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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 18 marzo
#1
Stefano Allocchio
[Immagine: 16483985041325Allocchio,Stefano.jpg]
Nato a Milano il 18 marzo 1962. Velocista. Professionista dal 1985 al 1993 con 12 successi.
Velocista adatto ai treni, senza averli mai potuti avere con tangibilità. Non scattista, ma ottimo in progressione. Forse pure un po' timido, o perlomeno non deciso nelle fasi di ricerca della miglior posizione dalla quale sviluppare l'affondo. Ottimo pistard nelle categorie minori, dove conquistò tre Titoli italiani tra i dilettanti: Americana Indoor 1983 (con Brunelli) ed Inseguimento a squadre 1983 e 1984. Sempre da dilettante, fu azzurro alle Olimpiadi di Los Angeles nell'individuale a punti che chiuse al 14° posto. Passato professionista nel 1985, fu autore di una bella stagione d'esordio, conquistando due tappe al Giro d'Italia, a Foggia e Salerno, una alla Settimana Siciliana e il Titolo tricolore nella corsa a punti su pista, specialità che lo vide azzurro ai Mondiali, dove conquistò il bronzo. L'anno seguente, il suo spunto veloce gli procurò bei piazzamenti al Giro (tre secondi posti e un terzo) e fu messo alla prova dalle fatiche del Tour, che lo costrinsero a fermarsi alla 13 tappa. Vinse il Circuito di Cogliate e fu azzurro ai Mondiali su pista, dove fu nuovamente bronzo nella corsa a punti. Nel 1987 continuò a piazzarsi al Giro, anche se con minori evidenze, concluse il Tour de France (129°), ma non conquistò nessuna vittoria. Tornò al successo nel 1988, vincendo la tappa di Cerignola al Giro di Puglia e vi aggiunse i soliti piazzamenti, sia in Italia che all'estero. Col 1989, aprì il suo biennio d'oro: colse in successione una tappa della Settimana Siciliana, una della Tirreno Adriatico e il Titolo tricolore nella corsa a punti e, nel 1990, due tappe del Giro d'Italia, a Nola e Marina di Pietrasanta. Nelle ultime tre stagioni, di nota solo un paio di secondi posti, a Castelfranco Veneto (Giro 1991) e al Giro della Provincia di Reggio Calabria nel 1993. Oggi, come tutti sanno, lavora in RCS.

Battista Babini
[Immagine: 1300610818BABINIBattista.JPG]
Nato a Sant’Agata sul Santerno (RA) il 18 marzo 1939. Passista. Professionista dalla fine del ’61 al 1966 con una vittoria.
Ottimo dilettante, capace di distinguersi sul passo ed a proprio agio anche in salita, riuscì a passare professionista molto presto, alla fine del 1961, al Trofeo Baracchi, dove in coppia col coetaneo Giacomo Fornoni, campione olimpico nella 100 km a squadre, fu autore di una prova maiuscola: i due finirono secondi, ad oltre 47 di media, dietro la coppia Baldini-Velly. Dopo una grigia stagione in seno alla Molteni nel 1962, passò alla Salvarani l'anno successivo, voluto proprio dal "nocchiero" di quella celebre formazione: l'imolese Luciano Pezzi. L'esordio di Battista con la nuova maglia fu subito degno del botto, in quanto colse la vittoria nell'allora classica Sassari Cagliari. Anche il resto della stagione fu positivo in quanto ricco di buoni piazzamenti. Di nota il suo 2° posto nella tappa di Gorizia al Giro d'Italia, a pochi secondi dal vincitore Vendramino Bariviera. Nel 1964, con l'arrivo di Adorni in seno alla Salvarani, Babini assunse il ruolo di ottima pedina di squadra, continuando a cogliere, in qualche giornata di libertà, significativi piazzamenti, come ad esempio nella tappa di Orleans, al Tour de France, dove fu bruciato allo sprint dall'ex iridato Jean Stablinski. In quel Tour, Battista, fu più che discreto anche nel piazzamento finale: 25°. Nel '65, dopo aver chiuso con la solita capacità nel gioco di squadra il Giro d'Italia, mentre si apprestava a partecipare al Tour, fu colto da un attacco di paratifo che lo bloccò e al suo posto la Salvarani schierò Felice Gimondi che poi vinse la "Grande Boucle"! Babini, dopo il problema fisico che gli impedì quella importante partecipazione, non ritrovò più il colpo di pedale di un tempo e, nel 1966, a soli ventisette anni, abbandonò l'attività agonistica.

Maurice Izier (Fra)
[Immagine: 15966192683708mauriceizier.jpg]
Nato a Crest il 18 marzo 1944. Professionista dal 1966 al 1970 con 7 vittorie. Da un paesino del Dipartimento della Drome, ai margini di quelle Alpi che han fatto la leggenda del ciclismo, il buon Maurice non poteva che divenire ciclista. Lo volevano, prima ancora degli echi di una cultura che, stranamente, coinvolgeva men che altrove quel territorio, le sue grandi capacità di osservare e di leggere tempi e modi che andavano bel aldilà del quotidiano. Già, perché il ragazzino Izier, era bravissimo a scuola ed aveva il fare del professoressino. In altre parole il contrario di quella tipologia che si creava attorno ai corridori, anche in una terra come la Francia, solitamente più evoluta e meno dogmatica. Entrò così nel pedale da ragazzino, con la convinzione dei metodici, ed un fisico che fece presto a raggiungere una certa evoluzione. E nel 1959, a 15 anni, vinse il campionato francese riservato ai cadetti, allora la prima categoria agonistica. Maurice continuò a progredire e, tre anni dopo, nel 1962, a 18 anni, vinse il campionato francese riservato agli universitari, battendo avversari di lui più anziani: in fondo era solo un liceale. Con quel successo, aveva posto le basi per un'attenzione che si consumò fiorente nell'osservatorio. Dopo due positive stagioni fra i dilettanti, nel '65 era già un indipendente di valore, al punto di vincere il "Circuit des Mines", corsa con tanti professionisti e prestigio importante. Con la Pelforth-Sauvage passò prof nel '66, ed al suo anno d'esordio nell'elite, vinse una tappa del GP Languedoc e il già famoso Circuit d'Auvergne, aggiungendo a queste vittorie, buoni piazzamenti nelle corse a tappe in Francia ed in Spagna. Chiuse 55° la sua prima Grande Boucle. Nel '67, il miglioramento sperato non arrivò: vinse il GP Sanvignes, finì 3° nel GP di Cannes e concluse sia la Vuelta che il Tour, rispettivamente 55° e 40°. Nel '68, passò alla Frimatic De Gribaldy e dopo aver vinto il GP di Avanches, si impose, dopo una lunga fuga solitaria, in quello che resterà il successo che l'ha inserito nel romanzo del pedale: la tappa di Melun al Tour de France. Nel '69, finì 2° nel campionato francese, ma l'evoluzione in positivo continuò a non giungere e, nel '70, pur forte dei successi nel GP Bach e nel Criterium di Entrains-sur-Nohain, capì che era il caso di chiudere.

Giuseppe Minardi
[Immagine: 16080702383538Minardi02.jpg]
Nato a Solarolo (Ravenna) il 18 marzo 1928, deceduto a Faenza (RA) il 21 gennaio 2019. Passista veloce, alto m. 1,80 per kg 72. Professionista dal 1950 al 1958 con 18 vittorie. Giuseppe Minardi può essere considerato il Van Steenbergen romagnolo, sia per il suo trascorso di ruota veloce fra i dilettanti, che per quello che ha saputo fare da professionista. Nei suoi dieci anni fra i "prof", infatti, il Minardi già divenuto "Pipaza", ha messo insieme un curriculum di tutto rispetto che ne ha fatto uno dei corridori più in vista dell'Italia degli anni cinquanta. Questo figlio autentico della Romagna, terra di simpatia e laboriosità, si affacciò ancora dilettante alla grande notorietà vincendo senza licenza "prof" la Milano-Rapallo e il Trofeo Matteotti edizione 1949. Professionista in maglia Legnano, "Pipaza" cominciò nel Giro d'Italia del 1951 ad iscrivere il suo nome fra i vincitori di tappa, trionfando nella frazione di Pescara. A questo traguardo, aggiunse subito il Trofeo Valleceppi. Sul finire di quell'anno solo un grande Luison Bobet gli impedì di iscrivere il suo nome nell'albo d'oro del Giro di Lombardia. Il Trofeo Baracchi, vinto in coppia con Fiorenzo Magni, chiuse una stagione d'oro per il romagnolo. Ma fu il 1952 l'anno super di Pipaza. Mancata di un soffio la Milano-Sanremo (2° dietro a Loretto Petrucci), vinse alla grande il Giro di Campania, la tappa di Genova al Giro d'Italia, la Tre Valli Varesine. Un bel bottino al quale si aggiunse la sconfitta per solo mezzo punto nel campionato italiano (Maglia poi finita sulle spalle di Gino Bartali). Sul finire di stagione la "chicca" di tutta la sua carriera: il trionfo nel Giro di Lombardia. Con quella vittoria, Minardi divenne uno dei corridori italiani più conosciuti all'estero. Il 1953 di Pipaza, si aprì ancora con un secondo posto dietro Petrucci alla Milano-Sanremo, una corsa stregata, dunque, per il corridore di Solarolo. Anche il resto dell'anno fu tutto un susseguirsi di piazzamenti, ma arrivò pure una grande vittoria: la tappa di Roma al Giro. In quell'occasione trionfò davanti allo stadio Olimpico (fu inaugurato quel giorno) gremito in ogni ordine di posti (un record per un finale di tappa). Partecipò con la Nazionale al Tour de France, ma si ritirò nel corso della 5a tappa. Tre le vittorie di Pipaza nel 1954: la tappa di Teormina al Giro d'Italia (dove fu anche per tre giorni maglia rosa), il Giro di Romagna e il Giro di Reggio Calabria, dove batté in volata Fausto Coppi, dopo che i due avevano staccato tutti. Cinque i successi nel 1955: la tappa di Cervia al Giro d'Italia, il Giro del Piemonte, il Trofeo Matteotti, il Circuito di Pescara e il GP di Imola, una crono-squadre. Un paio di successi nel 1956: la tappa di Rimini al Giro d'Italia e, per la seconda volta, il Giro di Reggio Calabria. Fu questo l'ultimo acuto della carriera di Minardi che continuò per altre due stagioni in maglia Leo-Chlorodont senza più ritrovare lo spunto di un tempo. Giuseppe Pipaza Minardi vestì con onore tre volte la Maglia Azzurra ai Mondiali: a Varese nel '51 dove finì 8°, a Lussemburgo nel '52, dove chiuse 10°, ed a Solingen '54, dove si ritirò, dopo aver fatto il suo lavoro d'appoggio.

Maurizio Ricci detto Morris
 
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