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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 26 febbraio
#1
Roland Berland (Fra)
[Immagine: 15296952791325Berland,Roland.jpg]
Nato a Saint Laurent de la Salle il 26 febbraio 1945. Professionista dal 1967 al 1980, con 18 vittorie. Occhialuto, ma capace di vedere benissimo il traguardo quando poteva fare la sua corsa. Non gli capitava spesso, perché fu presto scelto per fare da spalla a capitani che si chiamavano Anquetil, Aimar, Ocana, Hinault, ovvero grandi corridori che poterono usufruire della grande facilità di recupero di Roland, che si esaltava ovviamente nelle corse a tappe.
Berland era un corridore molto regolare nelle prestazioni, che sapeva divenire astuto quando poteva fare la corsa per sé stesso, o doveva tutelare i capitani nelle fasi delicate della competizione. Era pure discretamente veloce, ma soprattutto sapeva cogliere il momento dell'affondo. Si segnalò da dilettante perché appariva un corridore più esperto della sua età nonché per qualche roboante successo: su tutti la Parigi-Tours della categoria colta nel '66. Da professionista, aldilà del peso in corsa che ogni suo capitano ha potuto godere, si poté fregiare di un paio di Titoli di Campione di Francia: nel '72 a Censeau e nel '79 a Plumelec, località nella quale aveva già vinto in gioventù il titolo francese dei "non classificati". Da professionista ha partecipato ad otto Tour de France senza mai ritirarsi, come del resto nelle due Vuelta di Spagna a cui prese il via e nell'unico Giro d'Italia. Fra i suoi successi, dopo i due tricolori, si fanno preferire la Parigi-Bourges il GP Quimper e la Poly Béarnaise.
Eccoli nel dettaglio. 1968: Circuiti di Hennebont e Plougonver. 1970: 1a Tappa GP Eibar; Pleber-Christ; Poly Béarnaise. 1972: Campionato Nazionale su strada; Circuiti di Chambéry, Concarneau e Plumeliau. 1973: Parigi-Bourges; GP Chateaugiron. 1977: 1a Tappa Route du Sud. 1978: 1° Tappa Tour de Corse; GP Poitiers, GP di Herbiers. GP Les Ormes. 1979: Campionato Nazionale su strada; GP Quimper; Criterium Saint-Gilles Croix de Vie.

Silvano Davo
[Immagine: 16763950181325Davo,Silvano.jpg]
Nato a Manerbio (Brescia) il 26 febbraio 1945. Passista. Alto m 1,70 per kg 67. Professionista dal 1969 al 1972, senza ottenere vittorie.
Un onesto gregario che sapeva lavorare in silenzio e che ha saputo fare dell'orizzonte ciclistico, un perno di vita. Buon dilettante, con significative vittorie e pure un segmento azzurro. Purtroppo tagliato per quella "Cento chilometri a squadre", che ha dato tanti onori agli italiani, ma è pure stata la più evidente delle discipline atte a sfasciare corridori (per chi scrive, nessun rimpianto sulla sua sparizione...). In questa specialità, Silvano Davo vinse con Bonomi, Gaetti e Re la Coppa Adriana nel 1963 e con Crepaldi, Cumino e Pella, il Trofeo delle Regioni nel 1968. A livello di corse in linea va ricordato il successo di Davo nella tappa di Sion al Giro della Valle d'Aosta del 1968. Il passaggio al professionismo avvenne nel 1969 in seno alla Ferretti guidata da Alfredo Martini, un sodalizio internazionale costituito, perlomeno nella componente italiana, quasi interamente su neopro. In quella squadra tanto breve (solo 4 anni nei pro) quanto luminosa, diversi cercarono di mettersi in luce, ma non Davo, che si elesse sin da subito gregario-spalla: in quella stagione d'esordio, a favore dello svedese Gosta Pettersson. Silvano partecipò al Giro d'Italia, che chiuse al 62° posto. A fine anno, la Salvarani di Felice Gimondi gli offrì la possibilità di lavorare proprio per il corridore di Sedrina. Non fu un anno molto felice per il bresciano, che non partecipò né al Giro e né al Tour. Non così la stagione successiva, ed infatti Davo corse il Tour de France, chiudendolo 86esimo. Nel 1972, passò alla GBC, sodalizio che s'era rafforzato soprattutto in previsione dei GT. Silvano però, si ritirò sia alla Vuelta (che allora si correva fra la fine d'aprile e l'inizio di maggio) che al Giro d'Italia. A fine anno decise di smettere. Ma il suo rapporto col ciclismo continuò: divenne infatti massaggiatore e fisioterapista di sodalizi e campioni di grande spessore.

Mario Drago
[Immagine: 152009664818495Drago,Mario.jpg]
Nato a Lessona (Vercelli) il 26 febbraio 1940. Passista, alto m. 1,75 per kg. 70. Professionista dal 1962 al 1969, senza ottenere vittorie.
Nei tre anni da dilettante mostrò belle doti sul passo, una certa completezza ed una ottima predisposizione alle fughe. Conquistò diverse vittorie e tutte col piglio di un corridore che poteva fare molto anche fra i professionisti. Ogni anno il suo stile sulla bici si aggraziava al punto che in tanti lo vedevano come sicuro protagonista delle crono nella massima categoria. I più importanti successi fra i dilettanti nel triennio 1959-’61 furono a Coppa San Giorgio ’59, il Trofeo Emigranti Brusnenghesi e la Coppa Valsessera nel ’60 e la Coppa Baraggia nel ’61. Convinto dalle doti di Dragio, il grande Vincenzo Giacotto lo portò al professionismo nel 1962, in seno alla prestigiosa Carpano. Mario però faticò ad emergere e solo nella seconda parte del 1963 evidenziò frammenti di quel talento mostrato fra i dilettanti. Corse una bella Coppa Agostoni, ma non giunse quel piazzamento che meritava, fu poi 8° nella Milano Torino. Giacotto lo confermò anche per il 1964, ma i risultati non arrivarono. Anzi, a causa di una caduta ed a vari malanni, la stagione di Drago si chiuse prima della naturale scadenza. Rimasto disoccupato decise di smettere ma a fine ’65 pensò che non poteva mettere il punto in quel modo e così ripartì nel 1966. Partecipò con la Queen Anne, formazione di non accasati, alla Vuelta di Spagna, dove giunse 9° nella tappa di La Manga, prima di ritirarsi nell’undicesima frazione che si concludeva a Huesca. In Italia finì 2° nel GP Ceprano, chiuse 4° la Classifica Finale del Trofeo Cougnet, fu 7° nel Giro di Campania e nella Coppa Placci e 9° nel Trofeo Laigueglia. A fine anno poté firmare per il ’67 un contratto con la Max Meyer diretta da Gastone Nencini. Fu però una stagione non felice per Drago, il cui miglior piazzamento fu il 10° posto nel GP di Vigevano. Lasciato libero dalla Max Meyer s’accasò per il 1968 alla svizzera Amara 18 Isolabella. Nell’anno fu 3° nel GP Aix-en-Provence in Francia, 7° nel GP Gippingen in Svizzera. Fu poi invitato al prestigioso Gran Premio delle Nazioni a cronometro, una sorta di mondiale a cronometro, che si teneva a Parigi. Qui si difese molto bene chiudendo all’8° posto. Fu poi 23° al Campionato Italiano e Chiuse 35° il Tour de Suisse. Dopo la bella stagione era atteso ad un ancor più tangibile ’69, in maglia Costa Azzurra Zingonia. Ma le risultanze furono modeste al punto che Mario, ad ottobre, decise, stavolta senza ripensamenti, di chiudere col ciclismo agonistico.   

Dino Porrini
[Immagine: 1222507528PORRINI%20Dino.JPG]
Nato a Volta Mantovana (MN) il 26 febbraio 1953. Passista su strada e pistard endurance, alto 1,75 per 72 kg. Professionista dal 1978 al 1980 con due vittorie.
Uno che poteva essere un buon professionista, per intenderci uno con un bel curriculum, senza essere un campione. Si consumò fra i dilettanti, per giunta si impegnò in azzurro in quella cento chilometri a squadre che ha bruciato tanti forti passisti e che trovò pure il rifiuto (per tutelarsi, come disse) di un grande come Gianni Motta.
Dino Porrini fra gli allora cosiddetti “puri” fece presto a mettere a profitto le sue belle qualità sul passo, sia su strada che nell’inseguimento su pista. Ogni anno cambiava squadra, militando sempre in sodalizi che andavano per la maggiore, ed ai quali donò successi più che soddisfacenti. In altre parole visse una sorta di professionismo, in una categoria che alla storia del pedale ha lasciato molto meno di quanto è d’abitudine considerare quando si fanno disamine. Nel 1973, in seno al GS Bombana, tra le altre, vinse il GP di Roncolevà, mentre l’anno dopo, con la maglia del GS Itla, fece suoi il Giro delle due Province-Marciana di Cascina, il Trofeo Vitulano, nuovamente il GP di Rincolevà e il Trofeo Nicola Pistelli. All’U.C. Comense, nel ’75, trionfò nella Coppa Caduti Nervianesi, la Milano Busseto e conquistò l’Oro ai Giochi del Mediterraneo. Sempre in “Comense”, nel ’76, fra gli altri successi fu 1° nella Coppa Città di Melzo, nel Trofeo Gennari e chiuse 3° il Giro delle Regioni. Fu azzurro nella “Cento chilometri a squadre alle Olimpiadi di Montreal, dove finì con un assai modesto 11° posto. Questa delusione lo spinse a continuare (sbagliando) fra i dilettanti e nel ’77, in seno al GS Lema Mobili, fu 2° alla Settimana Internazionale della Brianza, vinse il GP   Agostano e la famosa, nonché prestigiosa per quei tempi, Freccia dei Vini. In azzurro partecipò alla trasferta iridata di San Cristobal in Venezuela dove assieme a Bernardi, Da Ros e De Pellegrin conquistò la Medaglia d’Argento nella “Cento chilometri a squadre”. Finalmente la chiamata del mondo professionistico arrivò e l’autore fu Dino Zandegù, per la sua Mecap-Selle Italia. Così allo start 1978 dei prof ci fu anche il Porrini. E Dino, per poco, non fece subito il botto. Giunse infatti 2° alla prima stagionale: il prestigioso Trofeo Laigueglia. Successivamente ruppe il ghiaccio col successo, vincendo una frazione della Ruota d’Oro. Nell’anno, finì 4° nella Milano Vignola, 5° in una frazione del Giro di Sardegna (chiuso poi al 115° posto), 6° nel GP di Lugano, 8° alla Sassari-Cagliari ed in una tappa della Tirreno Adriatico, 9° nella 5° tappa del Giro d’Italia dove si ritirò. Nelle grandi corse fu 16° alla Milano Sanremo. Partecipò ai Mondiali su pista, nell’inseguimento, ma non superò i quarti di finale. L’anno successivo, con la squadra divenuta Mecap-Hoonved, puntò ad un buon Giro d’Italia e fece bene, perché si aggiudicò la tappa Aosta-Meda, superando allo sprint Bortolotto e lo svizzero Wehrli, coi quali si era inviolato a tre quarti di corsa. Nella “Corsa Rosa” fu poi 5° nella quindicesima frazione. Nell’anno colse poi un 3° posto in una tappa del Giro di Puglia, il 6° nel Giro di Toscana e l’8° ed in una tappa della Tirreno Adriatico. Nella seconda parte della stagione ’79 però, fu evidente un calo nelle prestazioni. Appannamento che divenne vistoso nel 1980, ed a fine stagione lasciò l’agonismo.

Maurizio Rcci detto Morris
 
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