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Ferdinand Bracke, il vallone amico del tic-tac
#1
Ferdinand Bracke, nato ad Hamme-sur-Durme (Belgio) il 25 maggio 1939. Passista-completo alto 185 cm x 74 kg. Professionista dal 16 settembre 1932, all’8 febbraio 1979, con 47 vittorie. 
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Uno stereotipo di passista per costituzione fisica e tradizione tecnica. Uno dei più belli e composti in bicicletta, fra quelli dalle lunghe leve, che abbia mai visto. Ed era fin troppo logico che il cronometro esaltasse quelle qualità, ma Ferdinand Bracke non è stato solo questo. Fra strada e pista ha raggiunto un più che buon curriculum e la sua longevità, grida a capacità atletiche rare. Ciò che gli è mancato in particolare, era quel summa di determinazione e cattiveria agonistica che può fare la differenza nei momenti topici. Se i suoi centri nervosi fossero stati scavati dalla volontà, il palmares di Bracke ne sarebbe uscito più fiero e privo di particolari rammarichi. Nell'osservatorio qualcuno ha evidenziato un suo limite fisiologico nel resistere alle tre settimane delle grandi corse a tappe. Può esserci del vero, ma è altrettanto vero che Ferdinad ha vinto una Vuelta sconfiggendo un certo Luis Ocana proprio nell'anno di grazia dello spagnolo, ed è stato ad un passo dalla vittoria al Tour de France. Proprio in questa occasione, più che un limite fisico, è emersa, a mio giudizio, una inadeguatezza psicologica. A confortare questa mia tesi, anche certe sconfitte su pista nell'inseguimento, dove era inimmaginabile per uno come lui il calo fisico. Memorabile la sua sconfitta al cospetto di Leandro Faggin ai mondiali del 1965 a San Sebastian, quando scialacquò un vantaggio di un secondo in una sola tornata. Crollo fisico? Direi di no, perché in quella occasione, pur partendo coi favori del pronostico e forte della vittoria nell'anno precedente, non dimenticò di temere la grinta pazzesca del ben più brutto pedalatore padovano, soprattutto voleva sciogliergliela prima che acquisisse convinzioni di recupero. Voleva annichilirlo. Partì così come non doveva fare, a tutta, andando fuori giri, ma solo quando gli segnalarono che l'indomito italiano stava recuperando pur ancora a distanza crollò. Fu una sconfitta bruciante che perdurò anche l'anno seguente, nella finalissima di Francoforte. E dire che fra i due ci stavano un paio di secondi di differenza potenziale, un abisso per una gara di inseguimento. Comunque il gentile e signorile Bracke, i suoi due titoli mondiali ('64 - '69) nella specialità li vinse, quattro volte giunse secondo, ed una volta terzo. Non si dice un'eresia se si afferma che una sua presenza sui velodromi nella specialità amica, lo costringeva, giovane o vecchio che fosse, al ruolo di uomo da battere se si voleva vincere. 

Ed a laureare le sue grandi doti di pedalatore, per stile, concretezza e traduzioni, giunse un traguardo che, negli anni umani della storia del ciclismo, giganteggiava: il record dell'ora. Il 30 ottobre 1967, al Velodromo Olimpico di Roma, Ferdinad Bracke, annichilì tanti, ed in specie un vecchio Anquetil che su quel primato ci aveva fatto una passione, percorrendo nell'ora 48,093 km, primo atleta della storia a superare una barriera, quella dei 48 chilometri che, al tempo, si credeva come parametro dei limiti umani. Lo spilungone vallone l'aveva fatta grossa e chi, dopo di lui, provò quel record, per decenni pensò, prima di tutto, di avvalersi dei vantaggi dell'altura. Bracke dunque, segnò il confine fra i record cercati a livello del mare, magari sulle magiche piste in legno del Vigorelli e dell'Olimpico, ed i viaggi in quel di Città del Messico, a 2500 metri di altitudine. 

Insomma, Ferdinand non fece un record nella norma dei record, ma qualcosa di molto serio, come del resto dimostravano i 746 metri percorsi in più, rispetto al grandissimo Roger Riviere.
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Sul Bracke stradista.

Esattamente come Anquetil, il vallone era ancora indipendente quando vinse il Gran Premio delle Nazioni per professionisti ed anche questo rappresenta un dato indicativo delle qualità di Ferdinand. Fra le sue vittorie negli anni sessanta, sono da ricordare: il GP di Lugano a cronometro ('64), tappe alla 4 Giorni di Dunkerque ('64-'69), Midi Libre ('64-'69), Circuito Provenzale ('64), Giro del Delfinato ('69), indi il Tour de Haute-Loire ('65), il Trofeo Baracchi in coppia con Merckx ('66 e '67), la prova a cronometro della scalata del Montjuich ('66), una frazione del Giro del Belgio ('66), la tappa di St Etienne al Tour de France '66, il GP d'Europe Cronocoppie (con Vittorio Adorni) nel 1968, ed una tappa alla Parigi Nizza '68. Ma quegli anni Bracke li ricorderà soprattutto per l'occasione persa al Tour del 1968, quando si presentò alla decisiva cronometro finale di 55 chilometri (Melun-Parigi-La Cipale) con un ritardo di 1'56" da Van Springel e 1'40" da Jan Janssen. Un distacco sensibile per uno normale, non per uno specialista delle lancette come lui. Soprattutto perché aveva corso il Tour al risparmio, dietro le quinte e si pensava avesse ancora tanta birra per il rush finale. Invece, che era dato meno specialista, ovvero l'olandese Jan Janssen, sciorinò il meglio, mentre l'atteso e comunque dedito alle lancette Van Springel corse in maniera incolore. Ancor più sbiadito fu proprio Bracke che guadagnò sì il podio, ma in quella singola prova si fece battere anche dal connazionale e dal francese Pingeon, prendendo dall'olandese quasi un minuto e mezzo. Ma le grandi corse  a tappe gli portarono il sorriso negli anni settanta. Ferdinand Bracke, infatti, dopo un '70 dove vinse solo una tappa della 4 Giorni di Dunkerque e la semiclassica Liegi-Tongrinne, diede il meglio nel '71, piegando senza vincere una tappa, il connazionale occhialuto Wilfried David e il favorito Luis Ocana alla Vuelta di Spagna. Un risultato sorprendente colto a 32 anni che premiava la sua regolarità ed i suoi buoni valori. Dopo quel successo continuò a vincere nonostante le primavere assumessero i rilievi di un vecchietto. Notevoli i suoi successi nel GP Cerami nel 1973 e nel GP di Monaco nel 1974. L'ultimo centro lo conquistò a Ottignies nel 1978, a 39 anni compiuti. Si ritirò nel febbraio del 1979. Nel suo palmares anche diverse Sei Giorni. Insomma, un gran bel corridore, anche se non un campione di prima grandezza. 

Le sue prestazioni al Trofeo Tendicollo Universal - G.P. Terme di Castrocaro, la mia prima palestra di ciclismo.
Aldilà della TV, lo vidi da vicino tre volte, nella gara che i francesi ricordano come Gran Premio di Forlì. La mia tenera età del tempo non deve ingannare: il ciclismo non lo seguivo, lo divoravo. Bene,  Ferdinand Bracke, nonostante fosse uno specialista del cronometro non brillò mai nella manifestazione forlivese. Anzi, si potrebbe dire che fu alquanto deludente. Nel 1963, finì settimo a 9'15" da Ercole Baldini; nel 1965 chiuse quinto, a 7'56" da Jacques Anquetil e nel '67 addirittura nono a 8'48" da Felice Gimondi.

Maurizio Ricci detto Morris
 
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[+] A 5 utenti piace il post di Morris
#2
Bellissimo racconto Morris Applausi

Peraltro il dualismo con Faggin ci porta a riflettere su cosa voglia dire per un campione avere un avversario di rango simile al suo.

Senza un Faggin, magari, i limiti di testa di Bracke non sarebbero venuti fuori e avrebbe vinto cinque/sei Mondiali anziché due.

Peraltro, al tempo, oltre a Faggin, giravano certi inseguitori......Henk Nijdam, Peter Post, Hugh Porter, Ole Ritter, Dirk Baert e, in un secondo momento, Knut Knudsen, Roy Schuiten, René Pijnen. Il tutto con in mezzo un anno di Groen. Altri tempi......
 
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