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Gerusalemme: il Giro d'Italia, la grande paura e il piano B
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Gerusalemme: il Giro d'Italia, la grande paura e il piano B
La cronaca mette a rischio una grande pagina di storia rosa

Lo sport che nell’ideale decoubertiniano dovrebbe unire i popoli e superare - almeno temporaneamente - le guerre, rischia di andare incontro ad un 2018 di sconfitte. Se da una parte le ombre sono sempre più fosche sui Giochi Olimpici invernali di Pyongyang, dall’altra anche il Giro d’Italia vede a rischio la sua storica partenza in Israele.

Mancano poco meno di sei mesi all’appuntamento ma la situazione si è decisamente complicata negli ultimi giorni, dopo l’annuncio del presidente degli Stati Uniri Donald Trump di voler trasferire l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, riconoscendola di fatto come capitale dello Stato di Israele.

Il primo effetto della decisione è sotto gli occhi di tutti: scontri, missili, arresti, feriti e purtroppo anche morti nelle ultime ore con una vera e propria excalation di violenza.

Il secondo effetto, politico, rischia di essere ancora più importante: gli ambasciatori all’Onu di Francia, Italia, Gran Bretagna, Svezia e Germania hanno letto una dichiarazione comune davanti ai giornalisti dopo la riunione del Consiglio di Sicurezza: «Non siamo d’accordo con la decisione Usa di riconoscere Gerusalemme come la capitale di Israele e di cominciare la preparazione per spostare l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme».

E ancora: «Lo status di Gerusalemme - si legge nel documento - deve essere determinato attraverso i negoziati tra israeliani e palestinesi. È una posizione costante dei Paesi dell’Unione europea che, in questo quadro, Gerusalemme dovrebbe essere la capitale sia dello Stato di Israele che di quello palestinese. Fino a quel momento, noi non riconosceremo alcuna sovranità su Gerusalemme».

In tutto questo il Giro e i suoi responsabili sono spettatori più che mai interessati. E preoccupati. Organizzare le prime tre tappe di un Grande Giro in un Paese extraeuropeo è già di per sé complicato, ancor di più lo è doverlo fare in questo quadro politico e sociale.

Impossibile prendere decisioni di qualsiasi genere in questo momento, anche se la volontà del Governo israeliano di ospitare la corsa rosa è di per sé un valore aggiunto. Ma bisogna fare i conti con la nuova realtà disegnata dagli accadimenti degli ultimi giorni, con l’esigenza di garantire la sicurezza delle migliaia di persone che fanno parte della carovana.

E avanza prepotente l’esigenza di avere un piano B. Che non può essere il semplice percorso alternativo che viene predisposto per ogni frazione, ma che inevitabilmente si deve tramutare in qualcosa di più clamoroso. E quindi con un Giro che torni ad essere tutto italiano (le regioni del Sud e in particolare la Puglia sono in preallarme) dopo essere stato costretto, per volontà altrui, a chiudere la porta alla storia.

Paolo Broggi per tuttobiciweb,it
 
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#2
6 mesi sono tanti, ma è chiaro che un Piano B italiano è quanto meno necessario.
 
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#3
La Toscana nel piano D, mi raccomando Eheh Sweat
 
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