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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 6 maggio
#1
Alfredo Bovet
[Immagine: 15874117541325Bovet,Alfredo.jpg]
Nato il 6 maggio 1909 a Cully (Svizzera) e deceduto il 15 gennaio 1993 a Renens (Svizzera). Passista scalatore. Professionista dal 1930 al 1945 con venti vittorie.
Uno dei pochissimi casi di straniero divenuto italiano, in un ciclismo che testimonia, anche se certi echi nazionalistici odierni non lo ammetteranno mai, quanto gli italiani, in rapporto alle nascite, siano probabilmente il popolo più emigrante della storia. Il romanzo del pedale, coi suoi oltre trentamila professionisti, è pieno di corridori francesi, belgi, svizzeri, lussemburghesi ecc. di origine e, spesso nascita, italiana.
Bovet è, ripeto, uno dei pochissimi a cammino inverso. Di origine elvetica in entrambi i genitori, nato a due passi da Losanna, il giovane Alfredo, in Svizzera, oltre alle scuole, iniziò pure a praticare il ciclismo, ma poi, assieme al fratello Enrico (in futuro anch'egli corridore), più giovane di due anni, si trasferì con la famiglia, per ragioni di lavoro del padre, a Castellanza, nel varesino. Acquisì la cittadinanza italiana nel 1928 e svolse in Italia il servizio militare come del resto il fratello Enrico.
Ciclisticamente, divenne italiano dalla massima categoria dei professionisti, della quale entrò a far parte nel settembre 1930. Buon passista, nelle giornate di vena anche scalatore di nota, non disdegnava le azioni da lontano e fu proprio grazie ad una lunga e temeraria fuga, che riuscì a cogliere il suo successo più prestigioso, nella Milano-Sanremo 1932. Nell'anno del debutto, pur passando a stagione in gran parte consumata, fece in tempo a vincere la Coppa Zanardelli. Nel 1931, fu davvero un protagonista, vincendo la Coppa Bernocchi, anche se poi la gara non venne omologata, indi la Coppa Crespi, la Coppa Bourgeugnon, la Targa Legnano, la Coppa San Geo, la Coppa Catena Regina, finì secondo nella Coppa Zanardelli, terzo nella Milano Modena, quinto nel Giro di Lombardia e tredicesimo nel suo primo Giro d'Italia. Nell'anno del grande successo alla Sanremo, vinse pure la Firenze Roma per squadre, finì secondo dietro Archambaud, nel prestigioso Gran Premio delle Nazioni a cronometro e secondo nella Tre Valli Varesine. Si piazzò in diverse tappe del Giro d'Italia anche se lo chiuse con un modesto 45° posto. Di ottimo livello anche il suo 1933. Vinse la Tre Valli Varesine, andò in Spagna e qui colse il successo nella corsa a tappe più importante, il Giro di Catalogna (la Vuelta non c'era ancora), nonché in due tappe dello stesso; indi sempre in terra catalana trionfò nel Criterium di Barcellona. Importanti anche i suoi piazzamenti: finì secondo nella Sanremo, terzo nel Campionato italiano e quarto nel Giro d'Italia dove si piazzò in una miriade di frazioni. Col 1934 iniziò una lenta decadenza, anche se non mancarono gli acuti e continuò a piazzarsi nelle principali corse. Nel '35 vinse i Criterium di Cossato e Busto Arsizio, due prove su pista valevoli per il Giro della Provincia di Milano; finì secondo nella prestigiosa Reuss-Barcellona-Reuss dietro a Bartali e quinto nella "amica" Milano Sanremo. Nel '36, vinse il GP d'Apertura a Milano e giunse quarto nel Campionato italiano. Col 1937, iniziò a dedicarsi alla pista dove ottenne discreti risultati nel mezzofondo, classificandosi 2° nei campionati italiani '37, '40, '42 e '45 e disputando anche i Campionati Mondiali del 1937, dove venne eliminato nelle batterie. Su strada si segnalò nuovamente alla Sanremo, giungendo terzo nella velocissima edizione del '38. Provò a ritornare anche dopo la guerra, ma le sue migliori stagioni erano lontane, ed appese la bicicletta al chiodo.

Ambrogio Colombo
[Immagine: 1218381482Colombo,%20Ambroggio.JPG]
Nato a San Vittore Olona (MI) il 6 maggio 1940. Passista scalatore, alto m. 1,77 per kg 67. Professionista dal 1964 al 1966, senza ottenere vittorie.
Un buon pedalatore, senza infamia e senza lode, passato professionista nell'Ignis nel 1964, dopo aver corso bene da dilettante. Da "puro", Ambrogio vinceva poco, ma arrivava sempre, senza impressionare, ma arrivava. Un passista non altissimo che si difendeva in salita, anche perché di costituzione magra e con una buona volontà nel prepararsi durante la settimana sulle alture non distanti da casa. I tratti del campione non c'erano, ma le possibilità di giungere ad un buon ruolo da gregario, sì. Soprattutto in considerazione delle sue doti sul passo e per quell'abitudine ad inseguire gli ardimentosi. Con questo biglietto, si presentò in maglia Ignis al Giro d'Italia del 1964. Il ragazzone lombardo non andò male, giunse quinto nella tappa di Cuneo e terminò la corsa al ventottesimo posto. Un piazzamento davvero discreto per un debuttante. Giro a parte, il comportamento di Colombo sul resto, anche per qualche acciacco di troppo, non si mosse dalla mediocrità e ciò spinse, nel 1965, i dirigenti della squadra di Borghi, a riservarlo per una gara che si annunciava più massacrante del Giro di quell'anno, ovvero il Tour de France. Inserito nella formazione mista fra Molteni e, appunto, Ignis, Colombo, fece da gregario al ventenne Motta e finì il Tour al 78° posto. Nel 1966, il giovane Gianni, memore del buon comportamento tenuto da Ambrogio nella Grande Boucle, favorì il suo accasamento in Molteni, ma il passista di San Vittorie Olona, non riuscì ad emergere come sperava, ed a fine stagione abbandonò l'attività. Le soddisfazioni che non riuscirono al lui però, si concentrarono una trentina d'anni dopo, sulle gambe del figlio Gabriele, sì proprio quel Colombo che vinse la Milano Sanremo nel 1996.

Hans Junkermann (Ger)
[Immagine: 16737088201325Junkermann,Hans.jpg]
Nato a Sankt Tonis (Renania Settentrionale-Vestfalia - Germania) il 6 maggio 1934, deceduto a Krefeld (Renania Settentrionale-Vestfalia - Germania) l'11 aprile 2022. Completo su strada e pistard endurance, alto 1,75 per 67 kg. Professionista dal 1955 al 1973 con 55 vittorie fra strada e pista.
Ciò che lo distingueva ancor più delle sue grandi capacità atletiche era la sua umanità. Sempre di buon umore, sempre cordiale. Ed è sempre rimasto con i piedi per terra, indipendentemente dal successo via via conquistato: lui era solamente “il ragazzo sorridente di Krefeld”. Chi scrive non può dimenticare una sua atleta tedesca quando raccontava dei suoi incontri in allenamento con Junkermann, che la copriva di sostegni, consigli e sapeva infonderle quell’ottimismo che diviene straordinario quando coinvolge una buona atleta e non una campionessa. Hans, insieme a Rudi Altig, Karl-Heinz Kunde e Rolf Wolfshohl, plasmò il ciclismo professionistico tedesco negli anni '60 e, visti i ruoli ricoperti ed assunti nel dopo carriera, può essere definito un vero e proprio peculiare riferimento del ciclismo tedesco a cavallo del millennio.
Venne definito l'"uomo ombra" per il suo modo di correre e la sua regolarità: non lo si notava in corsa, ma alla fine era sempre presente. Atleta forte e ben dotato, senza punti deboli, non riuscì a divenire epocale soprattutto per la sua bontà e la sua devozione verso gli interessi di squadra e di un capitano in particolare. Non a caso, la sua classe, il suo talento e la sua disponibilità, lo elessero assistente ben pagato di grandi campioni come Van Looy, Gaul, Beheyt, Altig e Bahamontes. Tuttavia, nei 18 anni di professionismo, Hans ha saputo conquistare traguardi particolari e di pregio, sia su strada che su pista. In altre parole, come completezza, sta sicuramente fra i primi 4 corridori tedeschi dell’intera storia, sempre tenendo conto nelle disamine, dei valori e degli spessori singoli e di gruppo, relativamente ai lassi in cui s’è corso.  
La classe e la forza di Junkermann fecero presto capolino al punto di spingere emissari della RDT, a contattarlo per ben due volte nel 1954, affinché si trasferisse nell'est, dove sarebbe stato lautamente pagato, per fare il "dilettante di stato". Hans rifiutò, perché voleva rimanere nella Germania Ovest, ed essere un professionista. Scelse così, per il 1955, una piccola squadra come la Bauer, una delle più piccole del ciclismo professionistico, con soli 7 corridori e programmi limitati. Junkermann però, era un grande corridore e ben presto tante squadre di gran nota, anche per brevi periodi, lo ingaggiarono. Furono infatti 33 le maglie-squadra che “l’uomo ombra” indossò, nei 18 anni di professionismo. Una disamina della sua carriera ci porta ad annotare che in patria è stato Campione Nazionale su Strada nel '59, '60, '61; Campione della Montagna nel '61, '62, '64, '66 e '67; dei Criterium nel '67; dell'Inseguimento su pista nel '58, del Madison nel 1959 (con Bugdahl),’60 (con Bugdahl),’61 (con Altig), ’62 (con Altig), ’64 (con Altig), ’65 (con Oldenburg). Sempre in patria ha vinto classiche internazionali come l'Henninger Turm '63 e il Giro di Francoforte '58, nonché altre corse. All'estero ha vinto la classica Campionato di Zurigo '57 e il Giro di Svizzera (9 disputati) nel '59 e nel '62, con quattro tappe vinte oltre a un G.P. della Montagna. Nel 1968 è stato Campione Europeo fra gli Stayer. Ha partecipato a 18 Mondiali su strada, dei quali 14 conclusi, 4 con piazzamenti nei primi dieci. Migliore posizione: il 6° posto nel 1960 a Sachsering.
[Immagine: 278211168_5414295595248671_1882131991630...e=645AB972]
Il suo adattamento agli sforzi prolungati lo ha portato a correre anche otto Tour de France (4° nel '60), quattro Giri d'Italia (6° nel '61), due di Spagna (7° nel '65), quattro di Germania (2° nel '61, 3° nel '65), due del Lussemburgo (3° nel '64), due d'Olanda (6° nel '61), tre del Belgio, una Quattro Giorni di Dunkerque (2° nel '63) e altri ancora…Nel suo palmares anche 9 Seigiorni vinte (con una di piazzamenti sul podio) corse alle quali si dedicò con costanza negli ultimi anni di carriera. Rimpianti: l’aver avuto sostegni nulli da parte della Nazionale ai Tour de France ’60 e ‘61, quando arrivò 4° e 5° correndo praticamente da “isolato” e quell’abbandono alla Grande Boucle ’62, quando era lanciatissimo, a causa di una manomissione del cibo (secondo il parere di diversi) a Luchon.  
Dopo il ritiro, avvenuto a fine febbraio 1973, Junkermann ha allenato giovani corridori per 25 anni, prima con la squadra ciclistica RSV City Neuwied e tra il 1984 e il 1998 con l'Olympia Dortmund. Al Dortmund , ha portato Erik Zabel , Udo Bolts, Rolf Aldag , Kai Hundertmarck e Bernd Groene a diventare professionisti.

Maurice Mollin (Bel)
[Immagine: 1244130946MOLLIN%20Maurice%20-%206.jpg]
Nato ad Anversa il 6 maggio 1924, deceduto a Deurne il 5 agosto 2003. Passista veloce. Professionista dal 1945 al 1958 con 21 vittorie.
Classico corridore belga: tenace, furbo, veloce e col ciclismo nel sangue. Non dotato di grande talento e con uno spunto di velocità naturale inferiore a tanti della sua terra, imparò con gli anni a spremersi con oculatezza e tutelare al massimo le sue non tante risorse.
Gli andò benissimo il due maggio 1948, quando sul traguardo della prestigiosa (non come oggi comunque) Liegi-Bastogne-Liegi, superò nella volata decisiva, Raymond Impanis (dal quale lo divideva una montagna di classe), ed un drappello di altri diciannove corridori. Con quel successo, Mollin entrò nella storia del ciclismo. Inadatto alle corse a tappe, vinse due frazioni del Giro del Belgio, mentre nei grandi giri, partecipò due volte al Tour de France, ed una ciascuna al Giro e alla Vuelta, ma solo al Tour 1947 non abbandonò, concludendo in 42esima posizione.
Tutte le sue vittorie. 1946: Criterium di Lier e Berlaar. 1947: GP 1° Maggio; GP Ambiorix; Criterium di Wilrijk; Ramsel e Melsele. 1948: Liegi-Bastogne-Liegi; 3a tappa del Giro del Belgio; Beveren-Waas; Criterium di Anderlecht. 1951: Tour de Hesbaye; Criterium di Malines. 1952: 2a tappa del Giro del Belgio. 1953: Criterium di Ruisbroek, Wilrijk, Kieldrecht e Borgerhout. 1955: Criterium di Deurne. 1957: Criterium di Averbode e Welle.

Maurizio Ricci detto Morris
 
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