11-01-2018, 02:14 AM
![[Immagine: 14141886641453BALMANIONFranco.jpg]](http://www.dewielersite.net/db2/wielersite/beeldbank2014/14141886641453BALMANIONFranco.jpg)
Nato a Noie Canavese (Torino) l'11 gennaio 1940. Passista scalatore, alto m. 1,72 per 67 kg. Professionista dal 1961 al 1972 con 12 vittorie.
[font=Times New Roman]Quando oggi un corridore vince un grande Giro senza passare per primo il traguardo in una singola tappa, si è soliti dire che ha vinto “alla Balmamion”. L’accostamento, sul piano statistico è azzeccato, ma è bene sempre fare dei distinguo e spiegare certi perché, in quanto si corre il rischio di sminuire i successi, sia di Balmamion, che del corridore col quale si va al confronto. Franco, sia chiaro, è stato un campione, certo ben poco spettacolare, ma sincronico ad una realtà dello sport. In altre parole, ha sfruttato al massimo le sue qualità non eccelse, e già per questo, viste le risultanze, merita attenzione e pure ammirazione.[/font]
[font=Times New Roman][font=Times New Roman]Il fatto poi che non sia stato una meteora, aggiunge al giudizio, una conferma significativa sui suoi valori di nota. La storia del ciclismo, come di altre discipline del resto, è piena di “occasionali”, ovvero atleti che han saputo sfruttare al massimo, una o due volte, l’occasione di una congiunzione fra le proprie qualità fisiche e tattiche, con la fortuna o l’anomalia degli eventi. Non è così per Balmamion, il quale non ha vinto Giri, grazie a fughe bidone per poi sparire e non essere più fra i protagonisti. Questo piemontese doc, in tutte le corse a tappe disputate, escluse le ultime, quando i suoi compiti erano quelli del gregario, è sempre stato un evidente, ed ha colto altri podi che lo eleggono a campione, perlomeno, per i più scettici, di regolarità.[/font][/font]
[font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman]Certo, nel suo palmares, ci sono due successi (’62 e ’63), un secondo posto (’67) e altri quattro piazzamenti a ridosso del podio al Giro d’Italia, un terzo posto (’67) al Tour de France, ma non ci sono vittorie di tappa e questo aspetto da voce e spago ai suoi detrattori, ma è pur vero che Balmamion era praticamente fermo in volata e tutto ciò ha pesato notevolmente sul suo curriculum. Una dimostrazione di quanto detto, viene dai suoi undici podi su singole tappe del Giro o del Tour, dove è giunto al traguardo col tempo del vincitore. Viene pure dal suo 3° posto colto alla Milano Sanremo nel 1965, quando fu battuto in volata da Arie Den Hartog e Vittorio Adorni, giunti nell’ordine. Insomma, uno che ha inciso sul suo tempo, anche se non ha mai dato esempio di tangibile spettacolarità.[/font][/font][/font]
[font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman]Nella storia lontana e più sconosciuta della carriera del taciturno torinese, i segni di una luce notevole, c’erano tutti. Nei due anni fra i dilettanti fu capace di vincere in bellezza una quindicina di corse, fra le quali una prova che, negli anni, si dimostrò premonitrice: il Trofeo San Pellegrino a tappe, a quei tempi un appuntamento classico per verificare i giovani più adatti alle prove a frazioni.
[font=Times New Roman]Passato professionista giovanissimo, nel 1961, a ventun anni non ancora compiuti, all’interno della Bianchi e poi di quella Carpano che aveva come indiscusso capitano Nino Defilippis, Franco Balmamion, si mise subito in luce nelle corse più dure: si piazzò secondo nella tappa inaugurale del Giro d’Italia a Torino, quarto nella dura frazione di Trento e chiuse la corsa rosa al ventesimo posto. Nel finale di stagione colse un bel terzo posto nel giro dell’Emilia. L’anno seguente, al Giro d’Italia, dopo aver colto significativi piazzamenti nelle tappe di Perugia (3°) e, soprattutto, a Pian dei Resinelli, dove si inchinò al solo camoscio spagnolo Angiolino Soler, nella frazione pianeggiante che portava la carovana da Lecco a Casale Monferrato, si inserì in una fuga e guadagnò la maglia rosa che poi seppe difendere bellamente sulle Alpi.[/font][/font][/font][/font]
[font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman]Fu attaccato e non portato in carrozza come qualcuno, dimenticando, ebbe a dire, ed a Milano, i fiori del trionfo accompagnarono meritatamente il piemontese.[/font][/font][/font][/font][/font]
[font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman]Franco Balmamion, a ventidue anni da poco compiuti, era dunque entrato nella storia. Aldilà del sempre importante concetto che dispone a valore la regolarità, la superiorità ed il merito del piemontese, si vide compiutamente zoomando l’attenzione sul suo recupero all’indomani della più terribile tappa dell’era moderna del ciclismo, la Belluno – Moena, accorciata a traguardo sul Passo Rolle, per una bufera di neve senza precedenti. In quella giornata che elevò a gloria “l’angelico” abruzzese Vincenzo Meco, giunsero al traguardo solo 53 corridori e fra i 57 ritiri rattrappiti dal freddo anche il mitico Charly Gaul, Balmamion fu uno dei migliori, arrivando sul Rolle con ancora in serbo quelle forze che poi nel prosieguo si rivelarono decisive. Sui venti e più centimetri di neve presenti sulla carreggiata del Rolle, si sciolsero le punte velleitarie di autentici camosci come Imerio Massignan, di nerboruti scalatori come Vito Taccone, di specialisti della sofferenza come Graziano Battistini, proprio colui che in quel giorno di tregenda conquistò la maglia rosa. Tutti gli stranieri uscirono di classifica e dire che di bravi, nel cast di quella edizione, ce ne stavano. Balmamion, dunque, vinse il Giro con merito, punto.[/font][/font][/font][/font][/font][/font]
[font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman]La stagione ’62 però, gli riservò altre soddisfazioni, grazie ai successi in solitudine (e non poteva essere diversamente) nella Milano Torino e nel Giro dell’Appennino (chi si eleva sulla Bocchetta è sempre perlomeno un ottimo). Nel 1963, vinse alla grande il Campionato di Zurigo, già allora classica internazionale, anche se non di livello primario. Al Giro d’Italia, di fronte ad un cast stavolta meno valoroso, concesse il bis, sfruttando la sua regolarità e superando Vittorio Adorni, tanto virtuoso e audace, quanto vittima nella decisiva tappa di Moena, di una grave crisi. A soli 23 anni, dunque, il piemontese soprannominato “cinese”, poteva così vantare un palmares tra i migliori della storia, a quella età. Balmamion, che nel frattempo era stato azzurro ai mondiali del ’62 a Salò (ritirato) e ’63 a Renaix (ritirato), dopo un’interlocutoria stagione ’64 (finì il Giro 8°), ritornò a delle buone prestazioni nel ’65, dove vinse con Italo Zilioli il Criterium di Caen, giunse 5° al Giro d’Italia, mentre ai mondiali del Nurbrugring, con l’ottavo posto, fu il primo degli italiani.
[font=Times New Roman]Nel ’66 vinse il Circuito di Cirié e finì 6° nella “corsa rosa”.[/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font]
[font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman]Tornò a ruggire in grande stile nel ’67, il primo in maglia Molteni, quando arrivò secondo al Giro d’Italia dietro a Gimondi e davanti ad Anquetil. Vinse in solitudine il Giro di Toscana che gli valse il titolo di Campione d’Italia e arrivò terzo al Tour de France, dietro Roger Pingeon e l’ex sacrestano spagnolo Julio Jimenez. A completare la sua ottima annata, giunsero poi le vittorie nel Circuito di Maggiora e nella frazione di Prati di Tivo di quella Cronostaffetta che, per la Molteni, si tramutò in un trionfo. Ai mondiali di Herleen, i primi vinti da Eddy Merckx, finì 30°. Nel ’68 ebbe una evidente flessione di risultati. Nonostante ciò, chiuse il Giro all’ottavo posto e partecipò ai Mondiali di Imola vinti da Adorni, dove si ritirò. L’anno successivo passò alla Salvarani di Gimondi, ed il suo ruolo cambiò, orientandosi sempre più verso il gregariato. Nella sua prima stagione con l’asso di Sedrina, vinse la Cronosquadre della Parigi Nizza, di nuovo il Circuito di Maggiora e il Criterium Camors. Nel ’70 nonostante la sua totale devozione a Gimondi chiuse sia il Giro che il Tour al 12° posto. L’anno seguente finì alla Scic, portando la sua esperienza al servizio di una formazione che aveva più di una freccia nel proprio arco. Terminò la carriera alla fine del 1972.[/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font]
[font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman]Il Cinese. [/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font]
[font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman]Franco Balmamion, rimase orfano all’età di tre anni e venne cresciuto con amore paterno da uno zio, che era stato qualcuno nel ciclismo: Ettore Balmamion.[/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font]
[font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman]Costui, aveva un soprannome, “Magninot”, che spesso si confondeva con le sue generalità e l’intera famiglia Balmamion. Era un uomo forte, non di grande taglia, con una gioventù che lo aveva visto fior di dilettante, molto bravo in salita e capace di vincere, tra le altre belle corse, assieme ai compagni della U.S. Pro Dronero, la Coppa Italia, una cronosquadre che, a quei tempi, in epoca fascista, assumeva codici di richiamo nazionale. Ettore passò professionista, finì un paio di Giri d’Italia e, nel primo, quello del 1931, seppe conquistare il quinto posto finale, maglia rosa virtuale degli isolati. Dunque, un buon corridore anche nella categoria assoluta. Con Franco, Magninot, si comportò da buon piemontese, guardando soprattutto al sodo. Quando capì che la scuola poco si addiceva al ragazzo e alle esigenze di tutta la famiglia, trovò al giovane un impiego alla sezione ricambi della Fiat. I nuovi ritmi di vita, furono decisivi per cementare in Franco la vocazione di emulare e, magari, superare lo zio nel ciclismo. Già, perché la ventina di chilometri che si frapponevano fra la casa dei Balmamion a Nole e l’Officina di Torino, da percorrere in bicicletta, diventarono per il ragazzino una palestra per provarsi. Non tardò a capire di saperci fare. Raggiunta l’età per correre nell’allora categoria allievi (equivalente all’odierna degli juniores), il nipote di Magninot si diede davvero al pedale, incontrando l’ovvia “benedizione” dello zio. Con le corse, Franco, conobbe anche quel soprannome-nomignolo che non lo abbandonerà più: “il Cinese”, proprio per i suoi tratti somatici tendenti all’orientale.[/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font]
[font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman]Quando il giovane Balmamion, a soli ventun anni, passò professionista, in lui viveva una precisa volontà: guadagnare abbastanza per non tornare più all’officina Fiat. Per riuscirci, doveva sfruttare al massimo le sue qualità tecniche sulle ali di una forza d’animo non comune. Si sentiva tagliato per le corse a tappe, quelle dove i conti si fanno alla fine: per questo iniziò a mimetizzarsi in mezzo al gruppo, con l’occhio attento a raccogliere ogni occasione utile per un segmento di vantaggio. Più che i traguardi parziali, cercava una maglia a tinta unita e quei successi che entrano nella storia, fino ad aprire conti in banca sufficienti per dire addio a chiavi, martelli e schede da marcare: voleva il Giro. Quando i suoi ventidue anni vivevano ancor primavera, gli giunse la prima opportunità d’un ruggito: la corsa amata giungeva nella sua terra, a Casale Monferrato, passando per la pianura del vercellese. Lui, “il Cinese”, non poteva che spiccare le ali per il suo personale incontro, vestendosi di rosa. La sera, a Nole, fu festa e Magninot offrì da bere a tutti: in fondo, anch’egli, stava diventando grande.[/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font]
[font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman]Oggi, cinquantacinque anni dopo quel radioso giugno del 1962, il “Cinese”, divenuto distinto, cordiale e simpatico signore, può guardare il ciclismo con gli occhi di un anziano che sui pedali ha realizzato il suo sogno di vita. E’ un uomo che non dimentica zio Magninot, morto nel ’95 ad 88 anni, ed è un osservatore acuto di quei distinguo che fecero del pedale della sua epoca, un riferimento sportivo perlomeno pari al calcio. Era un ciclismo diverso, più umano, con interpreti di valore assoluto. Franco, lo sa bene.
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[font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman][font=Times New Roman]Morris[/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font][/font]