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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 3 marzo
#1
Raul Alcala (Mex)
[Immagine: 16436300731325AlcalaGallegos,Raul.jpg]
Nato a Monterrey il 3 marzo 1964. Completo. Professionista dal 1985 al 1994 e nel 2010 con 43 vittorie. Probabilmente il corridore messicano di sempre. Uno che ha saputo vincere una classica come la San Sebastian, è stato cinque volte nei primi 10 nelle classifiche finali di GT lavorando come spalla e fra le sue vittorie c’è la tappa di Epinal al Tour de France 1990, ovvero una cronometri di 61 chilometri, dove disintegrò la crema del ciclismo mondiale per oltre due lustri. Ha quasi sempre militato in grandi formazioni, ma non ha mai fatto il capitano, pur in possesso di qualità come la citata cronometro stava a dimostrare. Arrivato al grande ciclismo da una piccola squadra del suo paese, la Denti-Valtron, con solo una appena discreta fama di passista scalatore, si trovò nella primavera del 1986, a vincere diverse corse negli Stati Uniti e la sua squadra, la  
statunitense 7-Eleven, non ci pensò un attimo a schierarlo al Tour de France, ben sapendo della sua inesperienza e di una preparazione assai carente. Ciononostante Raul concluse la Grande Boucle mettendosi in luce in diverse frazioni. Nella stagione successiva, i suoi miglioramenti furono evidenti e dopo aver conquistato un bel mazzetto di vittorie in America, ruppe il ghiaccio in Europa aggiudicandosi una tappa del Giro del Trentino. Poi, in estate, fu protagonista al Tour de France, giungendo secondo in due tappe, nono nella classifica finale e lottando per la conquista della maglia a pois, dopo aver vinto la maglia bianca riservata ai giovani. Nella stagione 1988, partecipò sia al Giro d'Italia che al Tour de France risultando nella “Corsa Rosa” una peculiare spalla per il suo capitano poi vincitore Andrew Hampsten. Alcala chiuse 14°.
L’anno seguente passò alla fortissima squadra olandese PDM-Concorde, quella che poi si dimostrerà il team più importante della sua carriera. In questa sua prima stagione terminò ottavo il Tour de France, correndo al servizio di Steven Rooks e Gert-Jan Theunisse, ma vinse la seconda tappa che si concludeva a Spa-Francorchamps. Nel 1990, Alcala vinse fra le altre, una tappa e la classifica finale della Vuelta delle Asturie, ma fu alla Grande Boucle, conclusa ancora all’8° posto (lavorava per Breukink), che fece il botto nella già citata frazione a cronometri di Epinal.
Nel 1991, partì molto bene, fu 3° alla Tirreno Adriatico, vinse una tappa nel Giro dei Paesi Baschi, fu 6° alla Liegi Bastogne Liegi e 7° nella Classifica Finale della Vuelta d Spagna. Qualche problema fisico che lo tenne lontano per un mese dalle corse, ed al Tour de France, causa condizioni di salute precarie, si ritirò all’undicesima tappa.
L’anno seguente, non usci mai dal podio delle corse a tappe di primavera, anche se primo lo fu solo in una frazione della Settimana Catalana. Fu 11° nella “Liegi”, 8° alla Vuelta di Spagna e 21° al Tour, ma all’indomani della grande corsa francese conquistò la vittoria forse più importante della carriera: in una giornata dalle condizioni climatiche difficili riuscì infatti ad aggiudicarsi la Classica di San Sebastián. Fu poi 4° al Giro di Lombardia e nella Classifica Finale d Coppa del Mondo. Nella prima parte del 1993, in maglia World Perfect, colse diverse vittorie, fra le quali, prologo e tappa del Dauphiné Libéré. Al Tour terminò 27. Nel 1994 passò alla Motorola e conquistò, come suo solito, diversi successi in primavera, poi corse una Grande Boucle un po’ troppo anonima che gli fece maturare la decisione di ritirarsi a fine stagione dall’attività agonistica.   
Poi, incredibilmente, nel 2010, quarantaseienne, torno alle gare e si aggiudicò la prova a cronometro del Campionato messicano, correndo i 30 chilometri del percorso ad una media spettacolare: 50,661 kmh. Anche quella prestazione, ad un’età da matusa, stava a dimostrare che i valori di Alcala erano eccellenti e superiori al raccolto di carriera.

Maurice Garin
[Immagine: 1216726429GARIN%20Maurice%20-%207.jpg]
Nato ad Arvier in Valle d'Aosta il 3 marzo 1871, deceduto a Lens in Francia il 19 febbraio 1957, italiano naturalizzato francese il 21 dicembre 1901. Professionista dal 1893 al 1904 e nel 1911 con 24 vittorie.
Era ancora un bambino quando dalla natia Valle d'Aosta emigrò in Francia. Di piccola statura trovò presto lavoro come spazzacamino e quando divenne più noto grazie alle sue qualità sul biciclo prima e bicicletta poi, si trovò ad ereditare il soprannome di "le petit ramoneur", il piccolo spazzacamino. Oltralpe trovò fama e soldi quando scelse di far diventare quella che era una passione per il nuovo mezzo a ruote spinte a motore umano, una vera professione. Divenne così un agonista dotato di una grande capacità di pedalata e di un fondo da lasciare senza parole. Tenace e tignoso il giusto, per resistere alla durezza di quello sport che era ormai diventato ovunque in terra francese e non solo, il più popolare. Tra l'altro, Garin, sapeva impreziosire la sua fama, grazie ad una marcata regolarità nelle condotte, nel protagonismo e nei successi. Negli anni seppe mettere assieme un grande palmares, fatto di roboanti vittorie, fra le quali due Parigi-Roubaix (1897 e 1898), la Parigi-Le Mans (1996), la prima edizione del Tour de France, nella quale vinse pure 3 tappe.
Un ruolino dunque di gran qualità che avrebbe potuto essere anche più ricco, se non avesse subito una clamorosa squalifica nel Tour vinto nel 1904. Qui il comportamento deviante di tanti ciclisti, portò all'eliminazione dei primi quattro della classifica finale e alla loro squalifica per due anni. Garin, proclamatosi sempre innocente, si rifiutò di chiedere la grazia, ed abbandonò l'attività agonistica. Aveva quasi 34 anni.
Poi, nel 1911, a 40 anni, un colpo di coda con la partecipazione alla Parigi-Brest-Parigi che chiuse 9°, ma 3° nella classifica degli isolati.  In carriera Maurice Garin ha fatto sue altre grandi prove come la "800 chilometri di Parigi", la 24 Ore di Liegi e la 24 Ore di Parigi. Fra il 3 e 4 febbraio 1895, stabilì il record mondiale sui 500 chilometri su strada con allenatori, percorrendoli nel tempo di 15h2'32"1.
Cesare ed Ambrose Garin, noti corridori a cavallo fra ottocento e novecento, erano suoi fratelli.

Oreste Magni
[Immagine: OresteMagni-Fides1961.jpg]
Nato ad Albese (Como) il 3 marzo 1936. Deceduto a Lido di Savio di Ravenna il 18 marzo del 1975. Passista veloce. Alto m. 1,76 per kg. 72. Professionista dal 1957 al 1965 con 8 vittorie.
Se si dovesse usare un aggettivo capace di riassumere tanto l’uomo quanto il corridore Oreste Magni, verrebbe naturale dire buono. Una persona buona ed un buon corridore professionista. Da dilettante addirittura ottimo. Una persona cordiale che dal ciclismo aveva rafforzato la sua naturale tendenza a fare sacrifici per ottenere qualche gioia da vivere serenamente con la propria famiglia. Ed è davvero doloroso riscontrare come dopo una vita così densa di valori tanto semplici quanto sempiterni e profondi, sia stato un motivo di soddisfazione a portare lui e la moglie all’irreparabile, a causa delle esalazioni di una stufetta posta nella villetta che avevano acquistato, con non pochi sacrifici, sulla Costa Adriatica.
Oreste iniziò a correre fra gli allievi nel 1953, in seno al Club Ciclistico Canturino, società che già allora aveva superato il mezzo secolo e che ancora oggi è un polmone ciclistico in Lombardia.  Nel biennio da allievo, il giovane Magni vinse e convinse per il positivo approccio verso il pedale e la durezza che ne stava alla base. Passato dilettante sempre col medesimo sodalizio, vinse nel biennio  1955-’56 sei corse, fra le quali la classica Milano-Cadenabbia, la Coppa Caduti Medesi e il Circuito del Belvedere a Fivizzano. L’ottimo andamento anche per i piazzamenti e il protagonismo nelle gare lo portarono nel gruppo azzurro, anche se non partecipò a Mondiali e Olimpiadi. Nel 1957 passò all’Unione Ciclistica Comense e colse quattro affermazioni, tutte di prestigio che, assieme ai piazzamenti, gli valsero la partecipazione in azzurro ai Mondiali di Waregem. Le sue vittorie furono: il il G.P. Gaslo, il Gran Premio Bianchi, il Trofeo Cademartori e la Coppa Città del Marmo, a Carrara. A Waregem lavorò perfettamente in direzione del disegno tattico del CT Proietti e nella difesa dell’attacco del capitano Arnaldi Pambianco poi secondo al traguardo. Magni giunse nono.  
All’indomani della corsa iridata si aprirono per Oreste le porte del professionismo, grazie alla  Chlorodont , che aveva come capitano Nencini. Ad ottobre il passaggio si perfezionò ed il poco più che ventunenne corridore di Albese fu 6° nella Coppa Agostini e addirittura  terzo in coppia con Aldi Moser al Trofeo Baracchi.
Nel 1958 cercò di imparare il “mestiere” di spalla in quel grande “laboratorio” consistente nel Giro d’Italia, ma un tornado chiamato Ercole Baldini nella lunga crono di Viareggio cacciò fuori tempo massimo mezzo gruppo. I meno esperti, fra questi anche Magni, ne fecero le spese. Nel 1959, Oreste passò all’EMI squadra che aveva come capitano il leggendario scalatore lussemburghese Charly Gaul, ed il corridore di Albese imparò….la regolarità. Inanellò una serie di piazzamenti che  
gli consentirono di vincere la classifica finale del Trofeo UVI, il precursore del Trofeo Cougnet. Al Giro d’Italia vinto dal capitano, dopo l’8° posto di Salsomaggiore, ed una dozzina di tappe ben svolte, s’ammalò. Tenne duro per qualche giorno poi complice una caduta bella tappa di San Pellegrino, non partì per la successiva, la 17a, che si sarebbe conclusa a Genova. Nel resto di stagione oltre ai 4 secondi posti che gli valsero il successo nel Trofeo UVI, fu 7° nel Giro del Piemonte, 8° nella Milano-Vignola, 11° nel Campionato Italiano e chiuse un positivo ’59 con l’8° posto al Lombardia. Patron Borghi lo volle all’Ignis nel 1960 ed Oreste rispose bellamente. Vinse il Trofeo Matteotti, furono sue le tappe di Villa de Conde, Tornar e Lisbona al Giro del Portogallo. Al Tour de Suisse dopo in 3° ed un 6° di tappa chiuse 19° Altri copiosi piazzamenti a corollario dei quattro successi, giunsero dalle gare italiane. Nel 1961 Borghi lo spostò alla Fides dove ritrovò Pambianco il capitano del Mondiale corso fra i dilettanti e, stavolta, il lavoro di Magni verso il romagnolo, fu ben ripagato, perché Arnaldo vinse il Giro d’Italia del Centenario, ed il buon Oreste si tolse la soddisfazione personale di vincere la tappa di Cagliari. Chiuse poi la Corsa Rosa 77°. Nell’anno colse poi tre secondi posti bei Gran Premi di Capolona, Cabiate e di Como, due terzi, nel GP Lavis e nella Classifica Finale del Trofeo Cougnet, il 5° posto nel Campionato Italiano, il 6° nel Giro di Toscana, il 5° nella tappa di Genova, l’8° in quella di Cagliari e il 10° posto finale nel Giro di Sardegna.
Nel 1962 passò alla Gazzola con un contratto triennale e ritrovò nella prima stagione come capitano Charly Gaul. Il ’62 fu un anno tribolato: bronchite, acciacchi e cadute, lo condizionarono. Si ritirò a Giro, Svizzera e Tour, non andando mai oltre la terza tappa. Per il resto raccolse il 4° posto nel Giro di Toscana, il 4° nella Verona San Pellegrino, l’8° nel Trofeo Matteotti e il 12° nel Campionato Italiano. Andò più o meno così, anche il 1963. Si ritirò al Giro, fu 3° nella Milano-Vignola, 6° nel GP Ponzano Magra, 8° nel Campionato di Zurigo e 9° nel Giro del Ticino. L’anno seguente fu 3° nella St Vincent-Meda, 7° nel GP Robbiano e 10° nel GP Molteni. Chiuse il Giro d’Italia 89°.
Nel 1965 passò alla Cynar, squadra svizzera e tornò al successo. Vinse la Monaco-Zurigo, il Gran Premio Morat, terminò 2° la tappa di Roanne al Dauphiné Libéré, 3° nella tappa di Basilea al Tour de Suisse, fu 3° nel GP di Sormano e 9° nel GP Camucia.
Chiuse la carriera nel 1966 correndo con la Queen Anne. Partecipò alla Vuelta di Spagna, dove si piazzò 5° nella frazione di Benidorm, 8° in quella di Madrid, ma si ritirò nella tappa di Lerida. Partecipò al Tour de Suisse che chiuse 33°. A fine stagione appese la bicicletta al chiodo. Nel dopo, divenne rappresentante di commercio per la vendita di liquori (anche se non li aveva mai bevuti) e per qualche anno restò nel ciclismo come direttore sportivo di squadre giovanili, prima ad Albavilla e poi alla Comense.

Regis Ovion (Fra)
[Immagine: 15406209101325Ovion,Regis.jpg]
Nato a Vigneux sur Seine il 3 marzo 1949. Professionista dal 1972 al 1982 con 21 vittorie.
Con questo corridore elegante, completo, dalla pedalata armoniosa, incontriamo una delle più grandi delusioni del ciclismo francese degli ultimi cinquant’anni. Da dilettante il suo ruolino fu da fuoriclasse: pieno di successi che, nel computo quantità-qualità, aveva pochi paragoni nel passato del pedale transalpino e non solo. Da citare, il titolo francese militari nell'inseguimento su pista nel 1969; la Route de France '70 e '71 (corsa a tappe di valore internazionale), il Tour de l'Avenir '71, all'epoca realmente da considerarsi come la corsa a frazioni principale al mondo relativamente ai "puri" e, con un autentico numero da campione con la maiuscola, il Campionato Mondiale di Mendrisio nel '71, su Freddy Maertens, lo spagnolo Viejo, il "re dei dilettanti" olandesi Fedor Den Hertog e Francesco Moser. All'indomani di quel successo avrebbe voluto passare prof, ma la ferma per le Olimpiadi (che tanti danni ha procurato a numerosi atleti già pronti per il professionismo), lo costrinse a rimanere dilettante ancora un anno e a Monaco '72 deluse. Passato prof dopo i Giochi, non mantenne le promesse. Qualche lampo nella sua carriera nell'elite del ciclismo non è mancata, ma niente a che vedere con ciò che si sperava. Fu 3° nel campionato francese '73, ma vinse il Titolo nel '75. Non colse classiche, ma solo alcune belle corse, come il GP di Nizza '75, il Giro della Corsica '77, la Parigi-Bourges '78. Vinse qualche tappa di secondo piano, come la 4a frazione del Dauphine Liberé '73 e la 3a del Tour de l'Oise '76. Senza particolari risultati le sue 8 partecipazioni al Tour de France: il suo miglior piazzamento fu il 10° posto nel '73 e la sola tappa vinta, nel '76, gli venne tolta per irregolarità al controllo antidoping. Insomma un ruolino che non rende esagerazione alcuna, alla definizione di corridore "flop" fra i professionisti. E dire che aveva classe da vendere....

Maurizio Ricci detto Morris
 
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