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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 9 aprile
#1
Marino Amadori
[Immagine: 16362005811325Amadori,Marino.jpg]
Nato a Predappio il 9 aprile 1957. Passista scalatore. Professionista dal 1978 al 1990 con 7 vittorie. Merita un posto al sole nella storia del ciclismo romagnolo, anche perché oltre ai buoni successi conquistati nel mondo dei professionisti, è riuscito, con la sua onestà e disponibilità di esemplare gregario, a guadagnarsi fama nazionale ed internazionale. Un dato balza agli occhi e, se ci si pensa bene, ha pochi raffronti mondiali: Marino in tredici anni di carriera fra i prof, è stato ben undici volte azzurro. Chi lo ha superato in questa referenza, sono stati solo quei "super" che han fatto il mito del ciclismo. E mai le sue maglie azzurre sono apparse regalate, tant'è che un uomo come Alfredo Martini, conoscendo le sue qualità umane, gli ha praticamente sempre affidato il ruolo di suo ambasciatore in corsa. Amadori però, non può essere ricordato solo per le sue maglie azzurre e per quel difficile compito che ha svolto in seno ad una nazionale spesso vincente, come nel 1982, 1986 e 1988, perché lui, le sue belle corse, se le è sapute conquistare e, guarda caso, spesso col piglio del corridore di razza. Cominciò nel 1981, vincendo la tappa di Chianciano alla Tirreno Adriatico, dove conquistò pure la maglia di leader della manifestazione. Solo una delle rare alleanze Moser-Saronni e la crono finale riuscirono poi, a scalzare Marino dal gradino più alto del podio: finì terzo con qualche giustificato rimpianto. Sempre in quell'anno vinse il Giro del Piemonte. Ritornò al successo in una durissima edizione del Trofeo Matteotti nel 1983, dove, ancora una volta, seppe staccare tutti e proseguì con un per lui poco consueto sprint alla Coppa Placci, in cui regolò un drappello costituitosi grazie ad una sua precedente azione. Amadori, sempre più ricercato gregario di lusso, si prese una giornata per sé alla Coppa Sabatini, nel 1985, giungendo al traguardo in solitudine, come la mancanza di spunto veloce lo costringeva a fare. Nel 1986, un'altra classica nazionale finì nel suo palmares: la Coppa Agostoni. Fu quello, probabilmente, il suo successo di maggior pregio, in virtù di un cast di nota. L'anno dopo, col successo al Gran Premio di Lanciano, ottenuto difendendo coi denti una manciata di secondi conquistati negli ultimi chilometri, chiuse il suo rapporto con la vittoria. Non però la sua carriera, che continuò con onore al servizio del suo ultimo capitano, Maurizio Fondriest, fino al 1990. Amadori avrebbe potuto proseguire, perché il corridore trentino se lo sarebbe portato con sé alla Panasonic, ma il forlivese, già trentatreenne, preferì dire "basta". Restava il solco di un segmento agonistico siamese all'azzurro e col record, relativamente alla Romagna, di 13 partecipazioni al Giro d'Italia, di cui solo in un'occasione senza il conforto dell'arrivo finale. Pur nella discrezione che l'ha sempre accompagnato, un corridore che ha saputo fare epoca. Finito il tratto sul mezzo bicicletta, ha abbracciato il ruolo di nocchiero sull'ammiraglia, con ottimi risultati. Nel pedale femminile, ha guidato tante delle migliori campionesse del panorama mondiale, su tutte Fabiana Luperini, vincendo a iosa; mentre a livello maschile è stato l'ultimo direttore sportivo dell'indimenticabile Marco Pantani. È poi giunto allo staff tecnico della Federazione Ciclistica Italiana. Nel 2008 ha guidato le azzurre alle Olimpiadi di Pechino, mentre oggi è il faro del ciclismo giovanile in qualità di CT della Nazionale Under 23 su strada che ha vinto il Mondiale 2019 svoltosi nello Yorkshire con Samuele Battistella e quello del 2021 a Leuven in Belgio, col romagnolo Filippo Baroncini.

Albino Binda
[Immagine: 151828659218495Binda,Albino.jpg]
Nato il 9 aprile 1904 a Cittiglio (Varese), ed ivi deceduto il 30 marzo 1976. Professionista dal 1926 al 1935 con 4 vittorie.
Il fratello minore o maggiore che sia, di un grande campione rischia sempre di sparire dall'attenzione più generale e, spesso, come in questo caso, di fronte alle medesime iniziali di nome, di essere azzerato dal fratello celebre. Capitò infatti a chi scrive, di dover correggere un signore che, in un'occasione pubblica, dava al celebre Alfredo, anziché ad Albino, la vittoria alla Tre Valli Varesine del 1930, semplicemente perché aveva letto un albo d'oro della corsa, ove era stato pubblicato il cognome del vincitore accompagnato solo dall'iniziale del nome.
Lo sconosciuto ai più, invece, quella corsa di casa, sempre sfuggita al fratello dai "garun" di ferro, l'aveva bellamente vinta, e si meritava la giusta attenzione. Come d'altronde il resto della sua carriera, vissuta sempre all'ombra di Alfredo, non certo come controfigura o simbolo di protezione, bensì come il più fedele dei gregari, ed atleticamente un buon corridore, capace, nonostante il ruolo svolto verso il leggendario di famiglia, di ritagliarsi comunque un discreto spazio. Nel '27 si piazzò diverse volte e chiuse il Giro al 27° posto, ma l'anno seguente, oltre al Campionato di Varese, corsa certamente minore, colse un gran bel successo nell'ottava tappa del Giro d'Italia, la Roma Pistoia e terminò la corsa non ancora rosa, all'8° posto. Nel '29 vinse una tappa del Giro di Sicilia che chiuse al 3° posto e finì 11° in quello d'Italia. Nel '30, oltre alla vittoria nella Tre Valli Varesine, fu 4° nella Coppa Bernocchi, ed il suo trend di piazzamenti continuò bene almeno fino al 1933, anche se non colse più successi. Pagò le fatiche nel '34 e nel 35, ma nel complesso, la sua carriera fu buona. Anche perché, nel silenzio, per il grande Alfredo, non solo fu gregario, ma pure un decisivo supporto psicologico.

Silvio Lagasco
[Immagine: 15754834083538lagasco.jpg]
Nato a L'Ago di Borghetto di Vara (SP) il 9 aprile 1933. Deceduto a La Spezia il 20 dicembre 1990. Passista veloce, alto m. 1,81 per kg. 80. Professionista nel 1961. Nessuna vittoria.
Tanti anni fra i dilettanti consumati sui viali di una crescita lenta anche se costante, con tanti piazzamenti e poche vittorie. Quando ormai non ci sperava più, s'aprirono anche per lui, le porte del professionismo grazie alla Gazzola. Era il 1961 e lui già ventottenne. L'arrivo alla corte dei direttori sportivi Ferdi Kubler e Pino Villa, riempì d'entusiasmo Silvio Lagasco, ma i risultati però, non furono pari alle attese. Nell'anno si segnalò per il 10° posto al GP Le Locle in Svizzera e per un buon Giro di Romagna, chiuso però con un modesto 78° posto. A fine stagione, appese la bicicletta al chiodo.

Nello Sforacchi
[Immagine: 1303380507SFORACCHINello1951.jpg]
Nato a Scandiano (RE) il 9 aprile 1922, deceduto a Magny-les-Hameaux (Ile-de-France) il 17 luglio    2016. Corridore completo su strada e ciclocrossista. Professionista indipendente dal 1947 al 1949 e professionista da 1949 al 1959 con 18 vittorie.
Di umili origini, Sforacchi si mise in luce fin da giovanissimo come grande promessa fra i dilettanti, con i successi nella Coppa Agostoni e nella Modena-Abetone. Era il pupillo di Pietro Scapinelli, conte di Leguigno, famoso aviatore che morì in un incidente aereo sui cieli di Reggio nel 1941. La scomparsa del proprio mentore fu un duro colpo, ma finita la guerra, Nello rimase sempre fra i migliori. E tra i migliori 15 dilettanti venivano selezionati quei 7-8 corridori che avrebbero partecipato al Tour de France nella Nazionale Cadetti, destinati a fare da gregari alla rappresentativa dei campioni Bartali, Magni e Coppi. Sforacchi partecipò così al Tour del 1948, quello che vide Bartali trionfare dieci anni dopo il successo del '38. La corsa di Nello durò poche tappe, perché in seguito a una caduta fu ricoverato in ospedale: decise allora di rimanere in Francia, dove poi si sposò ed ebbe due figli.
Dopo un primo Giro con l'Atala di capitan Astrua, nel '50, prese parte alla corsa con la squadra italiana della Viscontea, capitanata da "testa di vetro" Robic, fresco vincitore del Tour. Si trattava di un team metà francese e metà italiano, costruito per aggiudicarsi la corsa rosa. Qui il favorito Coppi cadde e si ritirò poi sulle Dolomiti. Sempre sui Monti Pallidi, Robic andò in crisi dopo un paio di forature e Nello, Volpi e Rivola lo spinsero a forza fino all'arrivo, nella speranza che potesse riprendersi. Ma perse quasi 20 minuti, rimanendo tagliato fuori dalle prime posizioni. Il favorito era quindi Bartali, insidiato però dallo svizzero Koblet, un bravo pistard voluto da Learco Guerra ma non certo uno scalatore. Ed ecco succedere l'imprevedibile: Koblet fora e Bartali, Ortelli e Magni vanno all'attacco per staccarlo definitivamente. "Quando Nello raggiunse Koblet quest'ultimo gli chiese di aiutarlo offrendo una bella somma pur di riportarlo sotto. Per la sua squadra il Giro era finito, i soldi facevano comodo, cosa doveva fare? Lo aiutò a rientrare". Bartali non lo ha mai perdonato, anche perché proprio grazie a quell'aiuto alla fine Hugo Koblet fu il vincitore del Giro d'Italia del 1950, e le polemiche sull'italiano che l'aveva aiutato tennero banco a lungo sui quotidiani. Ma da farsi perdonare non aveva niente: erano entrambi italiani, d'accordo, ma di squadre diverse e professionisti. Correva per chi lo pagava, e quella volta fu pagato in franchi svizzeri. Per fortuna prese quei soldi, perché la Viscontea fallì in seguito alla disfatta nel Giro e, come saldo della paga, dovette accontentarsi di alcune biciclette che poi faticò a vendere.
Aveva uno stile che sembrava incollato alla bici ed era uno che sapeva andar forte anche in salita, nonostante avesse pochi mezzi economici: tante volte nella sacca dei rifornimenti doveva metterci delle noci e del pane, mentre un corridore tanto ieri quanto oggi, ha bisogno di cose più sostanziose.
Nello Sforacchi corse anche il Tour del '50 e numerose altre gare fino al '53, quando passò al ciclocross, disciplina dove eccelleva e dove terminò la carriera prima di lavorare in un'azienda francese di pneumatici per biciclette.
Tutte le sue vittorie. 1948 (1): Gp Sarzana. 1949 (9): Parigi-Mantes, Tappa di Guardia del Giro dei Tre Mari, Classifica Finale de Lons-les Saunier – Gineva, Tappa Lons-les-Saunier – Ginevra, Quattro frazioni del Tour d’Algeria, Coppa Vallestrona. 1951 (1): Parigi-Dreux. 1953 (1): Criterium Saint Omer. 1954 (4): Parigi-Luce, Gp Enghien, Gp Moulins (Engilbert), Criterium Nevers. 1955 (1): Gp Barsaac. 1959 (1): Gp Enghien.

Maurizio Ricci detto Morris
 
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