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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 4 aprile
#1
Aldo Beraldo
[Immagine: 15971425593538beraldo.jpg]
Nato a Salvatronda (TV) il 04.04.1941. Passista veloce, ha svolto l'attività prevalentemente in pista. Alto m. 1,68 per kg. 65. Professionista dal 1962 al 1968. Nessuna vittoria.
Aldo Beraldo. Classe 1940, brevilineo ma fisico ben proporzionato. Volontà da leone, polemico quanto basta, sorriso però che conquista, grande lavoratore. Questo in sintesi Aldo Beraldo, un ragazzo che iniziava la carriera a 16 anni nelle categorie giovanili per passare tra i "puri" tre anni dopo. Nel 1962 è già tra i professionisti in bella mostra... alla Torpado naturalmente, dove l'avevano preceduto Mario Tosato e Dino Liviero. Va bene in salita, in volata si difende bene come sul "passo"; ma soprattutto non ama le pause e non evita di sacrificarsi. Epica la tappa che arriva a S. Vincent del Giro del 62, dove si piazza al secondo posto. Alla fine del Giro sarà 18' assoluto. Nel '63 cambia casacca. Passa alla Lygie con Vito Taccone; i risultati non sono granché anche a causa del servizio di leva. Nel 1964 cambia ancora maglia (in sette anni da professionista cambierà casacca ben cinque volte) passando alla Molteni con Guido De Rosso, Michele Dancelli e Gianni Motta. Nel 1966 gusterà anche la gioia della maglia tricolore di Campione d'Italia a squadre. La Casagrande, quindi la Vittadello, le altre squadre di cui difenderà i colori prima del ritiro nel 1969, per dedicarsi, e con grande profitto, nel lavoro.

Emile Daems (Bel)
[Immagine: DaemsE1.jpg]
Un brevilineo compatto, veloce, persino potente, con un carattere fortissimo, ed una simpatia evidente. Passò professionista con un palmares da predestinato e nei soli sei anni e mezzo trascorsi nell'elite, mantenne le promesse. Si scontrò con Van Looy, a cui non giurò fedeltà in occasione dei mondiali di Sachsenring. Fu l'unico a contrastarlo in patria volgendogli la faccia e questo fatto gli rese l'antipatia e il dichiarato contrasto del Sire di Herentals. Ma in quel duello, Emile non uscì sconfitto. Agli esordi vinse alcune medie classiche belghe ed al primo anno da totale prof, si ribadì nelle corse fiamminghe, conquistò due tappe al Giro e l'Appennino, quindi il gran finale col trionfo nel Giro di Lombardia che per la prima volta affrontò il "muro" di Sormano. Nel '61, vinse il Giro di Sardegna irridendo il più che ottimo cast, diverse corse in patria, nonché l'allora prestigioso Giro del Ticino. Imperiale nel '62, dove si impose nella Milano-Sanremo. Alla Roubaix, solo Van Looy lo anticipò, ma dopo il traguardo gli disse che si sarebbe vendicato l'anno successivo. Fu poi protagonista al Tour de France, con tre tappe all'attivo e la vittoria nella mitica Briancon, dopo aver scalato il Col di Restefond, il Vars e l'Izoard. Il carattere del Daems si vide nel '63, quando vinse proprio la Roubaix, superando allo sprint il rivale Van Looy. Vendetta era fatta. Nel '64, complici diversi contrattempi fisici s'aggiudicò qualche gara fiamminga e l'anno successivo, dopo 4 stagioni in squadre italiane o francesi, ritornò in patria, ma una grave caduta alla Sei Giorni di Bruxelles, pose di fatto fine alla sua carriera.

Marco Giovannetti
[Immagine: 16362292681325Giovanetti,Marco.jpg]
Nato a Milano il 4 aprile 1962. Professionista dal 1985 al '94, con 8 vittorie.
Che il ragazzone toscano, nato casualmente a Milano per il temporaneo trasferimento della famiglia nella città meneghina, fosse non solo un cronoman adatto all'allora cronometro a squadre, ma portato a tenere certi ritmi in salita lo si capì da dilettante, quando vinse due volte ('82 e '84) il durissimo Giro del Casentino. Poi la vittoria nel 1984 alle Olimpiadi di Los Angeles nella 100 km, assieme a Bartalini Vandelli e Poli, alimentò molte attese verso il suo esordio professionistico. Nell'elite del ciclismo, giuntovi a 23 anni nel 1985, aspettò quasi tre stagioni prima di giungere ad un acuto, ma poi non si può dire che abbia deluso, anzi, per tanti motivi si può affermare sia andato anche oltre. Anche perché il piglio ed i valori del fuoriclasse non li aveva e manco li ha messi assieme, pur vivendo gran parte della carriera nel periodo dell'esplosione degli artifizi dei santoni. Un merito, sia chiaro. Conquistò poche vittorie, estremamente significative e prestigiose fino a divenire un faro del gruppo e non solo della squadra in cui militava. Ottimo in salita e sul passo, ha sfruttato le sue siamesi caratteristiche, soprattutto nelle corse a tappe, dove ha saputo gestire al meglio la sua regolarità, ed ha mostrato quell'intelligenza tattica che è stata, per chi scrive, la sua migliore facoltà. Non a caso gareggiando con giudizio e con acume, si impose nella Vuelta di Spagna del 1990, superando, tra gli altri, un big come Pedro Delgado. E nello stesso modo, vinse il Campionato Italiano nel 1992, cogliendo l'attimo giusto nel momento topico dei marcamenti fra i protagonisti più attesi. In altre parole, un gran bel corridore, poco spettacolare ma dalla sostanza notevole. In questo senso vanno lette le sue vittorie e taluni prestigiosi piazzamenti, come il 3° posto al Giro d'Italia 1990, ed il 4° alla Vuelta '92, nonché le sue determinanti quattro maglie azzurre ai mondiali. Ed in questo senso ancora, va considerato il suo fondo, certo frutto di fisico, ma anche di testa, altrimenti, nel 1991, non sarebbe mai riuscito a concludere nella stessa stagione i tre "Grandi Giri": Vuelta di Spagna (18°), Giro d'Italia (8°), Tour de France (30°). Le sue vittorie. 1986: Classifica Giovani (8°) al Giro d'Italia. 1987: 6a tappa del Giro di Svizzera; 3a e 4a Prova del Trofeo dello Scalatore. 1990: Vuelta di Spagna. 1991: Criterium di Orsenigo. 1992: Campionato Italiano su strada; 18° Tappa del Giro d'Italia; 2° Tappa (Cronosquadre) della Vuelta di Spagna.

Juan Maria Uribezubia Velar (Esp)
[Immagine: Juan_Maria_Uribezubia%2C_Eddy_Merckx.png]
Nato il 4 aprile 1940 a Elorrio (Paesi Baaschi), deceduto a Durana (Paesi Baschi) il 14 luglio 2018.  Passista. Professionista dal 1961 al 1970, con 11 vittorie.
Forte e coriaceo corridore, ottimo sul passo. Per queste sue caratteristiche, rappresentava il treno o il bus, dei tanti scalatori della mitica Kas. In altre parole, era uno dei più affidabili passisti spagnoli degli anni '60. Fratello maggiore del più famoso, ma forse meno forte, Josè Luis.
Soprattutto "gemello-ciclistico" dell'indimenticato Valentin Uriona. Mi era simpatico, anche se il suo portamento ombroso, poteva farlo apparire antipatico.
Divenne professionista, ed immediatamente evidente, a 21 anni, quando, nel 1961, in maglia Funcor-Munguia, arrivò 2° nella terza tappa della Bicicleta Vasca, indi vinse il GP Udondo e, soprattutto, s'aggiudicò la prima tappa del Giro di Catalogna. Fu poi grande animatore del Tour of Britain, con tanti piazzamenti nelle frazioni e il 5° posto finale. Seguirono quel 1961, due anni di assestamento, con piazzamenti minori, ed il ritorno ad un ruolo più consono alle sue potenzialità, nel 1964. In maglia Inuri, fu 2° nel GP Villabona, arrivò 3° nella 3a tappa a Miranda della Bicicleta Vasca, mentre alla Vuelta di Spagna, prima di ritirarsi, finì 2° nella tappa di Vitoria. Assunto a giugno dalla Kas, partecipò al suo primo Tour de France, concludendolo al 41° posto. Divenuto punto di riferimento della nuova grande squadra, fu autore di un gran bel 1965. Vinse la Vuelta Ciclista a la Rioja ed una tappa della stessa, poi con la Kas, andò a propagandare il ciclismo in Canada correndo il Tour du Saint-Laurent (manifestazione di 17 tappe a cui parteciparono diverse squadre europee e taluni squadroni dei "professionisti di stato" dell'est), dove vinse la 4a, la 5a e la 16a frazione, chiudendo poi quel Tour al 6° posto. Tornato in patria fu 3° e 4° in due tappe della
Volta Ciclista a Catalunya e 7° nel Campionato spagnolo su strada. Anche il 1966 di Juan Maria fu buono: vinse la Vuelta Ciclista a Mallorca ed una tappa della stessa, nonché il Trofeo Sanchez-Huego. Chiuse 20° la Vuelta di Spagna, dopo diversi piazzamenti di tappa, ma, soprattutto, dopo aver aiutato tantissimo Francisco Gabica a vincere la Vuelta. Nel 1967, nel suo ultimo anno con la Kas, vinse la Vuelta Ciclista a Aragón. Il passaggio alla Karpy, fu visto da qualcuno come un licenziamento della Kas, in realtà era solo la legittima ambizione di Juan Maria di avere più libertà e giocarsi le sue carte. Purtroppo per lui il meglio lo aveva già dato, certo più agli altri che a sé, ma quella era la realtà. Ed infatti nel 1968 raccolse poco: fu 7° nell'Andorra Barcellona, 10° nel GP Pascuas Pamplona e 29° nella Vuelta di Spagna. Andò molto meglio nel 1969, il suo ultimo anno di fatto, quando vinse la 4a tappa del Giro di Catalogna(chiuso 34°), fu 6° nel GP Pascuas Pamplona, 7° nel GP Primavera Amorebieta, 8° nel Campionato Nazionale su Strada e 20° nella Vuelta di Spagna dove però vinse la Classifica dei Traguardi volanti. Poi, nel 1970, lo si vide in maglia Karpy Licor, giusto per le foto di presentazione, o poco più (si veda la foto con Merckx di inizio ritratto).

Maurizio Ricci detto Morris
 
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