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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 6 marzo
#1
Felix Adriano (Fra)
[Immagine: 16366566451325Adriano,Felix.jpg]
Nato a Monforte D'Alba (CN) il 6 marzo 1920, deceduto a Quebec (Canada) il 28 marzo 2014. Passista scalatore. Professionista dal 1944 al 1952, con 7 vittorie.
Questo emigrante, che dalle Langhe si trasferì in Francia, con la famiglia, quando era ancora adolescente, fu naturalizzato francese il 7 ottobre 1947. Ed a ben vedere, per quello che conta, la parte vittoriosa e più tangibile della sua carriera, si consumò sotto la nazionalità italiana. Con la struttura tipica degli scalatori ma con una predisposizione per le salite non troppo lunghe riuscì a crearsi un nome nella regione dell'Occitania divenendo indipendente nel 1944. In quell'anno si segnalò per il 2° posto nel Gran Premio Ouverture a Tolosa. L'anno seguientye vinse una tappa del Giro dell'Indre e si classificò terzo nella Classifica finale. Nel 1946 vinse il duro Criterium di Alès e finì 3° nel GP d'Armagnac. L'esplosione nel 1947, dove in maglia Liberia, andò a correre la Vuelta di Spagna, ricavandone un successo strepitoso. Vinse 4 tappe: a Pamplona, Bilbao, Santander e Orense, fu 2° a Reinosa, 3° a Tarragona e chiuse la Vuelta all'8° posto. In Francia fece suo il Criterium di Boussac.e fu 2° nel difficile Circuito dei Pirenei. In parte appagato, diradò l'attività agonistica pur continuando a correre fino al 1952. In quell'ultimo lasso, il suo miglior piazzamento fu il 3° posto nella Bordeaux - Saintes del 1949. Terminata l'attività, poco oltre un lustro dopo, emigrò in Canada e, pur non acquisendo mai la nazionalità canadese, visse nel Quebec fino alla morte, avvenuta nel 2014, alla bella età di 94 anni.

Romain De Loof (Bel)
[Immagine: DE_LOOF_Romain_dd_4.jpg]
Nato a Ecklo il 6 marzo 1941. Pistard e passista-stradista. Alto 1,80 per 75 kg. Professionista dal 1964 al 1975 con 3 vittorie su strada ed un centinaio su pista, fra le quali 13 di importanza mondiale.
Un corridore di valore ben superiore al conosciuto medio, che arrivò al ciclismo per la delusione di non poter fare il calciatore a certi livelli. Già, perché Romain era un bravo centrocampista, ma non aveva classe sufficiente per arrivare in alto. Si sobbarcò così allenamenti supplettivi a quelli di squadra per diventare migliore. Mentre sulla bici, fra i tanti che l’avevano scelta come sport agonistico, lui era tra i migliori e lo faceva dopo la fatica degli allenamenti calcistici diretti e personali. Così sulla spinta di famiglia ed amici, si convinse a cambiare disciplina e qui scelse come teatro base il ciclismo su pista, dove eccelleva in tutto, a parte la velocità, dove sapeva di essere inferiore a quel Patrick Sercu, che era un autentico fenomeno. I due ben presto divennero amici ed iniziarono a fare razzia di Titoli. Romain nel 1961 vinse il Titolo belga nell’Inseguimento, ovviamente fra i dilettanti. L’anno seguente divenne un dominatore in patria, ed una star internazionale, vincendo i Titoli nazionali nell’Inseguimento, nella Madison in coppia con Frans Melckenbeeck e nel Mezzofondo, dove si vide subito che era un fenomeno, anche se di tutte le specialità praticate, paradossalmente, era quella che gli piaceva di meno. Fatto sta che ai Mondiali al Vigorelli di Milano vinse a mani basse proprio fra gli stayer. Invitato alle riunioni mondiali delle gare dietro motori, sovente batteva i professionisti. Nel 1963, sempre fra i dilettanti, Romain De Loof si confermò big, vincendo i Titoli belgi della Madison in coppia con l’amico Sercu, della gara dietro Derny e del Mezzofondo. Finì secondo dietro Sercu nell’Omnium, ma i due ebbero un bel daffare per battere un diciottenne che correva da nemmeno due anni, Eddy Merckx. Ai Mondiali di Rocourt, De Loof si riconfermò iridato fra gli stayer.
Nel 1964, quando ebbe certezza di non poter gareggiare alle Olimpiadi, passò professionista con la Flandria. Gareggiò pochissimo, perché voleva provare a trovare una alternativa al mezzofondo. Su strada vinse il Gp Wettingen, mentre su pista, nell’inseguimento, ai Nazionali finì 2° dietro Scrayen, dopo aver battuto il grande Ferdinand Bracke in semifinale. Nel 1965, uscì dal guscio dell’incertezza su cosa puntare e si cimentò un po’ dappertutto, senza particolari mete. Vinse la Seigiorni di Madrid in coppia con Rik Van Steenbergen, finì 2° in quella di Montreal con Oldenburg e, totalmente impreparato, chiuse 3° il Campionato invernale del Belgio fra gli stayer, mentre finì 2° in quello estivo. Ai Mondiali di Donostia però, “costretto” a gareggiare nel mezzofondo, diede filo da torcere fino in fondo al leggendario Guillermo Timoner. Tornato in Belgio vinse su strada il Gp Koksijde.
L’anno seguente si dedicò sufficientemente alle gare dietri motori, ed il risultato si vide: sul velodromo di Francoforte, dove si laureò Campione del Mondo. Poteva essere l’inizio di un ciclo, ma la specialità non piaceva a Romain, che destinò il suo talento altrove, trattando con molta sufficienza la prova che gli aveva consegnato l’iride.
Nel 1967 e ’68 corse ovunque per monetizzare aggiungendo al suo ruolino solo piazzamenti sul podio nelle principali rassegne. Tornò a ruggire nel ’69, quando vinse le Seigiorni di Amsterdam e di Rotterdam sempre in coppia con Post, mentre su strada vinse il Gp di Aarhus in Danimarca. Nel 1970, si dedicò alle Seigiorni e, pur giungendo sul podio in diverse, non ne vinse nessuna e quando stavano per arrivare i 30 anni, sulla spinta di qualche malanno, appese la bicicletta al chiodo. Oltre due anni dopo, nel ’73, stupì tanti presentandosi al Campionato belga di Mezzofondo, dove impegnò allo spasimo il nuovo astro della specialità, Theo Verschueren. E nel 1974 gareggiò su strada, dopo aver colto a febbraio il 3° posto agli Europei Stayer. Poi, stuzzicato da tanti circa la sua impossibilità a battere nel mezzofondo il Verschueren, si presentò agli inizi di giugno ad Ostende, ai Campionati del Belgio su pista. Gareggiò solo dietro motori e per far capire a tutti che se voleva era ancora competitivo in quella specialità, annichilì ogni avversario, Verschueren compreso. Ritornò a correre su strada, ed agli inizi del ’75, abbandonò l’attività. Divenne poi pacers, sia di derny che di grosse moto da stayer.  

Gerrie Knetemann (Hol)
[Immagine: 1310975999scannen0008.jpg]
Nacque ad Amsterdam il 6 marzo 1951, ed è deceduto a Bergen il 2 novembre 2004. E' stato professionista dal 1974 al 1989, ed ha ottenuto 140 vittorie fra strada, pista e dietro derny.
Quando si giudica questo corridore, è necessario prendere le distanze da quei sempre troppi italiani che, nel comun denominatore che contraddistingue la poca sportività che grava sulla penisola italica, ricordano questo ciclista, per aver beffato Moser nel Campionato Mondiale del 1978. In realtà, Gerrie, non beffò Moser, ma lo batté, perché pur non essendo un fuoriclasse, era un signor corridore, anzi un campione. Se poi guardiamo il ruolino di Knetemann in quell'anno, scopriamo che prima di vincere sul circuito iridato del Nurburgring, aveva colto una ventina di successi, fra i quali, la classifica finale e tre tappe della Parigi Nizza, due tappe al Tour de France e il GP Cerami che, a quei tempi, era una corsa di valore ed indicativa. Moser sottostimò Gerrie? Può essere, ma perdere con lui in una volata due ci stava e, nelle giornate di pioggia, come avvenne in quel giorno iridato, ancor più. E poi, suvvia, è sempre colpevole sottovalutare un atleta che si presenta allo start, forte di un palmares robusto e con delle doti notevoli, come del resto urlavano, fra le cinquanta prima del Nurburgring, la sua vittoria da campione all'Amstel Gold Race '74, o quella, comunque di spessore, nell'Henninger Turm '77.
Dunque, se il Titolo Mondiale, resta la perla della carriera di Knetemann, ci sono altre importanti acuti, pronti a dimostrare quanto questo atleta fosse dotato di qualità di pregio. Era forte sul passo, con una potenza di nota a cui aggiungeva uno spunto di velocità, non da sprinter, ma molto efficace. Specialista nei cronoprologhi (potremmo dire un mattatore) e nelle cronometro fino ai venti chilometri, passava indenne le salite delle classiche, i problemi sorgevano in quelle lunghe da GT, ma Gerrie non è mai stato velleitario al punto di pensare di poter emergere nelle grandi corse a tappe. Su quelle corte, fino ad una settimana di gara, era un vincente nato, basta vedere quante ne ha vinte. Nel suo palmares infatti troviamo: il Giro di Olanda '76, '80, '81 e '86, il Giro del Belgio '80, il Giro dell'Andalusia '76, la Quattro Giorni di Dunkerque '77, il Giro del Mediterraneo '78, '80, '83, la Parigi-Nizza '78, la Tre Giorni di La Panne '82. Notevole pure il suo ruolino in termini di vittorie di tappa. Per citare solo le più importanti: 10 al Tour de France, 8 alla Parigi Nizza, 6 al Giro della Svizzera, 5 nel Giro di Olanda. A fine marzo del 1983, dopo un inizio di stagione scoppiettante, fu vittima di una gravissima caduta nell'Attraverso il Belgio, che lo immobilizzò a lungo, facendogli perdere tutto il resto dell'anno. Le conseguenze, così gravi, avevano spinto molti a darlo per finito. Invece, non solo seppe ritornare, ma pure a vincere con copiosità. La seconda vittoria nell'Amstel Gold Race, nel 1985, è da considerarsi la perla del suo ultimo segmento di carriera. Chiuse agli inizi del 1989. Dopo aver messo il punto all'attività agonistica, Knetemann diventò, dal 1991, il tecnico della squadra olandese di ciclismo. Il 2 novembre 2004 mentre stava facendo una passeggiata con tre amici in mountain-bike a Bergen (nel nord-ovest di Olanda), accusò un malore ed è morto poco dopo il ricovero in ospedale. Ha lasciato la moglie ex ciclista e tre figli, un maschio e due femmine, una delle quali, Roxane, è attualmente una buona ciclista professionista.

Bruno Wojtinek (Fra)
[Immagine: 16432862511325Wojtinek,Bruno.jpg]
Nato a Valenciennes il 6 marzo 1963. Completo. Professionista dal 1984 al 1989 con 24 vittorie.
Aveva tutto per lasciare una impronta indimenticabile e, come tutti i più grandi talenti dello sport, non era un programmatore, ma un istintivo. Un "bad boys", come qualcuno definisce quelli così, uno che voleva pure vivere, un "cavallo pazzo", come altri sono soliti dire. Nel suo palmares 13 frazioni di corse a tappe di una settimana, e vittorie finali in alcune delle stesse, precisamente: Tour d'Armorique '85, Tour de l'Oise '86, Tour Midi-Pyrénees '87, Giro del Mediterraneo '88. Ha vinto anche il GP Ville de Rennes e il GP di Denain nell'86 e '87. Si infortunò una prima volta nel 1986, perdendo una fetta di stagione; poi, a 25 anni, nel 1988, in una caduta si ruppe un ginocchio, e fu costretto a chiudere di fatto lì, la sua carriera. Ma quel giovane, che guardava in faccia gli avversari, mostrando il suo volto pulito come fosse una sfida alla loro fatica, era semplicemente la gioia di chi ama questo sport. Alla Parigi Roubaix del 1985, ad appena 22 anni, era già il più forte di quella terribile prova, quel giorno corsa fra scrosci e fango di autentica tregenda.
Il suo mentore, Cyrille Guimard, sapeva bene che lui era il più forte del lotto e lo "usò" dal primo all'ultimo km per prendersi rivincite (con Hinault e Lemond in particolare) e concretizzare il copione che s'era dato. Cyrille, non potendo contare sull'infortunato Fignon, s'affidò al fuoriclasse ragazzino Wojtinek e a Marc Madiot, un atleta adatto alla sofferenza di una "Roubaix". E così spese subito chi sapeva pieno di riserve: proprio il giovane di Valenciennes. A lui toccò il peso della selezione, in particolare dopo la foratura di Moser e sulle spalle di Bruno, che pedalava come un navigato sul pavé, con la compostezza dei grandi ed in possesso della velocità letale negli sprint dopo oltre 250 chilometri di fatiche immani, spettò pure il compito di far fuori 2 pericolosi avversari olandesi, come Van Der Poel, ruota veloce e temibile, e il finisseur Kuiper. A quel punto, davanti erano rimasti 7 uomini: le 2 punte di Cyrille, l'irlandese Kelly, l'americano Lemond, ed i belgi Dhaenens, Eddy Planckaert e Lieckens. Guimard, a 15 km dal velodromo di Roubaix, nel penultimo tratto di pavé, lanciò Marc Madiot, sapendo che nel caso il suo tentativo fosse stato rintuzzato, gli restava la carta dello sprint del pimpante Wojtinek. Tutto andò secondo i suoi voleri e quando la vittoria di Madiot fu sicura, a 2 km dal traguardo, l'ammiraglio liberò Bruno. Fu come aprire la gabbia ad una pantera. Per Kelly, Lemond e gli altri, non rimase che la volata per il terzo posto. Un numero da fuoriclasse autentico. Oggi Wojtinek, vive a Lille e gestisce un negozio d'abbigliamento. Si vede ancora a qualche gara. Pedala per diletto, anche se ogni tanto partecipa a dei raduni. Vederlo sulla bici è sempre una ventata di freschezza agli occhi e sapere che per colpa di una rotula frantumata, è rimasto nel limbo dell'indelebile storia del pedale, fa male al cuore.

Maurizio Ricci detto Morris
 
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