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Bruno Vittiglio
#1
Bruno Vittiglio
[Immagine: 5i2DhiYI1pXgwbMeLrAykfVPeKB5lFXCyUpbQU0Z...Yfs1RdkeEU]

Nato a Ventimiglia (Imperia) il sette settembre 1941. Passista veloce. Alto 1,82 metri per 79-80 kg. Professionista dal 1967 al 1968, ha ottenuto una vittoria. 
La sua non è la storia, visto il luogo di nascita, del corsaro che non fu, ma l'incontro con chi, grazie al ciclismo, ha recitato la sua pagina ugualmente come un eroe, faticando sul mezzo, ed imparando la modestia che è sempre una gran dote, anche se chi conta nella vita di ognuno, ti vuole di fatto insegnare il contrario. Bruno non è stato uno che ha bruciato le tappe per arrivare al ciclismo che conta, è cresciuto piano, forse per la sua struttura fisica possente, ma va pure detto che negli anni '60, il ciclismo italiano era forte come mai nella storia, sia fra i dilettanti che fra i prof. Cresciuto nel Pedale Alassino, passò la sua migliore stagione fra i "puri" nel 1966, quando s'avviava ai 25 anni. In quella stagione vinse 9 corse, fra le quali il campionato ligure e, soprattutto, due "classiche" come la Coppa San Geo e la Milano-Busseto. Furono queste, il trampolino di lancio per il passaggio fra i professionisti nel '67, all'interno della Germanvox Wega, una squadra nuova, ma con una certa ambizione, per l'ottimo spessore del cast, dove a debuttanti di nome, si unirono capitani come Taccone e Ole Ritter. Vittiglio ruggì subito, già l'11 marzo, nella quarta tappa della Tirreno Adriatico, la Terni-San Benedetto del Tronto di 215 km. Il ragazzo ligure scattò sulla salita delle Marmore, poco dopo la partenza e su di lui si riportò Giuseppe Fezzardi. I due, a dispetto dei 200 km che li separavano dall'arrivo, continuarono l'azione per arrivare, mantenendo sul rettilineo del lungomare di San Benedetto, quegli spiccioli che consentirono loro di giocarsi la tappa. Vittiglio ebbe la meglio, senza troppi patemi, al punto di poter levare le braccia al cielo. Ad 8" il gruppo, regolato da Zandegù. Bruno, si preparò per aggiungere gioia alla vittoria attraverso le immagini registrate e l'intervista di De Zan sul palco, ma presto capì che il suo successo sarebbe stato solo per gli annali: la Rai era in sciopero. Una beffa che a distanza di mezzo secolo, ancora lo punge. Da quel giorno infatti, non riuscì più a rimediare onori personali, dedicandosi a quelli dei suoi capitani. A fine '68 chiuse la carriera. Ma aveva lasciato il segno su quell'epoca aurea per il ciclismo. Abbastanza per ricordarlo a chi l'incontra e per raccontarne pagine che riempiono di nostalgia.

Maurizio Ricci detto Morris
 
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