Il Nuovo Ciclismo Supporter
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Ha iniziato il ciclismo praticamente in coincidenza con la Laurea in Scienze Animali, a 24 anni. Prima praticava equitazione e quel calcio, come sovente si riscontra nei paesi del Benelux. È, anche lei, una perfetta testimonial di quella multidisciplinarità che in Italia gli operatori di ciclismo, dirigenti e purtroppo anche troppissimi tecnici, considerano un danno (quando in realtà, e lo sostengo da 30 anni, è il contrario). Di fatto le esperienze vere nel grande ciclismo, Annemiek, le ha iniziate con l’amica Marianne Vos verso i 28 anni, ed ha subito evidenziato un aspetto che i preparatori del ciclismo maschile considerano peccaminoso: ovvero misure antropometriche non da ciclismo. La Van Vleuten, infatti, con un’altezza di 1,68 metri ed un peso di 62-.63 kg, per l’ortodossia dei santoni che imperano nel ciclismo, era da considerarsi “ciccia” e, al massimo, passista. Poco importava se i suoi dorsali, erano un po’ come quelli di Bugno: formidabili. E poco importa, per i soliti noti, se le ragazze, grazie al ciclo mestruale, mostrano tutta un’altra dimensione negli sport di resistenza, nonché una minor propensione verso quella agilità che, un tempo, era “la salvezza della gamba”, mentre oggi, con l’ingresso del tecsano, del suo modellatore di servizio e di tutto quanto il corredo elettromagnetico, è diventata una specie di inno alla “devianza”, più o meno costretta.
E così, Annemiek, seguendo la strada delle sue doti e dei suoi distingui, ha continuato, diventando via via l’atleta che possiamo ammirare, ed una delle migliori campionesse della storia. Una che si fa apprezzare per un’evidenza enorme, rarissima anche ogni sesso, ovvero quella di pedalare anche in salita con una durezza in grado di piegare le gambe a…….diversi colleghi maschi del team, che solo a nominarlo, ti viene spontaneo palparti gli zebedei. Annemiek pedala grazie alla spinta di dorsali leggendari, proprio quelli che l’han vista aiutare il miracolo del dopo Rio e divenire enormi sul piano interpretativo nelle sue condotte di gara. Ieri è stata mostruosa, eccelsa, leggendaria. Mi ha strappato le lacrime dell’ammirazione e poi, vivaddio, un po’ di nostalgia verso quei tempi ove in qualche angolo c’ero anch’io. Tempi che ho rivisto vicini in Nadia Zuccherelli, una ex ciclista dei miei lustri, ed ex del mio sodalizio d’atletica leggera, oggi massaggiatrice di vertice mondiale in ogni senso. Era lei, la bionda che curava il dopo corsa di Annemiek. Si, lei, quella ragazza sempre sorridente che abita a 15 chilometri da casa mia e che non vedevo da oltre quindici anni.