Login Registrati Connettiti via Facebook



Non sei registrato o connesso al forum.
Effettua la registrazione gratuita o il login per poter sfruttare tutte le funzionalità del forum e rimuovere ogni forma di pubblicità invasiva.

Condividi:
Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale
#24
L’affermazione della bicicletta e l’avvio delle grandi corse

La crescita delle gare sul velocipede, divenne notevole nella seconda parte degli anni ‘870. In Svizzera, nel 1879, nacque una corsa che era destinata, pur con qualche segmento vuoto, a giungere fino al nuovo millennio: il Giro del Lago di Lemano. In Francia, Belgio e Germania erano parecchie la gare da città a città, tutte però, contenute su percorsi dai 75 ai 140 km. In America, le corse su strada erano vietate, ma stava nascendo un’attività su pista che sarà intensissima e per tanti aspetti unica, fino al secondo conflitto mondiale. In Gran Bretagna, le gare, già particolari, più votate alla singola performance, come del resto l’intera storia di quel ciclismo, trovarono esaltazione nella ricerca dei record individuali e fu così che, nel 1886, l'inglese Mills, percorse la distanza da Land's End a John Greats e ritorno, per complessivi 1400 chilometri, in 121h45', ad una media di 11,5 kmh. La vita del biciclo era però destinata a finire: intorno al 1885 erano comparse le prime biciclette, aventi ruote uguali e la trasmissione a catena. Erano nati i primi conflitti tra "biciclisti" e "ciclisti", con questi ultimi che in più d'una occasione chiesero di confrontarsi coi bi ciclisti. Quando poi queste sfide vennero realmente disputate, il vecchio velocipede fu costretto a soccombere, tranne rarissime eccezioni, dovute essenzialmente al valore di chi pedalava. Nel 1888 poi, con l'invenzione delle gomme pneumatiche, che sostituivano le pesanti gomme piene, la bicicletta si presentò come un mezzo ideale di trasporto, di svago e da competizione, ed i bicicli passarono ai musei, anche se furono organizzate gare a loro riservate fino al 1895. La manifestazione sulla bicicletta, che segnò definitivamente il sorpasso del nuovo mezzo sul velocipede e l’ingresso nelle attenzioni più larghe del ciclismo su strada, in direzione del distinguo citato agli inizi del capitolo, ci porta nella città di Bordeaux, l’anno era il 1891, ed i protagonisti furono il Velo Club del capoluogo girondino, ed il periodico Veloce Sport, fondato nella medesima località, nel 1885. L’idea che mosse e che concretizzarono questi sportivi, fu quella d’organizzare una corsa da Bordeaux a Parigi, lunga 572 chilometri. Sembrava follia, invece, alla pratica attuazione, la corsa fu contrassegnata da un tale successo, che ad essa deve essere riconosciuto gran parte del merito dell’affermazione del ciclismo su strada. Ventotto corridori, ventitre francesi e cinque inglesi, si allinearono alla partenza, data alle 5 del 23 maggio 1891. Gli inglesi, che non erano dei dilettanti, ma professionisti a tutto tondo, anche se non ancora con lo status contemplante, sfruttando un’organizzazione accuratamente predisposta, dominarono apertamente, ed il ventiquattrenne Georges Pilkington Mills, impiegando 26h31’57", fu così il vincitore della prima grande prova su strada del ciclismo mondiale, disputata con biciclette.
[Immagine: D%C3%A9part_de_Bordeaux-Paris_1891%2C_de...C3%A9e.jpg]
Bordeaux - 23 maggio 1891: la partenza della Bordeaux-Parigi


Il 6 settembre del medesimo 1891, su un’idea di Pierre Giffard, il quotidiano "Petit Journal” di Parigi, organizzò una manifestazione ancor più mastodontica, la Parigi-Brest-Parigi, di 1200 chilometri senza soluzione di continuità. L’annuncio di questa gara suscitò un tale interesse che, in breve, gli iscritti raggiunsero la quota record di 575, anche se poi gli effettivi partenti, furono 205. Comunque sempre un numero impensabile. Dopo l’esperienza della Bordeaux-Parigi, la nascente industria del ciclo rivolse tutte le sue attenzioni alla nuova grande corsa, aiutando senza esitazioni i corridori ritenuti in grado di vincere. Anche gli industriali della gomma si dettero da fare. Edouard Michelin, per indurre l’asso Charles Terront, ad adottare la sua nuova gomma smontabile, dovette ricorrere ad atteggiamenti di vario genere, ma la sua lunga, e non sempre ortodossa opera di persuasione, fu coronata da successo, perché il vincitore della gara fu proprio Terront. Il tempo impiegato da questo autentico fenomeno di resistenza, fu di 71 ore e 22 minuti, ad una media di 16,012 kmh. In questo tempo, era compreso anche quello che dedicò al sonno. Qualche pisolino, l’estroso Terront, poté davvero farlo con relativa tranquillità, perché il secondo classificato, il connazionale Jiel Laval, arrivò al traguardo con otto ore di ritardo. Il tempo massimo fu stabilito in dieci giorni, ed i corridori che terminarono la corsa, furono 99. Fin da allora però, fu deciso che la Parigi-Brest-Parigi, dovesse avere un ritmo decennale, mentre per la Bordeaux-Parigi, fu stabilita la cadenza annuale.
L’eco dei clamorosi successi di queste due corse, varcò lautamente i confini della Francia e le prove di fondo ebbero uno sviluppo persino incredibile. Nessun paese d'Europa sfuggì a questa tendenza, ma a dimostrazione che la bicicletta stava incidendo in tutto il mondo, si svolsero gare su lunghe distanze, anche agli antipodi. Il 12 settembre 1891, in Germania, si svolse la Lipsia-Berlino-Lipsia-Dresda-Lipsia di 500 chilometri vinta da Paul Blank. Nel 1892, in Danimarca si corse il Giro dello Jutland di 502 chilometri vinto da tal Randrup, di cui poi s’è persa ogni traccia, che concluse il percorso in 30 ore e 54 minuti. Una Gran Fondo fu corsa anche in Svizzera, avente Ginevra come località di partenza ed arrivo: su quei 410 chilometri, vinse l’elvetico Louis Francois Masi. In Francia, si svolse un’altra prova di grande resistenza, la Parigi-Marsiglia di 790 chilometri, che fu vinta dall’asso transalpino Lucien Lesna, indi si corse la Parigi-Clermont Ferrand, riservata solo a concorrenti che montavano pneumatici Michelin, che fu vinta da Henri Farman. In Belgio, nacque la Liegi-Bastogne-Liegi, ancora superclassica dei nostri tempi e giustamente definita la “Doyenne”, la “Decana”. L’Impero austro ungarico non rimase a guardare e propose la Vienna-Trieste di km 512 chilometri, vinta dal viennese Josef Sobotka. Nel 1893, nacque la Parigi-Bruxelles di km 407, vinta da Andrè Henry in 19h51': una corsa giunta ai nostri giorni, che pur con tratti di vuoto, ha avuto punte di interesse ed attenzioni da classicissima. Sorse poi la Vienna-Berlino di km 585, vinta dal tedesco che sfidava i cavalli Josef Fischer, un corridore leggendario per il suo paese, la Germania, e non solo. Tutte queste corse, esclusa la Liegi Bastogne Liegi, si disputarono con allenatori in bicicletta.
Anche nel 1894 la Francia continuò a partorire manifestazioni ciclistiche su lunghissime distanze, trascinando il movimento ciclistico mondiale. Nacquero: la Parigi-Spa di 405, vinta da Auguste Stephane, il cui vero nome era Etienne Auguste; la Parigi-Dinant di 320 km, che si aggiudicò André Henry; la Parigi-Besancon di 410 km, che fu vinta da un diciottenne che poi diventerà leggenda nelle prove dietro motori, Paul Guignard; la terribile Lione-Parigi-Lione di 1040 km, che fu vinta da Gaston Rivierre; la  Parigi-St. Malo di 440 km, che andò a Lucien Lesna. In Svizzera, si corse la Basilea-Cleve di 620 chilometri, che fu di Friedrich Opel; con organizzazione tedesca si corse la Milano-Monaco di Baviera di 600 chilometri, che finì nel palmares di Josef Fischer.
L’Inghilterra e gli Stati Uniti, intanto, continuarono il loro “particolare” rapporto con le gare su strada, proponendosi come vertici di quelle su pista, comprese le prove di resistenza sugli anelli. A New York, nel 1891, si disputò una Sei Giorni che contemplava 18 ore di gara a giorno, che fu vinta da Bill Martin, detto “Plugger”, il quale, nelle 108 ore di corsa effettiva, percorse ben 2359 km. Nel 1892, un'altra Sei Giorni fu vinta da Charlie Ashinger, con 2450 km percorsi. Molte le prove di 24 ore in Gran Bretagna. Di nota quella di Londra nel 1895, quando John Shotfield percorse 610 chilometri. Anche a New York, nel medesimo anno, si tenne una gara della stessa morfologia, ed in essa “Plugger”, percorse nelle 24 ore, 564 km. Le corse di lunghissima durata su pista, non lasciarono indifferente la Francia, che, sul Velodromo Buffalo di Parigi prima, e quello di Roubaix poi, propose autentiche “pazzie”, ovvero sfide sui 1000 chilometri, le 72 e le 100 ore senza soluzione di continuità, che videro il già citato Charles Terront e il connazionale Jean Marie Corre, sfidarsi a colpi di incredibili episodi. Terront vinse una sfida, percorrendo 1000 km in 41h58’. 
Sempre la Francia, intanto, anche su strada continuava a sfornare nuove corse, come la Parigi-Royan nel 1895, vinta dal danese Charles Meyer, che già si era imposto all’inizio della stagione, nella Bordeaux-Parigi. Ma il 1895 fu un anno importante, perché un paese, che poi diverrà pilastro nel ciclismo come la Spagna, organizzò la sua prima grandissima corsa di resistenza su strada, la San Sebastian-Madrid di 585 chilometri, vinta da Orencio Pedros. E poi, sempre in quell’anno, altri due momenti importanti che ci portano a dire, oggi, quanto sia assurda la pretesa, operata dall’attuale e recente gestione dell’UCI, di aver dato luogo alla mondializzazione del ciclismo. Si corse in Russia la San Pietroburgo-Mosca di 700 chilometri, ed in Australia ebbe inizio la lunga avventura della Melbourne-Warrnambool, addirittura con due edizioni nello stesso anno: la prima gara fu vinta da Andrew Calder e la seconda da W. Nicol. Giova inoltre ricordare che, per quanto non classica di rango internazionale, la Melbourne-Warrnambool, che si corre ancora oggi, è la seconda corsa più anziana della storia, che non ha subito segmenti d’interruzione, dopo la “Doyenne” Liegi-Bastogne-Liegi. Inoltre, non si può certo dire che il ciclismo della terra dei canguri, sia giunto solo recentemente alla ribalta, visto che, alla luce dell’odierno, dopo la seconda corsa su strada per anzianità costante, vanta la più vecchia corsa su pista, nata nel 1887: la “Race Wheel Austral”. Una manifestazione che si svolge ancora oggi a Melbourne. Va altresì considerato, che nel periodo preso in esame in questo spezzone, ovvero l’ultima decade del 1800, in Australia un giornale come “The Sydney Mail”, trattava il ciclismo con spazi notevolissimi, ed era aggiornatissimo su ciò che la giovane disciplina sportiva svolgeva in Europa. 
Altre corse che si svolsero in Francia prima della fine del secolo, ma vennero rapidamente abbandonate, furono la Marsiglia-Nizza, la Parigi-Trouxille, la Parigi-Cobourg, la Tolosa-Agen e la Parigi-Dieppe che, però, si trasformò ben presto in una classica per dilettanti, capace di abbracciare tante generazioni. Ma le vere grandi corse sorte in quella decade in terra transalpina, che hanno ancora vita e che sono da considerare dei monumenti di questo sport, furono soprattutto la Parigi-Roubaix, sorta nel 1896 come prova di preparazione della Bordeaux-Parigi e poi divenuta classicissima, anzi, probabilmente, è da considerarsi la più grande di tutte, nonché la Parigi-Tours, nata anch’essa nel 1896, la quale, dopo una tortuosa storia, è riuscita a crearsi un solco ben vivo ancora oggi. E l’Italia?
Nel nostro paese, nel periodo d’avvento della bicicletta, le corse, non molto numerose per la verità, si svolsero su percorsi brevi fino al 1892. In quel segmento, si disputarono la Brescia-Cremona-Brescia di 104 chilometri, che ebbe vincitore Giuseppe Moreschi, la Novi-Serravalle-Novi, la Fi-renze-Montecatini, la Pavia-Lodi-Milano. Poi, nel 1894, arrivò l’adesione alla tendenza che si stava diffondendo dopo la nascita della Bordeaux-Parigi e della Parigi-Brest-Parigi, con la proposta della Gran Fondo-La Seicento chilometri, che sarà la prima corsa zoomata per intero, in questa rassegna. Tra il 1892 e la nascita delle corse italiane che poi diverranno classiche, fu riproposta, il 29 giugno 1893, una Milano-Torino che, però, aveva poco in comune con la precedente di 17 anni prima, corsa coi velocipedi. Si trattava infatti di una Torino-Milano, riservata ai corridori che non avessero mai vinto premi nelle gare disputate nei tre anni precedenti. Naturalmente, si corse con la bicicletta, o bicicletto, come ancora taluni chiamavano il nuovo mezzo. Su 255 partenti, si impose Luigi Airaldi. Costui, si costruì poi un ottimo palmares, vincendo altre prove italiane del periodo, come la Milano-Salsomaggiore del 1894 (2° Paolo Cominelli), la Firenze-Montevarchi 1894, Firenze-Bocca d'Arno 1895 e Firenze-Montevarchi 1896. Altre corse d’Italia nell’epoca: la Milano-Milano (1° Ernesto Costa; 2° Romolo Buni); la Firenze-Viareggio (1° Luigi Colombo; 2° Paolo Cominelli) e la Milano-Cremona-Brescia-Milano (1° Paolo Cominelli; 2° Massimiliano Porta). 

Maurizio Ricci detto Morris

segue....
 
Rispondi


[+] A 3 utenti piace il post di Morris
  


Messaggi in questa discussione
RE: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale - da Morris - 18-10-2018, 09:06 PM

Vai al forum:


Utente(i) che stanno guardando questa discussione: 1 Ospite(i)