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Quali sono i vostri ricordi olimpici?
#11
Stringatamente e solo le Olimpiadi lontanissime, perché scriverei davvero troppo.
I primi ricordi Olimpici sono di Roma 1960 e mi portano alla radio, perché in casa mia non era ancora arrivata la TV. Una radio dove, accanto alla mia dada (sorella di 18 anni più di me), ascoltai la notizia della Medaglia d’Argento di Livio Trapé, contro il quale il dado (fratello di 14 anni più di me), ciclista di casa, aveva corso in Toscana. Ricordo che la tifosissima dada, saltò per l’Oro della velocità di Sante Gaiardoni. 

Nel 1964 vidi le prime Olimpiadi in TV, ed erano quelle invernali di Innsbruck. Discipline nuove, o molto tenere per me, ancora assai lontane dalle mie già copiose letture sportive, in particolare  su ciclismo, calcio e tennis. Una folgorazione, il salto con sci, che era lo sport preferito di dada. Vedemmo la vittoria di Kankkonen, mentre lei allattava la mia prima nipote di cinque mesi (in seguito il salto divenne una costante dei miei interessi invernali, con tanto di idolo nel norvegese Bjorn Wirkola). Furono pure le Olimpiadi del mio amore per il bob e la scoperta di un già mito come Eugenio Monti (di cui diventai tifoso), nonché quello sci di fondo che mi fece conoscere la grandiosità del finlandese Eero Mantyranta (che io pronunciavo Mantarinta), un atleta che oltre cinque lustri dopo, conobbi meglio …..studiando quello che stava diventando il “metodo Conconi”. 

Delle Olimpiadi estive di Tokyo ’64, ricordo tutto molto meglio, anche perché furono importanti per i miei decolli d’interesse per l’atletica leggera e il pugilato, ma pure per il concorso ippico.  Ricordo la finale dei 100 metri del grandissimo Bob Hayes (altro che il centista Carl Lewis!), l’argento di Harry Jerome il quinto e l’ottavo posto di Livio Berruti e Sergio Ottolina nei 200 metri. Nitida la doppietta equestre d’Oro del grandissimo Mauro Checcoli, con quel percorso netto che ci fece sobbalzare tutti in casa. Del ciclismo su pista seguii la finalissima della velocità vinta da Vanni Pettenella su Sergio Bianchetto, e l’Oro di quest’ultimo nel tandem, in coppia con Angelo Damiano. Mi persi, causa scuola, la vittoria di Mario Zanin su strada. La rividi dopo, come tanti eventi del programma. Non mi persi, invece, e divenne il primo pugile per il quale ho tifato, il peso mosca Fernando Atzori. Il suo crescendo verso l’Oro fu bellissimo. Fernando, recentemente scomparso, anche da prof fu grande: non accostò al Titolo Europeo vinto, quello Mondiale, perché allora non c’erano tutte quelle sigle di oggi e lui si trovò di fronte un fenomeno come il filippino Villacampo. Ad Atzori devo molto sull’amore che ancora oggi nutro verso la boxe: furono le sue gesta olimpiche a spingermi a seguire il corregionale professionista “Tore” Burruni e di lì tutti gli altri, italiani e stranieri, perché lo sport, per me, non ha mai avuto confini geografici. Infine, Tokyo ’64, fu l’Olimpiade di Franco Menichelli, grandissimo ginnasta, un po’ troppo dimenticato dai media d’oggi, che vinse l’Oro  al Corpo Libero, l’Argento agli Anelli ed il Bronzo alle Parallele. Menichelli, incerto fino all’ultimo se proseguire nel calcio, come il fratello maggiore Giampaolo (che arriverà alla A e alla Nazionale militando nella Roma e nella Juventus), o nella ginnastica artistica, aveva già vinto 2 Bronzi a Roma ’60 e fino allo stop per la rottura del tendine d’Achille a Mexico, fu capace di vincere anche 6 Titoli Europei ed 8 titoli del Mediterraneo, nonché una serie incredibile di altre medaglie di prestigio nelle principali manifestazioni internazionali.

 Le Olimpiadi di Grenoble ’68 segnarono un punto basilare su quello che resterà ancora a lungo il mio amore per gli sport invernali. Vissi in maniera fantastica la doppietta d’Oro di Eugenio Monti, con stupore e gioia l’Oro di Franco Nones nella 30 chilometri a tecnica classica. Scoprii lo slittino grazie all’Oro di Erika Lechner e sopportai con l’ammirazione verso Jiri Raska, la delusione delle due pessime gare di Bjorn Wirkola nel salto. Nello sci alpino, Grenoble ’68 fu storica per la tripletta di Jean Claude Killy (grandissimo personaggio) e per la tangibilità di una squadra francese, maschile e femminile (1964-’71), come non ci sarà più. Ricordo l’Oro della regina francese  Marielle Goitschel nello speciale e l’uscita della mia preferita, l’italiana Giustina Demetz. 

Delle Olimpiadi di Città del Messico che dire? Su quell’edizione dei Giochi ci sarebbero da scrivere migliaia di pagine, perché in estrema sintesi furono le Olimpiadi più belle sul piano prettamente agonistico, per i i record storici stabiliti, nonché per l’intreccio coi grandi fatti dell’anno più significativo, guerre a parte, del secolo scorso. Furono pure i Giochi più sanguinosi e più politicizzati di sempre, anche se molti han dimenticato certi contorni l’evento: su tutti la strage di  Tlatelolco con oltre 300 morti, più di 1000 arresti e, si dice, quasi trentamila proiettili sparati. Furono poi i giochi della presa di coscienza, nello sport, nonostante Brundage, dell’esistenza di un enorme problema razziale negli Stati Uniti d’America e non solo.

Per quelle Olimpiadi il ragazzino sottoscritto bucò la scuola (inizi della 3a Media), divenne ancor più siamese all’atletica leggera e si creò idoli che sono ancora tali. Soprattutto capì quanto lo sport non possa essere sempre disgiunto dal resto della vita. Il mio ’68, e sessantottino mi sono sempre sentito, non avendo l’età di uno studente universitario o delle superiori, è stato tale attraverso lo sport. Ed allora per citare solo quelli che mi vengono in mente, un posto nella mia formazione e nell’insieme emozional-sportivo lo hanno avuto Tommy Smith, Peter Norman, John Carlos, Lee Evans, Larry James, Jim Hines, Dick Fosbury, Kipkoge Keino, Mamo Wolde, Bob Beamon, Janis Lusis, Willie Davemport, Eddy Ottoz, Victor Sanajev, Nelson Pridencio, Giuseppe Gentile, Bob Seagren, Randi Matson, Al Oerter, Bill Toomey, Wyomia Tyus, Barbara Ferrell, Gyula Zsivotzky per l’Atletica Leggera; Vera Caslavska per la Ginnastica Artistica, Pierfranco Vianelli, Daniel Morelon, Giordano Turrini, Pierre Trentin per il ciclismo; Baran e Sambo per il canottaggio; Klaus Dibiasi per i tuffi, Mike Wenden, Don Schollander, Debbie Mayer, Karen Moras per il nuoto. Ci sarebbe tanto altro, ma non è il caso. Queste Olimpiadi, per me, furono davvero le Olimpiadi delle Olimpiadi.

Sul dopo.
Inutile dire che ho seguito tutti i Giochi, ma non potendo scrivere troppo….chiudo con la scelta più difficile, con l’emozione più forte sull’universo emozionale che mi ha coinvolto nei tanti Giochi dopo Messico ’68: l’Oro di Igor Cassina ad Atene 2004. Fu divino e storico perché non è stato solo il vincitore, ma l’autore-genesi di un movimento che attraverserà perenne la storia della Ginnastica. Di tanti vincitori multipli di Ori Olimpici si potrà anche dimenticare qualcosa, ma Igor mai! Igor Cassina al pari di Mitsuo Tsukahara, sono come il Parco dei Principi a Parigi. Nel pessimo 2020, in occasione di una manifestazione che ricordava il Prof. Bruno Grandi (il più bravo dirigente sportivo italiano di sempre) ho ascoltato e conosciuto Cassina. Che è un totem di positività ed umiltà.
 
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Messaggi in questa discussione
Quali sono i vostri ricordi olimpici? - da melo21 - 07-02-2021, 12:31 PM
RE: Quali sono i vostri ricordi olimpici? - da Morris - 12-02-2021, 11:32 AM

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