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Spruzzi di Storia e di Protagonisti di quella che fu la Classicissima
#12
86a Edizione: 18 marzo 1995
Allo start dei 191 partenti si capì subito che c’era un corridore voglioso di mettersi in evidenza. Costui rispondeva al nome di Christian Salvato, neoprofessionista 23enne con un gran passato nelle categorie minori, dove si portava in dote tre maglie iridate nella cronosquadre: una da junoiortes e due da dilettante. Partito ancor prima del cartello del primo chilometro rimase al comando in solitudine per 220, segmento nel quale raggiunse un vantaggio massimo di 11’. Sul Capo Mele le prime ostilità, ma nessuna con connotati tali da segnare la corsa. All’attacco della Cipressa il gruppo compatto si assottigliò fino ad una cinquantina d’unità. Sul Poggio il russo Vladislav Bobrik, vincitore dell’ultimo Lombardia, provò a rendere frenetica l’andatura, ed il gruppo al comando s’assottigliò ulteriormente fino a spezzarsi a causa di due moto che toccandosi rallentarono assai il ritmno di chi stava dietro, fra i quali le ruote veloci di Baldato, Cipollini, Sciandri e Museeuw. Sul falsopiano ad uno scatto di Fondriest rispose il francese Laurent Jalabert e per poco anche “Maciste” Stefano Zanini. I due imboccarono la discesa con una manciata di secondi. All’inseguimento della coppia si collocò un gran discesista come Dimitri Konychev in appoggio a Rebellin, ma a vantaggio dei battistrada, che pure pedalavano speditissimi soprattutto grazie a Fondriest, sorse un problema meccanico alla bici del russo e lì si capì che la Sanremo era un gioco a due. Lo sprint decisivo, infatti, fu facilmente vinto da Jalabert, che spinse il corridore trentino, ad allargare le braccia come a dire: “questo qui era impossibile batterlo, soprattutto se a tirare, ci ha pensato solo il sottoscritto”. Ma il francese era un vincitore degno, che suggellava il fresco successo alla Parigi Nizza e metteva un altro mattone sul ricordo della terribile caduta di Armantières, al Tour dell’estate precedente.
[Immagine: sanremo95-jalabert-win-fondriest-920.jpg]

Sul vincitore.
Nato a Mazamet (Francia) il 30 novembre 1968. Al suo debutto, nel 1989, si annunciava come un velocista. Poi, pian piano, iniziò a difendersi su ogni terreno cogliendo oltre ad una decina di vittorie in gare di medio blasone un'infinità di piazzamenti di peso: 2° a San Sebastian '90, 2° Campionato di Zurigo '91, 7° Amstel Gold Race '91, 8° Giro di Lombardia '91. Sempre nel 1991 si piazzò 2° nella classifica di Coppa del Mondo e 16° nel ranking UCI.
Con la stagione '92 e il suo passaggio alla Once di Manolo Sainz, la sua esplosione, attraverso le urla di nove successi, tra i quali una tappa e la maglia verde al Tour de France, il secondo posto al Campionato del Mondo, dove fu battuto da Gianni Bugno, nonché il 5° posto in Coppa del Mondo. La sua crescita parve inarrestabile nel '93, dove ottenne ben 18 successi, anche se non di primissimo livello, ma nelle classiche fu sempre fra i primi.
[Immagine: Laurent_JALABERT_%28cropped%29.jpg]
Nel 1994, dopo aver vinto 7 tappe e la classifica a punti alla Vuelta di Spagna, attraverso una bruttissima caduta ad Armentière, durante il Tour de France, dove un imprudente poliziotto francese, per fotografare i ciclisti, provocò un mezzo disastro che fece perdere a Laurent gran parte della dentatura (anche Wlfred Nelissen e Alexander Gontchenkov uscirono malissimo), si concretizzò la seconda parte dell'evoluzione di Jaja, come già veniva soprannominato Jalabert. Già, perché i mesi atti al recupero forgiarono la sua tempra e le sue convinzioni al punto di far vedere, al suo rientro, un corridore ben diverso. Nel 1995, infatti, Laurent si dimostra un corridore superiore nelle classiche e negli atteggiamenti verso le stesse corse a tappe: vinse la Milano-San Remo e la Freccia Vallone, la Vuelta di Spagna con cinque tappe all'attivo e tutte le classifiche, nonché la Parigi-Nizza e il Giro della Catalogna. Al Tour de France finì 4°, ma conquistò la maglia verde, una vittoria di tappa ed indossò per tre giorni la maglia gialla. Furono 30 le vittorie a fine stagione di Jalabert, nuovo numero uno al mondo sia nel ranking UCI e sia per la stampa internazionale.
Nelle stagioni '96 e '97, si confermò numero uno UCI, vincendo una miriade di corse fra le quali altre due classiche: Freccia Vallone e Giro di Lombardia '97. Sempre nel 1997 si laureò a San Sebastian, campione del Mondo a cronometro. Dopo un 1998 dove le pur copiose vittorie non furono di spessore tale da consentirgli la prima posizione nel ranking, si rifece nella stagione successiva, nella quale partecipò anche al Giro d'Italia (4° con tre tappe vinte) e riuscì a mietere il solito gruppo di successi. Nella classifica UCI di fine secolo fu dunque Jaja il numero uno. Col 2000 iniziò la sua lenta flessione, ma l'entità dei successi continuò ad essere alta. Un dato che testimoniava la tangibilità si ebbe a fine stagione, quando abbandonò la Once e si riscontrò che Jalabert nelle nove stagioni con quella maglia, aveva raccolto più di 140 successi! A 33 anni firmò un contratto con la squadra danese CSC Tiscali e mantenne un trend di vittorie da far rabbrividire. Ai Tour del 2001 e 2002 conquistò la maglia di miglior scalatore ed in entrambi gli anni vinse la Clasica di San Sebastian. A fine 2002 si ritirò dall'attività agonistica con un palmares tra i più grandi, nei numeri, dell'intera storia: 186 successi.

Ordine d’arrivo:
1° Laurent Jalabert FRA Km 294 in 6h45'20" media 43,520 kmh
2° Maurizio Fondriest ITA
3° Stefano Zanini ITA a 4"
4° Davide Rebellin ITA
5° Michele Bartoli ITA
6° Fabiano Fontanelli ITA a 13"
7° Dimitri Konyshev RUS a 14"
8° Claudio Chiappucci ITA a 17"
9° Jesper Skibby DAN
10° Fabio Baldato ITA
11° Mario Manzoni ITA
12° Johan Museeuw BEL
13° Fabrizio Bontempi ITA
14° Andrei Tchmil UKR
15° Maximilian Sciandri GBR
16° Rolf Sorensen DAN
17° Vladislav Bobrik RUS
18° Jens Heppner ALL
19° Giovanni Fidenza ITA
20° Luca Gelfi ITA
Partiti 193, arrivati 162.


92a Edizione: 24 marzo 2001
Furono 193 i partenti alla novantaduesima edizione della Milano Sanremo che presentò una grande novità: per la prima volta, a causa di una frana non si sarebbe percorso il Passo del Turchino, sostituito dall’inedita salita del Bric Berton, colle più alto (773 metri s.l.m.) dell’emblema della Classicissima, ma anche un poco più tenero. Il tema della corsa, una volta di più sembrò essere: “come impedire lo sprint di Zabel”. Col tedesco nel ruolo di uomo da battere, la corsa iniziò all’insegna del “vogliamoci tutti bene che c’è un panorama nuovo da vedere”. Fino a Capriata d'Orba, infatti, con poco più di cento chilometri alle spalle, nessuna azione. Poi nei paraggi della località citata, allungarono  Kadlec, Matveyev, Latasa e Rittsel. I quattro fuggitivi sempre a ritmi non infernali, arrivarono a racimolare il vantaggio massimo a Savona, dopo 180 chilometri, quando le lancette toccarono i 9’50”. Ma lì il gruppo si svegliò e a Capo Berta riagguantò Latasa, Kadlec e Rittsel, mentre Matveyev, continuò la fuga da solo, tentativo che si spense ai piedi della Cipressa.  Sulla salita dopo un tentativo di Barbero, allungarono Hamburger, Aerts, Farazijn e O'Neill. Sui quattro si riportarono Vinokourov e Casagrande prima, e, successivamente, Bettini. In vettà passò primo Casagrande, che era scattato negli ultimi 800 metri, con 15" su Bettini, Vinokourov e Farazijn. In discesa, davanti si ricompattarono e sui battistrada rientrarono Savoldelli e Balducci. Sembrava un’azione destinata a miglior sorte, ma dopo pochi chilometri di pianura, il gruppo chiuse il tentativo.In contropiede partì il belga Nico Mattan, che imboccò il Poggio con qualche secondo di vantaggio, ma sui primi tornanti della salita, anche il suo tentativo svanì. Ancora Gabriele Colombo, che alla Sanremo si trasformava, scattò e superò la cima in testa, seguito quasi a ruota da Van Petegem, Bartoli, Bettini, Rebellin e Petito. La discesa, percorsa a ritmo inferire alle precedenti edizioni, consentì a Cipollini di rientrare e, finalmente, giocarsi la Classicissima che amava tanto. Anche uno scatto di Dekker all’ultimo chilometro, non ebbe esito. Volata inevitabile. Matteo Fagnini lanciò bene Erik Zabel, mentre Cipollini venne ostacolato da Planckaert (che poi sarà retrocesso per questo) ed ai 250 metri, oltre la 10a posizione, una paurosa caduta coinvolse 22 corridori (fra questi Zanini, Konyshev, Rebellin, Tchmil e Guidi). Lo stupendo acuto di Zabel fu sufficiente a contenere l’altrettanto stupendo ritorno di Mario. Il tedesco centrò dunque in grande poker. Fortunatamente nessuno dei caduti si fece molto male.
[Immagine: Zabel2001.jpg]
Sul vincitore.
Nato a Berlino Est il 7 luglio 1970. Velocista. Professionista dal 1992 al 2008, con 239 vittorie.  
Un atleta forte, serio, gentile, onesto e persino simpatico ai colleghi, nonos-tante la naturale spinta all’antipatia, che può sorgere in chi vince tantissimo come lui. Una dimostrazione di doti umane che fanno di Erik Zabel una bellissima figura e sulla quale ogni elogio è sempre giustificato e corretto. E dire che si muoveva negli sprint divenuti, nell’era contemporanea, ancor più caotici rispetto al passato lontano, dove le scorrettezze, talvolta dettate dalla stessa dinamica imposta dai treni, sono da considerarsi quasi una realtà. Uno che non s’è mai abbandonato alla lagna, che ha pure subito dei torti dalla squadra a cui ha dato tanto, ed uno che si è sempre migliorato assestando le sue dinamiche agonistiche, sul metro del massimo possibile, al netto del peso, sul suo fisico, dei tanti anni di carriera. Pure geniale nel capire la necessità di frequentare la pista d’inverno, al fine di tenere fluide le pedalate e la ritmicità, dimostrando di essere lui stesso il miglior tecnico possibile per sé. Al dunque della montagna di facoltà a monte, s’è eletto atleta veloce che non ha mai mortificato i percorsi ed illuminato ogni gara col massimo dell’impegno, giungendo ad essere il velocista che più teneva in salita e che si poteva determinare, da solo, come l’icona di una prova come la Milano Sanremo, divenuta negli anni cerebrale, per non dire la più facile e, perciò complicata, delle classiche. Classica che ha vinto quattro volte, potremmo dire cinque, perché una se l’è giocata per l’entusiasmo che gli stava sopraggiungendo, facen-dosi beffare da Freire. Oppure quando concludeva i Tour de France in Maglia Verde o in lotta per la stessa, come un segno di serietà esemplare, nonostante le montagne e, ancora una volta, la poca tutela da parte delle formazioni in cui ha militato. Dire ad uno come Erik, “chapeau”, è d’obbligo, prima ancora della naturale volontà che viene ad ogni sportivo che ha avuto la fortuna di vederlo all’opera. 
[Immagine: Henninger_Turm_2006_-_Erik_Zabel.jpg]
Una sintesi veloce delle sue 239 vittorie e dei tanti piazzamenti di pregio ci portano in dote grandissimi numeri. È stato due volte Campione tedesco su strada (1998-2003); 2 volte Campione tedesco di Criterium fra i dilettanti (1990 e 1992); 4 Milano Sanremo (1997-1998-2000-2001); 3 Parigi Tours (1994-2003-2005); 3 GP di Francoforte (1999-2002-2005); Amstel Gold Race (2000); 6 volte vincitore della Classifica a Punti del Tour de France (1996-1997-1998-1999-2000- 2001); 2 volte vincitore della Classifica a Punti della Vuelta di Spagna (2003-2004); 12 tappe al Tour de France; 8 tappe alla Vuelta di Spagna; Numero Uno del Ranking UCI nel 2001 e 2002; Coppa del Mondo (2000); 13 Sei Giorni. La rifrazione dei suoi successi su strada, da professionista, ci evidenzia: 7 successi nella Classifica Generale in corse a tappe contenute nella settimana; 11 vittorie nelle Classifiche a Punti, 122 tappe vinte; 2 Campionati Nazionali, 2 Gare dietro Derny, 51 Criterium, 28 corse in linea; una Speciale Classifica (World Cup). Analizzando poi il suo ruolino anno per anno, sempre da professionista: 1992 - 2 vittorie; 1993 - 6 vittorie; 1994 - 9 vittorie; 1995 - 10 vittorie; 1996 - 14 vittorie; 1997 - 28 vittorie; 1998 - 20 vittorie; 1999 - 16 vittorie; 2000 - 22 vittorie; 2001 - 31 vittorie; 2002 - 23 vittorie; 2003 - 15 vittorie; 2004 - 10 vittorie; 2005 - 8 vittorie; 2006 - 10 vittorie; 2007 - 8 vittorie; 2008 - 5 vittorie.
Erik Zabel, figlio di Detlef corridore dilettante soprattutto pistard, è cresciuto nella DDR, ma non passò al ciclismo per “suggerimento” dei funzionari di Stato, bensì per vocazione potremmo dire di famiglia. Dopo Erik, infatti, è divenuto corridore di buon livello, suo figlio Rick, tutt'oggi in attività.
L’ultima corsa di Eric Zabel è stata la Parigi Tours 2008 e non si contano gli occhi lucidi che coinvolsero l’intorno dopo che il grande Erik aveva superato il traguardo. Nella sua carriera manca solo quella Maglia Iridata che ha sfiorato tre volte: nel 2004 e 2006 finì 2°, mentre nel 2002 fu 3°. Un grandissimo comunque. Basti citare a come si mise a disposizione di Alessandro Petacchi negli ultimi anni di carriera. Certi aspetti contano più delle insegne e Zabel, l’iride alla carriera lo merita eccome. Chissà che fra i tanti balzelli di semplice ricerca di danaro da parte dell’UCI, non venga in mente a quello strano governo deturpatore di ciclismo, un’opera buona: l’istituzione di una semplice laurea honoris causa ad atleti che, come Erik, si sono meritati in carriera qualcosa di più della fredda statistica condita di parole di mera circostanza.

Ordine d’arrivo:

1° Erik Zabel ALL Km 287 in 7h23'13" media 38,852 kmh
2° Mario Cipollini ITA  
3° Romans Vainsteins LAT  
4° Biagio Conte ITA  
5° Paolo Bettini ITA  
6° Gabriele Colombo ITA  
7° Gabriele Balducci ITA  
8° Markus Zberg SUI  
9° George Hincapie USA  
10° Rolf Sorensen DAN  
11° Michele Bartoli ITA  
12° Guido Trenti USA  
13° Peter Van Petegem BEL  
14° Gian Matteo Fagnini ITA  
15° Andrej Hauptman SLO  
16° Mirko Celestino ITA  
17° Dario Pieri ITA  
18° Mario Aerts BEL  
19° Jo Planckaert BEL  
20° Christian Vandevelde USA a 39"
Partiti 193, arrivati 181.

Maurizio Ricci detto Morris

-continua-
 
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RE: Spruzzi di Storia e di Protagonisti di quella che fu la Classicissima - da Morris - 16-03-2024, 12:57 AM

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