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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 20 aprile
#1
Roger Decock (Bel)
[Immagine: 1247475183DECOCK%20Roger%20-%205.jpg]
Nato ad Izegem il 20 aprile 1927, deceduto a Tielt il 30 maggio 2020. Passista. Professionista dal 1949 al 1961 con 33 vittorie. Fiammingo fino alle viscere, scoprì presto, nella personale elezione di vita consistente nel diventare corridore in bicicletta, di essere bravissimo sul passo ma un po' meno nello sprint. Da ragazzo intelligente, decise di esercitarsi fino alla noia negli sprint, ed alla fine, divenne veloce e potente per tenere anche sulle salite aspre, purché non molto lunghe. Insomma, da quell'oscuro lavoro svoltosi in mezzo a decine di kermesse, ne uscì un campioncino. Non a caso, nel 1949, anno d'esordio fra i professionisti, vinse il Campionato delle Fiandre Occidentali e nella stagione successiva, fra vari criterium trionfò nella sempre sentita corsa di casa, ma gran semiclassica: la Bruxelles-Izegem. Roger Decock fece la prima, trionfale apparizione internazionale, aggiudicandosi la Parigi-Nizza del 1951. Ed il fatto che fosse stato capace di vincere una corsa a tappe di rango e, in patria, di cogliere i successi nel Circuito delle Fiandre Occidentali e nel Campionato delle Fiandre, lo elesse corridore molto atteso. In estate partecipò al Tour piazzandosi due volte secondo di tappa (una delle quali a cronometro). Nel 1952, l'esplosione con la vittoria nella corsa che ogni fiammingo vorrebbe vincere: il Giro delle Fiandre. Fu un successo difficile, perché si trovò a dover fare i conti col giovale e talentuoso italiano Loretto Petrucci, che tre settimane prima aveva vinto la Milano Sanremo. Fortunatamente per Roger, nella fuga decisiva a tre, si inserì il trentatreenne, ma ancor forte, nonché furbissimo ex bi-iridato Alberic Schotte. Costui, pur non correndo nel medesimo sodalizio di Decock, aiutò il giovane connazionale a vincere la corsa di casa, facendo la sua parte nella tenaglia che fu fatale al corridore pistoiese. Sia chiaro, Roger Decock, non rubò nulla, meritò quel successo. Nell'estate '52, poi, al Tour de France, si confermò cronoman di rango, piazzandosi secondo a soli 34" da Fausto Coppi nella cronotappa di Nancy di 60 chilometri.
Nel 1954 vinse una miriade di criterium, la semiclassica GP della Schelda e tre tappe del Giro del Belgio, fra le quali la frazione a cronometro . Nelle grandi classiche del nord, non uscì mai dai primi dieci e grazie agli ottimi risultati ottenuti, terminò al quinto posto nel Trofeo Desgrange-Colombo. Il 1955 fu la sua ultima stagione complessivamente positiva, coi successi alla Bruxelles-Ingooigem e nel Gran Premio Stene (allora molto valutato), il secondo posto nel Giro delle Regioni Fiamminghe e il quarto alla Parigi-Bruxelles. Negli anni successivi continuò a cogliere qualche vittoria, ma solo col successo nel Circuito delle Fiandre Centrali, nel 1959, che fu il suo canto del cigno, uscì dal novero dei criterium o poco più.

Fedor Den Hertog (Ned)
[Immagine: 14541070773538denhertogf80.jpg]
Nato il 20 aprile 1946 a Utrecht. Deceduto a Ermelo il 12 febbraio 2011. Passista. Alto 1,83 per 76 kg. Professionista dal 1974 al 1981 con 14 vittorie.
Una carriera anomala quella di questo tulipano dalla pedalata felice ed armoniosa e dalla classe cristallina. Anomala, perché rimase dilettante oltre ogni limite di ragionevolezza e sembrò a lungo come quei tanti atleti di valore dell'est europeo che non potevano passare all'elite per i motivi che si sanno. Un peccato, perché Fedor, fra i dilettanti, si mostrò corridore di spessore uguale o superiore a due autentiche glorie del pedale orange: Zoetemelk e Kuiper. È vero che nel 1967, mentre si allenava in Belgio, sulle Ardenne, fu investito da un auto, ed in molti pensarono che la sua carriera fosse finita lì; ed è vero che pur recuperando, rimase a lungo col timore di non poter tenere la distanza, e quelle differenze chilometriche che sono sempre esistite fra i dilettanti ed i professionisti. Ma già il 1968 fu sufficiente per far capire, a chi consigliava Fedor e a lui stesso, che il recupero era giunto appieno e che il passaggio nell'elite sarebbe stato possibile senza problemi. Già, perché vincere le Olimpiadi nella 100 chilometri a squadre (assieme a Joop Zoetemelk, René Pijnen e Jan Krekels) che era prova massacrante, nonché tutte quelle prove che lo elessero, in virtù del nome abbinato a Fedor, "Iwan il terribile", erano più che sufficienti per dimostrare l'assurdità di rimanere fra i dilettanti. Fatto sta, che fra i puri, fino a 28 anni, vinse di tutto, annichilendo chiunque, ma alla storia del ciclismo, il buon Den Hertog, è passato come un incompiuto, perché è sempre obbligatorio sottolinearlo e ripeterlo in ogni occasione: il ciclismo dei dilettanti rappresenta solo un segmento propedeutico e non fa storia, ieri come oggi. Fra i professionisti dal '74, Fedor si è segnalato solo per il Titolo olandese su strada nel 1977 e come un cacciatore di tappe. Poco per un corridore col potenziale dei super.
Tutte le sue vittorie.
1976: 2a Tappa del Giro di Olanda, Giro del Midden-Zeeland. 1977: Campionato d'Olanda su strada; 10a Tappa del Tour de France; 3a Tappa della Vuelta di Spagna; 5a Tappa del Giro del Mediterraneo; Freccia Liedekerkse; Trofeo Jan Van Erp; Criterium Schijndel. 1978: 5a Tappa Parigi-Nizza; 5a Tappa Etoile des Espoirs. 1979: 3° Tappa del Giro d'Olanda; GP Frans Verbeeck. 1980: Freccia Maaslandse.

Francesco Desaymonet
[Immagine: 152036210518495Desaymonet,Francesco.jpg]
Nato a Rivoli (Torino) il 20 aprile 1943. Passista scalatore, alto m. 1,77 per 71 kg. Professionista dal 1969 al 1970, senza ottenere vittorie.
Per caratteristiche e generosità non un grande vincente fra i dilettanti, ma pur sempre un corridore sul quale fare affidamento, anche fra i professionisti. Fra i "puri", vinse il Trofeo Strazzi '67 e, soprattutto, si impose, nel '68, in una classica come la Torino-Biella. Fu pure azzurro nel '67 al Tour des Combrailles, corsa a tappe dove finì 7°, primo degli italiani.
I problemi che frenarono la carriera professionistica di questo torinese che piaceva all'indimenticabile Vincenzo Giacotto, furono principalmente due: il troppo ritardato salto di categoria e l'esser finito in uno squadrone, la Faema, tra i più grandi della storia, con tanti corridori titolati e vincenti e, soprattutto, un fuoriclasse inarrivabile come Eddy Merckx. Dipanarsi in un simile team, soprattutto se si è timidi, è dura. Ciononostante, nel primo anno da prof, Desajmonet sfruttò benino le poche opportunità di mettersi in mostra. Nel 1969 infatti, fu 3° nel Giro delle Marche, ma risultò decisivo nel successo del compagno di squadra Tino Conti sul danese Primatista dell'Ora Ole Ritter. I tre si giocarono quell'edizione del Giro in volata. Fu poi 8° nel Campionato Italiano, corse un bel Giro di Romagna (17°), finì 18° il Campionato di Zurigo e concluse 34° il Tour de Suisse. Nel 1970, il rendimento di Desajmonet subì una flessione, ed anche la morte di Giacotto ebbe un ruolo non indifferente su quel calo. A fine anno, la chiusura della Faema, lasciò il corridore torinese disoccupato. Staccò la licenza anche nel '71, ma non trovò squadra e preferì abbandonare.

Ferdinando Guglielmoni
[Immagine: 1303288012GUGLIELMONIFerdinando.JPG]
All'anagrafe Armando, nato a Creazzo (Vi) il 20 aprile 1932, deceduto ad Alonte (VI) il 5 settembre 1987. Passista. Professionista dal 1957 al 1959, senza ottenere vittorie.
Buon dilettante, ma non un vincente per antonomasia, riuscì a passare professionista a venticinque anni, nel 1957, con la Leo Chlorodont, ma non mettendosi particolarmente in luce fu lasciato libero a fine anno. S'accasò nel 1958 alla Bianchi, accanto al Campionissimo Fausto Coppi e fu quella la sua migliore annata, perché in qualche modo riuscì ad essere utile al leggendario compagno e si piazzò 15° nella Milano Torino che resterà il suo miglior piazzamento di carriera. Nel 1959, sempre con la Bianchi, fu nuovamente protagonista alla Milano-Torino, poi chiusa 18° e finì 35° alla Sanremo. Purtroppo, il suo ruolo di gregario senza nessuna velleità personale, poco si integrava con le nuove esigenze di una squadra come la Bianchi, che lo lasciò libero a fine '59. Nel 1960, Guglielmoni staccò la licenza, ma corse praticamente mai, mentre gli si riaprirono le porte di un grande sodalizio nel 1961, grazie alla Gazzola, capitanata dall'Angelo della Montagna, Charly Gaul. Fu un anno grigio per risultanze, ma importante per aver aggiunto, nel suo carniere di gregario, un altro grande nome accanto a quello del Campionissimo. Ed a fine stagione, poté appendere la bicicletta al chiodo con serenità.

Maurizio Ricci detto Morris
 
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