Login Registrati Connettiti via Facebook



Non sei registrato o connesso al forum.
Effettua la registrazione gratuita o il login per poter sfruttare tutte le funzionalità del forum e rimuovere ogni forma di pubblicità invasiva.

Condividi:
Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 3 maggio
#1
Cesare Brambilla
[Immagine: 12523.jpg]
Nato a Bernareggio, frazione di Sulbiate (MB), il 3 maggio 1885, deceduto a Milano il 3 marzo 1954. Fondista veloce. Professionista dal 1905 al 1909 con una vittoria. Cesare Luigi, è spesso confuso con un collega quasi coetaneo di nome Giuseppe, assai meno meteora di lui e col destino sfortunato che se lo portò via a trenta anni, soprattutto non in possesso di un curriculum contenente una classica come il Giro di Lombardia. Già, perché il Cesare Brambilla, vinse davvero quella che poi diverrà "la classica delle foglie morte", e lo fece senza quella considerazione che era doverosa visto il ruolino che aveva tenuto lungo tutta la stagione di quel successo. S'era segnalato da dilettante, nel 1902, avendo vinto il Titolo Italiano nella velocità, ed era considerato uno poco adatto alle corse su strada perché ritenuto non sufficientemente fondista. Passò professionista nel 1905 con la "Turkheimer" e provò subito a migliorarsi su strada. Nell'anno giunse 2° nel Campionato dell'Unione Sportiva Milanese, 2° nella Cava Manara-Mortara-Cava Manara, 2° nel Campionato Porta Vittoria, 7° nella Coppa del Re e 9° nella Corsa Nazionale. Insomma, stava davvero migliorando, ed aveva solo 20 anni. Nel 1906, ovvero il suo anno d'oro, prima di giungere alla grande vittoria, correndo per Rudge e Bianchi, s'era reso protagonista di un'infinità di piazzamenti, perlomeno giustificanti il ruolo di outsider al "Lombardia". Fu infatti 3° nella Milano-Alessandria-Milano, 3° nel Campionato della Società Ciclistica Milanese, 4° nella Coppa Val d'Olona, 4° a Castel San Giovanni, 4° nella Milano-Giovi-Milano, 4° nella Milano-Roma, 4° nel Circuito Tortonese, 5° nella Brescia-Pallanza, 5° nella Domodossola-Milano, 5° nella Milano-Alessandria-Milano, 7° nella Milano Mantova e 7° nel Giro del Piemonte ed altri piazzamenti minori, diversi dei quali, comunque, nei primi dieci. Insomma, abbastanza, per esser preso in considerazione. Arrivò dunque all'11 novembre 1906 allo start del Giro di Lombardia, con le "gambe sicuramente calde", a dispetto della temperatura esterna. E qui, in gara, con una condotta tenace che non lo vedrà più ripetersi con tale intensità, riuscì a raggiungere il traguardo col favoritissimo Galetti e a batterlo in volata. Il resto della carriera di Brambilla, sta tutta nel 4° posto colto nel 1907 nella Sanremo-Ventimiglia-Sanremo a cui fece seguito, un paio di settimane dopo, il 4° nella Milano-Cremona. Corse ancora un paio d'anni e, nel 1909, con l'Atala, tentò pure l'avventura al Tour de France, ma si ritirò perché davvero spento. Certo, una meteora, ma forse solo per gli immani sforzi che compì nell'anno del suo successo al Lombardia.

Catullo Ciacci
[Immagine: 1316843997ciacci.jpg]
Nato a Fossombrone (Pesaro-Urbino) il 4 maggio 1934, deceduto a Torino il primo giugno 1996. Passista veloce, alto m. 1,70 per kg 67. Professionista dal 1960 al 1963, senza ottenere vittorie.
Si potrebbe definire il popolare Ciacci, perché aldilà delle sue buone qualità di corridore, ha saputo nel dopo carriera, ergersi a riferimento dei luoghi nei quali s’era trasferito per il ciclismo. Un uomo generoso, bravo, padre di famiglia esemplare e sempre disponibile ad aiutare là dove il Sole c’è, ma nella sostanza giunge a metà. Era di Fossombrone, il buon Catullo, nella valle del Metauro, sulla via Flaminia, nel pesarese. In quel paesino conosciuto, potremmo dire da secoli, per quelle carceri che lì son sorte praticamente da sempre. Quel paesino che non lo ha mai dimenticato, anche se lontano per dimora da decenni, al punto di intitolargli recentemente una piazza. E lì, a Fossombrone, il ragazzino Ciacci, ha indossato la sua prima maglia da corridore in bicicletta, quella della Polisportiva Forsempronese. Era un giovanotto scaltro e potente, che sapeva sfrecciare nelle volate e nelle corse non troppo dure. Caratteristiche che non lo hanno mai abbandonato. Da dilettante in seno alla Semprini di Pesaro, divenne un riferimento per vittorie e simpatia. A fine 1955, la sua continuità ai vertici, spinse la Ceat di Torino, azienda che si stava lanciando col ciclismo come testimonial, ad assumerlo, sia come dipendente lavoratore, che come ciclista di punta per la formazione dilettantistica. Ciacci, tifoso torinista fino al midollo, si trasferì così nel torinese con un supporto aggiuntivo. Ed in Piemonte, la ruota veloce di Catullo, si determinò ancor più interessante. In quegli anni vinse diverse corse di peso, le più importanti furono il GP della Baraggia, la TorinoMondovì e la Nizza Torino. All’alba del 1960, l’indimenticabile Vincenzo Giacotto, lo portò alla professionistica Carpano. L’anno d’esordio non fu un granché come risultanze personali (il miglior piazzamento arrivò nel GP Ponzano Magra, 10°), ma si fece ben volere per disponibilità al gregariato, ed un buon Tour de Suisse, chiuso al 39° posto. Meglio, molto meglio, il 1961, corso con le maglie granata della Baratti, succursale, se così la vogliam chiamare, della Carpano. Nell’anno finì 2°, battuto solo da Van Looy, nella tappa di Trieste al Giro d’Italia. Non portò a termine la “Corsa Rosa”, ma nel complesso si distinse in squadra ed aumentò, nonostante i non eclatanti risultati, la sua popolarità. Nel 1962, tornò verso la sua terra, accordandosi con la romagnola Ghigi e partecipò alla Vuelta di Spagna, dove giunse 5° nelle tappe di Benidorm e di Cartagena, dopo aver tirato la volata a Defilippis, nonché 9° nelle frazioni di Valencia e di Malaga, il tutto prima di ritirarsi per una indisposizione nell’undicesima tappa, che si concludeva a Valladolid. Partecipò poi al Tour de France, ma si ritirò nella 9° frazione, quella con la conclusione a Bordeaux. Nel resto della stagione si piazzò 3° nel GP Le Locle in Svizzera, 5° nella Verona San Pellegrino e 9° nella Milano Vignola. Lo scioglimento della Ghigi, lo riportò in Carpano, nel 1963. Nonostante fossero in lui forti i richiami per aprire un’attività di ristorazione, corse con la solita disponibilità al sacrificio. Nell’anno, fu 4° nel GP Mirandola e 13° al GP di Prato, ma si ritirò al Giro di Svizzera.
A fine stagione lasciò il ciclismo agonistico, ed abbracciò il suo sogno di aprire un ristorante-trattoria, divenendo negli anni un riferimento di Torino. Assieme alla moglie Rita, aprì dapprima un localino nella collina torinese, indi un ristorante assai più impegnativo sulle rive del Po e ingigantì la sua popolarità, ed il suo spessore umano, divenendo un protagonista di opere umanitarie in Africa. Poi, ad inizio giugno ’96, un ictus se lo portò via.

Auguste Mallet (Fra)
[Immagine: 16424395931325Mallet,Auguste3.jpg]
Nato a Thiergeville il 3 maggio 1913. Deceduto a Parigi il 9 dicembre 1946. Passista scalatore. Professionista dal 1936 al 1946 con 9 vittorie.
Era un buon corridore, che non si è mai potuto esprimere per quello che valeva, a causa di una sfortuna incredibile prima e della tragedia, poi. Insomma, un'anima che portava dietro di sé connotati grigi e neri, al punto di renderlo famoso ancor prima delle poche vittorie. Nel 1937, dopo aver vinto la 2° tappa del Tour de l'Oise e di essere giunto al posto d'onore nella classifica finale della corsa, fu vittima di una grave caduta durante la Parigi Roubaix. Rimase otto giorni in coma, ma la sua tempra fu così forte, da fargli riprendere non solo la vita normale, ma addirittura l'attività agonistica. Nel 1938 vinse il GP di Nizza e la seconda tappa della Parigi Nizza a St Etienne, ma non portò a termine la celebre corsa, perché nella frazione successiva, un cane lo fece cadere e nelle conseguenze di quel volo, alle varie ferite, aggiunse una incrinatura del cranio. Non si diede per vinto e fu al via del Tour de France, ma quando la sua condotta stava proiettandolo fra i protagonisti, grazie al 5° posto di Cannes ed al 4° nella dura frazione di Digne, durante il tappone alpino di Briancon, a causa di una vettura del seguito, nella discesa dell'Izoard, finì in un burrone. Quando i soccorritori riuscirono a raggiungerlo, trovarono un Mallet sanguinante, ma subito pronto a dire: "Non abbiate timore, ci vuole ben altro a farmi morire". Costretto comunque al ritiro in quella Grande Boucle, ignorò i tanti consigli di chiudere col ciclismo e si ripresentò pimpante alla stagione 1939. Nell'anno, vinse alla grande la Rouen-Caen-Rouen e, al Tour de France, dopo tanti piazzamenti, seppe chiudere al 13° posto.
Con lo scoppio della Guerra fu un soldato valoroso, ma durante un bombardamento, a Dunkerque, fu sepolto vivo e dato per disperso. Fu ritrovato in vita diversi giorni dopo, con ferite tali da darne per certa la morte, ma ancora una volta si riprese. Nacque lì il suo nomignolo di "la morte sbagliata". Tornò pure a correre. Nel 1942 si piazzò più volte, nel '43 vinse la Nizza-Mont Agel. Nel '44, invece, quando era in lotta per il Campionato Francese che si correva su più prove, in una di queste, fu tagliato fuori da un'auto che lo investì in pieno. Ancora una volta si riprese. Nel 1945, dopo tanti piazzamenti, vinse la Corsa del Mont Chauve e, nel 1946, fu autore di un crescendo tanto inaspettato quanto significativo: dopo tante piazze, trionfò nel GP delle Alpi, una breve corsa a tappe dove vinse la seconda frazione, nonché nel GP di Seine Inferieure. Il nove dicembre però, mentre era sulla bici per una commissione, fu investito da un camion e stavolta l'incidente gli fu fatale. È stato due volte decorato al valore militare.
Recentemente, Frederic Miller, Agnes Vandome e John McBrewster, hanno scritto un libro su di lui.

Mario Pavirani
[Immagine: 16006927323538PaviraniMario.jpg]
Nato a Roma il 3 maggio 1959. Pistard velocista. Professionista dal 1981 all'82. Cesenate a tutti gli effetti, ed alfiere della Gambettolese-Soldati, è stato un grande sprinter. Uno che aveva un fisico non statuario, ma era in possesso di sontuose fibre bianche, capaci di sviluppare punte di velocità da vertice mondiale. Tanta qualità dunque, un caratterino da velocista di razza e quella tanta sfortuna che ne minò una carriera che pedalava veloce verso i più svariati allori. Vinse 3 Titoli Italiani giovanili della velocità: da esordiente nel 1974, da allievo nel ’75 e da dilettante juniores nel ’77. Nel 1975 vinse il Trofeo Internazionale Bongiasca superando bellamente, potremmo dire con facilità Giuseppe Saronni e fu autore di un sontuoso GP di Parigi. Nel 1977 dopo aver vinto il Tricolore chiuse 3° i Mondiali di Rocourt, indi da più giovane in pista trionfò a Mosca nel Gran Premio dell’Unione Sovietica dove superò il Campione Olimpico Anton Tkac. Fu quella l’ultima luce della sua carriera, perché di lì in avanti incidenti e fratture gli imposero lunghi stop. Nel ’78 e ’79 si ruppe due vote la clavicola e non potè partecipare ai Campionati Mondiali. Nel 1980, invece il blocco degli atleti militari non gli permise di esswre alle Olimpiadi du Mosca. Nel 1981 passò professionista, ma era spento nella verve. Nell’anno fu comunque 3° ai Tricolori, Corse anche nel 1982 senza aggiungere nulla alla sua carriera.  

Maurizio Ricci detto Morris
 
Rispondi


[+] A 3 utenti piace il post di Morris
  


Vai al forum:


Utente(i) che stanno guardando questa discussione: 1 Ospite(i)