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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 16 aprile
#1
Mario Bruschera
[Immagine: 1238234756BRUSCHERA%20Mario.jpg]
Nato a Milano il 16 aprile 1887 ed a Milano morì il 23 febbraio 1968. Professionista dal 1909 al 1915 con 8 vittorie. Come tutti i corridori dell'epoca, anche quelli che superficialmente si definivano velocisti, era dotato di fondo, e non poteva essere diversamente, vista la morfologia delle gare su strada del tempo. Questo milanese però, possedeva nei finali una grande lucidità che lo faceva più veloce di altri. E lo dimostrò compiutamente nella sua vittoria più illustre, proprio la XX Settembre 1910, quando, sia sul traguardo intermedio di Napoli, che in quello decisivo di Roma, seppe battere i due più forti corridori italiani, ovvero Ganna e Galetti, anch'essi accreditati di ottimi spunti veloci.
Buschera confermò dunque quanto di buono si era potuto vedere di lui nell'anno d'esordio, ovvero il 1909, quando vinse la Coppa Val d'Olona, finì secondo nel Campionato Italiano su strada, terzo nel Giro della Provincia di Pavia e nella Milano Modena. Prima della Roma-Napoli-Roma, nel 1910, aveva già vinto due tappe del Giro "Ai mari, ai laghi, ai monti" e il Circuito del Casalese. Successivamente, s'aggiudicò il Giro del Piemonte nel 1911 e la Coppa San Giorgio nel 1912, anno nel quale finì 5° al Giro di Romagna. Ma la sua carriera fu assai breve, poiché sfociò in un rapido declino, ancor prima dell'arrivo della Prima Guerra Mondiale. Nel 1913 e nel 1914 nonostante l'inserimento in formazioni di rilevanza, non si fece mai notare e dopo il conflitto, pur avendo solo trenta anni, non riprese più l'attività agonistica.

Herman Frison (Bel)
[Immagine: 16435488291325Frison,Herman.jpg]
Nato a Geel il 16 aprile 1961. Passista veloce. Professionista dal 1983 al 1996 con 30 vittorie. Un buon corridore che è stato un'ottima spalla, o un gregario di pregio, a seconda delle visioni, ma non un campione. E come tutti i corridori di buon livello, possibile al raggiungimento di qualche traguardo stellare, in particolare quando questi si determinava in una sola giornata.
Buon dilettante (fu secondo nel Campionato nazionale '83, poco prima di passare nell'elite), ma non eccelso, anche perché pur essendo veloce non possedeva lo spunto letale e pagava le ascese lunghe, nonché la ripetitività ravvicinata di quelle corte. Caratteristiche che ha mantenuto fra i professionisti, anche se moderatamente più smussate. Le aggiunte importanti, che sono poi quelle che gli hanno consentito un più che discreto palmares, stavano nell'abnegazione verso il mestiere, ed in una determinazione feroce, capace di sopportare oltre i limiti delle proprie consistenze fisiche, il peso della corsa. In ogni caso, un esempio del declino in cui si era ficcato il ciclismo belga, durante il segmento in cui Herman Frison ha corso. Anzi, il pedale fiammingo e vallone, deve ad atleti come lui, una devozione speciale, perché grazie a loro, fu attutito il colpo dei tre lustri più neri della storia di quel ciclismo. Fra i 30 successi del corridore di Geel, spicca la Gand Wevelgem 1990, ma vanno sottolineati pure quelli nella Quattro Giorni di Dunkerque '87 e nella tappa di Pforzheim al Tour de France 1987 e nella Heusden-Destel-Bergen '94.
Il suo ruolino.
1983: 3a Tappa (a) del Giro d'Olanda. Piazzamenti importanti: 3° nel Giro d'Olanda. 1984: Criterium di Booischot. 1985: Criterium di Tongerlo. 1986: GP Stad Vilvoorde; Sint-Pieters-Leeuw; Chaumont-Gistoux; 5a e 6a Tappa del Giro delle Valli Minerarie. Piazzamenti importanti: 2° nel Campionato delle Fiandre; 3° nella Mandel - Leie - Schelde. 1987: 4a Tappa del Tour de France; Quattro Giorni di Dunkerque; 2a Tappa della Quattro Giorni di Dunkerque; Grote Prijs; Criterium di Peer. Piazzamenti importanti: 2° nell'Attraverso il Belgio; 3° nella Gand-Wevelgem 3° nel Campionato Nazionale su strada. 1988: Polder-Kempen; 2a Tappa del Giro di Danimarca; Criterium di Kalmthout, Geetbets e Humbeek. Piazzamenti importanti: 2° Campionato nazionale su strada. 1989: Sint-Katelijne-Waver; Hageland-Zuider-kempen; Criterium di Viane e di Betekom. Piazzamenti importanti: 2° nel Giro delle Fiandre; 3° nel Campionato delle Fiandre. 1990: Gand Wevelgem; 2a Tappa del Tour della Comunità Europea; Cri-terium di Nokere. 1991: Putte-Ka-pelle; Criterium di Wetteren. 1992: Criterium di Waver e di Dilsen. Piazzamenti importanti: 2° nel GP Impanis; 3° Mandel-Leie-Schel-de. 1993: Druivenkoers-Overijse. Piazzamenti importanti: 2° Parigi-Bourges; 2° nel GP Jef Scherens. 1994: Heusden-Destelbergen.

Rolf Maurer (Sui)
[Immagine: 15603433632473RolfMaurer.jpg]
Nato il 16 aprile 1938 a Hedingen ed ivi deceduto il 6 giugno 2019. Passista scalatore. Professionista dal 1960 al 1969 con 16 vittorie. A giudizio di chi scrive, uno dei corridori più intelligenti degli anni sessanta e, probabilmente, lo svizzero più brillante di quel periodo. Un atleta, che sapeva far tesoro di quello che era il suo potenziale non da super e nemmeno da campione di prima fascia, cogliendo sempre il massimo di ciò che poteva. E le sue vittorie, tra l'altro sempre colte col piglio di uno che lascia a chi osserva la sensazione che a vincere fosse il più forte. Non era così, ovviamente, ma anche questo da un segno della sua abilità. Sino ai 25 anni, ad esempio, sfruttò al massimo le possibilità che gli venivano dallo status di indipendente, correndo sia tra i dilettanti che tra i professionisti, ed acquisendo una esperienza che se fosse rimasto solo tra i "puri" o avesse anticipato troppo il passaggio, non sarebbe stata possibile. Ed in quella fase raccolse vittorie e piazzamenti che gli sono serviti non poco, sia come verifica che come stimolo, per tracciare la carriera migliore in questo sport. Da dilettante, nel '57, si era segnalato per la vittoria nel campionato svizzero dell'inseguimento, poi nell'anno d'esordio fra gli indipendenti, il 1960, per la vittoria nel Giro del Mendrisiotto, ed una serie di piazzamenti importanti per un giovane. Nel 1961, fece un gran salto vincendo il Campionato di Zurigo, allora non ancora la classica che poi è stata per anni, ma pur sempre una bella corsa, a cui aggiunse l'ottimo successo nel GP di Friburgo. Dopo una stagione d'assestamento coincidente pure con la ferma militare, passò totalmente fra i prof nel '63 e vinse una tappa del Giro di Romandia. Il 1964 fu il suo anno d'oro. Vinse dapprima il Giro di Romandia, quindi in solitudine la 10 tappa del Giro d'Italia che si concludeva a San Marino e chiuse la "corsa rosa" al 9° posto. In giugno trionfò, è proprio il caso di dirlo, nel Giro della Svizzera, dove, oltre alla classifica generale finale, s'aggiudicò due tappe e la rassegna dei GPM. In seguito vinse il GP Liechtenstein nel '65, la 1a tappa della Tir-reno Adriatico '66 (che chiuse 3°), il Giro dei Quattro Cantoni, il GP Campagnolo a Vicenza e la 5° tappa del Giro di Svizzera nel 1968. Nel suo ruolino non sono poi mancati i buoni piazzamenti nei campionati svizzeri (3° nel '61 e 2° nel '62), nel Giro di casa (2° nel '63 e '67), ed in altre prove.

Roberto Poggiali
[Immagine: 16048471451325Poggiali,Roberto.jpg]
Nato a Firenze il 16 aprile 1941. Completo, alto m. 1,71 per kg. 65/66. Professionista dal 1963 al 1978 con 10 vittorie.
La sua interminabile carriera e le vittorie pure di pregio colte, non rendono a questo corridore fiorentino, un atto sincero sulla sua tangibilità nella storia del ciclismo di due decadi. Roberto Poggiali è il classico corridore che se fosse vissuto in un'epoca come quella odierna, fatta di programmatori oltre ogni limite di ragionevolezza, sarebbe stato un campione considerato e riverito. Aveva tutto per emergere, ma doveva correre tutto l'anno il più possibile al massimo e, non essendo veloce, preferì aiutare, per gran parte della sua carriera, i compagni, in particolare Felice Gimondi e Francesco Moser, ai quali donò le sue non comuni ed indubbie facoltà.
Ciononostante, fu un evidente degli anni Sessanta e Settanta, un leader non riconosciuto come tale nelle enunciazioni dell'osservatorio, ma poi puntualmente presente nella sostanza. Un gran corridore, verso il quale resterà perenne, nel sottoscritto, un'immagine positiva e un'ammirazione ben superiore a quella riservata a campioni ricchi di presenze negli albi d'oro, ma che non riconosco con le medesime qualità di Poggiali.
La storia dello sport e del ciclismo in particolare, non va sempre letta sulle facciate, ci sono riferimenti e disquisizioni sottili che possono permettere una visione più precisa dei contesti e delle realtà e se sono qui ad innalzare Roberto, è solo per meri suoi meriti.
Gran dilettante, vinse tra l'altro il campionato italiano di categoria nel 1962, passò professionista presto, come si dovrebbe sempre fare, l'anno seguente, a ventuno anni e mezzo, senza seguire il miraggio delle Olimpiadi. Già alla prima stagione, corsa in maglia Lygie, chiuse bene il Giro al 24° posto, aiutando il dominio del capitano Taccone, nelle sue quattro tappe vinte consecutivamente. Nel '64, scioltasi la Lygie, approdò alla Ignis: finì il Giro d'Italia al 14° posto, dopo esser stato terzo nella difficile tappa di San Pellegrino. In evidente crescita tecnica e d'approccio all'agonismo, Poggiali fu autore di una bellissimo 1965, legando il suo nome ad una classicissima come la Freccia Vallone, quel giorno resa "storica" dal debutto al professionismo (con immediato protagonismo prima del ritiro), di chi diverrà, di lì a poco, il più forte ciclista mai visto (per me anche il più grande atleta dell'intero sport), Eddy Merckx.
Roberto si trovò nella fuga decisiva a tre con Felice Gimondi e Tommy Simpson e lì batté sul traguardo di Marcinelle, con un perentorio scatto nel finale. Al Giro d'Italia finì 8°, dopo esser giunto terzo nella tappa di Firenze mentre in Spagna, nel Giro di Catalogna vinse la quinta tappa.
Nel '66 passò alla Bianchi, ma complice qualche acciacco di troppo, non trovò mai occasione di emergere. Chiuse comunque il Giro, al 21° posto. Nel 1967 s'aprì una nuova era per il forte corridore toscano. Felice Gimondi, che ben conosceva le qualità di Poggiali, lo volle in seno alla Salvarani e per Roberto iniziò un lavoro di gregariato di lusso, che gli tolse molte delle possibilità individuali.
Tornò a ruggire nel 1970, quando il bergamasco gli lasciò qualche licenza e lui, bellamente, trionfò nel Giro di Svizzera. Un'altra dimostrazione delle sue qualità la diede chiudendo la "corsa rosa" all'undicesimo posto, senza curare minimamente la classifica. Nel '71 vinse la Coppa Sabatini e, finalmente, fu convocato in azzurro per i Mondiali di Mendrisio, dove fu una pedina importante.
Nella stagione seguente vinse, col solito assolo, il G.P. Cannes, ed a fine anno, chiuse il suo sodalizio con Gimondi, passando alla Sammontana di Alfredo Martini assieme all'amico Franco Bitossi. Vinse la tappa di Monte Sant'Angelo del Giro di Puglia, chiuse il Giro al 12° posto, giunse 2° nel Giro del Lazio e nel G.P. di Castrocaro, mentre in azzurro, fu una pedina peculiare (finì 9°) nel trionfo di Gimondi al Mondiale.
Un nuovo capitano, Francesco Moser, ed un nuovo team, la Filotex, nel 1974. Nell'anno, in mezzo ai soliti e non elencabili tanti piazzamenti, colse i successi nel circuito di Magliano e, alla grande, nel Giro del Lazio. Si ritirò, dopo aver fatto il suo lavoro, ai mondiali di Montreal. Nel '75 vinse il Giro del Friuli, e giunse 18° al Mondiale. Nell'anno successivo, con già 35 primavere alle spalle, fu ancora importante per Moser e trovò il modo, oltre a finire tra i protagonisti la "corsa rosa" (12°), di vincere quel Giro dell'Umbria che, negli anni precedenti, gli aveva riservato due amari secondi posti. Azzurro ad Ostuni, fu anche in quella occasione una spalla importante per Moser.
Continuò a correre fino al '78, dimostrandosi in ogni occasione un faro del gruppo. Finita la carriera divenne direttore sportivo, ma in quel ruolo così importante soprattutto per i più giovani, non vi rimase molto tempo. Un peccato.

Maurizio Ricci detto Morris
 
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