Login Registrati Connettiti via Facebook



Non sei registrato o connesso al forum.
Effettua la registrazione gratuita o il login per poter sfruttare tutte le funzionalità del forum e rimuovere ogni forma di pubblicità invasiva.

Condividi:
Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 16 febbraio
#1
Willy Appelhans (Ger)
[Immagine: 1271110984X011.jpg]
Nato ad Osterode il 16 febbraio 1889, deceduto. Non si conoscono data e luogo del decesso. Professionista dal 1911 al 1923, senza vittorie su strada e imprecisate su pista. Un pioniere del pedale di Germania. Iniziò a correre su strada evidenziandosi al punto di convincersi a provare un ciclismo migliore di quello tedesco e, soprattutto, con una concezione professionistica. Nel 1911, seppur individuale, iniziò la sua parentesi fra i migliori, quelli che si definivano universalmente professionisti. Partecipò presto a gare extra Germania e proprio nell'anno d'esordio colse un buon piazzamento alla Parigi-Menin, 13°. Ben presto però, capì che non sarebbe diventato qualcuno su strada ed iniziò a cimentarsi su pista nel mezzofondo o stayer, dove si dimostrò assai diverso dal corridore da retrovie che era su strada. Dietro motori guadagnò, le gare erano delle idrovore di pubblico pagante e lui poté correre con discreto profitto fino al 1923. Nel 1920, chiuse 2° il Campionato Tedesco dietro motori, superato solo dal semi-leggendario Wittig.

Sergio Bianchetto
[Immagine: fig-4-5.jpg]
Nato il 16 febbraio 1939 a Torre di Ponte di Brenta (PD). Velocista pistard. Professionista dal 1965 al 1969. Su strada non ha ottenuto vittorie.
Una pietra miliare del ciclismo italiano su pista ogni tempo. Certo, il meglio lo ha dato fra i dilettanti, stavolta poco importa. Perchè le differenze fra dilettantismo e professionismo sui velodromi, non sono mai state paragonabili alla strada: minime e per quanto riguarda le specialità velocistiche sovente addirittura a vantaggio dei dilettanti. Diciamo che l'era open, prima di sorgere, era nei fatti. Quindi, quando qualcuno sminuisce il ruolo e lo spessore di Sergio Bianchetto, proprio per la molto minor tangibilità fra i professionisti, in termini di valori assoluti e di peso sul movimento ciclistico della pista, commette una enorme inesattezza.
Nato ciclisticamente in quella grande scuola che è stata la "Ciclisti Padovani", Bianchetto ha saputo segnare un'epoca nelle prove veloci della pista, fino a risultare, anche per la grande simpatia del personaggio, un'icona di popolarità. Campione Olimpico per ben 2 volte nel tandem: nel 1960 a Roma, con Beghetto e, nel 1964 a Tokio, con Damiano. In questa specialità è stato pure tricolore nel '58, con Gaiardoni, nel '61 e '62 con Beghetto e nel '63, con Damiano. Sergio era potente, ma, soprattutto, bravissimo tatticamente, non a caso nel tandem era colui che pedalava nella parte anteriore. Come velocista puro, Bianchetto ha ottenuto la Maglia Iridata nel '61 e '62, perdendo la finale del '63 da Sercu e la finale Olimpica del '64 da Pettenella. Fu Tricolore nel '63, sia della velocità che del Km con partenza da fermo, mentre nel 1960, il 5 novembre, al Palasport di Milano stabilì il record mondiale dei 200 metri lanciati, con 11"40. Nelle cinque stagioni da professionista (1965-'69), perdendo una parte di quel guizzo che lo distingueva negli ultimi trenta metri, vide diminuire i suoi successi. Vinse comunque il Titolo nazionale della velocità nel '66, ed ha partecipato ai Mondiali di specialità in 4 edizioni. Fu 4° nella velocità nel 1968. Nel dopo carriera è stato CT dei velocisti e, successivamente, è divenuto un riferimento organizzativo del movimento ciclistico su pista.

Giuliano Martino
[Immagine: 1221064423Martino__Giuliano.jpg]
Nato il 16 febbraio 1931 ad Alice Bel Colle (Alessandria) ed ivi deceduto il 29 ottobre 2001. Passista scalatore. Professionista dal 1955 al 1957, senza ottenere vittorie. Un buon pedalatore fra i dilettanti, senza infamia e senza lode. In altre parole, un medio che dimostrò sin da giovane una particolare attitudine al lavoro di squadra. Fu questa la caratteristica che spinse la Welter a farlo passare professionista nell'ottobre del 1954 e lui ringraziò con una buona prestazione al Giro di Lombardia, chiuso al 58° posto. Nel 1955 partecipò al suo primo Giro d'Italia, comportandosi bene: si piazzò otto volte nei primi venti di tappa e lo concluse al 43° posto. Fu positivo al Giro di Puglia e Lucania con diversi piazzamenti di tappa, ed una conclusione al 15° posto. Fu poi un evidente al Giro di Lombardia, chiuso 11° a pari merito. Nel 1956 passò all'Ignis e dopo un buon esordio alla Sassari Cagliari conclusa 9°, partecipò al suo secondo Giro d'Italia. Qui fu un discreto protagonista prima di saltare come tanti nella storica tappa del Bondone. Fu 4° nella 12esima frazione che si concludeva a Livorno, 8° nella per niente facile 17esima, che si concludeva a Lecco dopo 278 chilometri.  A fine '56, Vincenzo Giacotto lo chiamò alla Carpano Coppi a fare da gregario al vecchio Fausto Coppi per il 1957. Ovviamente, il ruolo favorì una stagione oscura e densa di lavoro, che gli fece maturare l'idea del ritiro. A fine novembre, lasciò il ciclismo agonistico.  

Vincenzo Rossello
[Immagine: 1228475612ROSSELLO%20Vincenzo%20-%204.jpg]
Nato a Stella San Bernardo (Savona), il 16 febbraio1923. Deceduto ad Alessandria, il 20 gennaio 1989. Passista-scalatore, alto 1,75 per kg. 75. Professionista dal 1946 al 1958 con 6 vittorie. Un corridore che lo si potrebbe definire classico gregario di un'epoca dove diverse di queste figure avevano scorza assai superiore a ciò che assorbiva l'osservatorio. In altre parole, quasi dei campioni a livello individuale, dei fuoriclasse nella loro professionalità al servizio degli altri. Vincenzo merita un inchino, per la generosità e quei colpi che non si isolano come successi individuali, ma sono decisivi per le prestazioni dei capitani e delle squadre nazionali. Ha vinto poco, ma almeno quattro, delle sue sei vittorie, appartengono alle pagine del ciclismo, che oggi fanno incrementare portafogli e donano popolarità a chi le scrive: due tappe al Tour de France e due al Giro d'Italia.
La guerra gli precluse una buona crescita sportiva, perciò al suo passaggio al professionismo avvenuto nell'ottobre del 1945, la sua maturità era inferiore ai 22 anni e mezzo anagrafici. Ma fece presto a recuperare. Già all'esordio, al Giro di Lombardia, si classificò 15°, davvero un buon piazzamento per un debuttante. L'inesperienza la pagò al primo Giro d'Italia del dopoguerra l'anno successivo, dove una cotta lo costrinse al ritiro, ma prima aveva colto l'interesse dei palati fini del ciclismo con un bel terzo posto nella dura tappa Prato-Bologna. Già "specializzatosi" come spalla nella nuova squadra, la prestigiosa Willier Triestina, continuò a dar segni di qualità, col 5° posto alla Milano Torino e al Giro del Lazio, fino a guadagnarsi la selezione nella Nazionale che partecipò al primo Tour de France del dopoguerra. Qui, dopo essersi già messo in luce con il 2° posto a Besancon e altri buoni piazzamenti, alle porte di Bordeaux, un'auto lo buttò a terra, e Rossello ne uscì col braccio destro gravemente ferito. Ebbe la forza di concludere, ultimo, solo, a denti stretti, la tappa, ma non poté continuare quel magnifico Tour che lo aveva visto salvare Ronconi sul Galibier, passandogli la provvidenziale ruota (perché lui era là, con i primi) e che lo aveva visto aiutare Cottur sui Pirenei; che lo aveva visto riportare in gruppo, in pianura, un Brambilla che già sentiva i sintomi della famosa crisi. Provò a ripartire, ma il dolore lo vinse.
Nel '48 tornò al Giro d'Italia e ruppe il ghiaccio con la vittoria, trionfando nella difficile tappa Udine-Auronzo. Chiuse il Giro 18°, nella Legnano, al servizio di Gino Bartali che lo volle assolutamente con sé al Tour de France. Qui, alla seconda tappa che si concludeva a Dinard, andò a prendere i fuggitivi Bobet ed Engels e li regolò entrambi in volata. Non poté però terminare nemmeno quel Tour. Nella stagione colse anche un bel piazzamento, 3°, al Giro dell'Appennino. L'anno successivo, dopo esser giunto 2° nella Sassari-Cagliari e 5° nella Milano Sanremo, chiuse il Giro d'Italia nuovamente 18°, ma vinse ancora una tappa, nella "sua" Genova, trovando una grande collaborazione nel fratello minore Vittorio, anch'egli passato professionista. Partecipò poi alla sua terza Grande Boucle, al servizio di Coppi e riuscì a vincere pure a quel Tour un'altra tappa, la frazione del Gran San Bernardo che si concludeva a Losanna, dove superò il compagno di fuga anch'egli italiano, Pasquini. Fu poi peculiare nel sostegno al successo finale di Fausto. Chiuse la Grande Boucle 36°. Successivamente, per un triennio continuò a piazzarsi ed a lavorare sempre più per gli altri. Tornò al successo nel 1953, vincendo il Circuito di Maggiora. Il suo "canto del cigno" nel 1955, quando vinse la tappa di Foggia al Gran Premio Ciclomotoristico. Corse fino al 1958. In carriera partecipò a 12 Giri d'Italia di cui nove conclusi e a 4 Tour de France di cui 2 finiti. Fu azzurro ai Mondiali di Lugano, nel 1953, dove Coppi trionfò e lui, il generoso Vincenzo, chiuse 26°.

Maurizio Ricci detto Morris
 
Rispondi


[+] A 5 utenti piace il post di Morris
  


Vai al forum:


Utente(i) che stanno guardando questa discussione: 1 Ospite(i)