Il Nuovo Ciclismo Supporter
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Grazie a tutti!
Sono stato 23 giorni in ospedale col covid ed ho visto la morte. Quel che si dice su questo maledetto virus è poco, pochissimo, rispetto a quel che si prova, tangibilmente, se, fra le tante derive siamesi al maledetto, c’è una polmonite bilaterale di grado superiore a 10, incurabile da casa e non sempre in ospedale. La fame d’aria è terribile e, spesso, la maschera per la ventilazione polmonare è insufficiente o non sopportabile: nel qual caso si aprono le porte della intubazione, della terapia intensiva, previo passaggio dalla rianimazione. In altre parole un futuro dipendente da “macchine”, dove subentra uno stato di simil coma, ove la morte è una prospettiva assai concreta. E non è assolutamente vero, come è stato detto e scritto oltre ogni ragionevole enunciazione di verità e di evidenze, che a morire sono solo quelli che hanno delle patologie pregresse: si muore per le conseguenze del covid anche da sani e persino da giovani, come lo può essere un vigile del fuoco non ancora quarantenne. Basta con questi pseudo tranquillanti sociali indotti dai media che, alla fine, hanno moltiplicato e moltiplicano all’ennesima potenza, l’idiozia tentacolare di trovarci di fronte ad una influenza. Tutto questo è stato, ed è, un grosso, strisciante e viscido ostacolo alla battaglia per uscire dal caos delle chiusure, delle zone rosse e arancioni, per un ritorno a quelle quotidianità pienamente in grado di farti apprezzare quel grande dono che è la vita. Considerazioni e convinzioni idiote che arrivano a far proliferare perfino i numeri di coloro che non si vogliono vaccinare, quando il vaccino (sempreché disponibile) risulta al momento l’unico strumento davvero competitivo per superare questa pandemia.
Stasera, 12 giorni dopo le dimissioni dall’ospedale, sono finalmente riuscito a fare le scale che mi separano dalla mansarda, dove ho il computer e posso scrivervi. Il recupero fisico, infatti, è un altro segmento duro che ti lascia il maledetto. Resta a monte, fortunatamente, la consapevolezza della tempra che mi è stata vicina nell’evitare di finire in rianimazione, come invece è capitato a quattro dei primi cinque compagni di stanza d’ospedale, tutti più giovani di me. Una tempra che oggi si chiama pazienza e che mi fa vivere come carezze i 12 chili persi, i muscoli semiscomparsi, le difficoltà a scrivere con la penna e le ancora presenti a livello di deambulazione. Mi aiuta ancora una volta lo sport che posso vedere in tv, purtroppo solo in chiaro. Ho visto la Sanremo e mi sono divertito, ancor più al Fiandre, l’unica classica che può definirsi Monumento. Ne parlerò qui, anche se a scoppio ritardato. In mezzo, mentre ero ancora in ospedale, grazie allo splendido e bravissimo Luca Saugo Pagliarini, ho potuto ascoltare via telefono, la sua diretta della Gand Wevelgem.
Oggi il ciclismo ha davvero dei gran bei talenti. Soprattutto nelle corse di un giorno. Per farlo epocale con gli stigmi da rilancio, anche per le corse a tappe, come da sogno purtroppo, basterebbe che si abbandonasse il “Monte Santoni” delle famose isole coi relativi annessi e connessi engadinesi e venisse completamentea galla il marcio di quel consesso di trasformismo e trasformisti protetti come nessuno nello sport intero, che parlano una lingua, solo cinque lustri fa, la quinta-sesta del ciclismo….
Un abbraccio a tutti voi!