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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 21 febbraio
#1
Julien Delocht (Bel)
[Immagine: 1213098832De%20Locht,%20Julien.jpg]
Nato a Mol (Regione di Anversa) il 21 febbraio 1942. Passista. Professionista dal 1966 al 1970 con 4 vittorie. Un corridore la cui crescita agonistica fra i dilettanti, fu frenata dalle copiose tangibilità che erano in grado di sfornare, dapprima il coetaneo Jos Wouters, indi Walter Godefroot, Willy Planckaert, Roger Swerts ed un certo Eddy Merckx. Per Julien, le porte del protagonismo fra i cosiddetti “puri”, si aprirono compiutamente nel 1965, quando fu selezionato per la squadra belga che avrebbe partecipato al Tour de l’Avenir. Qui, Delocht si comportò molto bene, finendo la corsa a tappe al 5° posto, primo fra i belgi. Pensò al passaggio fra i professionisti all’indomani di quella ottima risultanza, ma ciò non arrivò, perché in Belgio si preferivano le qualità nelle corse di un giorno e per l’ormai 24enne di Mol il salto poté avvenire solo nel 1966, grazie ad un sodalizio francese di frontiera coi paesi del Benelux, quale è sempre stata la Pelforth Sauvage. Con la squadra
che aveva nell’occhialuto Jan Janssen il faro, Julien finì terzo al Midi Libre e partecipò al Tour de France, dove però si ritirò nel corso della 15a tappa. Nel 1967 partecipò alla Vuelta di Spagna, dove arrivò 3° nella tappa di Vinaros e chiuse 65° dopo aver lavorato tanto in favore del capitano, poi vincente, Janssen. Nell’anno ruppe il ghiaccio con la vittoria, facendo suo il Grand Prix de la Ville, in Francia. Nel 1968 Eddy Merckx lo volle alla Faema. Nella prima stagione con le maglie bianco rosse, vinse il Gp di Niel e quello di Ekeren. L’anno seguente andò ancora meglio, anche se vinse solo una corsa, il Gp di Landegem, ma arrivò cinque volte secondo ed una volta terzo. Nel 1970 arrivò tre volte secondo e tre volte terzo, ma non decollò sia nelle risultanze personali, che come spalla. A fine anno, la Faema chiuse: molti corridori seguirono Merckx alla Molteni, non Delocht che appese la bicicletta al chiodo.  

Leonida Frascarelli
[Immagine: 15959531671325Frascarelli,Leonida.jpg]
Nato il 21 febbraio 1906 a Roma ed ivi deceduto il 18 giugno 1991. Passista. Professionista, compresa la parentesi fra gli indipendenti, da settembre 1925 al 1935 con 18 vittorie. Una sorta di piccolo monumento per il ciclismo centro meridionale nell’ultimo lustro degli anni venti, ed i primi dei trenta. Uno che è stato protagonista anche quando non giungeva fra i primissimi, anche e soprattutto, perché sapeva muovere gli appassionati della Capitale, allora, al contrario di oggi, numerosi ed imponenti. Non era un personaggio, ma in virtù dei tanti tifosi, era uno dei più attesi agli start. Un buon corridore, battagliero, tenace e resistente, con tanta grinta pronta a sopperire il più possibile, a ciò che lo divideva dai più forti. Qualche guaio di troppo a livello fisico ne accorciò la carriera e ne diradò le presenze negli ultimi tre anni. Si distinse pure come gregario o spalla e fu azzurro ai Mondiali del 1929, il suo anno nel complesso migliore. Passò nel ciclismo professionistico verso la fine della stagione ’25, cogliendo in quello scorcio di anno agonistico, qualche piazzamento. Nel ’26 la sua crescita fu evidente: vinse il Giro di Campania, la Coppa delle Marche e fra i suoi numerosi piazzamenti, fu 3° nel Campionato Italiano indipendenti. Partecipò al suo primo Giro d’Italia, ma si ritirò. L’anno seguente non corse praticamente mai, a causa del Militare. Tornò prepotentemente in auge nel 1928, quando conquistò nove successi: il Giro dell’Umbria, la Coppa Lido di Ostia, la Coppa Baiocchi, la Coppa Auricchio, la Coppa Lazzaretti, una tappa e la Classifica Finale della Roma-L’Aquila-Roma, il Criterium Sannita ed il Campionato Laziale degli indipendenti. Tanti i piazzamenti di prestigio, su tutti il 6° posto al Lombardia.  
Il 1929, invece, fu l’anno della consacrazione. Vinse due tappe e la Classifica Finale del Giro di Campania, il Giro di Toscana e, nuovamente, la Coppa Auricchio. Fu 2° alla Milano-Sanremo, 3° al Giro d'Italia, 5° al Campionato del Mondo su strada. Fra gli altri piazzamenti, fu 2° in due tappe del Giro d’Italia e al Giro di Sicilia, 3° ai Tricolori professionisti juniores, 4° alla Predappio-Roma e 5° al Giro del Piemonte. Nel 1930 vinse al Giro non ancora divenuto rosa, le tappe Catania-Palermo di 280 chilometri e Asiago-Brescia di 186 e colse poi un 2°, un 3°, ed un 4° di frazione. Col 1931 però, arrivò quella flessione dovuta a vari malanni. Raggiunse ancora piazzamenti, anche se non più di peso.

Roberto Heras (Spa)
[Immagine: 16548035761325HerasHernandez,Roberto.jpg]
Nato a Bejar il 21 febbraio 1974. Scalatore. Prof dal 1995 al 2005 con 26 vittorie. Dopo un buon passato fra i dilettanti, passò prof con la Kelme. Dimostratosi subito gran scalatore, nel 1997 vinse la sua prima tappa alla Vuelta di Spagna, chiusa poi al 5° posto.  Nel 1998 si ripeté con una tappa e il 6° posto finale. Nel 1999 fu protagonista anche sulle strade del Giro d'Italia, vincendo la 21a tappa con arrivo ad Aprica e si classificò 5°. Nel 2000 impressionò in salita anche al Tour de France, concluso poi con l’ormai solito 5° posto. A settembre però, vinse per la prima volta la Vuelta di Spagna, conquistando anche due tappe. Lance Armstrong, lo volle con sé nel 2001, ed Heras scortò il texano nella sua terza vittoria al Tour. Alla Vuelta comunque, con la scontata assenza del “sire da una corsa sola”, Roberto ebbe via libera, ma non andò oltre la 4a piazza. Negli anni successivi la storia si ripeté: Heras aveva carta libera durante la stagione, ma nella Grande Boucle doveva fare il gregario di Armstrong. Al Tour entrò nei 10 nel 2002, ma fu alla Vuelta che ritornò ad impressionare finendo secondo con 2 vittorie di tappa. Nel 2003, la corsa principale del suo paese fu di nuovo sua, ed a fine stagione, stanco di fare il gregario, abbandonò la US Postal e passò alla Liberty Seguros. Presentatosi con la nuova maglia al Tour de France, non riuscì però ad essere protagonista e si ritirò, ma alla Vuelta non deluse e vinse per la terza volta la grande corsa. Nel 2005, patì le pressioni dei media spagnoli e deluse ancora nella Grande Boucle, ma nella rincorsa alla maglia amarillo, fu di nuovo primo, diventando l'unico ciclista ad aver vinto per 4 volte la Vuelta, di cui 3 consecutive. Questo record però, durò soltanto due mesi, perché a novembre la positività riscontrata nella corsa iberica, fu confermata dall’esito delle controanalisi e la vittoria alla Vuelta, andò al russo Denis Menchov. Lì, è praticamente finita la carriera di Roberto Heras.

Il breve ritratto che segue, è il sunto di uno ben più ampio ed esaustivo che ho scritto per destinarlo ad una pubblicazione. Potevo in questa rubrica monitorare un altro corridore nato oggi, ma la grandezza straordinaria di Wouters, sconosciuta al 99% dei giornalisti che scrivono o commentano il ciclismo, mi ha spinto ad inserire questo breve testo, convinto che interesserà assai qualche appassionato. E voglio ricordare che Jos Wouters, al pari di Raphael Geminiani, sono le due figure ciclistiche viventi, che più di tutte mi sarebbe piaciuto intervistare.

Jozef “Jos” Wouters
[Immagine: 15978425853538Wouters.jpg]
Nato a Wakkerzeel il 21 febbraio 1942, professionista dal 1961 al 1965. Uno dei più grandi incompiuti, non per colpa sua, della storia del pedale. A differenza dell'italiano Romeo Venturelli, che si giocò tutto da solo, Jos deve a due rovinose cadute, una dietro derny in un cambio con Van Steenbergen a Daumesnil nel settembre del '62 e, l'altra in pista alla Sei Giorni di Francoforte nel novembre del '63, la sua prematura fine ciclistica. Wouters però, nel poco che poté far vedere si dimostrò straordinario e, per questo, anni dopo, mi incuriosì come pochi, ma non ha senso, in questo momento, andare di più sui "perché". Solo qualche dato, che raggela tutti coloro che oggi scrivono fiumi di inchiostro o parlano sulla maturazione dei talenti.... Jos dopo aver colto un centinaio di vittorie fra i dilettanti (tutte le più importanti corse per "puri" finirono nel suo palmares), mostrò subito, nel '61, da indipendente, degli autentici ruggiti. Veloce come pochi e già bravissimo sui muri, vinse tutto quel che si poteva vincere nella categoria di frammezzo, e quando poté correre coi migliori professionisti, se li mise dietro. Accadde dapprima nel Giro del Brabante e poi, proprio alla Parigi-Tours, la "Classica dei Castelli della Loira", dove, a soli 19 anni, irrise il forte Gilbert Desmet I. Nel '62 si impose nella Parigi-Bruxelles (allora classica di rango primario), finì 6° nella Roubaix, nonostante un forzato inseguimento a causa di una foratura, nonché 4° alla Liegi-Bastogne-Liegi. Rivinse il Giro del Brabante e aggiunse altre sedici vittorie su traguardi minori.
Un talento mostruoso. Dopo la caduta di Daumesnil, dove si ruppe in due parti la clavicola e si procurò una delicata ferita ad un ginocchio che interessò i legamenti, si riprese con molta fatica. Nel '63 pur senza forzare vinse la Freccia del Brabante, il Giro del Limburgo, due tappe del Giro del Belgio, la "De Panne" (la corsa antesignana della vicina "Tre Giorni") ed altri tredici centri minori. E quando si preparava ad un 1964 esplosivo, la nuova ed ancor più rovinosa caduta nel velodromo di Francoforte, dove, alle fratture, aggiunse un ematoma al cranio, che fu, probabilmente, la causa di quei continui stati vertiginosi che gli pregiudicarono un efficace ritorno alle gare. Provò di nuovo a correre, infatti, ma nel '65, come mi disse Gaul, che era suo compagno di squadra nella Lamot Libertas, era fin troppo ovvio vederlo come un ex. Un grosso peccato, perché c'era da scommettere su un suo profondo solco nel ciclismo.

Maurizio Ricci detto Morris
 
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#2
Cribbio Wouters doveva essere veramente una spada.

E che palle d'acciaio a tornare in velodromo dopo essersi fracassato pochissimo tempo prima.
 
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