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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 4 febbraio
#1
Andrè Brulè (Fra)
[Immagine: 16618772911325Brule,Andre2.jpg]
Nato a Billancelles nel Francia Centrale il 4 febbraio 2022, deceduto a Climart nella regione Ile-de-France, il 3 marzo 2015. Stradista completo, pistard e ciclocrossista. Professionista dal 1941 al 1960 con 13 vittorie da considerarsi internazionali.
Il vin brulè è parte notevole delle tradizioni popolari in diversi paesi d’Europa, ha tante ricette, diversi sapori e due costanti: si beve caldo (in talune zone semi-bollente), ed ha una più o meno evidente gradazione alcolica. Chi beve brulè, ne trae ….. qualcosa: dall’insorgere di un leggero stato d’ebbrezza, alla gradevolezza del caldo visto che il brulè è comune soprattutto d’inverno, nonché una strana forma d’allegria e spensieratezza che l’insieme di aromi uniti all’alcol del vino, tendono a donare. Bene, nel caso di questo nostro André, si potrebbe dire che l’agnomen combaciante col nome di quella particolare bevanda, sia un sunto perfetto, una sincronia azzeccata. Perché il Brulè corridore, era simpatico, stravagante, amante del divertimento e dell’allegria. Caratteristiche non sempre positive per un atleta, o meglio a volte progenitrici di problemi o freni alle risultanze. E dire che Andrè era pieno di talento, fantasia e sapeva andare forte dappertutto, anche se s’allenava poco o niente e non perdeva occasione di stupire in gara. Ad esempio, era capace di partire con la bici dotata di un solo rapporto. Oppure andare in fuga, accumulare un bel vantaggio, per poi fermarsi ed aspettare gli inseguitori mostrando loro il corretto distacco che aveva raggiunto. Insomma un personaggio, che partecipò a tre Tour de France concludendoli facilmente, senza avere alle spalle la preparazione adeguata. Eppure aiutava i compagni e si divertiva nelle tappe ad inseguire, dandosi obiettivi tutti suoi, con l’unica base certa, appunto, nel divertimento. Praticava ciclocross ed era un evidente, perché fra i prati ed il fango, si poteva divertire restando sul sellino molto meno tempo rispetto alle ore delle corse su strada. Insomma un mattacchione, certo abbastanza sconosciuto, ma per tanti aspetti straordinario. Ed uno che, volendo, sapeva vincere. Nel suo palmares ci stanno la Parigi Rouen ’41, la Parigi Le Mans e il Criterium du Midi nel ’43, il GP Arsene Mersch in Lussemburgo, il GP Montlucon e il GP du Pneumatique nel 1945. Nel 1948 partecipò al suo primo Tour de France, che concluse 12° (quarto nella Classifica dei GPM) e nella stagione vinse il Criterium International de Quillan. L’anno seguente, vinse una tappa al Tour de Suisse ed una al Giro del Lussemburgo, indi fece sua una frazione e la Classifica Finale del Tour del Marocco. Chiuse il Tour de France 23°. Nel 1950 partecipò al Giro d’Italia che chiuse 33° con un terzo posto nella decima frazione. Rivinse una tappa al Tour del Marocco e chiuse 14° il Tour de France. Inattivo nel ’51, dal ’52 svolse un’attività più rarefatta cogliendo comunque significativi piazzamenti, mentre nel ciclocross divenne uno dei più credibili avversari in Francia di Drufraisse. Fra i prati ed il fango vinse nel 1955, l’Internazionale di Hallewijn (oltre ad un imprecisato numero di corse minori) e partecipò a diversi Mondiali. Nelle rassegne iridate, colse il miglior risultato nel ’58, quando fu 5°.

Juan Esteban Curuchet (Arg)
[Immagine: 1288509022CURUCHETJuan-2.jpg]
Nato a Buenos Aires il 4 febbraio 1965. Passista su strada e, soprattutto, pistard endurance. Alto 1,75 per 65 kg. Open dal 1989 al 2009 con oltre cento vittorie su pista e 13 su strada.
Juan Esteban Curuchet è una pietra miliare del ciclismo e dell’intero sport argentino, per lo spessore dei successi, la carriera infinita e la spettacolarità delle sue esibizioni sulle piste di tutti i continenti, condivise dapprima col fratello Gabriel, di due anni più grande, e, successivamente, con Walter Perez, di dieci anni più giovane. Basti citare che in coppia con quest’ultimo, Juan ha vinto la Medaglia d’Oro alle Olimpiadi di Londra nel Madison, primo successo olimpico nella storia del ciclismo albiceleste. La storia di valore internazionale di Curuchet s’aprì nel 1992, quando si piazzò terzo ai Mondiali di Valencia nella corsa a punti. Su questa specialità fu poi secondo nella rassegna iridata del 2001 ad Anversa, nuovamente terzo a Copenaghen 2002 e a Melbourne 2004.
Nel 1995 i Mondiali aprirono le loro porte alla specialità regina delle sei giorni: l’americana o madison, in onore alla città in cui è nata. Juan, in coppia col fratello Gabriel, si aggiudicò proprio nell'edizione '95, svoltasi a Bogotà in Colombia, la medaglia d'argento, preceduto dalla coppia italiana Martinello-Villa. Fu l’inizio di una sorta di abbonamento di Curuchet al podio iridato della madison: fu infatti terzo (col fratello Gabriel) nel 1997 a Perth, in Australia, sempre terzo nel 2000 a Manchester (con Edgardo Simon), di nuovo terzo nel 2001 ad Anversa (con Gabriel), nel 2002 a Copenaghen (con Simon), nel 2003 a Stoccarda (con Walter Perèz). Finalmente, nel 2004 a Melbourne, arrivò la Maglia Iridata sempre in coppia con Perez. Nel 2005, Juan vinse i Giochi Panamericani nella corsa a punti e nella madison in coppia col solito Perez, mentre ai Mondiali di Bordeaux del 2006, i due argentini chiusero terzi. Nel 2008, finalmente, lo storico Oro (con Perez) alle Olimpiadi di Londra, colto a 44 anni, timbrò come meglio non si poteva la grande carriera di Juan Esteban Curuchet. Nel palmares del quale ci stanno pure sette Sei Giorni. Dal 2010 è nello staff della Vuelta a San Juan.

Robert Lelangue (Bel)
[Immagine: 164295039313251968Lelangue,Robert.jpg]
Nato il 4 febbraio 1940 ad Etterbeek, nella regione di Bruxelles. Stradista e pistard, alto 1,81 per 72 kg. Professionista dal 1961 al 1969 con 43 vittorie su strada, ed una trentina su pista, tra le quali una Seigiorni e due Titoli belgi.
Un corridore intelligente e di buone qualità, che ha messo assieme un curriculum in linea con quanto si poteva aspettare da lui. Uno che poi, finita la carriera agonistica, ha saputo ugualmente incidere: sia sull’ammiraglia e sia dietro le scrivanie delle organizzazioni ciclistiche. Nel 1958 nell’anno del debutto sulla bici da corsa, vinse il Titolo belga degli allievi e, poi, fu capace fra i dilettanti di incidere in tante gare valloni e fiamminghe al punto di guadagnarsi la selezione per la nella prova su strada delle Olimpiadi di Roma. Chiuse la corsa “a cinque cerchi”, 49°.
Passato professionista nel ’61 in seno alla Solo-Van Steenbergen, si mise al servizio del grande Rik su pista, mentre su strada le sue accelerazioni ed il buon passo, lo portarono sovente al successo. L’annata d’esordio nel grande ciclismo, lo vide primo nove volte e fra questi successi, anche la prima tappa del Giro di Lussemburgo. Nonostante la presenza in Solo di un fenomeno come Jos Wouters, colse altri cinque successi nel 1962. Soprattutto si mostrò utile alla squadra, perché capace di vedere la corsa come pochi. Ed infatti, proprio per questo motivo, fu schierato al Tour de France nel 1963. Concluse la Grande Boucle al 69° posto, mentre nel resto di stagione vinse sei corse, fra le quali una tappa della Quattro Giorni di Dunkerque e il GP St Raphael, a quei tempi gara di buon blasone. Nel 1964 arrivò in Solo Superia Rik Van Looy e per Robert diminuirono gli spazi. Ciononostante, pur in vista con tanto di meriti fra le guardie rosse del “Sire di Herentals”, Lelangue trovò tempi e luoghi per vincere sei corse, fra le quali la Sei Giorni di Montreal, in coppia col lussemburghese Lull Gillen. L’anno seguente “emigrò” ciclisticamente in Svizzera, alla Cynar, ed alle cinque vittorie su strada, aggiunse il Titolo belga del Madison, in coppia con Theo Verschueren. Nel ’66, dopo la chiusura della Cynar, ritornò alla Solo Superia di Rik Van Looy e l’annata fu per Robert densa di piazzamenti, anche di un certo pregio, sia su strada che su pista. Solo tre vittorie però, fra le quali il GP di Antibes. Si rifece nel 1967, la sua migliore stagione, passata in seno alla Romeo-Smith’s. Iniziò vincendo il GP di Alghero, indi la terza tappa del Giro di Sardegna, la classica Sassari Cagliari, il GP Jeff Scherens davanti a tutto il gotha belga, la seconda tappa della Vuelta a Mallorca, il GP des Carrieres, ed il Criterium di Ohain e di Lessen. Considerato in Belgio una sicurezza e divenuto amico di Eddy Merckx, nel ’68 passò alla Faema. Tanto lavoro per il “Cannibale”, ed un solo successo nel GP di Halle. A fine stagione, quando già aveva deciso di passare al più presto sull’ammiraglia, scelse di continuare a correre solo su pista, con le maglie della Goldor. E nel ’69 vinse il Titolo belga dell’Omnium finendo poi 3° in quello dell’Inseguimento.
Dopo il ritiro, lavorò dapprima come diesse aggiunto alla Molteni, indi alla Fiat France, entrambi sodalizi di Merckx. Nel ’79, guidò la Kas squadra ispanico-belga. Poi, nel 1986, entrò nello staff tecnico del Tour de France e vi restò fino al 2005. Suo figlio John, modesto corridore e mai professionista, ha proseguito in un certo senso la carriera del padre fra ammiraglia e scrivania, dapprima alla Phonak, indi alla BMC.

Massimo Santambrogio
[Immagine: 16331834281325Santambrogio,Massimo.jpg]
Nato a Seregno (MI) il 4 febbraio 1960. Passista scalatore, alto m. 1,70 per kg. 64. Professionista dal 1983 al 1984, senza ottenere vittorie.
Come il lontano parente ed assai più famoso Giacinto Santambrogio, Massimo (all’anagrafe Massimo-Mario) trovò nella Salus Seregno una società ideale, tanto per la sua crescita agonistica quanto per l’assorbimento dei valori umani e sociali del ciclismo. Bruciò le tappe: nel 1976 conquistò il Campionato Italiani Allievi e pareva avviato ad un grande futuro. Ma da dilettante non si testimoniò come un vincente, bensì come un piazzato, un tenace, uno che c’era sempre anche se non vinceva mai. Il suo successo di maggior prestigio fu il Trofeo Negrini nel ’79, poi solo piazzamenti nelle gare più aspre. Nel 1983, la Mareno Willier Triestina di Gianluigi Stanga, convinta di poter fare di Massimo un buon gregario, lo fece passare professionista. Ed il debutto di Santambrogio, non fu malaccio: finì 13° il Trofeo Pantalica e chiuse il Giro d’Italia al 48° posto. La squadra divenne nel 1984 Supermercati Brianzoli Willier Triestina e Massimo ripartecipò alla Corsa Rosa, ma stavolta concluse al 104° posto, in marcato calo rispetto all’anno precedente. Anche nel resto di stagione le cose non cambiarono: sempre meno evidenze e sempre più affanno. A fine stagione, Stanga lo lasciò libero e Massimo Santambrogio appese la bici al chiodo.
 
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