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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 22 febbraio
#1
Antonio Ausenda
[Immagine: 16736985681325Aussenda,Antonio.jpg]
Nato il 22 febbraio 1926 a Brivio (LC) ed ivi deceduto il 4 giugno 1992. Passista scalatore, alto 1,68 per 67 kg. Professionista Indipendente dall'ottobre 1949 al 1954 con un successo. Ottimo dilettante, nel 1947 era stato azzurro ai Mondiali di Copenaghen. Fratello minore del più famoso Giuseppe per tutti Tino, Antonio ripercorse in parte la carriera giovanile del più anziano di casa Ausenda, ma fu più veloce nel decidere il passaggio al professionismo. Ciò avvenne nell'ottobre del '49 immediatamente dopo aver vinto la Coppa Agostoni, gara che contemplava la presenza di dilettanti scelti, indipendenti e professionisti. La prima corsa da prof, il solito Giro di Lombardia, dove chiuse 42°. Pochi giorni dopo, in coppia col fratello Tino partecipò alla crono Trofeo Baracchi dove i due giunsero sesti. Avviatosi alla carriera di gregario, in questa veste corse con la Willier le stagioni '50 e '51. Continuò a staccare la licenza anche nel '52, '53 e '54 ma corse poco e senza risultanze.

Silvano Ciampi
[Immagine: 16740610481325Ciampi,Silvano.jpg]
Nato a Marasca San Marcelle Pistoiese (PI) il 22 febbraio 1932, deceduto a Pistoia il 22 aprile 2022. Passista veloce. Alto m. 1,81 per kg. 77. Professionista dal 1957 al 1964, complessivamente ha ottenuto 18 vittorie. Dopo esser stato un ottimo dilettante dalla ruota veloce e non solo, quando passò professionista, nel 1958, con la fortissima Faema, fu autore di una stagione d'esordio eccellente. Così convincente ed esplosiva, da muovere confronti grandissimi e previsioni d'avvenire luminosissime nell'osservatorio e fra i tecnici. In quell'anno, infatti, vinse sette corse, fra le quali tre classiche italiane come il Giro del Piemonte, il Trofeo Matteotti e il Gran Premio Industria e Commercio. Per lui si spendevano accostamenti verso i grandi velocisti dell'epoca, ovvero i vari Van Looy, Van Steenbergen e Poblet, ma in realtà, Ciampi, era giunto a tanto, solo per le ragioni e le logiche della sopraggiunta maturità atletica: aveva già 25 anni compiuti e s'era forgiato nelle gare dilettantistiche che, a quei tempi, volendo viaggiare nella storia attraverso disamine semplicemente realistiche, erano perlomeno paragonabili al meglio della non certo brillante realtà professionistica odierna. Non a caso, dopo il debutto, paradossalmente si completò e si trasformò in un corridore più resistente, capace di emergere, anche se con ben altra intensità vittoriosa, su percorsi meno prevedibili per un velocista. Non a caso, nel '59, vinse una prova come il Giro dell'Appennino, che s'è sempre distinta per essere preclusa alle semplici ruote veloci. Parimenti, iniziò prima di tanti, anche la parabola discendente di carriera. In realtà, il suo fu un processo naturale, ben diverso dalle logiche che i medici santoni, così siamesi al doping ben anni luce più potente delle amfetamine, hanno propinato ed inculcato non solo negli atleti odierni, ma pure in chi, da tempo ormai, dovrebbe osservare senza farsi prendere per i fondelli dalle ragioni della chimica, degli istrioni in camice bianco e del di questi paravento chiamato scientificità. Silvano Ciampi non divenne un Van Steenbergen, ma un buon corridore, che fa piacere ricordare e che, come tanti di generazioni lontane, ci riporta ad un ciclismo più umano, vero e decisamente più bello di ciò che oggi si è "costretti" a digerire. Ed alla storia, per i palati fini, il gagliardo Silvano, non sta sconosciuto, anzi. Ha partecipato ad otto Giri d'Italia concludendone tre, col miglior piazzamento nel 1963, quando giunse 49°. Ha corso per Faema, Bianchi, Philco e Springoil.
Tutte le sue vittorie. 1957: Giro del Piemonte;Trofeo Matteotti; Gran Premio Industria e Commercio Prato; tappa di Ragusa al Giro di Sicilia; Circuito di Vighizzolo; GP Pontedera (Prova Trofeo UVI); Gran Premio Lari; Circuito Busto Arsizio. 1958: tappa di Chiavari al Giro d'Italia. 1959: Giro dell'Appannino; Giro di Romagna; Giro del Piemonte. 1960: Trofeo Longines (cronosquadre). 1961: tappa di Firenze al Giro d'Italia; tappa di Foggia al Gran Premio Ciclomotoristico; tappa di Castellammare di Stabia alGran Premio Ciclomotoristico. 1962: Giro di Campania. 1963: tappa di Ginevra al Giro di Romandia. I suoi migliori piazzamenti. 1957: 2° nella Coppa Bernocchi. 1958: 3° nel Giro di Calabria. 1959: 2° nel Trofeo Matteotti. 1961: 2° nel Trofeo Fenaroli; 3°nella tappa di Mondovì alla Mentone-Roma. 1962: 3° nel Trofeo Matteotti. 1963: 2° nella tappa di Asti al Giro d'Italia; 2° nel Giro dell'Emilia; 3° nel Giro del Lazio.

Ugo Colombo
[Immagine: 1251833018colombougo1971.jpg]
Nato a San Giorgio su Legnano il 22 febbraio 1940, deceduto a Pontremoli (provincia di Massa Carrara), il 10 ottobre 2019. Passista scalatore, alto 1,74 per kg 69/70. Professionista dal 1964 al 1974, complessivamente ha ottenuto 12 vittorie su strada.
Un corridore coi fiocchi, divenuto gregario perché a quei tempi i capitani erano dei super, in altre parole niente a che vedere coi corridori di oggi che vanno per la maggiore. E così, Ugo, sposò il ruolo di spalla, sullo stile dei tempi antichi, ma era forte, davvero forte. Per quattro stagioni fu uno dei fedelissimi di Franco Bitossi nella Springoil '64 e, poi, nella Filotex, sodalizio nel quale svolse tutto il resto della carriera. Quattro anni senza vittorie, perché ad aiutare Bitossi, continuò eccome, fino alla permanenza del grande toscano nella Filotex. Poi, nel 1968, ruppe il ghiaccio per se stesso, e si mostrò compiutamente per quel gran corridore che era ("La più forte spalla che abbia mai avuto", dichiara sempre Bitossi!), andando a vincere la frazione Como-Lanzo della Cronostaffetta, la prova di Montelupo e quella di Tarquinia del Trofeo Cougnet, nonché la Classifica Finale del Trofeo. Sempre nel '68, vestì la maglia azzurra ai Mondiali di Imola, vinti da Adorni, ma dopo aver fatto il suo lavoro, si ritirò. Fu 10° al Tour de France. Col '69 dunque si vide un Ugo Colombo nuovo e protagonista, pur rimanendo spalla. Regolarissimo, fu 5° al Giro d'Italia di quell'anno e addirittura 3° nel '71. Nel '69 si impose nella frazione di Ovrohlaz del Giro di Romandia e, poi, davanti a Taccone e Zilioli nella Scanno-Silvi Marina del Giro 'Italia. Nel '70, fece sua la Coppa Placci e la tappa di Tortosa al Giro di Catalogna. L'anno seguente, oltre al podio del Giro, dove fu per tre giorni Maglia Rosa, rivinse la Placci e la dura frazione di Villars, al Tour de Suisse. Nel '72 ritornò a cogliere il successo al Giro d'Italia, facendo sua la tappa di Francavilla, davanti a Merckx e Motta. Poi, nel 1973, con la partenza di Bitossi, si trovò in Filotex un nuovo capitano, giovanissimo e da lanciare: Francesco Moser. Fu quello un anno di grande sacrificio, con segni di calo anche se rimase nel novero dei corridori più in vista d'Italia. Nel '74 poi, il suo bellissimo "canto del cigno", con la conquista della tappa del Giro che si concludeva a Chieti, dove anticipò Roger De Vlaeminck. A fine stagione appese la bici al chiodo. In carriera ha partecipato a 11 Giri d'Italia concludendone 9, a 3 Tour de France tutti conclusi. È stato azzurro 3 volte: a Imola dove si ritirò e riserva a Leicester '70 e Barcellona '73.

Evert Dolman (Hol)
[Immagine: 2d79859757ac12d3dbf376bbae67f32a.png]
Vincere la medaglia d'Oro olimpica nel ciclismo, a soli diciotto anni, credo rappresenti un record, perlomeno per una prova su strada. Tra l'altro, la gara che valse ad Evert Dolman l'Oro Olimpico di Tokyo '64, era la massacrante "100 chilometri a squadre" (i suoi compagni furono Karstens, Pieters e Zoet), ovvero una disciplina che allo sguardo delle statistiche, ha sempre vissuto su alfieri di grande forza, ma pure con l'evidenza più significativa: è quella che in assoluto ha bruciato più talenti. Evert, dunque, con un'età da juniores, lasciò il segno più illustre, ma la sua carriera dilettantistica non finì lì. Già, perché nello stesso anno, il 1964, vinse il campionato olandese su strada, titolo che confermò anche nella stagione successiva, fra una miriade di vittorie. Nel 1966, a vent'anni, Dolman, conquistò di tutto e di più e, sul circuito del Nurburgring, superando facilmente allo sprint il britannico West (l'unico che aveva saputo tenergli la ruota), si laureò campione mondiale. Dopo tre stagioni leggendarie fra i dilettanti, nel '67 passò professionista, all'interno della squadra più forte d'Olanda, la Televizier. Non fu un anno prodigo di soddisfazioni per Evert, che, comunque, vinse una tappa alla Vuelta di Spagna e si piazzò spesso. Nel '68, con la maglia della belga Smith's, si laureò campione d'Olanda con un'azione tipica del Dolman dilettante, indi colse i traguardi di Goirle e Ulestraten, ma la sua stagione per il resto fu grigia. L'anno successivo tornò in patria, vestendo i colori della WillemII-Gazelle, ma seppur vincendo il GP di Monaco, due tappe del Giro del Lussemburgo e il GP Maarheeze, diede l'impressione di essere abbastanza spento. Nel 1970, s'aggiudicò il Criterium di Kartenhoef e una tappa della Vuelta Andalusia, ma per il resto, pur impegnandosi allo spasimo nelle grandi classiche, non riuscì mai a piazzarsi degnamente. La Mars Flandria, ovvero la squadra belga più forte, assieme alla Faemino di Eddy Merckx, gli diede una nuova chanche nel 1971, ed Evert ripagò la sua nuova squadra, con uno stupendo successo al Giro delle Fiandre, concretizzatosi con un colpo di mano nel finale, pronto a gridare l'antico talento. Il successo in una classica monumento però, non dispiegò le ali di Dolman, il quale vinse ancora a Sittard, pochi giorni dopo quel Fiandre e si spense. Nemmeno il successo nel prologo del Tour de la Loira l'anno successivo, parve risvegliarlo. A fine '73, a soli 27 anni, complici alcuni problemi fisici, lasciò il ciclismo. Poi, il 13 maggio 1993, un arresto cardiaco se lo portò via per sempre. Regale in bicicletta come pochi, finisseur di razza, ha sicuramente pagato gli sforzi troppo pesanti consumati in giovanissima età. Un nobile incompiuto fra i più grandi che i miei occhi abbiano mai visto.

Maurizio Ricci detto Morris
 
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