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Spruzzi di Storia e di Protagonisti di quella che fu la Classicissima
#10
70a Edizione: 17 marzo 1979
L’esplosione di numeri che caratterizzò la 70esoma edizione della Classicissima, fece riflettere e diede spago a coloro che, in precedenza, magari come scusa per le loro difficoltà e sconfitte,  avevano in qualche modo criticato l’organizzazione. Vincenzo Torriani, che la sapeva lunga anche quando sbagliava, incassò come un dono i 264 partenti e diede al direttore della "Gazzetta", Gino Palumbo, l’incarico di dare il via a una corsa che il giornalista napoletano, aveva da sempre nel cuore. Ancora una bella e calda giornata di sole accompagnò quel gruppo che, quando muoveva velocità di nota, fra cima e fondo occupava oltre quattrocento metri di carreggiata. A Binasco, sempre su iniziativa dell’ormai solito Dirk Baert, stavolta accompagnato da Giancarlo Casiraghi, si formò al comando un drappello di 12 uomini: i due citati, nonché Walter Polini, Mario Noris, Annunzio Colombo, gli olandesi Jan Aling, Jan Van Houwelingen e Leo Van Vliet, ed i belgi Martin, Joseph Jacobs, Willy Teirlinck e Joseph Gijsemans. La dozzina di battistrada, con un vantaggio sul gruppo che oscillò fra gli 8 ed i 10 minuti, giunsero insieme fino alla Riviera. Qui però, iniziarono progressivamente i ce-dimenti e quando il grosso, sul Capo Berta, chiuse su tutti, gli ultimi a cedere furono Polini, Van Vliet e Martin. Sul Poggio, attaccò Raas, ma non successe nulla. In discesa tentò Saronni, ma anche in questa occasione non ci furono effetti. A quel punto partì Mario Beccia, che stava per fare il colpaccio, ma il veemente inseguimento di Vandenbroucke, portò sotto il gruppo, ed a cinquanta metri dalla linea, il pugliese venne superato da Roger De Vlaeminck, che bruciò Saronni, il norvegese Knut Knudsen e Moser.
[Immagine: 54525822_413035499270338_5175764057893896192_n-2.jpg]

Sul vincitore.
Nato a Eeklo (Belgio) il 24 agosto 1947. Alto 1.81; peso kg. 75. Cominciò a lavorare giovanissimo. Vendeva coperte e tovaglioli alle massaie, girando di porta in porta, ma i suoi guadagni erano modesti. Decise quindi di obbedire al padre e venne assunto in una fabbrica di tessuti a pochi chilometri da Eeklo. Il poco tempo che gli restava lo impiegava allenandosi in bicicletta. Trovò un amico che gli consigliò di correre. Si gettò, così, con entusiasmo nella mischia ed arrivano i primi successi. Tra i dilettanti centrò il Titolo belga di ciclocross e, successivamente, anche il Titolo mondiale.
Passò tra i professionisti nel 1969, ed al debutto vinse la Het Volk imponendosi in volala su Patrick Sercu. Tre mesi dopo diventò Campione belga su strada. Concluse l'anno con un bilancio di 16 vittorie. Ottimo passista, si difendeva in salita, eccellente sprinter. Vinse quattro Parigi-Roubaix, sei Tirreno-Adriatico; tre Milano-Sanremo, due Giri di Lombardia; un Mondiale di ciclocross. Novanta tappe di Giri ed altrettanti criterium. Padre belga, madre di origine gitana. La confluenza delle due "culture" tendenzialmente opposte gli lasciò in retaggio un carattere pieno di slanci e di conflitti. Passava da un ottimismo forsennato ad autentici complessi d'inferiorità. Nel 1969, durante una manifestazione su pista a Gand, conobbe Marlene (olandese) e se ne innamorò a prima vista. Frequenti viaggi in Olanda e poi, il matrimonio. Nacquero due femmine: Nadia e Snella. Nel 1985 non corse, o meglio partecipò solo a delle gare di ciclocross nazionali da individuale. Corse spessissimo in Italia con le maglia della Dreher, della Broocklyn, della Sanson e della Gis. 
[Immagine: 1211568892De%20Vlaeminck,%20Roger.jpg]
Professionista dal 1969 al 1988 con 251 vittorie. In sintesi: 11 gare a tappe; 6 Tirreno-Adriatico (1972-1973-1974-1975-1976-1977); Giro Svizzera (1975); 4 Giorni Dunkerque (1971); Giro Sardegna (1976); Giro di Puglia (1979); Giro di Majorca (1980); 57 gare in linea: 4 Parigi-Roubaix (1972-1974-1975-1977); 3 Milano-Sanremo (1973-1978-1979); 2 Campionati nazionali (1969-1981); 2 Giri di Lombardia (1974-1976); 2 Hel Volk (1969-1979); 2 Giri del Lazio (1975-1976); 2 Milano-Torino (1972-1974); 2 Coppe Agostoni (1975-1976); 2 Coppe Placci (1972-1974); due Sassari-Cagliari (1976-1978); Liegi-Bastogne-Liegi (1970); G.P. Escaut (1970); Freccia Vallone (1971); GP Camaiore (1972); Trofeo Matteotti (1973); Giro Toscana (1973); Giro Sicilia (1974); Giro del Veneto (1974); Campionato di Zurigo (1975); Trofeo Pantalica (1975); Giro dell’Emilia (1976); Giro delle Fiandre (1977); Giro Piemonle (1977); Giro del Friuli (1978); Milano-Vignola (1979); Trofeo Laigueglia (1980); Parigi-Bruxelles (1981); 90 tappe Giri (22 al Giro d'Italia); 13 tappe Tirreno-Adriatico; 6 tappe Giro di Sardegna; 9 Giro Svizzera; 6 Giro Puglia; 92 Criterium; Campione del mondo dilettanti di ciclocross (1968); Professionisti (1975). Ha corso per: Flandria (1969-1971); Dreher (1972); Brooklyn (1973-1974-1975-1976-1977); Sanson (1978); Gis (1979 e 1984); Boul d'or Colnago (1980); Daf (1981-1982); Gios (1983); Eddy Merckx (1986-1987); Hitachi (1988). A parere di chi scrive, il più grande classicomane della storia dopo Merckx e Van Looy.

Ordine d’arrivo:

1° Roger De Vlaeminck BEL Km 288 in 7h05'44" media 40,589 kmh
2° Giuseppe Saronni ITA  
3° Knut Knudsen NOR  
4° Francesco Moser ITA  
5° Giuseppe Martinelli ITA  
6° Luciano Borgognoni ITA  
7° Bernard Hinault FRA  
8° Daniel Willems BEL  
9° Giovanni Mantovani ITA  
10° Mario Beccia ITA  
11° Jean-luc Vandenbroucke BEL  
12° Jan Raas NED  
13° Joop Zoetemelk NED  
14° Michel Pollentier BEL  
15° Gerrie Knetemann NED  
16° Marc Demeyer BEL a 20
17° Walter Planckaert BEL  
18° Marc Renier BEL  
19° Salvatore Maccali ITA  
20° Paul Sherwen GBR  
21° Alfons Van Katwijck NED  
22° Dietrich Thurau ALL  
23° Erich Loder SUI  
24° Glauco Santoni ITA  
25° Bruno Zanoni ITA
Partiti 264, arrivati 154.


71a Edizione: 17 marzo 1980
Con 228 partenti s’avviarono gli anni ’80 della Sanremo. Favorito principe, Roger De Vlaeminck, nonostante i suoi 32 anni e mezzo, perché capace in tutte e tre le sue vittorie nella Classicissima, come del resto sovente in altre importanti corse, di saper scegliere il tempo giusto. Soprattutto in considerazione di quanto la Sanremo, aldilà della lunghezza, si stesse progressivamente trasformando in prova cerebrale.
Ovviamente, l’osservatorio italiano viveva la speranza che il duo Moser-Saronni, sui quali gravitavano attenzioni pressoché totali, rompesse il ghiaccio con quella gara, che si era fin lì dimostrata stregata.
A Certosa di Pavia, su iniziativa del vicentino Tullio Bertacco si portarono al comando con lui anche Angelo Tosoni ed il belga Etienne De Beule. I tre accumularono ben presto un grande vantaggio, ed a pochi chilometri da Capo Berta, quando il vantaggio era ancora sui 5 minuti, Bertacco e Tosoni, pro-bamente in preda ad un attacco di fatica, si toccarono e caddero. Per Tosoni la caduta tolse ogni possibile velleità, mentre Bertacco, riuscì a riprendersi e a raggiungere De Beule, nel frattempo rimasto solo al comando. In cima al Berta, i due battistrada scollinarono con 3 minuti sul gruppo. Pochi chilometri dopo però, quel tentativo che aveva resistito per 250 chilometri circa, finì. Ad Arma di Taggia, una strettoia provocò una gigantesca caduta che coinvolse una cinquantina di corridori (tra i quali Battaglin, Knudsen e Knetemann), tanti dei quali furono costretti a fermarsi. Prima del Poggio e sulla stessa erta, il vincitore del Giro d’Italia 1977, il belga Michael Pollentier, con la sua screziata pedalata (una delle più brutte della storia), cercò di opporsi alla probabile volatona, della prima parte del gruppo, ovvero quella che era rimasta al comando, dopo la strozzatura della caduta di Arma di Taggia. Guadagnò un centinaio di metri, ma all’ingresso di Sanremo fu riassorbito. La volata decisiva, fluida e corretta più del solito, vide Raas partire a tutta sulla destra, mentre Moser, al centro, prima di portare l’affondo, fu anticipato dal guizzo di Pierino Gavazzi che gli era a ruota (come gli aveva suggerito il suo direttore sportivo Franco Cribiori prima della corsa). Il trentenne corridore bresciano, davanti a tutti negli ultimi trenta metri, seppe poi contenere con un perfetto colpo di reni il ritorno di Saronni, alla sua sinistra. Aveva vinto un italiano, mettendo le pive nel sacco, a chi, in Italia, non riusciva a vedere più in là di Moser e Saronni. Ed infatti, i due, con la solita polemica post gara e le altrettanto solite frasi al veleno, diedero ulteriore spago, a quel teatrino sconsolante che ha caratterizzato per dieci anni il ciclismo della penisola.
[Immagine: gava.jpg]
Il ritratto del vincitore.
Nato a Provezze di Provaglio d'Iseo (Brescia) il 4 dicembre 1950. Passista veloce alto 1,69 per 66/67 kg.  Professionista dal 1973 al 1992 con 63 vittorie. Venti anni di carriera professionistica, intessuti su una totale dedizione al ciclismo ed alle sue leggi non scritte, che solo i fuoriclasse possono ogni tanto evadere, rappresentano la prima parte del biglietto da visita di Pierino Gavazzi. Il resto, si legge dalle affermazioni di prestigio internazionale che ha saputo cogliere, fra i suoi sessantatre successi e dai quasi cento secondi posti. Tutto ciò, gli ha dato popolarità e conoscenza che, non sempre, anzi poco, s’è tradotta nelle pagine dei commenti di un osservatorio giornalistico esageratamente e, talvolta, anche erroneamente legato al duo Moser-Saronni. Il tratto di Gavazzi, contiene le carriere dei due catalizzatori, che ha saputo anche battere su traguardi storici o da leggenda, fino a giungere agli anni del Bugno ruggente, verso il quale, ha sempre nutrito rispetto e ammirazione. Con questo bresciano, poi rimasto sulla breccia, per l’ammiraglia che ha guidato, per i figli corridori, Nicola e l’attualissimo Mattia, si apre una fetta enorme del ciclismo italiano, ed un mare di esperienze che ci aiutano a capire le dinamiche proprie del pedale degli ultimi quaranta anni.
Pierino, il diminutivo popolare e, potremmo dire, illustrativo del suo lungo nome anagrafico, era destinato alla fabbrica, alla vita anonima di milioni di persone. Scelse la bici più tardi dei più e quando già aveva provato i ritmi del lavoro, duro e sempre mal pagato, dei generici delle imprese industriali, ma fece presto a recuperare. Fu un ottimo dilettante, capace di cogliere significativi traguardi, usando il fondo e l’iniziativa, prima ancora del suo spunto veloce: caratteristiche, che dal 1973, ha trasportato stupendamente nel professionismo. 
[Immagine: 3-14.jpg]
Di taglia piccola, ma compatta e muscolarmente di nota, si legò alla professione del ciclista, una delle più dure (almeno ai suoi tempi), con lo spirito di chi si vuole arricchire di contatti, di esperienze, di viaggi, pur con una natura caratteriale taciturna riflessiva, sempre pronta all’osservazione e al mettere a frutto il vissuto. Non cambiò mai da quella linea, arrivando al pedale del miglior Merckx e proseguendo fino al miglior Indurain, senza voler dare l’impressione di essere, e di essere stato, qualcuno anche lui. È restato al suo posto con dignità e validità, mettendo sulle strade condotte fatte di generosità e fatiche, che non possono giustificare, in alcun modo, la definizione che in tanti gli hanno data, di semplice velocista. Già, perché Pierino, non ha mai aspettato egoisticamente l’arrivo per portare fresco il suo indubbio spunto di velocità e non ha mai avuto treni, o quattro o cinque compagni a disposizione. Lui battagliava, andava in fuga, tirava, si muoveva come un passista completo e, per questo, spesso è giunto con le polveri un po’ bagnate all’arrivo, come dimostra l’infinità di piazzamenti ottenuti.
Ovvero risultanze significative dello spessore del corridore Gavazzi, ma troppo numerose per non aprire, sovente, le trombe dell’idiota atteggiamento che l’osservatorio ciclistico ha sempre dimostrato verso i posti d’onore. Ed a quei “qualcuno”, che mettono sulle ammiraglie dilettantistiche i bollini delle vittorie ottenute, come fossero pegni di valenze “mercsiane”, quando nella realtà sono piccoli gradini di un apprendistato che solo i miopi possono vedere come un arrivo; o a quelli che sviluppano, sull’inutilità agonistica delle odierne Granfondo, i servizi destinabili ai traguardi della leggenda del pedale, è bene ricordare che tal Pierino Gavazzi, fra una marea di campioni (corridori che oggi si vedono col binocolo), è stato uno che a vinto quel che segue. Le tre maglie tricolori conquis-tate nel '78 a Odolo, nell'82 nella Tre Valli Varesine e nel 1988 (a 38 anni) nella Coppa Placci, fanno da contorno e sintetizzano i suoi meriti, che hanno brillato particolarmente in occasione del 1980, il suo anno di grazia, dove conquistò la Milano-Sanremo (davanti a Saronni e Raas) e la Parigi-Bruxelles (su Demeyer e Vandenbrande). Ma anche su classiche, come la Milano-Torino '78, il Trofeo Laigueglia '79 e ‘89, il Giro di Campania '79, il Giro di Romagna '80 e '84, il Giro dell'Emilia '81-82, il Giro del Veneto '82, la Tre Valli Varesine '84, il Giro di Reggio Calabria '83, il Gran Premio di Prato '84 e ‘89, la Nizza-Alassio '85, il Trofeo Matteotti '85, il Giro di Puglia '77. Ha poi vinto cinque tappe del Giro d'Italia, una del Tour de Suisse, una del Romandia, quattro del Giro di Catalogna e cinque del Giro di Puglia. Insomma un corridore di spessore che fa piacere ricordare.

Ordine d’arrivo:
1° Pierino Gavazzi ITA Km 288 in 6h42'07" media 42,973 kmh
2° Giuseppe Saronni ITA  
3° Jan Raas NED  
4° Sean Kelly IRL  
5° Roger De Vlaeminck BEL  
6° Francesco Moser ITA  
7° Jacques Bossis FRA  
8° Klaus Peter Thaler ALL  
9° Giuseppe Martinelli ITA  
10° Fons De Wolf BEL  
11° Paul Sherwen GBR  
12° Freddy Maertens BEL  
13° Marcel Tinazzi FRA  
14° Dietrich Thurau ALL  
15° Gilbert Duclos-Lassalle FRA  
16° Jean-luc Vandenbroucke BEL  
17° Roberto Ceruti ITA  
18° Bruno Leali ITA  
19° Silvano Contini ITA  
20° Ludo Peeters BEL
Partiti 228, arrivati 139.

Maurizio Ricci detto Morris

-continua-
 
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RE: Spruzzi di Storia e di Protagonisti di quella che fu la Classicissima - da Morris - 15-03-2024, 08:50 PM

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