05-02-2023, 02:39 PM
Giovanni De Franceschi
Nato a Luvignano di Torreglia (Padova) il 5 febbraio 1941. Passista - ciclocrossista. Professionista dal 1967 al 1974, senza ottenere vittorie su strada.
Un corridore dalla carriera non proprio comune, con valori superiori al raccolto, ma pure con una particolare capacità di crearsi alternative. Già a 20 anni era un dilettante di pregio, in grado di ottenere vittorie di peso nella categoria (vinse, fra le altre, la prima e la terza edizione del Giro del Friuli, da subito gran prova...). I limiti di quei tempi però, fondati su una netta divisione fra "puri" e prof, non aprirono le porte del ciclismo che conta a De Franceschi durante il segmento ideale della maturità atletica, e questo corridore padovano, buono sul passo e non fermo in volato, fu costretto ad aspettare il 1967, a 26 anni compiuti, per giungere al grande salto. Lo fece con la Mainetti, sodalizio a base veneta, che l'anno precedente aveva costruito un team di neoprofessionisti. De Franceschi corse la sua prima stagione da prof senza infamia e senza lode: corse un gran bel Campionato di Zurigo e finì 58° il Giro d'Italia. A fine anno però, la Mainetti abbandonò, ed il padovano s'accasò alla Pepsi Cola, diretta da Gino Bartali. Per Giovanni il '68 fu una buona stagione: finì 3° nella tappa di Marina Romea al Giro d'Italia chiuso poi al 30° posto e 8° nella Milano Vignola. Ancora una volta però, a fine stagione si trovo appiedato, perché la Pepsi lasciò. Nel 1969 s'accasò così alla Eliolona, finendo 40° il Giro d'Italia e 10° il Giro delle Marche, ma per la terza volta consecutiva, a novembre, si trovò nelle condizioni di doversi trovare una squadra. Già, perché anche l'Eliolona chiuse col ciclismo. Deluso, decise così di cambiare orizzonti, dedicandosi al ciclocross, correndo da isolato assistito da sponsor occasionali. Nacque lì il De Franceschi che qualcuno ricorda. Fu infatti per un lustro un riferimento della specialità, finendo due volte ai Mondiali (12° nel 1971 e 23° nel '72), chiudendo secondo i Tricolori nel 1972 e, finalmente, nel 1973, si laureò Campione Italiano. Continuò anche nel 1974, ma ormai il peso degli anni e la necessità di vivere con certezze, lo spinsero ad abbandonare.
Barry Hoban (GBR)
Nato a Wakefield (Gran Bretagna) il 5 febbraio 1940. Passista veloce. Professionista dal 1962 al 1981 con 36 vittorie. Un corridore tenace, cocciuto nel voler raggiungere la meta di una carriera decorosa, ma non dotato di mezzi fisici eccezionali. Intelligente, ha aggiunto alla tenacia, la capacità di far fruttare al massimo quelle che erano le sue facoltà migliori. L'esperienza ha poi fatto il resto e non è un caso, se la sua carriera è stata lunghissima: ha corso infatti fino ai 41 anni, di cui 20 fra i professionisti. Più volte Campio-ne britannico su strada, a cronometro e nell'inseguimento fra i dilettanti, emigrò nel Continente perché solo lì avrebbe potuto realizzarsi come corridore. Era inevitabile che divenisse amico di Tommy Simpson, che ha sempre visto come un riferimento anche se non ha mai militato nelle squadre di club del più celebre e forte connazionale. Fu Barry Hoban colui che, all'indomani della tragica fine di Simpson sul Ventoux, fu lasciato partire da solo, affinché potesse arrivare primo, in lacrime, sul traguardo di Séte. Barry poi, nel 1969 sposò Helen, la vedova di Tommy, dalla quale ebbe una figlia, Daniella, con la quale oggi la coppia vive, in quel di Pows, in Galles. Gli inizi della carriera professionistica di Hoban, furono all'insegna del gregariato, con qualche giornata di libertà che il capitano Raymond Poulidor gli lasciava. Poi pian piano il corridore britannico poté vivere la professione più libero con quella autonomia che gli consentì, appunto, di fregiarsi di un più che discreto ruolino. Nel suo palmares che segue in calce spiccano l'Henninger Turm '66 e la Gand-Wevelgem '74; poi il Gran Premio di Fourmies '71, la Parigi-Bourges '74, la Londra-Bradford '79, il Gran Premio di Manchester '80, due tappe alla Vuelta e otto al Tour.
I suoi successi anno per anno. 1962: GP Auxi-le-Chateau; Criterium di Lens. 1963: GP Solesmes. 1964: 12a e 13a Tappa della Vuelta di Spagna; 3a Tappa Midi Libre. 1966: Gran Premio di Francoforte (Henninger-Turm); Criterium Oostkamp. 1967: 14a Tappa del Tour de France, GP Chateau-Chinon; Criterium di Callac. 1968: 19a Tappa del Tour de France. 1969: 18a e 19a Tappa del Tour de France; 1a Tappa Quattro Giorni di Dunkerque; Criterium di Cleethorpes. 1970: Grand Prix de Vaux; Manx Trophy; 3a Tappa della Quattro Giorni di Dunkerque; GP Woodstock. 1971: GP Fourmies; 5a Tappa della Quattro Giorni di Dunkerque. 1973: 11a e 19a Tappa del Tour de France. 1974: Gand-Wevelgem; Parigi-Bourges; 13a Tappa del Tour de France; 1a e 3a Tappa del Midi-Libre; 2a Tappa del Tour de Indre-et-Loire; 3aTappa del Tour de l'Aude, Criterium di Meaux. 1975: 8a Tappa del Tour de France. 1978: 5a Tappa della Quattro Giorni di Dunkerque. 1979: London-Bradford. 1980: Grand Prix di Manchester.
Giovanni Mantovani
Nato a Gudo Visconti (MI) il 5 febbraio 1955. Velocista. Alto m. 1,70 per kg. 64/65. Professionista dal 1977 al 1988, complessivamente ha ottenuto 24 vittorie.
Fisico compatto, regolare ed adatto a tante variabili del ciclismo d'allora, un po' meno per i trasformisti odierni dello spesso falso progresso che, in nome di bianchi camici, hanno progressivamente arato la bussola del ciclismo. E Giovanni, alle eccellenti fibre bianche, univa un peso moderato e quelle buone fibre rosse, che gli consentivano il raggiungimento di traguardi non proprio vicini all'uso classico del suo guizzo velocistico. La sua stessa pedalata, era un insieme armonioso di stile, che gli garantiva piena trasmissione sul mezzo delle sue qualità. Definirlo solo velocista, alla luce della determinazione che si ha nell'oggi di questa variabile, rappresenta un urto, ma è certo che in volata era forte e riusciva a sublimare, con un buon insieme, sia lo scatto, che la progressione. Il fatto poi che non ci fosse, ai suoi tempi, l'uso sistematico dei treni, lo favoriva. Ma non divenne mai un velocista epocale, per la caratura degli avversari l'essere stato di taluni una spalla e, soprattutto, per le sfortune, incredibili, che lo coinvolsero al punto di tenerlo lontano dalle corse per tanto tempo, imponendogli recuperi che lo frenarono nella crescita e gli smussarono le sue punte qualitative. Ciononostante, seppe impreziosire la sua carriera di belle pagine e significative vittorie. Riuscì, tra l'altro, a far convivere la strada con quella pista che l'aveva evidenziato fin dalle categorie giovanili, anche se, su questo versante, pagò non poco la caduta di settore che stava elevandosi in Italia nei suoi anni migliori. Dopo una buona carriera da dilettante, vinse al debutto professionistico il Titolo italiano nella corsa a punti indoor, battendo il giovane, ma già validissimo Giuseppe Saronni, nonché la tappa di Molfetta al Giro di Puglia. Dopo un simile lancio che lo aveva posto sulle bocche dell'osservatorio come emergente destinato a grandi pagine, nel gennaio del 1978 subì uno stop, che, a detta degli stessi medici, gli avrebbe precluso la continuazione della carriera ciclistica. La causa: un incidente sulla neve, dove s'era trovato nella necessità di salvare il nipotino, da un cavallo imbizzarrito, che gli procurò tre fratture alla gamba sinistra, due al femore e una al ginocchio. Dopo otto mesi senza toccare la bici, con un grosso ferro sul femore sinistro, provò quello che per gli altri era impossibile e, sulla spinta ulteriore di riprendere carriera anche per sposarsi, fu capace di tornare a correre. Il due aprile del 1979, circa 15 mesi dopo quell'incidente che gli aveva lasciato una gamba più corta e più magra, tornò alla vittoria aggiudicandosi la Tolosa - Aranaz, prima tappa del Giro dei Paesi Baschi. Il resto della stagione fu all'insegna di un recupero agonistico, a cui non fece probabilmente bene, la partecipazione al Tour de France, dove si ritirò nel corso della quindicesima tappa. Un periodo comunque importante, perché pur capendo di non avere più lo spunto velocistico di prima, grazie alla determinazione per ritrovarsi, si ritrovò con una soglia della sofferenza più alta, che gli consentiva una miglior tenuta su quelle salite che prima lo vedevano arrancare. Era diventato un corridore diverso, sempre veloce, ma adatto anche a corse tecnicamente più complicate. L'arrivo alla Hoonved Bottecchia nel 1980, guidata dall'istrione Dino Zandegù, fu l'ideale per Giovanni. E lo dimostrò nel migliore dei modi al Giro d'Italia, dove fu autore di uno stupendo ambo di vittorie, nella nona e decima tappa, a Sorrento e Palinuro. Nella prima, al termine di una volata a ranghi compatti e, nella seconda, che presentava un finale da classica, attraverso uno sprint su tre compagni di fuga. Fu un Giro dove Mantovani, ai due successi, accostò altrettanti secondi posti, nonché 3 terzi posti. Chiuse poi l'anno, con un significativo Argento, ai Mondiali su pista nella corsa a punti. Alla fine di quel 1980, nonostante Pierino Gavazzi lo giudicasse il miglior sprinter in circolazione, si capì che Giovanni era destinato ad un futuro deviato dal velocista "solo-volatone". Nei rimanenti otto anni, dei dodici della sua carriera, vinse classiche come il Giro del Veneto '81, la Milano-Vignola '82, il Giro dell'Etna '83, la Tre Valli Varesine '85 e la Nizza-Alassio '86; una corsa a tappe, il Giro di Puglia nell'84, una manifestazione a cui era particolarmente legato, visto che in cinque edizioni, oltre al successo assoluto citato, vinse anche sei frazioni. Al suo attivo pure tappe del Giro del Trentino '81 (Mezzocorona e Rovereto), nel Tour dei Midi Pirenées '82 (a Tarbes e Tolosa), nel Griffin West-Australia '86 (corsa di due settimane e mezzo, dove vinse la 3a e la 12a frazione). Sempre nella terra dei canguri, conquistò nel 1986 il Campionato Internazionale d'Australia, che si teneva a Perth. E' stato azzurro ai Mondiali di Giavera del Montello nel 1985, dove si ritirò.
Walter Ricci (Fra)
Nato a Pesaro il 5 febbraio 1946. Naturalizzato francese il 26 aprile 1957. Passista su strada e ciclocrossista. Professionista dal 1968 al 1972 e nel 1977 con 5 vittorie.
La sua famiglia emigrò in Francia, nella regione dell’Ile de France, quando Walter non aveva ancora tre anni. La passione verso il ciclismo si concretizzò presto, quando già il piccolo Ricci aveva concluso le scuole primarie e stava pensando al lavoro di muratore come il padre. L’avvenuta naturalizzazione favorì il suo inserimento nel Pedale Conflanaise, dove comunque l’attività sulla bicicletta era ludica e propedeutica. L’attività agonistica vera e proprio fra gli allievi, lo vide nello strano ruolo di lavoratore nell’edilizia e di giovincello che, al pari degli altri, sperava di diventare qualcuno sulla bicicletta. Prima all'US Creteil, poi al Bleus de France di Suresnes, si determinò buon elemento, completo e vincente, abbastanza per ricevere l’attenzione generale del mondo dilettantistico. Nel 1967, al 2° posto nella Parigi Ezy, accostò il 3° nella Parigi Roubaix cadetta e vi aggiunse un gran bel comportamento alla Route de France. Il CT della nazionale Robert Oubron, lo selezionò per il Tour de l'Avenir e qui Walter fu una puntuale pedina di squadra, accanto ai leader Cyrille Guimard e Christian Robini. Quest'ultimo, vinse il Tour (poi diventò una delle più grosse delusioni francesi degli anni sessanta), Cyrille, conquistò la Classifica a punti e la squadra francese vinse la classifica delle équipe. Si aprirono così per Ricci le porte del professionismo, che avvenne nel 1968 nella squadra Mercier-BP-Hutchinson, guidata da Antonin Magne con Raymond Poulidor come capitano indiscusso. Diversi malanni frenarono la prima stagione nell’élite di Walter, che si rifece in parte l’anno seguente, quando vinse il GP du Meymac e si guadagnò la selezione per i Mondiali di ciclocross, specialità che gli piacque subito. Nella rassegna iridata di Magstadt chiuse 11°. Nel 1970 passò alla Sonolor-Lejeune dove avrebbe avuto più libertà. Vinse una corsa a tappe di gran prestigio per quei tempi, come il GP du Midi-Libre, partecipò al suo primo Tour de France che chiuse 51° e vinse l’internazionale di ciclocross Conflans-Sainte-Honorine. Nella specialità di prati e fango, finì 2° nei campionati francesi ed ai Mondiali di Zolder, chiuse 17°. Nel 1971 conquistò un’altra bella vittoria su strada, come la Parigi-Bourges, mentre nel cross chiuse la corsa iridata ancora 17°. L’anno seguente saltò la stagione del cross e chiuse il Tour de France al 27° posto, dopo aver tanto lavorato per il capitano Lucien Van Impe. A fine anno, non vedendo rinnovato il suo contratto con la Sonolor-Lejeune, Ricci decise di tornare dilettante, categoria che in Francia, nella versione “horse”, alla quale poteva appartenere, consentiva qualche gara coi professionisti. Ed infatti, a mo’ di colpo di coda, vinse nel 1977, fra i prof, la Ronde de l'Oise. Nel 1978 lasciò l’agonismo e divenne direttore sportivo nel mondo ciclistico giovanile.
Maurizio Ricci detto Morris
Nato a Luvignano di Torreglia (Padova) il 5 febbraio 1941. Passista - ciclocrossista. Professionista dal 1967 al 1974, senza ottenere vittorie su strada.
Un corridore dalla carriera non proprio comune, con valori superiori al raccolto, ma pure con una particolare capacità di crearsi alternative. Già a 20 anni era un dilettante di pregio, in grado di ottenere vittorie di peso nella categoria (vinse, fra le altre, la prima e la terza edizione del Giro del Friuli, da subito gran prova...). I limiti di quei tempi però, fondati su una netta divisione fra "puri" e prof, non aprirono le porte del ciclismo che conta a De Franceschi durante il segmento ideale della maturità atletica, e questo corridore padovano, buono sul passo e non fermo in volato, fu costretto ad aspettare il 1967, a 26 anni compiuti, per giungere al grande salto. Lo fece con la Mainetti, sodalizio a base veneta, che l'anno precedente aveva costruito un team di neoprofessionisti. De Franceschi corse la sua prima stagione da prof senza infamia e senza lode: corse un gran bel Campionato di Zurigo e finì 58° il Giro d'Italia. A fine anno però, la Mainetti abbandonò, ed il padovano s'accasò alla Pepsi Cola, diretta da Gino Bartali. Per Giovanni il '68 fu una buona stagione: finì 3° nella tappa di Marina Romea al Giro d'Italia chiuso poi al 30° posto e 8° nella Milano Vignola. Ancora una volta però, a fine stagione si trovo appiedato, perché la Pepsi lasciò. Nel 1969 s'accasò così alla Eliolona, finendo 40° il Giro d'Italia e 10° il Giro delle Marche, ma per la terza volta consecutiva, a novembre, si trovò nelle condizioni di doversi trovare una squadra. Già, perché anche l'Eliolona chiuse col ciclismo. Deluso, decise così di cambiare orizzonti, dedicandosi al ciclocross, correndo da isolato assistito da sponsor occasionali. Nacque lì il De Franceschi che qualcuno ricorda. Fu infatti per un lustro un riferimento della specialità, finendo due volte ai Mondiali (12° nel 1971 e 23° nel '72), chiudendo secondo i Tricolori nel 1972 e, finalmente, nel 1973, si laureò Campione Italiano. Continuò anche nel 1974, ma ormai il peso degli anni e la necessità di vivere con certezze, lo spinsero ad abbandonare.
Barry Hoban (GBR)
Nato a Wakefield (Gran Bretagna) il 5 febbraio 1940. Passista veloce. Professionista dal 1962 al 1981 con 36 vittorie. Un corridore tenace, cocciuto nel voler raggiungere la meta di una carriera decorosa, ma non dotato di mezzi fisici eccezionali. Intelligente, ha aggiunto alla tenacia, la capacità di far fruttare al massimo quelle che erano le sue facoltà migliori. L'esperienza ha poi fatto il resto e non è un caso, se la sua carriera è stata lunghissima: ha corso infatti fino ai 41 anni, di cui 20 fra i professionisti. Più volte Campio-ne britannico su strada, a cronometro e nell'inseguimento fra i dilettanti, emigrò nel Continente perché solo lì avrebbe potuto realizzarsi come corridore. Era inevitabile che divenisse amico di Tommy Simpson, che ha sempre visto come un riferimento anche se non ha mai militato nelle squadre di club del più celebre e forte connazionale. Fu Barry Hoban colui che, all'indomani della tragica fine di Simpson sul Ventoux, fu lasciato partire da solo, affinché potesse arrivare primo, in lacrime, sul traguardo di Séte. Barry poi, nel 1969 sposò Helen, la vedova di Tommy, dalla quale ebbe una figlia, Daniella, con la quale oggi la coppia vive, in quel di Pows, in Galles. Gli inizi della carriera professionistica di Hoban, furono all'insegna del gregariato, con qualche giornata di libertà che il capitano Raymond Poulidor gli lasciava. Poi pian piano il corridore britannico poté vivere la professione più libero con quella autonomia che gli consentì, appunto, di fregiarsi di un più che discreto ruolino. Nel suo palmares che segue in calce spiccano l'Henninger Turm '66 e la Gand-Wevelgem '74; poi il Gran Premio di Fourmies '71, la Parigi-Bourges '74, la Londra-Bradford '79, il Gran Premio di Manchester '80, due tappe alla Vuelta e otto al Tour.
I suoi successi anno per anno. 1962: GP Auxi-le-Chateau; Criterium di Lens. 1963: GP Solesmes. 1964: 12a e 13a Tappa della Vuelta di Spagna; 3a Tappa Midi Libre. 1966: Gran Premio di Francoforte (Henninger-Turm); Criterium Oostkamp. 1967: 14a Tappa del Tour de France, GP Chateau-Chinon; Criterium di Callac. 1968: 19a Tappa del Tour de France. 1969: 18a e 19a Tappa del Tour de France; 1a Tappa Quattro Giorni di Dunkerque; Criterium di Cleethorpes. 1970: Grand Prix de Vaux; Manx Trophy; 3a Tappa della Quattro Giorni di Dunkerque; GP Woodstock. 1971: GP Fourmies; 5a Tappa della Quattro Giorni di Dunkerque. 1973: 11a e 19a Tappa del Tour de France. 1974: Gand-Wevelgem; Parigi-Bourges; 13a Tappa del Tour de France; 1a e 3a Tappa del Midi-Libre; 2a Tappa del Tour de Indre-et-Loire; 3aTappa del Tour de l'Aude, Criterium di Meaux. 1975: 8a Tappa del Tour de France. 1978: 5a Tappa della Quattro Giorni di Dunkerque. 1979: London-Bradford. 1980: Grand Prix di Manchester.
Giovanni Mantovani
Nato a Gudo Visconti (MI) il 5 febbraio 1955. Velocista. Alto m. 1,70 per kg. 64/65. Professionista dal 1977 al 1988, complessivamente ha ottenuto 24 vittorie.
Fisico compatto, regolare ed adatto a tante variabili del ciclismo d'allora, un po' meno per i trasformisti odierni dello spesso falso progresso che, in nome di bianchi camici, hanno progressivamente arato la bussola del ciclismo. E Giovanni, alle eccellenti fibre bianche, univa un peso moderato e quelle buone fibre rosse, che gli consentivano il raggiungimento di traguardi non proprio vicini all'uso classico del suo guizzo velocistico. La sua stessa pedalata, era un insieme armonioso di stile, che gli garantiva piena trasmissione sul mezzo delle sue qualità. Definirlo solo velocista, alla luce della determinazione che si ha nell'oggi di questa variabile, rappresenta un urto, ma è certo che in volata era forte e riusciva a sublimare, con un buon insieme, sia lo scatto, che la progressione. Il fatto poi che non ci fosse, ai suoi tempi, l'uso sistematico dei treni, lo favoriva. Ma non divenne mai un velocista epocale, per la caratura degli avversari l'essere stato di taluni una spalla e, soprattutto, per le sfortune, incredibili, che lo coinvolsero al punto di tenerlo lontano dalle corse per tanto tempo, imponendogli recuperi che lo frenarono nella crescita e gli smussarono le sue punte qualitative. Ciononostante, seppe impreziosire la sua carriera di belle pagine e significative vittorie. Riuscì, tra l'altro, a far convivere la strada con quella pista che l'aveva evidenziato fin dalle categorie giovanili, anche se, su questo versante, pagò non poco la caduta di settore che stava elevandosi in Italia nei suoi anni migliori. Dopo una buona carriera da dilettante, vinse al debutto professionistico il Titolo italiano nella corsa a punti indoor, battendo il giovane, ma già validissimo Giuseppe Saronni, nonché la tappa di Molfetta al Giro di Puglia. Dopo un simile lancio che lo aveva posto sulle bocche dell'osservatorio come emergente destinato a grandi pagine, nel gennaio del 1978 subì uno stop, che, a detta degli stessi medici, gli avrebbe precluso la continuazione della carriera ciclistica. La causa: un incidente sulla neve, dove s'era trovato nella necessità di salvare il nipotino, da un cavallo imbizzarrito, che gli procurò tre fratture alla gamba sinistra, due al femore e una al ginocchio. Dopo otto mesi senza toccare la bici, con un grosso ferro sul femore sinistro, provò quello che per gli altri era impossibile e, sulla spinta ulteriore di riprendere carriera anche per sposarsi, fu capace di tornare a correre. Il due aprile del 1979, circa 15 mesi dopo quell'incidente che gli aveva lasciato una gamba più corta e più magra, tornò alla vittoria aggiudicandosi la Tolosa - Aranaz, prima tappa del Giro dei Paesi Baschi. Il resto della stagione fu all'insegna di un recupero agonistico, a cui non fece probabilmente bene, la partecipazione al Tour de France, dove si ritirò nel corso della quindicesima tappa. Un periodo comunque importante, perché pur capendo di non avere più lo spunto velocistico di prima, grazie alla determinazione per ritrovarsi, si ritrovò con una soglia della sofferenza più alta, che gli consentiva una miglior tenuta su quelle salite che prima lo vedevano arrancare. Era diventato un corridore diverso, sempre veloce, ma adatto anche a corse tecnicamente più complicate. L'arrivo alla Hoonved Bottecchia nel 1980, guidata dall'istrione Dino Zandegù, fu l'ideale per Giovanni. E lo dimostrò nel migliore dei modi al Giro d'Italia, dove fu autore di uno stupendo ambo di vittorie, nella nona e decima tappa, a Sorrento e Palinuro. Nella prima, al termine di una volata a ranghi compatti e, nella seconda, che presentava un finale da classica, attraverso uno sprint su tre compagni di fuga. Fu un Giro dove Mantovani, ai due successi, accostò altrettanti secondi posti, nonché 3 terzi posti. Chiuse poi l'anno, con un significativo Argento, ai Mondiali su pista nella corsa a punti. Alla fine di quel 1980, nonostante Pierino Gavazzi lo giudicasse il miglior sprinter in circolazione, si capì che Giovanni era destinato ad un futuro deviato dal velocista "solo-volatone". Nei rimanenti otto anni, dei dodici della sua carriera, vinse classiche come il Giro del Veneto '81, la Milano-Vignola '82, il Giro dell'Etna '83, la Tre Valli Varesine '85 e la Nizza-Alassio '86; una corsa a tappe, il Giro di Puglia nell'84, una manifestazione a cui era particolarmente legato, visto che in cinque edizioni, oltre al successo assoluto citato, vinse anche sei frazioni. Al suo attivo pure tappe del Giro del Trentino '81 (Mezzocorona e Rovereto), nel Tour dei Midi Pirenées '82 (a Tarbes e Tolosa), nel Griffin West-Australia '86 (corsa di due settimane e mezzo, dove vinse la 3a e la 12a frazione). Sempre nella terra dei canguri, conquistò nel 1986 il Campionato Internazionale d'Australia, che si teneva a Perth. E' stato azzurro ai Mondiali di Giavera del Montello nel 1985, dove si ritirò.
Walter Ricci (Fra)
Nato a Pesaro il 5 febbraio 1946. Naturalizzato francese il 26 aprile 1957. Passista su strada e ciclocrossista. Professionista dal 1968 al 1972 e nel 1977 con 5 vittorie.
La sua famiglia emigrò in Francia, nella regione dell’Ile de France, quando Walter non aveva ancora tre anni. La passione verso il ciclismo si concretizzò presto, quando già il piccolo Ricci aveva concluso le scuole primarie e stava pensando al lavoro di muratore come il padre. L’avvenuta naturalizzazione favorì il suo inserimento nel Pedale Conflanaise, dove comunque l’attività sulla bicicletta era ludica e propedeutica. L’attività agonistica vera e proprio fra gli allievi, lo vide nello strano ruolo di lavoratore nell’edilizia e di giovincello che, al pari degli altri, sperava di diventare qualcuno sulla bicicletta. Prima all'US Creteil, poi al Bleus de France di Suresnes, si determinò buon elemento, completo e vincente, abbastanza per ricevere l’attenzione generale del mondo dilettantistico. Nel 1967, al 2° posto nella Parigi Ezy, accostò il 3° nella Parigi Roubaix cadetta e vi aggiunse un gran bel comportamento alla Route de France. Il CT della nazionale Robert Oubron, lo selezionò per il Tour de l'Avenir e qui Walter fu una puntuale pedina di squadra, accanto ai leader Cyrille Guimard e Christian Robini. Quest'ultimo, vinse il Tour (poi diventò una delle più grosse delusioni francesi degli anni sessanta), Cyrille, conquistò la Classifica a punti e la squadra francese vinse la classifica delle équipe. Si aprirono così per Ricci le porte del professionismo, che avvenne nel 1968 nella squadra Mercier-BP-Hutchinson, guidata da Antonin Magne con Raymond Poulidor come capitano indiscusso. Diversi malanni frenarono la prima stagione nell’élite di Walter, che si rifece in parte l’anno seguente, quando vinse il GP du Meymac e si guadagnò la selezione per i Mondiali di ciclocross, specialità che gli piacque subito. Nella rassegna iridata di Magstadt chiuse 11°. Nel 1970 passò alla Sonolor-Lejeune dove avrebbe avuto più libertà. Vinse una corsa a tappe di gran prestigio per quei tempi, come il GP du Midi-Libre, partecipò al suo primo Tour de France che chiuse 51° e vinse l’internazionale di ciclocross Conflans-Sainte-Honorine. Nella specialità di prati e fango, finì 2° nei campionati francesi ed ai Mondiali di Zolder, chiuse 17°. Nel 1971 conquistò un’altra bella vittoria su strada, come la Parigi-Bourges, mentre nel cross chiuse la corsa iridata ancora 17°. L’anno seguente saltò la stagione del cross e chiuse il Tour de France al 27° posto, dopo aver tanto lavorato per il capitano Lucien Van Impe. A fine anno, non vedendo rinnovato il suo contratto con la Sonolor-Lejeune, Ricci decise di tornare dilettante, categoria che in Francia, nella versione “horse”, alla quale poteva appartenere, consentiva qualche gara coi professionisti. Ed infatti, a mo’ di colpo di coda, vinse nel 1977, fra i prof, la Ronde de l'Oise. Nel 1978 lasciò l’agonismo e divenne direttore sportivo nel mondo ciclistico giovanile.
Maurizio Ricci detto Morris