jpg]
Nato a Masbaraud-Merignat (Francia) il 15 aprile 1936; alto 1.72, peso forma kg. 69. Completo. Professionista dal 1960 al 1977 con 197 vittorie comprese le speciali classifiche. Un modello di coscienza professionale, dotato di un carattere semplice, ricco di simpatia e con una serenità di fondo (sempre sorridente ed affabile, sia nelle vittorie che nelle sconfitte), che lo ha reso popolarissimo: si potrebbe dire parte integrante delle proiezioni sportive delle famiglie francesi. Decisamente preferito nei confronti di un altro grande transalpino del momento: Jacques Anquetil. Soprannominato "Poupou", la folla lo salutava con ammirazione e con grande simpatia, quasi lo invocava. Professionista a 24 anni in quanto per 28 mesi aveva dovuto prestare servizio militare in Africa del Nord, si è bene amministrato restando sulla breccia fino a 41 anni, correndo sempre con la maglia della Mercier. Un sondaggio del 1973, rivelò che il quarantotto per cento dei francesi considerava Poulidor come il campione francese più conosciuto ed apprezzato. Ha conquistato quasi duecento successi, a dispetto di chi lo ha definito un "eterno secondo".
Tra queste vittorie, il Campionato nazionale (1961); Milano-Sanremo (1961); Freccia Vallone (1963); Giro del Delfinato (1966); 1 Vuelta di Spagna (1964); Circuito Sei Province (1969); Settimana Catalana (1973); Etoile des Espoirs (1971); 2 Parigi-Nizza (1972-1973); Midi Libre (1973); GP Cannes (1964); 5 Criterium Nazionale (1964-1966-1968-1971-1972); Nizza-Seillans (1969); GP Nazioni (1963); GP Lugano (1963); Mont Faron (1966); Trofeo Super Prestige (1964); Sette successi di tappa al Tour de France. Ha preso parte a 14 edizioni della Grande Boucle, ma la sua lunga carriera non gli ha mai offerto la gioia di primeggiare a Parigi. Non solo, ma pur da grandissimo protagonista per tre lustri al Tour de France, non è mai riuscito, neppure per un giorno, a indossare la maglia gialla. Eppure vanta un ruolino pazzesco: 3° nel '62, 8° nel '63, 2° nel '64, 2° nel '65, 3° nel '66, 9° nel '67, ritirato nel '68, 3° nel '69, 7° nel '70, 3° nel '72, ritirato nel '73, 2° nel '74, 19° nel '75 e 3° nel '76. Avrebbe fatto meglio se, come tanti altri campioni, avesse cercato la messa a punto della condizione al Giro d'Italia, che invece non ha mai disputato. Pochissime, in effetti, sono state le sue presenze nelle corse italiane. Gli manca pure la maglia iridata, ma nelle 15 partecipazioni al Mondiale, è stato 2° nel '74, 3° nel '61, '64 e '66, nonché 5° nel '60 e '63. Un grandissimo corridore, dunque. Un altro che rende ridicoli i dogmi di chi osserva col pallottoliere delle vittorie e che ha contribuito a rimandare al mittente le stupidaggini di chi ha fatto del ciclismo il cultore sportivo dei primi posti, traducendo in sconfitto per antonomasia il secondo arrivato.

Roger Rondeaux (Fra)
[Immagine: 16374888911325Rondeaux,Roger5.jpg]
Nato a Mareuil-le-Port il15 aprile 1920, deceduto a La Rochelle il 24 gennaio 1999. Ciclocrossista e stradista. Prof dal 1947 al 1957 con 23 vittorie fra cross e strada.
Un padre del ciclocross a tutti gli effetti. Primo, per essere stato colui che più di tutti (anche di Robic) lo ha fatto cementare su orbite diverse da quelle della sperimentazione, alle quali era ancora relegato nell'immediato dopoguerra. Secondo, per essere stato capace di far capire a taluni scettici quanto il ciclocross non fosse una pratica in antitesi alla strada e non a caso i suoi migliori risultati sui non numerosi asfalti della sua epoca, li ha raggiunti quando era la stella del fuoristrada. Terzo, per aver contribuito in maniera notevole allo sviluppo di una tecnica nell'affrontare gli ostacoli di una gara di ciclocross. Rondeaux si dedicò a questa disciplina subito dopo la guerra, quando aveva già 25 anni. Fino a quel momento per motivi ovvi, il suo rapporto col pedale s'era dipanato su comunque rare esperienze amatoriali. Il ciclocross, con la sua promiscuità per categorie e licenze, gli consentì un più facile inserimento, e quella fu la vera causa scatenante della sua militanza. Si scoprì nel 1945, quando giunse 3° nel campionato nazionale di cross, dietro a Robic e Piot. L'anno successivo colse su strada un importante 3° posto nel Circuito del Mont Vantoux e nel cross si confermò figura di valore, giungendo 2° nel Criterium International: di fatto un mondiale della specialità senza essere codificato come tale. Nel '47, la sua consacrazione: vinse il primo dei suoi 7 Titoli nazionali di ciclocross (gli altri nel '48, '49, '51, '52, '53, '54) e finì 2° nel Criterium dietro Robic. Ma ormai era una stella e nel 1948 e nel '49 quel mondiale non ufficiale fu suo. Finalmente, nel 1950, l'UCI definì anche per il ciclo-cross i campionati mondiali che su disputarono a Parigi il 26 febbraio. Rondeaux inanellò un gran duello con Robic e la prova si chiuse allo sprint, dove a vincere fu "Testa di vetro". L'egemonia di Rondeaux era però alle porte e si concretizzò con 3 Titoli Mondiali nei tre anni successivi che potevano essere 4, se a Crenna, nel '54, non fosse caduto e non avesse rotto il telaio della bicicletta. Sulla soglia dei 35 anni, il vecchio sire, lasciò il testimone ad André Dufraisse e, di fatto, si ritirò. In tutti quegli anni però, aveva pure trovato il modo di emergere anche su strada, cogliendo vittorie soprattutto in Spagna, dove, nel '52, aveva vinto la Subida a Arantzazu e tre tappe della stessa. Rondeaux era davvero il prototipo di un ciclocrossista: agile, flessibile ed abile nel risalire in bicicletta su ogni tipo di terreno, o circuito di gara. Un grande.

Maurizio Ricci detto Morris
 
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