17-07-2011, 11:13 AM
Aridatece Vinokourov!
Cosa manca a questa Boucle per essere spettacolare
La tappa di Plateau de Beille ha confermato ciò che tutti temevamo: comunque vada a finire questo Tour, non ci sono gli uomini sufficientemente dotati di gambe/coraggio per meritare la vittoria a Parigi. Al momento. Certo, possiamo sempre sperare in una ripresa a livello fisico di Contador e dunque immaginare che Alberto mazzuoli tutti sulle Alpi, o che Andy Schleck prenda una botta in testa e finalmente rinsavisca. Ma a questo punto, di speranze non si vive. Il segno più tangibile di questa crisi è lo sfatamento, pressoché inevitabile, del mito di Plateau de Beille, che voleva la salita pirenaica incoronare, sempre e comunque, il vincitore del Tour. Non ce ne voglia Jelle Vanendert, ma 12 minuti (quelli che ha di ritardo dalla maglia gialla) sono veramente tanti e dopo ciò che ha dimostrato in questa 3 giorni pirenaica, dubitiamo che gli lasceranno vita facile nelle fughe bidone.
A questo punto, per questo 26enne talentuoso ma dal ginocchio ballerino, l'obiettivo di portare a casa la maglia a pois diventa prioritario. Jelle si rivelò tra i professionisti a 22 anni quando piazzò un ottimo 12° posto in una classica tosta come la Freccia Vallone (migliorato con un 6° quest'anno), quando ancora indossava la maglia della Topsport. Tra i dilettanti il ragazzo vanta anche una serie di ottimi piazzamenti: 3° nel Giro delle Regioni, 5° al mondiale di Salisburgo e 7° nell'europeo di Valkenburg, nonché vincente in una tappa alla Ronde de l'Isard e leader per un giorno al Valle D'Aosta, il che rende un po' meno sorpendente la prestazione di oggi e quella dell'altro giorno.
Ma torniamo ai nostri non-campioni. Non è una questione d'impegno: Ivan Basso ha preparato il Tour a puntino e ce la mette tutta, per far danni; le sue trenate fan decisamente più male degli scattini di Andy Schleck. Cadel Evans, come Ivan, ha gli anni che ha e in più ha dalla sua anche la crono. Samuel Sánchez, ricordiamo, è uno scattista riciclato come corridore da corse a tappe, attacca ma grandi imprese in montagna non ne farà mai, se non alla Vuelta. È una questione di qualità: qualità agonistica. Manca il Campione, quello con la C maiuscola, quello a tutto tondo che abbina una gamba spettacolare a una tattica efficace (quello alla Contador versione Giro, insomma). Si potrebbe obiettare che quando hai un'ottima gamba potresti vincere anche correndo in modo scriteriato, ma a far collassare questa teoria ci pensa Andy Schleck, che se avesse le capacità mentali non diciamo di un Contador, ma di un corridore normale, a questo punto sarebbe primo in classifica dei favoriti, come minimo.
In un contesto senza campioni per le corse a tappe, emergono in questo scenario anche scattisti e passisti: ovvero, si ritorna al ciclismo di una volta, in un certo senso, quando la corsa non veniva fatta esclusivamente sulle grandi montagne ma su tutto il percorso. E così, come nel Tour 2007 (dove però in testa c'era uno scalatore), troviamo in maglia gialla un corridore che è stato sottovalutato (a questo punto possiamo dirlo, senza ombra di dubbio) dagli avversari, che è Thomas Voeckler, che anche oggi ha resistito splendidamente col gruppo dei migliori. Scusate, abbiamo detto resistenza? No, non ci siamo: Voeckler non ha dimostrato il minimo appannamento, ha rintuzzato spesso gli attacchi in prima persona, ha avuto un momento di difficoltà solo quando si è messo davanti Basso, ma non si è mai, dicasi mai, staccato dalle ruote dai migliori, e scusate se è poco.
Come si era capito già da qualche giorno, Voeckler approderà alle Alpi con ancora la maglia gialla sulle spalle, e non ci fosse una crono da 40 km al penultimo giorno, sarebbe a questo punto il favorito numero uno per la vittoria finale, non scherziamo. Sarebbe bello, comunque, vederlo a Parigi sul podio: bello e brutto allo stesso tempo. Bello, perché sarebbe la dimostrazione che la tenacia alle volte paga più della forza bruta. Brutto, perchè dimostrerebbe quanto il panorama odierno sia scarso.
A fianco al successo di Voeckler, a confermare la teoria, ci sono Hushovd e Gilbert che fanno numeri spettacolari in tappe che, fino a qualche anno fa, non li avrebbero visti nemmeno lontanamente protagonisti. E invece quest'anno sono i vincitori morali del Tour de France, comunque vada a finire. La speranza, a questo punto, è che i talenti del futuro crescano in fretta (e un po' meglio di Andy Schleck) e tornino a rendere il Tour de France una corsa spettacolare e combattuta. Perché altrimenti sarebbe il caso di urlare ai quattro venti: «Aridatece Vinokourov», ovvero il corridore che ha iniziato la Boucle da pensionando, e l'ha terminata anzitempo per una maledetta caduta. Lui, il kazako dalla personalità d'acciaio, avrebbe sì trovato il modo per dare spettacolo su queste salite, anche a costo di saltare in aria.
L'ultimo dato è sintomatico: il ritardo del vincitore odierno dal record di scalata a Plateau de Beille fatto segnare da Pantani nel 1998 è stato di 2'30", all'incirca; quindi il gruppo dei big sarebbe stato staccato di più di 3' dal Pirata. Fate vobis.
Nicola Stufano per Cicloweb
Cosa manca a questa Boucle per essere spettacolare
La tappa di Plateau de Beille ha confermato ciò che tutti temevamo: comunque vada a finire questo Tour, non ci sono gli uomini sufficientemente dotati di gambe/coraggio per meritare la vittoria a Parigi. Al momento. Certo, possiamo sempre sperare in una ripresa a livello fisico di Contador e dunque immaginare che Alberto mazzuoli tutti sulle Alpi, o che Andy Schleck prenda una botta in testa e finalmente rinsavisca. Ma a questo punto, di speranze non si vive. Il segno più tangibile di questa crisi è lo sfatamento, pressoché inevitabile, del mito di Plateau de Beille, che voleva la salita pirenaica incoronare, sempre e comunque, il vincitore del Tour. Non ce ne voglia Jelle Vanendert, ma 12 minuti (quelli che ha di ritardo dalla maglia gialla) sono veramente tanti e dopo ciò che ha dimostrato in questa 3 giorni pirenaica, dubitiamo che gli lasceranno vita facile nelle fughe bidone.
A questo punto, per questo 26enne talentuoso ma dal ginocchio ballerino, l'obiettivo di portare a casa la maglia a pois diventa prioritario. Jelle si rivelò tra i professionisti a 22 anni quando piazzò un ottimo 12° posto in una classica tosta come la Freccia Vallone (migliorato con un 6° quest'anno), quando ancora indossava la maglia della Topsport. Tra i dilettanti il ragazzo vanta anche una serie di ottimi piazzamenti: 3° nel Giro delle Regioni, 5° al mondiale di Salisburgo e 7° nell'europeo di Valkenburg, nonché vincente in una tappa alla Ronde de l'Isard e leader per un giorno al Valle D'Aosta, il che rende un po' meno sorpendente la prestazione di oggi e quella dell'altro giorno.
Ma torniamo ai nostri non-campioni. Non è una questione d'impegno: Ivan Basso ha preparato il Tour a puntino e ce la mette tutta, per far danni; le sue trenate fan decisamente più male degli scattini di Andy Schleck. Cadel Evans, come Ivan, ha gli anni che ha e in più ha dalla sua anche la crono. Samuel Sánchez, ricordiamo, è uno scattista riciclato come corridore da corse a tappe, attacca ma grandi imprese in montagna non ne farà mai, se non alla Vuelta. È una questione di qualità: qualità agonistica. Manca il Campione, quello con la C maiuscola, quello a tutto tondo che abbina una gamba spettacolare a una tattica efficace (quello alla Contador versione Giro, insomma). Si potrebbe obiettare che quando hai un'ottima gamba potresti vincere anche correndo in modo scriteriato, ma a far collassare questa teoria ci pensa Andy Schleck, che se avesse le capacità mentali non diciamo di un Contador, ma di un corridore normale, a questo punto sarebbe primo in classifica dei favoriti, come minimo.
In un contesto senza campioni per le corse a tappe, emergono in questo scenario anche scattisti e passisti: ovvero, si ritorna al ciclismo di una volta, in un certo senso, quando la corsa non veniva fatta esclusivamente sulle grandi montagne ma su tutto il percorso. E così, come nel Tour 2007 (dove però in testa c'era uno scalatore), troviamo in maglia gialla un corridore che è stato sottovalutato (a questo punto possiamo dirlo, senza ombra di dubbio) dagli avversari, che è Thomas Voeckler, che anche oggi ha resistito splendidamente col gruppo dei migliori. Scusate, abbiamo detto resistenza? No, non ci siamo: Voeckler non ha dimostrato il minimo appannamento, ha rintuzzato spesso gli attacchi in prima persona, ha avuto un momento di difficoltà solo quando si è messo davanti Basso, ma non si è mai, dicasi mai, staccato dalle ruote dai migliori, e scusate se è poco.
Come si era capito già da qualche giorno, Voeckler approderà alle Alpi con ancora la maglia gialla sulle spalle, e non ci fosse una crono da 40 km al penultimo giorno, sarebbe a questo punto il favorito numero uno per la vittoria finale, non scherziamo. Sarebbe bello, comunque, vederlo a Parigi sul podio: bello e brutto allo stesso tempo. Bello, perché sarebbe la dimostrazione che la tenacia alle volte paga più della forza bruta. Brutto, perchè dimostrerebbe quanto il panorama odierno sia scarso.
A fianco al successo di Voeckler, a confermare la teoria, ci sono Hushovd e Gilbert che fanno numeri spettacolari in tappe che, fino a qualche anno fa, non li avrebbero visti nemmeno lontanamente protagonisti. E invece quest'anno sono i vincitori morali del Tour de France, comunque vada a finire. La speranza, a questo punto, è che i talenti del futuro crescano in fretta (e un po' meglio di Andy Schleck) e tornino a rendere il Tour de France una corsa spettacolare e combattuta. Perché altrimenti sarebbe il caso di urlare ai quattro venti: «Aridatece Vinokourov», ovvero il corridore che ha iniziato la Boucle da pensionando, e l'ha terminata anzitempo per una maledetta caduta. Lui, il kazako dalla personalità d'acciaio, avrebbe sì trovato il modo per dare spettacolo su queste salite, anche a costo di saltare in aria.
L'ultimo dato è sintomatico: il ritardo del vincitore odierno dal record di scalata a Plateau de Beille fatto segnare da Pantani nel 1998 è stato di 2'30", all'incirca; quindi il gruppo dei big sarebbe stato staccato di più di 3' dal Pirata. Fate vobis.
Nicola Stufano per Cicloweb