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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 27 febbraio
#1
Dante Franzil (Fra)
[Immagine: 15959531001325Franzil,Dante.jpg]
Nato a Trasaghis (UD) Italia il 27 febbraio 1910, deceduto a Port-Marly (Ile de France) Francia il 23 agosto 1981. Passista scalatore su strada e ciclocrossista. Professionista dal 1934 al 1939 e nel 1946 con tre vittorie. Divenuto francese il 23 settembre 1949.  
Uno delle centinaia di ciclisti emigrati in Francia. Dante lo fece ad otto anni al seguito della famiglia che si stabilì al nord, nel parigino e fu lì che l’ancor piccolo Franzil si appassionò al ciclismo. Arrivò sulla bicicletta con intenti agonistici una decina anni dopo il trasferimento e fece subito vedere che se avesse potuto correre con la tranquillità d’intorno, poteva pure far bene. La sua famiglia non poteva permettersi di seguire le sue evoluzioni ciclistiche con proprie risorse e così Dante iniziò a correre da vero dilettante, lavorando prima in una salumeria e, poi, addirittura nell’edilizia. Ciononostante, il ragazzo arrivò al professionismo, con la decorosità dei risultati e la realtà delle buone qualità. Era l’anno 1934, la squadra era la La Perle-Hutchinson e lui, il 23enne emigrante, ormai tutto francese per lingua imparata e abitudini, rispose ringraziando, con un’annata agonistica davvero molto buona. Vinse tre corse: il Criterium degli Italiani a Lione, il Gran Premio La Perle e la Parigi-Barentin-Yvetot. Essendo ancora di cittadinanza italiana, non poté trovare posto nelle squadre francesi per il Tour de France, ma il suo comportamento nelle gare precedenti la grande corsa a tappe, gli garantì diversi sostegni per la sua partecipazione a titolo individuale. Franzil partecipò così alla Grande Boucle e lì si comportò davvero bene. Fu 6° nella quinta tappa che si concludeva ad Evian, 9° nella successiva con traguardo ad Aix-les-Bains, di nuovo 6° nella quindicesima ad Ax-les-Thermes, 11° a Luchon, 10° a Bordeaux e 7° a La Roche-sur-Yon. A Parigi concluse il Tour al 23° posto, 6° fra gli individuali. Dopo la Grande Boucle giunse 3° nella sesta frazione del Tour de l'Ouest. Fu poi 10° nel Critérium International de Cyclo-cross, a quei tempi una sorta di Mondiale della specialità che piaceva tanto a Dante, perché si divertiva. Nel 1935 corse poco, fu 3° nella Parig-Hirson, 9° nella Parigi-Tours e 15° nel Criterium International di cross. L’anno successivo fu 2° nella Parigi-Contres, mentre tanti furono i piazzamenti nel 1937: 3° nel Critérium International de Cyclo-cross, 3° nella Parigi-Vimoutiers, 6° nella terza tappa del Giro di Lussemburgo (chiuso poi all’11° posto), due volte 7° in frazioni della Parigi Nizza. Nel 1938 corse poco, ed il miglior risultato fu il 9° posto alla Parigi-Vimoutiers. Nel 1940 corse solo nel cross e finì 15° Critérium International. Dopo la Seconda Guerra Mondiale provò a corree nuovamente, ma non raccolse risultati di nota

Paolo Guazzini
[Immagine: 16465490111325Guazzini,Paolo.jpg]
Nato a Prato il 27 febbraio 1935. Passista veloce. Alto 1,80 per kg. 70. Professionista dal 1958 al 1962 con quattro vittorie.
Giunto al mondo in una terra dove il ciclismo era di casa, anche oltre i confini della passione, si trovò ben presto a dover far convivere la bicicletta col lavoro. Il padre, infatti, prima proprietario di un lanificio e poi di telai, gli impose di aiutarlo nella conduzione dell'azienda familiare, al pari delle due sorelle. Paolo però, riusciva a far convivere bene le due attività. Dopo tre corse nel '50 fra i non tesserati, esordì coi prestigiosi colori dell'A.C. Pratese, nel 1951, fra gli allievi e nei tre anni passati nella categoria, colse 15 vittorie: abbastanza per divenire un riferimento del pedale giovanile di zona. Con la medesima società, gareggiò nei primi anni da dilettante, riuscendo a centrare una ventina di vittorie e di giungere in azzurro nel 1955, in previsione dei Mondiali di Frascati, dove però, un incidente, gli impedì la partecipazione.
Dopo un grigio '56, decise di ritemprarsi e ricaricarsi altrove e, per la stagione 1957, s'accasò alla bolognese Mengoli, dove il suo tratto vincente ritornò imperioso, grazie a 15 limpidi successi, che lo posero fra i primissimi dilettanti italiani, con la fama di ruota veloce in grado di graffiare anche fra i professionisti. Ed infatti, l'anno successivo, fu ingaggiato dalla famosa Ghigi-Coppi, per gareggiare tanto fra i prof, quanto fra gli indipendenti. La sua risposta fu degna. Partecipò al Giro d'Italia (che sarà l'unico in carriera) chiudendo 68°, a 2 ore e 26 minuti dal vincitore Baldini, dopo aver lavorato a lungo per i grandi belgi della sua squadra, in particolare Willy Vannitsen. Vinse poi il Campionato Italiano riservato alla "categoria cuscinetto", dopo aver colto i successi parziali nella prima prova a Pontremoli e nella terza, a Frosinone. Il successo più importante arrivò a Cesenatico, traguardo della seconda tappa del Giro dei Due Mari. Lanciatissimo fu ingaggiato dall'Emi, la squadra del mitico Charly Gaul nel 1959, ed al servizio del lussemburghese passò praticamente tutto il resto della carriera, con la sola parentesi del 1961, dove si ritrovò disoccupato. È pur vero che all'indomani del bel '58, nessuno s'immaginava per lui una china da gregario, come invece avvenne. Ed il suo ritiro, a fine '62, dopo aver passato l'annata in parte alla Gazzola di Gaul ed in parte con sponsor personali, fu piuttosto mesto e malinconico, di fronte alle tante attese che aveva suscitato 4 anni prima.

Jean Marechal (Fra)
[Immagine: 16391646581325Marechal,Jean8.jpg]
Nato a Orleans il 27 febbraio 1910, deceduto a Trappes il 23 dicembre 1993. Professionista dal 1929 al 1947 con sei vittorie.
Poche vittorie e qualche piazzamento, con grandi rammarichi per ragioni probabili. Diversi segmenti di evanescenza in una carriera comunque lunghissima, ma pure una grande corsa nel proprio palmares, ed un'altra eufemisticamente sfiorata. Un corridore che prometteva tantissimo e che solo in parte mantenne, tra l'altro fu molto precoce. In ogni caso, Jean Marechal la sua bella traccia nel grande romanzo del ciclismo l'ha lasciata.
Fu Campione francese fra i dilettanti a soli 18 anni nel 1928 e l'anno successivo passò fra i professionisti in seno alla Dilecta Wolber. Nella stagione d'esordio, vinse la Parigi-Saissons e il GP di Crest, fu 4° nella Parigi-Caens e, soprattutto, 7° nella Parigi Roubaix. Il 1930, a soli 20 anni, lo fece entrare nella storia. Dopo aver vinto la Corsa delle Cote di Nizza, andò a correre una stupenda Parigi-Roubaix e tagliò per primo il traguardo, giungendo con una trentina di secondi di vantaggio su colui che era stato lungamente suo compagno di fuga: il belga Julien Vervaecke. Poi, incredibilmente, dopo circa un'ora, la giuria tolse la vittoria al corridore francese e la concesse a Vervaecke che, a suo dire, era caduto a causa di Marechal. Il tutto senza testimoni, ma solo perché s'accettò la protesta di Ludovic Feuillet, nocchiero dell'Alcyon, l'influente e potente squadra del fiammingo. Fu una ingiustizia incredibile, che segnò fino all'ultimo dei suoi giorni Jean Marechal. Quell'obbligato secondo posto, incise fortemente sul prosieguo della sua carriera, anche se solo due settimane dopo il fattaccio di Roubaix, vinse la Parigi-Tours, che resterà la perla del suo tratto agonistico. Per l'osservatorio però, quel successo unito al provabilissimo di Roubaix facevano di Marechal il corridore del momento e non a caso la "Legnano" lo assunse pensando potesse vincere il Giro d'Italia, visto che Binda non sarebbe stato allo start "per manifesta superiorità", ma il corridore francese, anche a causa di ripetute cadute, fu una delusione e si ritirò. L'anno seguente, Marechal, vinse il Criterium degli Assi, allora una gran corsa. Poi, deluso, si diede soprattutto alla pista, che gli servì per vivere dignitosamente il suo rapporto col ciclismo. Eccelleva nel mezzofondo, passione che ha poi trasmesso al figlio Alain, che fu Campione di Francia dei dilettanti nel 1965, nonché terzo ai mondiali del medesimo anno. Fra i successi di Jean dietro grossi motori, da citare il Criterium International d'hiver nel 1934. Prolungò la sua carriera fino al 1947. Nel dopo, guidò la squadra parigina al Tour de France per un paio d'anni, nel 1950 e '51.

Ernesto Minetto
[Immagine: 16684504041325Minetto,Ernesto.jpg]
Nato a Costa di Ovada (Alessandria) il 27 febbraio 1935, deceduto a Genova l’8 marzo 1991. Passista scalatore, alto m. 1,80 per 71 kg. Professionista dall’ottobre 1960 al 1963, senza ottenere vittorie.
Un corridore che fin dalle prime fasi d’incontro col ciclismo si mostrò promettente, ed anche se non ha mantenuto le promesse, il suo spazio è riuscito comunque a ritagliarselo. Sicuramente la sua regolarità, ha col tempo invaso il territorio dell’avventura, dell’attacco, di quella componente ardimentosa che nello sport fa spesso la differenza. In altre parole, la sua facilità d’essere lì, tra i primi, con la condotta tipica di chi può apparire razionale, non l’ha aiutato a raggiungere i suoi confini atletici e, perché no, psicologici. D’altronde la psicologia dell’atleta, è materia di studi ancora tutt’oggi molto lontani da un livello di conoscenza pari ad altri settori di questa scienza. Certo è che veder pedalare Minetto, giustificava previsioni ottimistiche. Cresciuto nell’UISP di Genova, finì secondo al solo Alfredo Sabbadin nel Campionato Italiano Allievi del 1953. Poi, fra i dilettanti, i suoi numeri si dipanarono assai più fra i piazzamenti comunque significativi che fra le undici vittorie, talune di gran peso come la Coppa Campagnoli ’54, la Coppa Città di Asti ’55, la Cronometro di Voghera in coppia con Ginocchio, il Trofeo Barabino ’59 quando era già più che maturo per passare professionista. Passaggio che tardò probabilmente troppo, ed avvenne nell’ottobre del 1960, con la Carpano di Vincenzo Giacotto. Il grande manager-direttore sportivo, lo inserì per la stagione 1961 nella Baratti, l’ambiziosa formazione satellite del sodalizio torinese. E con le maglie granata, Minetto si determinò buon gregario dei tanti belgi della squadra praticamente da subito. Nell’anno si piazzò 5° nella due giorni di Bordighera, fu più che discreto nel Trofeo Matteotti e nel Giro di Toscana. Al Giro d’Italia, dopo quasi due settimane di corsa discreta, si ritirò nella frazione di Castelfidardo, la tredicesima. Tornò in Carpano per la stagione 1962. Dopo un buon 18° posto nella Mentone-Roma, divenuto ormai gregario affidabile, fu schierato alla Vuelta di Spagna. Qui lavorò tanto, ma fu costretto al ritiro nella 13a tappa, che si concludeva a Logrono. Indi partì per il Giro, dove si comportò bene, ma s’arrese al pari di decine e decine di corridori alla neve di Passo Rolle. Nel 1963 passò alla IBAC, al servizio del suo capitano Defilippis. Nei piani del sodalizio, Ernesto doveva partecipare sia al Giro che al Tour de France. Al Giro, Minetto, chiuse al 78° posto. Al Tour de France, partì con l’obiettivo di fungere da spalla di Graziano Battistini, ma all’ottava tappa, a causa di incidenti e cadute varie che falcidiarono la squadra (due elementi si ritirarono), finì fuori tempo massimo, assieme ad altri due compagni. Dopo lo sfortunato Tour, corse un buon GP Prato, chiuso al 13° posto, ed a fine stagione, a soli 28 anni, decise di chiudere con l’agonismo.

Maurizio Ricci detto Morris
 
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