Login Registrati Connettiti via Facebook



Non sei registrato o connesso al forum.
Effettua la registrazione gratuita o il login per poter sfruttare tutte le funzionalità del forum e rimuovere ogni forma di pubblicità invasiva.

Condividi:
Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 7 maggio
#1
Giovanni Rossi (Sui)
[Immagine: 1221310457Rossi,%20Giovanni.jpg]
Nato a Bidart (Nuova Acquitania – Francia), il 7 maggio 1926, deceduto a Ponte Tresa (Canton Ticino – Svizzera) il 17 settembre 1983. Passista veloce. Professionista dal 1948 al 1954 con 5 vittorie.
Un discreto corridore che aldilà di tutto impreziosì la grande valenza di quella generazione svizzera che aveva in Kubler e Koblet alfieri di gran valore storico. Giovanni, di chiara origine italiana, nacque in Francia, a Bidart, un paese sulla costa atlantica, ma si trasferì con la famiglia nel Canton Ticino quando era ancora non andava a scuola, divenendo cittadino svizzero negli anni trenta. Qui arrivò alla passione per il ciclismo, in una zona dove stava facendosi strada ciclistica un altro importante riferimento di quella generazione rossocrociata: Emilio Croci Torti. La crescita di Rossi fu notevole, al punto che nel 1948 fu selezionato per le Olimpiadi di Londra nella prova su strada dive però si ritirò. Il passaggio fra gli indipendenti all’indomani dei Giochi, gli consentì di gareggiare anche coi professionisti ed il suo debutto avvenne al Giro di Puglia e Lucania la seconda settimana di novembre’48. Qui Giovanni vinse subito la prima tappa. Tornato in patria, nel 1949, approfittò del regolamento elvetico che consentiva agli indipendenti di correre anche i campionati dilettanti e trionfò nel Campionato Svizzero della categoria cadetta. Divenuto professionista con la Tigra nel ’50, colse nell’anno il miglior piazzamento col 6° posto nel GP Le Locle, fu poi 7° al Trofeo Baracchi in coppia con Danilo Barozzi. L’anno seguente salutò la sua esplosione. Vinse, a Reims, la prima tappa del Tour de France, indossando la maglia gialla che perse subito e, dopo un 2°, un 9°, ed un 11° nelle frazioni successive, si ritirò per caduta nel corso della sesta tappa. Vinse poi a Lucerna la 5a frazione del Tour de Suisse, indi fece suo il GP di Ginevra, ed il Francia trionfò nel Circuit de la Cote d'Or. Fu poi 2° nel Campionato Svizzero su strada, 2° nella Neuchatel Ginevra, 2° e 3° in due tappe del Tour de Romandie, 5° nel Giro del Ticino.
Nei due anni seguenti corse pochissimo ed in quel biennio il miglior piazzamento fu l’8° posto nel Tour de Lac Leman ‘52. Tornò ad una certa attività nel 1954 e nella stagione fu 2° ad Avignone nella prima tappa del Dauphiné Libéré (che chiuse 52°), fu 3° nel GP Le Locle, 5° nel Giro del Ticino, 7° ed 8° in due tappe del Giro di Lussemburgo e 8° nel Tour de Lac Leman. A fine stagione senza mai aver dato spiegazioni appese la bicicletta al chiodo e divenne commerciante.

Alfred Ruegg (Sui)
[Immagine: 16770988461325Ruegg,Freddy.jpg]
Nato a Zurigo il 7 maggio 1934. Deceduto ad Affoltern am Albis il 26 aprile 2010. Passista. Professionista dal 1959 al 1967 con 16 vittorie.
Alfred, detto da tutti Fredy, è da considerarsi, dopo Rolf Graf, il miglior talento espresso dal ciclismo svizzero all'indomani dell'era d'oro dei tempi di Kubler e Koblet. È stato un corridore dal passo vellutato che ha raccolto poco rispetto ai notevoli mezzi, anche perché il regolamento elvetico che imponeva nelle corse in patria una squadra svizzera, ed in quelle all'estero le possibilità più disparate, favorì al di fuori della propria nazione, l'uso di Ruegg a compiti di traghettatore, di locomotiva al servizio di corridori veloci. In patria però, il valore di Fredy si vide molto meglio, a cominciare dal Tour de Suisse '60, dominato, più che vinto e al Campionato di Zurigo del medesimo anno, dove venne a capo di un ottimo cast. Lo si vide soprattutto nel 1962, quando stabilì il Primato Mondiale dell'Ora su pista coperta, percorrendo 46,819 km. E poi ancora con la sua adattabilità su pista, dove fu protagonista vincente e più volte dei Campionati Nazionali nell'Inseguimento, nonché nel Mezzofondo. Anche su strada si fregiò del Titolo Nazionale, proprio nell'ultimo anno d'attività, a 33 anni, nel 1967. Insomma un corridore che poteva segnare meglio un'epoca, ma che va annotato. Sicuramente una delle più belle e rotonde pedalate dei primi anni sessanta.
Tutte le sue vittorie.
1960: Giro di Svizzera; 2a e 4a tappa del Giro di Svizzera; Classifica GPM del Giro di Svizzera; Campionato di Zurigo; 6a tappa del Giro di Germania. 1961: Giro del Nord Ovest; 1a tappa del Giro di Svizzera; 1a tappa del Giro di Romandia. 1962: Record Mondiale dell'Ora su pista coperta (46,819 km); Campionato svizzero dell'Inseguimento. 1966: 4° tappa del Giro di Svizzera, Campionato svizzero dell'inseguimento e di Mezzofondo. 1967: Campionato svizzero su Strada; Campionato svizzero di mezzofondo.

Paolo Savoldelli
[Immagine: 16677295951325Savoldelli,Paolo.jpg]
Nato a Clusone il 7 maggio 1973. Completo. Alto 1,80 m. per 70 kg. Professionista dal 1996 al 2008, con 28 vittorie. Di Paolo Savoldelli tutti ricordano la sua punta, il suo pezzo forte, in quelle capacità di discesista, che gli valsero il nomignolo di "Falco" e dove, in effetti, va valutato come uno dei più grandi nella storia del ciclismo. Ma di punte questo ragazzone di Clusone, ne aveva un'altra, che è stata forse la più importante nei suoi più grandi successi: la capacità tattica. In pochi, nel ciclismo moderno, robotizzato da quelle radioline che mettono i corridori sempre più nelle mani dei tattici reali, ovvero i diesse, han mostrato qualità vicine alle sue. Il "Falco" sapeva leggere i momenti dell'affondo oltre alle traiettorie in discesa, conosceva le sue doti ed i suoi limiti e sapeva osservare le qualità ed i difetti degli altri, le "economie" di gara, i rapporti e le alleanze spesso involontarie che si distribuivano nelle consumazioni delle corse. Insomma, uno che valeva 80 e che alla fine, per tutto questo, si poteva spendere per 100. E che poi, a carriera conclusa, si sia fatto un oceano di ammiratori per il suo modo di commentare il ciclismo dalla moto-Tv, emergendo per precisione essenzialità, leggendo sempre con acume le condizioni di chi osservava, non era altri che la prosecuzione di ciò che è stato sulla bicicletta. Insomma, uno davvero forte, non già per il talento di nascita, che pure era più che buono, ma per cervello agonistico davvero raro.
Nelle categorie minori mostrò ciò che è più importante: crescere con costanza. Soprattutto nel '95, il suo ultimo anno da dilettante, seppe vincere corse che raramente mentono, come il Trofeo Alcide De Gasperi, la Coppa della Pace e la Medaglia d'Oro Frare-De Nardi. Nel 1996 passò professionista nella Roslotto-ZG Mobili, team diretto da Moreno Argentin. Partecipò subito al Tour de France, dove ottenne un 5° posto di tappa e chiuse a Parigi al 33° posto. Nel '97 vinse la 4° tappa della Hofbrau Cup e partecipò al suo primo Giro d'Italia, che finì al 13° posto. Nel 1998 si trasferì alla Saeco, sodalizio che gli fece capire subito di puntare su di lui per le corse a tappe. Paolo rispose vincendo una frazione e la Classifica finale del Giro del Trentino, cogliendo qualche bel piazzamento e chiudendo 9° il Giro d'Italia. Nel 1999, l'esplosione. Vinse da subito il Trofeo Laigueglia con una bella sparata, s'aggiudicò di nuovo il Giro del Trentino, dove colse anche la prima tappa e al Giro d'Italia dell'oscura defenestrazione del dominatore Marco Pantani, fu autore di una portentosa discesa del Fauniera, che gli valse la tappa di Borgo San Dalmazzo, ed il 2° posto finale. In quell'edizione del Giro, fu anche Maglia Rosa per un giorno, ma non l'indossò, perché per lui, il titolare, era, appunto, l'appena defenestrato Pantani. Partecipò poi al Tour de France, ma si ritirò nella 10° frazione. Nel 2000, vinse la 3a tappa del Giro del Trentino, che chiuse poi 3° e partecipò al Giro di Romandia, dove vinse il Prologo e la classifica finale della manifestazione. Al Giro d'Italia partì bene poi cadde e s'infortunò alla schiena. Questo episodio condizionò negativamente le sue prestazioni, sia in quell'edizione che chiuse al 24° posto, che in quella successiva. Partecipò poi al Tour de France, ma fu ovviamente incolore, 41°. Il 2001 di Savoldelli s'aprì con un ambo di successi al Giro di Romandia, il Prologo e la 2a tappa, poi con una partecipazione anonima al Giro d'Italia, dove chiuse 14°, ma non fu mai un protagonista. Partecipò poi alla Vuelta di Spagna, ma come gli era già capitato nella prima partecipazione nel '98, su ritirò nel corso della 11a tappa. A fine anno, la Saeco decise di puntare su Gilberto Simoni e Savoldelli cambiò squadra, accasandosi alla Index-Alexia Alluminio. Una squadra debole, che, però, segnò la sua rinascita. Vinse infatti l'edizione 2002 del Giro d'Italia, grazie anche alle disavventure dei suoi rivali: Stefano Garzelli fu squalificato per la positività ad un controllo antidoping, Gilberto Simoni si ritirò su invito del suo team, poiché trovato positivo alla cocaina ad un controllo effettuato due settimane prima del Giro (ma fu in seguito totalmente scagionato da tale accusa), Cadel Evans ebbe una crisi di fame durante l'ultima tappa di salita e Francesco Casagrande fu escluso dalla competizione per aver spinto a terra un ciclista.
Da quel momento in poi, la fortuna incominciò a voltare le spalle a Savoldelli: tra il febbraio 2003 e il gennaio del 2005 ebbe parecchi infortuni con tanto di fratture che lo tennero lontano dalle corse praticamente per due anni. Con la maglia della T-Mobile, praticamente non corse mai e nel 2005 passò alla Discovery Channel di Lance Armstrong. Col il nuovo team, debolissimo e praticamente solo sulla carta, da solo, seppe vincere il Giro d'Italia 2005, precedendo Gilberto Simoni e
giungendo così alla definitiva consacrazione. Un successo costruito con grande intelligenza sulla linea del traguardo della frazione di Zoldo Alto e, con sagacia tattica fuori dal comune, nella tappa del Colle delle Finestre. Vinse poi il GP Formaggi Guffanti e, come spalla di Armstrong, partecipò al Tour de France. Qui, contribuì alla vittoria del suo team nella cronometro a squadre e, soprattutto, vinse la tappa Revel. Nel 2006, vinse il Prologo del Giro di Romandia e la prima tappa, a cronometro, del Giro d'Italia, in quel di Seraing, in Belgio. Conquistò la Maglia Rosa che difese per due giorni e chiuse poi 5° a Milano. Nel 2007 passò all'Astana, squadra del Kazakistan, vinse il cronoprologo di Friburgo al Giro di Romandia, poi, a causa di una caduta, non fu in grado di puntare alla Maglia Rosa del Giro, dove chiuse 12°, ma con un bel successo di tappa: nella cronometro di Bardolino di Verona. Nel finale di stagione vinse il Criterium di Horgen in Svizzera. Corse poi la sua ultima stagione, quella del 2008, per la LPR Brakes-Ballan, assieme a Danilo Di Luca. Tolto da ogni possibilità di successo al Giro, a causa di una bronchite, aiutò il compagno di squadra con grande disponibilità e la solita straordinaria intelligenza tattica. Chiuse la Corsa Rosa 15°, ed a fine anno lasciò il ciclismo pedalato per salire a bordo delle moto-cronaca della RAI, evidenziandosi, come detto, per precisione ed estrema concretezza. Un media nato, insomma. Ciononostante, il rapporto con la TV di Stato, s'è interrotto, ma Paolo Savoldelli è rimasto nei media come apprezzato commentatore di ciclismo in Sky e Bike Channel.

Andrea Tafi
[Immagine: 16481374151325Tafi,Andrea.jpg]
Nato a Fucecchio (FI) il 7 maggio 1966. Passista. Alto 1,87 m. per 73 kg. Professionista dal 1988 al 2005, con 35 vittorie. Un corridore che è cresciuto lentamente fino a trovare il meglio di sé verso i 30 anni e proseguire da evidente internazionale fino ad età dove molti hanno già appeso la bicicletta al chiodo. Un lavoratore del pedale, soprannominato "Gladiatore", che ha fatto del mestiere scelto, un credo, una missione. Meno dotato di altri, ha messo assieme un palmares non corposo per numeri, ma di grande qualità e con un indirizzo sulle classiche del pavé, fra i migliori degli ultimi trent'anni. Poco possibile alle corse a tappe, anche brevi, deve tutta la sua fama a quelle di un giorno, dove sapeva fare la corsa sgretolando gli avversari e senza poter disporre di uno spunto veloce di nota. Veloce lo diventava, solo perché aveva dimezzato le forze di chi cercava di resistergli. In ogni caso, la sua specialità era giungere solo con affondi nel finale, che erano quasi sempre il frutto di quel lavoro ai fianchi che portava a monte. Insomma, nessuno, compreso chi scrive, avrebbe mai scommesso su di lui, come di un vincente grandi prove, perlomeno fino al 1994-'95. Eppure, il buon Tafi, smentì tutti, fino a rendersi tra gli attesi di quelle prove del nord in particolare, che sono una delle leggende del ciclismo, oggi l'unica rimasta a questo sport, ciclocross a parte.
Andrea iniziò a correre in bicicletta superando agli inizi le diffidenze della famiglia, della madre soprattutto e la sua trafila nelle categorie giovanili fu sempre più esaltante per lui, a dispetto di risultati tutt'altro che esaltanti. Ed a ben pensare non è mai stato e mai sarà un male, per uno sport che brucia energie mentali come nessuno. Si diplomò segretario d'azienda e solo da dilettante quando scelse il ciclismo come mestiere su cui puntare, iniziò a prendersi spazi di una certa notorietà per quel suo modo di correre, arrembante, che non lo abbandonò più. Vinse una tappa al Giro Baby e il GP Cuoio e Pelli che, vista la sua crescita ed il modo di interpretare questo sport, stuzzicarono un team professionistico giovane, votato al lancio di nuovi volti come ll'Eurocar Mosoca Galli, squadra italiana di fatto, ma con affiliazione svizzera. Con questo sodalizio fece il salto nel grande ciclismo il primo novembre 1988. Ed il buon Tafi, zitto zitto cominciò a vincere, certo corse lontane dall'Europa, ma comunque ideali per saggiare le proprie forze. Nel 1991, il punto cardine nella carriera del corridore di Fucecchio, la vittoria nel Giro del Lazio, dove venne a capo di un drappello composto da altri cinque compagni di fuga. Quel successo gli aprì le porte per uno squadrone come la Carrera che gli consentì di affinare le esperienze nel ciclismo più importante. Dopo un biennio in quel sodalizio, nel 1994 approdò alla Mapei, per quello che sarà il suo team storico e dove raccoglierà tutti i suoi grandi successi.
Nell'anno del debutto vinse il GP di Fourmies, poi dopo un '95, con piazzamenti significativi ma privo di successi esplose nel '96, divenendo un faro del nostro ciclismo nella gare di un giorno. Bene in primavera col 15° al "Fiandre" e la grande giornata di "Roubaix" dove finì 3° per scelta "di scrivania", indi una tarda estate incredibile, coi successi in successione al Trofeo Melinda, nella classica delle due Capitali, la Parigi-Bruxelles, il bis al Giro del Lazio, la Coppa Placci (che a quei tempi era al suo massimo splendore) e la ciliegina in una "Monumento" come il Giro di Lombardia. A fine anno grazie a queste vittorie si trovò 4° nella Classifica di Coppa del Mondo (era poi giunto 6° al Mondiale) e 11° nel Ranking UCI. Nel '97 rivinse una prova di World Cup, la Rochester Classic colei che raccoglieva il testimone della Wincanton Classic. Ma in quella stagione tagliò altre volte il traguardo per primo, come al GP di Fourmies, nella "Sabatini", in due tappe del Tour di Langkawi. Tanti anche i piazzamenti, come il 2° posto all'Amstel Gold Race, che gli valsero il 3° posto finale in Coppa del Mondo. Nel 1998, finì secondo nell'amata "Roubaix", ma poi vinse, fra le altre, classiche nazionali come il GP di Camaiore, la Coppa Agostoni, nuovamente il Giro del Lazio e si laureò Campione Italiano su strada. A fine stagione fu nuovamente terzo in World Cup. La stagione seguente lo vide concretizzare alla sua maniera, finalmente, quel sogno che cullava fin da quando salì sulla bicicletta: vincere la Parigi-Roubaix. Lo fece da Tricolore e lo fece da grande specialista di questa corsa massacrante, che, da sola, vale una carriera. Nell'anno colse un altro mito del nostro ciclismo quale il Giro del Piemonte. Poteva mancare nel palmares di un combattente del pedale una delle più vecchie classiche del panorama internazionale, dal fascino tutto particolare come la Parigi Tours? No! Ed infatti "Tafone" come in molti lo chiamavano, compì fra le strade dei Castelli della Loira, una delle sue migliori imprese: a giudizio di chi scrive, la migliore, Arrabbiato per la mancata convocazione ai Mondiali di Plouay, sbaragliò i velocisti con una fuga delle sue, ed anticipò di una quarantina di secondi un drago come Tchmil. L'azione di Tafi fu impressionante. Mancava ancora una "Monumento" nel suo cuore di campione votato a certi percorsi leggendari, ed a quasi 36 anni, il corridore di Fucecchio, coprì quel buco. Il Giro delle Fiandre fu infatti suo il 7 aprile 2002, grazie ad un'azione di tipico "stile Tafi" nel finale, annichilì il gruppetto dei migliori. A fine 2002, la Mapei abbandonò il ciclismo, ma Andrea continuò anche senza più trovare lo smalto dei tempi migliori. Chiuse la carriera nella "sua" Roubaix il 10 aprile 2005. Arrivò 42°, ma festeggiato come un trionfatore.
In carriera ha corso 5 Giri d'Italia (1990: ritirato - 1991: ritirato - 1993: ritirato 17° tappa - 1995: 35º - 1999: 80º); 6 Tour de France (1993: 128º - 1995: 39º - 1996: 45º - 1997: 57º - 1998: 42º - 2002: 106º); 3 Vuelta di Spagna (1992: 98º - 1999: 29º - 2000: 74º); 4 Campionati del Mondo (1996: 6º - 1997: 20º - 1998: 8º - 1999: 11º).

Maurizio Ricci detto Morris
 
Rispondi


[+] A 4 utenti piace il post di Morris
  


Vai al forum:


Utente(i) che stanno guardando questa discussione: 1 Ospite(i)