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Spruzzi di Giro d'Italia...
#16
1966 – 7a tappa del 49° Giro d’Italia

Roma – Rocca di Cambio

Il rapporto fra Giro d’Italia e Rocca di Cambio, minuscolo comune dell’aquilano, iniziò nel 1965 e vide il successo di Luciano Galbo, un padovano trapiantato in Piemonte, dove trovò lavoro e costruì i presupposti ideali per una buona carriera ciclistica, grazie a Vincenzo Giacotto, che lo portò alla Carpano prima e alla Sanson, poi. Con quest’ultima maglia, conquistò la tappa di Rocca di Cambio, aggiungendovi anche quella Rosa che è sempre un bel premio, anche se indossata per un sol giorno, come nel caso di Galbo (la perse il giorno dopo a Benevento per pochissimi secondi, a vantaggio di Albano Negro). Gli anni sessanta erano gli anni dell’inimitabile processo alla tappa di Sergio Zavoli, trasmissione nella quale impazzava Vito Taccone, un ottimo corridore che il genio di Zavoli seppe trasformare in personaggio popolare come pochi. Sta di fatto, che il “Tignoso” Vito, era abruzzese, aquilano di Avezzano, e l’altrettanto inimitabile patron Torriani (altro grandissimo che poi rovinò la sua reputazione e genialità ricercando oltremisura Giri per Moser e Saronni), capì che alla perfetta morfologia del territorio abruzzese per una corsa a tappe, si poteva e doveva aggiungere anche la popolarità di questo corridore che, vincente o meno, garantiva interessi mediatici, tanto nuovi, quanto importanti per l’economia del Giro d’Italia. Così, il traguardo in salita di Rocca di Cambio, al 1965, aggiunse anche il 1966, con una fama nuova, sia tecnica, che di attesa.
[Immagine: image.jpg]
E l’edizione del 24 maggio 1966, la Roma – Rocca di Cambio, sciopero dei giornalisti a parte, non deluse, anche se la smania di Taccone di farsi vedere vincente, gli giocò lo scherzetto di una per lui non felice giornata. I big s’attaccarono, salvo il favorito di tappa in Rosa, ovvero il forte scalatore spagnolo Julio Jimenez. Costui, compagno di squadra del grande Jacques Anquetil, pensò bene che avendo la Maglia Rosa addosso, non sarebbe stato un bel gesto attaccare, mettendo a rischio la non ancora perfetta forma del capitano, nonché favorito per la vittoria finale del Giro. Le scaramucce fra i grandi però, iniziarono quando la fuga di un gruppetto con all’interno forti corridori s’erano avvantaggiati al punto di potersi garantire il successo di tappa. Fra questi lo straordinario tedesco Rudi Altig, già vincitore della Vuelta di Spagna nel ’62, un corridore completo che il giorno prima sul traguardo di Roma aveva dato filo da torcere, ad un imperiale velocista come Raffaele Marcoli (poi tragicamente scomparso tre mesi dopo), ed il giovane trevigiano Silvano Schiavon, un buon regolarista della Legnano, tanto caro all’Avvocatt Ederardo Pavesi, davvero molto forte in salita. I due proseguirono insieme, amministrando al meglio il vantaggio: l’ultimo a cedere fu Giampaolo Cucchietti, un bravo ciclista piemontese di Dronero, nella Val Maira, paese caro al grande statista Giovanni Giolitti. 
Negli ultimi trecento metri, Altig, alfiere della Molteni Altig, staccò Schiavon e colse la sua nona vittoria stagionale. A poco più di un minuto, il compagno di squadra Gianni Motta, apparso come l’italiano più pimpante, completò il successo della Molteni. Julio Jimenez conservò la Maglia Rosa. 
  
Ordine d'arrivo:
1° Rudi Altig (Ger) km 158 in 4h50'46" alla media di 32,603 kmh
2° Silvano Schiavon (Ita) a 3"
3° Gianni Motta (Ita) a 1'11"
4° Michele Dancelli (Ita) a 1'13"
5° Felice Gimondi (Ita)
6° Italo Zilioli (Ita)
7° Jacques Anquetil (Fra)
8° Julio Jimenez (Esp)
9° Dino Zandegu (Ita)
10° Vittorio Adorni (Ita)

Il ritratto del vincitore di tappa:


Rudi Altig
Nato a Mannheim il 18 marzo 1937, deceduto a Remagen l'11 giugno 2016. Completo, alto 1,80m per 80kg. Professionista dal 1960 al 1971 con 131 vittorie fra strada e pista.
[Immagine: 887b099a21cca05d79b63f73419412a5.jpg]
Un corridore signorile, di eccezionali qualità, che ha saputo segnare la sua epoca, nonostante la convivenza con tanti super corridori. Un atleta a cui non è mai mancata una buona dose di generosità, sia verso i compagni e sia verso il pubblico. Gladiatorio in talune circostanze e con una classe sempre pronta a togliere dal cilindro qualche acuto. A sette lustri dal suo ritiro, i suoi echi sono ancora presenti, ed a mio personale giudizio è forse il tedesco più sottovalutato fra i connazionali che finiscono sui taccuini, o di cui si deve parlare nell'opera di divulgazione. Rudi ha saputo riempire il suo palmares con una serie prestigiosa di affermazioni, sui più disparati terreni, mostrando un eclettismo che pochi possono vantare. Fece sensazione quando, nel '59, non ancora ventiduenne partecipò e vinse (battendo in finale l'italiano Valotto), il campionato mondiale nell'inseguimento dilettanti. Nell'occasione, mostrò una maturità ed una conoscenza degli esercizi atti a recuperare energie, rara anche nei più navigati. Era il segno di una volontà di capire, comprendere e sperimentare, con una base di professionalità davvero stucchevole in un ragazzo così giovane. Con questi presupposti, uniti ad una forza, soprattutto nei muscoli lombari, degna di un lottatore, non stupì più di tanto nel divenire, da subito, un professionista di rango e d'evidenza. Ed infatti, fra strada e pista (l'amore che non scordò mai), vinse alla prima stagione da prof (passò con la francese St Raphael di Geminiani) la bellezza di undici corse, fra le quali il campionato mondiale dell'inseguimento dove superò lo svizzero Trepp e il nostro Baldini. Fra le sue vittorie su strada, a dimostrazione della considerazione dell'osservatorio, vinse in coppia col grande Roger Riviere, il GP d'Alger, la versione francese del Trofeo Baracchi, anche se di minor prestigio. Nel 1961 rivinse il titolo mondiale nell'inseguimento, sempre ai danni dell'elvetico Trepp e, stavolta, dell'italiano Leandro Faggin. Fra i suoi successi su strada dell'anno, di nota la Ronde d'Aix. 
[Immagine: ae6817a6f065e4177d1d9dab49246d39.jpg]
Il 1962 segnò l'arrivo dell'Altig di cui s'ha più memoria: quello che centrò obiettivi primari correndo a fianco di grandi vedette  come Anquetil (nella St. Raphael), Motta (nella Molteni) e Gimondi (nella Salvarani), dei quali è stato, sovente, partner prezioso. Un corridore che segnò un paio di lustri, potrei dire con discrezione, quasi fosse obbligato a farlo per equilibrare la sua possanza atletica. Anche in questo fu un grande. Di Rudi, fratello minore di quel Willy, che si portava spesso nelle formazioni in cui s'accasava e che non lo valeva per nulla, si possono riassumere, con fatica, tante perle. Il "Toro di Mannheim" come veniva definito, fu campione del mondo sul Nurburgring nel '66, al termine di una chiacchieratissima vicenda di rivalità fra Anquetil e Puolidor; fu campione tedesco nel '64 e nel '70. Vinse poi fior di classiche: il Giro delle Fiandre '64, la Milano Sanremo '68, l'Henniger Turm '70, oltre al Gran Premio di Cannes '62, la Genova Nizza '63, il Giro del Piemonte '66, il Giro di Toscana '66, la Milano Vignola '67, la Sassari Cagliari '70, il Gran Premio di Lugano a cronometro e il Trofeo Baracchi '62 (in coppia con Anquetil che trascinò letteralmente al traguardo, poiché il francese non era assolutamente in grado di reggere la sua formidabile cadenza). Allo stesso Anquetil, il possente Altig, inflisse un'inattesa batosta nel Giro di Spagna '62 che "Jacquot" avrebbe dovuto vincere: il "toro di Mannheim" nella tappa a cronometro batté il suo capitano e s'aggiudicò  anche la Vuelta. A tappe ha pure vinto la Parigi Lussemburgo '63 e il Giro dell'Andalusia '64. Ma Rudi, fra i tanti successi su strada, non abbandonò mai quella pista che nel passato gli aveva donato tre maglie iridate e, sui velodromi, conquistò il titolo di campione tedesco d'inseguimento ('60-'61), dell'americana ('62, '63, '65), fu campione d'Europa dell'omnium (dal '63 al '66) e dell'americana ('65). Anche come seigiornista fu un super evidente. Nel suo carnet, ci sono 23 Sei Giorni e, tanto per dimostrare che sapeva anche partorire performance di valore assoluto, stabilì i record del chilometro e dei 5 chilometri anche da professionista, dopo che li aveva detenuti come dilettante. Insomma, che dire? Il "Toro di Mannheim", all'anagrafe Rudi Altig, va raccontato ai giovani....perchè è un bel paginone della storia del pedale.

Sulla Maglia Rosa di Rocca di Cambio 1966:


Julio Jimenez 
Nato ad Avila il 28 ottobre 1934. Professionista dal 1959 al 1969 con 52 vittorie all'attivo.
[Immagine: 10700.Big.jpg]
Un atleta "passerotto" che maturò piuttosto tardi, poiché a lungo, a causa di origini umilissime, le sue corse in bici si alternarono al lavoro di orologiaio. Di qui il soprannome di "Orologiaio di Avila". Oppure, per la sua fede scrupolosamente osservante, quello di "Sacrestano". 
Quando si trasferì a Madrid con la famiglia nel 1953, il suo trend non si modificò e per poter sostenere l'attività ciclistica che aveva abbracciato completamente la sua passione, fu costretto pure a sostenersi andando ad acquistare pezzi per lo strumento di gara ai mercatini delle pulci. La sua taglia fisica e le sue specifiche attitudini alla salita però, pian piano lo misero in luce, fino al passaggio al professionismo. Ne uscì una carriera che lo ha fatto entrare fra i grandi scalatori di ogni epoca, naturalmente indirizzato verso le maggiori gare a tappe, dove, purtroppo, la sua debolezza a cronometro e la scarsa concentrazione, hanno ridotto sensibilmente il suo comunque buon palmares. Vissuto a lungo come alter ego del grande Bahamontes, è stato Campione di Spagna nel '64 e della Montagna nel '62 e '65. 
[Immagine: Julio_Jim%C3%A9nez_1966.jpg]
Ovviamente s'è messo in mostra nelle gare in salita, come sul Mont Faron nel '63, indi ad Arrate nel '65, Urquiola '62, '64, '65, Poly '67. Ma i pezzi forti del suo ruolino, stanno nelle maggiori corse a tappe, dove ha vinto la Classifica dei Gran Premi della Montagna 3 volte al Tour de France ('65, '66 e '67); altrettante volte nella Vuelta ('63, '64, '65), nonché le tappe a lui più congeniali: 5 al Tour, 4 al Giro d'Italia e 3 alla Vuelta. I suoi piazzamenti migliori nella classifica generale, furono il 2° posto al Tour nel '67 dietro Roger Pingeon, dove, a dispetto del piazzamento finale, non vinse nessuna frazione, il 4° al Giro d'Italia '66 (dove per undici tappe indossò la maglia rosa) e il 5° nella Vuelta di Spagna '64. Chiuse la carriera poco prima di compiere 35 anni correndo per una squadra italiana fortemente voluta da Alceo Moretti e diretta da Silvano Ciampi, l'Eliolona.

Maurizio Ricci detto Morris
 
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Spruzzi di Giro d'Italia... - da Morris - 30-04-2021, 07:48 PM
RE: Spruzzi di Giro d'Italia... - da Morris - 08-05-2021, 08:40 AM
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RE: Spruzzi di Giro d'Italia... - da Morris - 11-05-2021, 11:19 AM
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RE: Spruzzi di Giro d'Italia... - da Morris - 23-05-2021, 08:58 PM
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RE: Spruzzi di Giro d'Italia... - da Morris - 31-05-2021, 08:38 AM

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