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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 26 aprile
#1
Ferruccio Manza
[Immagine: 1307303346FerruccioManza.jpg]
Nato a Cortine di Nave in provincia di Brescia il 26 aprile '43. Passista veloce alto m. 1,78 per kg. 74. Professionista dal 1966 al 1967, senza ottenere vittorie.
Fin da giovanissimo mostrò un fisico possente e ben presto grazie appunto alla forza che sprigionava divenne riferimento sul passo e nelle accelerazioni. Cresciuto nel Centro Sportivo Italiano, nel 1963 si aggiudicò il Titolo Italiano relativo a quell’Ente di Promozione Sportiva e l’osservatorio ciclistico lo annotò fra i dilettanti più interessanti. In particolare il Commissario Tecnico Elio Rimedio che l’anno successivo, all’indomani del successo di Manza nel campionati della Lombardia, lo convocò in azzurro e lo schierò in Francia ai Campionato Mondiali nel quartetto della Cento Chilometri a Squadre. Qui, Ferruccio, assieme a Severino Andreoli, Luciano Dalla Bona e Pietro Guerra vinse il Titolo Mondiale, Il medesimo quartetto colse poi la Medaglia d’Argento alle Olimpiadi di Tokyo, battuto per l’inezia di 25 centesimi dall’Olanda, che schierò uno dei quartetti più forti di sempre (Dolman, Karstens, Pieters e Zoet). Dopo quella esaltante stagione Manza non passò professionista, ma restò ancora un anno fra i dilettanti, vincendo diverse corse (fra le altre due “classiche” come la Milano Rapallo e il GP Liberazione di Roma), ma affaticandosi non poco. Così quando l’Avocatt Eberardo Pavesi lo chiamò al professionismo con la Legnano nel 1966, Ferruccio, come tanti altri nella storia era già spremuto. Con la maglie verde oliva, colse l’11° posto al Giro dell’Emilia e il 14° nella Milano Vignola, ma per il resto della stagione fu un anonimo. A fine ’66 la Legnano lasciò il ciclismo professionistico e Manza s’accasò per il 1967 alla Germanvox, ma in tutta la stagione non andò oltre il 19° posto del G.P. Campagnolo. A dicembre decise di appendere la bicicletta al chiodo.

Luigi Marchisio
[Immagine: MARCHISIO_Luigidd.jpg]
Nato il 26 aprile 1909 a Castelnuovo Don Bosco ed ivi deceduto il 2 luglio 1992. Completo. Professionista dal 1929 al 1936 con 11 vittorie.
Un corridore che ha fatto storia nonostante il periodo d'attività denso di grandissime figure. Tecnicamente un corridore davvero raro perché era un evidente in ogni settore e pedalava bene come pochi, visti i mezzi, gli allenamenti e le strada di quei tempi. Certo, poteva e doveva partorire un segmento vittorioso più lungo, ma la storia del ciclismo, anzi dell'intero sport, è piena di questi casi. In altre parole, sono un grande motivo di interesse in più, verso l'approfondimento delle conoscenze sull'intorno di quell'originale artista che è l'atleta.
La passione per il ciclismo entrò molto presto nella mente del giovanissimo Luigi, il quale, come avvicinò l'agonismo, bruciò subito le tappe. Campione italiano nella categoria "liberi" nel 1926, indi Campione italiano degli indipendenti nel 1928, quando giunse 2° nel Giro del Sestriere, dietro al dilettante Ambrogio Beretta.
Nel 1929, ovvero nella sua prima stagione fra i professionisti, fu frenato dalla ferma militare che passò nel corpo degli alpini, ma nonostante i pochi allenamenti si presentò allo start di qualche importante appuntamento riuscendo a piazzarsi: fu 4° nel Giro di Romagna e 10° nel Campionato Italiano. L'anno dopo, a soli ventuno anni, Marchisio fu autore di quella che poi si dimostrerà la sua migliore stagione. Partecipò al Giro d'Italia passato alla storia per la decisione degli organizzatori di pagare il primo premio ad Alfredo Binda, affinché non prendesse il via con gli altri 115 concorrenti, rendendo incerta la lotta per la vittoria finale e, di conseguenza, appassionare il pubblico. Il giovane piemontese, che correva per la Legnano dello stesso Binda, partì subito fortissimo vincendo le tappe di Messina (2a frazione) e Catanzaro (3a), conquistando il primo posto in classifica con quel lieve vantaggio che, regolando con parsimonia le proprie forze, seppe conservare fino a Milano. Secondo, a soli 52", si classificò un grintosissimo Luigi Giacobbe e 3°, ad 1'49", Allegro Grandi. Il sud portava bene a Marchisio, lì aveva posto le basi per trionfare al Giro d'Italia e lì, nello stesso anno, vinse anche il Giro di Reggio Calabria. Poi, vicino casa, fece sua la Coppa Val Maira. Dopo l'annata trionfale però, Luigi seppe mantenere le belle premesse soltanto a sprazzi, confermandosi tagliato soprattutto per le corse a tappe. Nel '31, infatti, stava per fare "bis" al Giro, dopo 4 frazioni era in testa con 5' di vantaggio, ma per una serie incredibile di forature perse nella tappa di Cuneo la Maglia Rosa (fu la prima edizione dove il 1° in classifica indossava l'indumento) e la possibilità di rivincere. Chiuse comunque sul podio, 3°. Nel '32, passò dalla Legnano alla Bianchi e vinse la classifica finale, nonché la 4° tappa della prestigiosa Barcellona-Madrid. Con la vittoria nella Coppa Arpinati, s'avviò verso il buio e non riemerse più. Le sue ultime tre stagioni furono insignificanti, perlomeno per uno che aveva infiammato appassionati e osservatorio. Nel '36, non ancora 27enne, abbandonò l'attività agonistica. Aprì a Torino un negozio di biciclette ed articoli sportivi che gestì fino alla pensione.

Sergio Santimaria
[Immagine: 14401735623538Santamaria79.jpg]
Nato a Vigevano (Pavia) il 26 aprile 1957. Passista, alto m. 1,74 per kg. 64-65. Professionista dal 1978 al 1987, con cinque vittorie.
Un corridore che poteva dire tanto di più per sé, ma che scelse la strada del gregario e dell'uomo squadra, per guadagnarsi il pane. Una scelta pragmatica, favorita da un'epoca nella quale i capitani erano tali e correvano tutto l'anno, lasciando di conseguenza pochi spazi alle spalle. Un atleta abbastanza completo, con uno spunto di velocità che diveniva migliore, quando a monte insisteva una corsa dura ed aspra. Sergio Santimaria, non è passato inosservato e non solo per le sue poche ma importanti vittorie, bensì per il suo essere davvero un uomo squadra, come dimostrò lavorando per Saronni alla Del Tongo e, sul finire della carriera, nell'Ariostea di "Ferron" Ferretti.
Non iniziò direttamente nel ciclismo, disciplina alla quale passo più tardi dei più, con una base adolescenziale consumata nel calcio e nelle corse campestri. Ciononostante, bruciò le tappe fra i dilettanti, categoria nella quale colse 41 successi, fra i quali la Coppa Adriana e la Milano Rapallo, due prove che erano da considerarsi come il summa delle sue caratteristiche di passista che sapeva divenire veloce. Diplomato all'Istituto Tecnico Industriale (una rarità fra i corridori dei suoi tempi), passò al professionismo nel 1978, all'interno della Mecap diretta da Dino Zandegù, ma vide contrastato il suo esordio, a causa del servizio militare. Chiuse comunque il Giro d'Italia 84°. Terminata la "ferma grigioverde" un mese prima della "Corsa Rosa" '79, fu in questa protagonista nella tappa di Pesaro, chiusa al 3° posto. A Milano finì il Giro 78°. Poi, tre giorni dopo, colse il suo primo successo, quello che lo rese popolare più degli altri che verranno: la Gran Fondo, Milano-Roma, di 670 chilometri. Nel 1980 vinse il Criterium degli Assi e chiuse a fine stagione il rapporto con Mecap divenuta Honved, di Zandegù, per passare nelle file della Selle San Marco. Nei due anni passati con questa formazione, si piazzò in diverse gare di prestigio, come il Trofeo Matteotti, dove fu 2° nel 1981, anno nel quale chiuse sempre 2° la tappa di Potenza al Giro d'Italia, indi finì 2° nel GP di Camaiore nel 1982. Poche settimane dopo questo piazzamento tornò alla vittoria conquistando in Spagna il GP di Juarez de Ordizia. Fu poi 5° nel Giro dell'Appennino e nel Giro di Romagna. Nel 1983, iniziò il suo rapporto con la Del Tongo di Giuseppe Saronni. Nelle poche giornate di libertà che il prestigioso sodalizio gli lasciò, fu 2° nel GP di Larciano '83, 4° nel Campionato Italiano e nel Trofeo Matteotti nel 1984, ma, soprattutto, vinse la tappa di Alessandria al Giro d'Italia '84. Dopo un incolore '85, dove fu a lungo fermo per malanni, nel 1986 passò all'Ariostea, diretta da Giancarlo Ferretti e salutò il nuovo rapporto professionale col successo nella prima tappa del Giro d'Italia che si concludeva a Sciacca, conquistando così anche la Maglia Rosa che poi perse il giorno dopo. Nell'anno fu 5° nel Giro di Sicilia e si piazzò 11° nella Sanremo. Votato sempre più al gioco di squadra, nell'ultimo anno di corse, il 1987, raccolse terzi posti nel Gp di Conegliano e nella 2a tappa della Route du Sud in Francia. In carriera ha partecipato a sette Giri d'Italia (miglior piazzamento nel 1984, 28°) e ad una Vuelta di Spagna (60° nel 1984).

Nello Troggi
[Immagine: 1238404876TROGGI%20Nello.jpg]
Nato il 26 aprile 1912 a Frassinoro (MO), deceduto il 21 giugno 1944 a Villa Minozzo (RE). Passista scalatore. Professionista dal 1935 al 1940 con 24 vittorie.
Fu uno dei migliori corridori italiani della seconda metà degli anni '30 anche se svolse gran parte della sua attività in Francia dove si era nel frattempo trasferito, vivendo tra Provenza e Costa Azzurra. Nel paese transalpino ottenne infatti numerose vittorie, anche in competizioni di un certo prestigio, vincendo tra l'altro un Giro di Corsica, un Circuit du Midi, un Tour del Sud-Est e un Gp di Nizza. Dimostrò di essere in grado di vincere su ogni percorso, specialmente in salita, non disdegnando le azioni solitarie. Saltuariamente tornò in Italia, disputando soprattutto il Giro dove ebbe la soddisfazione di vincere la prima tappa del 1937 ed indossare quindi, sia pure per un giorno soltanto, la Maglia Rosa. Nel '38 venne selezionato per la Nazionale Italiana che partecipò al Tour de France vinto da Bartali; fu il suo unico Tour, ed ebbe la soddisfazione di concluderlo in 54° posizione. Le circostanze della sua morte hanno fatto a lungo discutere: fu catturato a Piandelagotti e fucilato il 21 giugno del 1944 a Villa Minozzo, da un gruppo considerato vicino ai partigiani.

Maurizio Ricci detto Morris
 
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