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Spruzzi di Giro d'Italia...
#24
1963 – 17a tappa del 46° Giro d’Italia

Treviso – Gorizia di 213 km

[Immagine: 17agiro1963.jpg]
Una tappa vissuta sulla linea della preoccupazione per le due frazioni seguenti di irta montagna, che  favorì la poca combattività, anche per la fastidiosa pioggia che accompagnò gran parte dei 213 chilometri di questa Treviso-Gorizia. Oltre tre ore di “noia” rotte soltanto da una breve fermata di Taccone per cambiare una ruota a Monfalcone e dal capitombolo di De Rosso a causa delle rotaie tramviarie a Trieste. Entrambi poterono ritornare in gruppo senza soverchie difficoltà. Poi la corsa si ravvivò salendo sull'altura di Opicina, l’unico dentino di tappa, ma ogni tentativo di rompere la compattezza del gruppo fallì. A venti chilometri dal termine però, l’episodio decisivo, con la fuga  di un drappelo di sei uomini: il passista Battista Babini, la giovane speranza esordiente al Giro Italo Zilioli, il già predisposto ad un grande lavoro di gregariato Pietro Partesotti, il combattente fra strada e pista Armando Pellegrini, ed i veloci, entrambi azzurri a Roma ’60, Vendramino Bariviera e Giuseppe Tonucci. Ed il gruppetto, compatto e con bella andatura, andò al traguardo, rintuzzando bellamente ogni tentativo di ritorno di un gruppo finalmente deciso a non sbadigliare. La linea d’arrivo, in Gorizia, era posto sulla breve, ma ripida salita che, dal centro della città, porta al bellissimo Castello costruito  nell’XI secolo. Una volata particolare dunque, dove le ruote veloci di  Tonucci e, soprattutto di Bariviera, già vincitore sui piatti rettilinei conclusivi delle tappe di Viterbo e di Arezzo, potevano perdere. Invece, l’aitante trevigiano della Carpano, portato in testa dal giovane compagno Zilioli ai trecento metri, fu autore di un acuto straordinario, forse il migliore della sua carriera, ed andò a vincere distanziando di qualche secondo quel Babini col quale aveva già duellato fra i dilettanti in terra di Romagna. Per Bariviera si trattava dunque del terzo successo di tappa a quel Giro. A poco meno di un minuto Vito Taccone regolò il gruppo.

Ordine d'arrivo:

1° Vendramino Bariviera (Ita) km 213 in 5h34'30" alla media di 38,206 kmh
2° Battista Babini (Ita) a 4"
3° Italo Zilioli (Ita)
4° Pietro Partesotti (Ita)
5° Armando Pellegrini (Ita)
6° Giuseppe Tonucci (Ita)
7° Vito Taccone (Ita) a 51"
8° Jaime Alomar (Esp)
9° Marino Fontana (Ita)
10° Giorgio Zancanaro (Ita) a 54" 

Sul vincitore di tappa:

Vendramino Bariviera  “il Giaguaro”
Nato a Roma il 25 ottobre 1937, deceduto a Conegliano il 23 novembre 2001. Velocista, alto m. 1,87 per kg. 70. Professionista dal 1961 al 1967, con 11 vittorie.
[Immagine: Vendramino_Bariviera.jpg]
Alto e di quel magro naturale, come avveniva ai suoi tempi. Potente ed agile, nonostante l’altezza, veloce. Un giaguaro, come lo chiamavano. Insomma uno stereotipo di corridore che “sbagliò epoca”. Sia subito chiaro, forte e di buona carriera in ogni caso, ma, mi si permetta, uno come lui, oggi, con quello che il ciclismo ha scoperto di legale, rischioso o molto meno legale, nonché sull’onda dei dogmi trasformistici di taluni troppi preparatori, sarebbe divenuto corridore completo, capace di vincere ovunque e su tutto. Battute? No, personali convinzioni se volete, ma nel ciclismo ne ho viste troppe di evoluzioni, mai così vistose nei tanti altri sport seguiti. 
Vendramino è stato un evidente del ciclismo per una decina d’anni, uno che mi è molto caro perché ha corso da dilettante nel Pedale Ravennate, nel momento in cui Ravenna poteva essere considerata una sorta di capitale ciclistica italiana e non solo della mia Romagna. Poi perché l’ho conosciuto nel dopo carriera sulla bici, quando lanciava giovani ciclisti e mi dimostrava un’apertura mentale verso lo sport più in generale, rara fra gli operatori ciclistici di un quarto di secolo fa. Ed era così, forse, perché fratello maggiore di Renzo, un giocatore di pallacanestro che vedrò sempre come un idolo per consistenza tecnica e militanza nelle mie squadre del cuore, Olimpia Milano e Libertas Forlì. Quel Renzo, di 12 anni più giovane, che Mino aveva messo in bicicletta per farne un corridore e che  prometteva pure fra gli esordienti, ma che aveva l’handicap ciclistico, di  essere ancora più alto di lui e di essere un difficile per le misure di telai idonei e corretti a livello biomeccanico. Meglio così, perché Renzo, che racconta tutt’oggi delle emozioni che gli aveva lasciato il fratellone corridore, è divenuto un astro della Nazionale di pallacanestro ed uno dei più longevi, quindi un’icona per il movimento sportivo italiano.
Quel Mino, che mi raccontava di quanto fiero fosse per aver vestito la maglia del Pedale Ravennate di Celso Minardi, dove imparò tanto umanamente e sportivamente. Quel Mino che non si capacitava di come fosse andata a finire la carriera della sua scoperta principale, Gianni Giacomini, iridato a Valkenburg ’79 fra i dilettanti. E quel Mino che mi sembrava ancora più alto quando mi raccontava di come gli piacesse la schiettezza di Teofilo Sanson  o di come puntasse sul suo corridore del momento, quel giovanissimo Alessio Cancelier che pareva destinato e che invece non fu. 
Insomma quel Mino Bariviera, che mi ha spinto a scrivere di questa tappa vinta sullo strappo del Castello di Gorizia, quando non pensava di poter essere capace di vincere lì. 
[Immagine: 5-18.jpg]
Ma chi è stato da corridore, Bariviera?     
A dispetto dell’altezza, dotato da subito di acuto velocistico e di gran passo, trionfò nel 1955 da allievo, assieme ai compagni Da Ros, Mariotto e Favero, nella Coppa Adriana. Nel 1956 da dilettante si determinò come un autentico vincente e l’anno seguente, fra le tante vittorie, riuscì a cogliere un successo di grande valore: il Trofeo San Pellegrino a tappe. Nel 1958, emigrò al Pedale Ravennate, dove divenne ancor più razziatore di traguardi al punto di essere soprannominato “il Giaguaro” e si guadagnò il prestigio nazionale più riconosciuto, vestendo l’azzurro alla Corsa della Pace dove vinse una tappa e ai Campionati Mondiali di Reins chiuso all11° posto. Continuò a mietere successi nel 1959 (notevoli le vittorie al Trofeo Minardi e al Trofeo Piva a Vicenza) e nel 1960 quando colse la famosa “Popolarissima” a due passi da casa e divenne azzurro alle Olimpiadi di Roma nella prova in linea, dove sui ritirò.  
Nel 1961 passò professionista in seno alla Ghigi. L’esordio fu piuttosto macchinoso, un po’ per vari malanni, ed un po’ per debito circa le distanze delle corse. I  piazzamenti ci furono, ma non degni delle attese (fu 5° nel GP di Como e 9° nel Fenaroli) ed al Giro d’Italia si ritirò. I successi arrivarono l’anno seguente, quando fece sua la Milano Vignola e la Verona-San Pellegrino per retrocessione di Rino Benedetti. Fu poi 2° nel Trofeo Mirandola, 3° nella Coppa Placci e 4° nella Classifica finale del Trofeo Cougnet. 
Nel 1963 passò alla Carpano di Vincenzo Giacotto, dimostrando più volte di essere veramente…”il Giaguaro”. Vinse dapprima il GP di Cotignola, poi il Gran Premio Industria e Commercio e al Giro d’Italia iniziò la sua collezione di tappe. Ne vinse tre: la Pescara-Viterbo, la Bolsena–Arezzo e la Treviso-Gorizia. Nelle tappe di Bari e Cremona colse il 3° posto. Chiuse la Corsa Rosa 46°. Partecipò al Tour de France, ma dopo il 7° posto di Angers, si ritirò nell’ottava tappa, quella che si concludeva a Bordeaux. Tornato in Italia vinse la “Tipo Pista” di San Polo di Piave. Nell’anno fu poi 2° nel Campionato Italiano a punti, 3° nel Campionato di Zurigo e 5° nel Giro di Toscana.
Il 1964 confermò un ottimo ruolino per “il Guaguaro”. Al Giro d’Italia vinse la tappa Parma-Verona, fu 2° in quella di Parma e 3° nella frazione che si concludeva a Castelgandolfo. Chiuse il Giro al 61° posto. Al Tour de Suisse, dopo il 2° posto nella tappa di Kussnacht, chiuse 19°. Fu 2° nella tappa di Santa Teresa di Gallura del Giro di Sardegna, 4° nel Gran Premio Molteni e 6° nella St Vincent-Meda. 
Non fu particolarmente brillante la stagione 1965 del Giaguaro, passato nel frattempo alla Sanson. Solo piazzamenti. Fra questi i migliori furono il 2° posto nel GP Col San Martino il 6° nel GP di Antibes, il 9° nel GP Mirandola e il 10°  nella Coppa Bernocchi. Al Giro chiuse 43°. Buonissima invece la stagione 1966. Bariviera tornò a ruggire nella Corsa Rosa: vinse le tappe Viareggio-Chianciano Terme e Vittorio Veneto-Trieste concludendo il Giro 53°. L’anno seguente passò alla Filotex, ma diversi malanni lo frenarono. Fu 2° nel GP Aiello del Friuli e si ritirò al Giro d’Italia. A fine stagione appese la bici al chiodo.  

Maurizio Ricci detto Morris

P.S. Perdonate i refusi, ma ho scritto veloce e senza rileggere. Ho problemi col computer.
 
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Spruzzi di Giro d'Italia... - da Morris - 30-04-2021, 07:48 PM
RE: Spruzzi di Giro d'Italia... - da Morris - 08-05-2021, 08:40 AM
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