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Sarà una nuova Belle Époque? - Dopo 20 anni cinque francesi tra i primi 15
#1
Ora possiamo dirlo senza ombra di dubbio: questo Tour è stato anche il loro, il Tour dei francesi. Constatazione che questa volta non deriva del numero dei successi di tappa (l'anno scorso furono ben sei, quest'anno solamente uno, ma di tale portata da valere da solo il prezzo del biglietto!) o da un innumerevole computo di generosi tentativi di fuga buoni per gli sponsor e per attirarsi gli affetti dei tifosi (o tutt'al più per conquistare il numero rosso della combattività. No, questa volta abbiamo un dato incontrovertibile su cui discutere: ben cinque atleti transalpini figurano infatti tra le prime quindici posizioni della classifica generale, evento atteso da due decenni (fu infatti l'edizione del 1991, il primo dei cinque Tour conquistati da Indurain, l'ultima a regalarci così tanti francesi nelle zone alte della classifica alla Boucle: per la cronaca Charly Mottet 4°, Luc Leblanc 5°, Laurent Fignon 6°, Gerard Rué 10° e Jean-François Bernard 14esimo).

Se l'edizione 2011 segnerà l'inizio di una nuova era ciclistica (basti pensare al successo di Cadel Evans, il primo in assoluto di un atleta australiano) questo ce lo dirà lo scorrere inesorabile del tempo, tuttavia il fatto che un Paese come la Francia, che tanto ha saputo dare a questo sport, stia tornando nuovamente ad occupare posizioni più consone al proprio blasone dopo anni difficili (il 1998 non può non venirsi a trovare in questo senso in una decisiva linea di demarcazione) e dopo aver vissuto intere estati di dominio anglosassone (l'era Armstrong) e spagnolo (i trionfi di Pereiro e Contador, oltre all'abbondanza di iberici nelle posizioni che contavano). Certo, il Messia che un intero popolo sta ancora attendendo dal 1985 non si è ancora palesato ma ciò che abbiamo visto in questa Grande Boucle non può non fornirci spunti interessanti.

Non si può non iniziare a parlare dei transalpini se non citando Thomas Voeckler, protagonista atteso sì per la sua proverbiale condotta di gara tutta grinta e generosità, ma non a simili livelli, tanto da far sperare se non nel colpo grosso, quantomeno a quel posto sul podio che manca ormai da 14 anni (Virenque nel 1997 salì sul podio ai Campi Elisi per occupare il secondo gradino alle spalle di Jan Ullrich). La giornata di Saint-Flour, passata alla storia più per polemiche, cadute e incidenti che per altro, sembrava l'ennesima conclusione di un tentativo generoso che, seppur non aveva condotto al successo di tappa, gli aveva lasciato in dote una maglia gialla da portare con assoluta dignità per qualche giornata. Niente di più errato, se gli appassionati ben ricordano con quale ostinazione, finchè fu nelle sue possibilità, T-Blanc difese il simbolo del primato nel 2004, conquistato al termine di una fuga con margine ben più ampio e grazie alla quale poi riuscì a concludere la Boucle in 18esima posizione, che rappresentava il suo miglior piazzamento di sempre. Questo 2011 però ci aveva già mostrato un nuovo Voeckler, deciso (anche per onorare la maglia di campione nazionale conquistata un anno fa) a dare come sempre battaglia dove se ne fosse presentata l'occasione ma divenuto molto più pratico e maturo, tanto da presentarsi al Tour con ben 8 vittorie già in carniere. Il mix è stato per certi versi esplosivo: l'età ormai non più quella di un ragazzino (32 anni) ma la voglia intatta di combattere e difendere ad ogni costo e il più a lungo possibile ci hanno regalato un corridore capace, tra lo stupore generale, di difendere la maglia al termine delle tappe pirenaiche. Come se non bastasse questo a convincere i più scettici (che magari imputavano alla scarsa vena dei big l'exploit di T-Blanc con appiattimento generale dei valori), sono poi giunte le Alpi a darci conferma del nuovo Voeckler: con l'appoggio di un'ottima Europcar, senza dubbio la squadra rivelazione di questo Tour, T-Blanc ha ceduto la maglia solo sulle ultime salite, col pregio di non essere riuscito ad andare alla deriva nonostante qualche ingenuità apparsa ai più clamorosa (il non essersi rialzato subito dopo il tentativo di Contador sul Telegraphe e l'ostinazione nel tirare rapportoni anche su pendenze proibitive) e nonostante l'alsaziano abbia passato più di un momento sull'orlo di una crisi di nervi. Assimilata la sconfitta però Voeckler ha trovato ancora la forza e la convinzione per disputare la miglior crono della carriera in quel di Grenoble, suggellando così la quarta posizione finale (i francesi non finivano così bene da ben undici anni: fu Christophe Moreau nel 2000 l'ultimo a giungere così in alto nella generale). Se alla possibile clamorosa sorpresa di un Voeckler in giallo a Parigi qualcuno ha veramente creduto questo lo lasciamo alle singole convinzioni, tuttavia quest'edizione potrebbe segnare un'ulteriore svolta nella carriera di T-Blanc: certo, appare difficile pensare che ora possa trasformarsi completamente in un corridore capace di fare classifica in un grande giro ed, anzi, per le sue caratteristiche appare un'eventualità del tutto improbabile. Con un pò più d'accortezza però successi di tappa ed una buona classifica generale potranno ancora giungergli, anche se non si può non constatare che T-Blanc abbia saputo tirar fuori grinta e convinzioni incredibili proprio nelle due edizioni in cui si è trovato ad indossare il simbolo del primato.

Dal Tour e dalla stessa Europcar giunge però la più gradita sorpresa per i transalpini, forse la più concreta speranza per ritrovare quel podio inseguito ormai da più di un lustro: Pierre Rolland ha infatti mostrato con una condotta di corsa esemplare di essere concretamente su quella strada della maturazione che molti si attendevano da lui già da un po', specie dopo le ottime prestazioni fornite nel 2008 a Parigi-Nizza (riuscì a concludere al nono posto la frazione con arrivo sul Mont Ventoux) e Giro del Delfinato (in cui conquistò la maglia di miglior scalatore). Ora, dopo due annate non troppo esaltanti, l'abbiamo ritrovato grandissimo protagonista nella corsa più attesa, tanto che non è possibile dire con assoluta certezza fin dove sarebbe potuto arrivare senza i vari minuti accumulati nella prima settimana e senza lo spendersi in più di una tappa nel ruolo di gregario per Voeckler in giallo. La personalità mostrata in salita al cospetto di tanti capitani avversari per consentire la difesa di T-Blanc e soprattutto la capacità di trovare energie residue per scattare ancora una volta (e in maniera decisiva) su una salita del calibro dell'Alpe d'Huez (traguardo dove, ironia della sorte, l'ultimo transalpino a trionfare era stato Bernard Hinault nel 1986, vale a dire proprio nell'anno di nascita di Rolland) sono stati i momenti che più di tutti ci hanno portato a considerare le sue possibilità per il futuro. Ma non è tutto: l'aver difeso la maglia bianca di miglior giovane nella prova che maggiormente avrebbe dovuto restargli ostica (la cronometro) e contro un avversario sulla carta molto più avvezzo di lui a tale specialità (l'estone Taaramae) è stato probabilmente il segno più incoraggiante per il suo prosieguo di carriera per le gare a tappe, dove spesso coloro che in teoria dovrebbero avere i maggiori svantaggi nell'esercizio contro il tempo possono sopperire con una grande determinazione ed una capacità di restare concentrati mentalmente in momenti tanto delicati (requisiti fondamentali, al di là degli scontati espedienti per migliorare la postura). Proprio la cronometro a Rolland è costata una top-ten che avrebbe ulteriormente impreziosito la sua gara ma poco male, il prestigio di una vittoria sull'Alpe d'Huez ed il simbolo del primato tra i giovani sono più che sufficienti per guardare al domani con grande ottimismo.

Decima posizione che a Rolland è stata soffiata nella prova contro il tempo proprio da un altro transalpino: Jean-Christophe Péraud. Per molti il suo piazzamento potrà apparire indubbiamente sorprendente, se si considera innanzitutto che era inserito nel contesto di un'AG2R che schierava alla partenza un Gadret reduce dal 4° posto al Giro d'Italia (purtroppo in condizione ben diversa rispetto alla corsa rosa, tanto da essere costretto al ritiro), un Roche desideroso di migliorare le belle prestazioni dello scorso anno tra Tour e Vuelta (ma apparso anche lui ben altro corridore rispetto ad un anno fa) oltre a mine vaganti quali il sempre affidabile Dupont o Riblon. Eppure tra i tanti alla fine è venuto fuori proprio questo trentaquattrenne che solamente dalla scorsa stagione si dedica a tempo pieno al ciclismo su strada dopo essersi tolto più di una soddisfazione con la Mountain Bike (basti citare solo l'argento olimpico di Pechino nel Cross Country). Proprio l'età a questo punto appare essere totalmente contro di lui, dal momento che lo stesso Cadel Evans, così come Péraud, ha eloquentemente dimostrato come il passaggio dalle ruote grasse a quelle sottili possa rivelarsi meno traumatico del previsto, anzi. In più la capacità di lavorare in acido, tipica di prove come quelle della MTB, costituisce un vantaggio in prove come le cronometro, dove Péraud ha dimostrato fin dagli inizi di poter divenire un buon specialista, tanto da conquistare il campionato nazionale contro il tempo nel 2008 quando ancora il fuoristrada occupava la maggior parte del suo tempo. Tenuta in salita e competitività a cronometro: la ricetta perfetta per un corridore da corse a tappe, cosicchè il decimo posto ottenuto da Péraud non fa che confermare ciò e, seppur di fronte ad una carta d'identità impietosa, porlo di fronte alla possibilità di disputare almeno un altro paio di GT su tali (se non superiori) livelli.

Oltre all'esperto Péraud e al già citato Rolland, questo Tour ha offerto ai francesi altro nuovo che avanza, se è vero che in 14esima e 15esima posizione troviamo i nomi di Jérôme Coppel e Arnold Jeannesson: per il giovane leader della Saur (nato nel 1986 proprio come Rolland) la prima vera esperienza sulle tre settimane (nel 2009 partecipò al Tour ma si ritirò alla 12esima tappa) può dirsi chiusa positivamente pur senza acuti degni di nota. Era importante infatti iniziare a valutarne la tenuta, dopo i più che buoni riscontri a livello giovanile (podio europeo e mondiale tra gli Under 23 nella cronometro oltre al quarto posto nel Tour de l'Avenir) ma soprattutto dopo aver già mostrato in brevi corse a tappe di una certa entità (su tutte il Delfinato 2010 concluso in quinta posizione) di poter dire un giorno la sua anche nei grandi giri ed una top-15 al primo tentativo non può che essere confortante. Altrettanto positivo è stato il Tour di Jeannesson, al quale si guardava con fiducia dopo un Avenir chiuso in terza posizione nel 2008 ma reduce da due stagioni con pochissima gloria nella Caisse d'Epargne. Anche per il venticinquenne della Française des Jeux il bilancio può considerarsi in attivo, con una condotta di gara che l'ha visto più di una volta in posizioni immediatamente a ridosso dei migliori (si guardi ad esempio i piazzamenti in frazioni riservate a velocisti puri e non) e regolare nelle frazioni più impegnative, dove tuttavia necessita ancora di lavorare per migliorare la tenuta. Ciò ha fatto sì che per due giornate si sia potuto togliere la soddisfazione di indossare la maglia bianca di miglior giovane e concentrare quindi le attenzioni anche su di sè. Altro particolare da non sottovalutare: Jeannesson nella stagione invernale è solito dedicarsi al ciclocross, disciplina in cui è salito sul podio negli ultimi campionati nazionali e dove ha vestito anche la maglia della nazionale transalpina, segno evidente che la polivalenza al giorno d'oggi paga e non costituisce affatto un intralcio all'attività su strada.

Tali riscontri ci pongono quindi di fronte a delle osservazioni: in primis il ruolo del Tour de France che continua a rivestire un'importanza primaria per le formazioni transalpine non facenti parte del circuito ProTour e la prova più eloquente è stata fornita proprio dall'Europcar, capace di sovvertire in toto l'equazione che spesso voleva tali squadre (spesso e volentieri proprio quelle di Bernadeau) inconsistenti (considerazione questa che ha riguardato soprattutto gli organici schierati negli altri due grandi giri) o comunque capaci di animare la gara solamente con qualche azione da lontano prima di sciogliersi come neve al sole nelle frazioni più attese. Il Tour 2011 sarà stato indubbiamente il miglior veicolo pubblicitario per l'Europcar così come per la Saur, l'altra squadra transalpina che ha usufruito dell'invito, che seppur in tono minore ha saputo comunque fare il suo. Considerando che spesso l'invito alla Grande Boucle si è rivelato in taluni casi vitale per la sopravvivenza delle formazioni stesse, lo spettacolo offertoci può essere considerato in egual misura un segnale di continuità con il passato (la Grande Boucle che può valere una stagione appunto) ma anche una bella inversione di tendenza con squadre sempre più protagoniste attive della corsa.

In seconda battuta inoltre non si può prescindere da un altro dato di fatto, vale a dire quello che vede il movimento ciclistico francese vivo e vegeto come non mai a livello giovanile, fattore questo che, nonostante gli anni dall'ultimo successo di un transalpino continuino a trascorrere, consente di avere la possibilità di mettere sempre più giovani in vetrina in attesa di ritrovare colui che finalmente possa vestire di giallo sui Campi Elisi. Considerazione questa che non riguarda solamente i possibili talenti da gare a tappe ma l'intero movimento francese in toto: basti solamente pensare che lo scorso anno la Francia è stata l'unica nazione a piazzare almeno un atleta sul podio ai campionati del mondo in qualsiasi specialità nella categoria juniores (comprendendo nel computo quindi strada, pista, ciclocross e MTB) ed anche i recenti campionati europei disputati ad Offida hanno dimostrato che la Marsigliese che risuona nelle premiazioni non passa mai di moda.

Se ne deduce quindi che un ciclismo fatto a 360° (abbiamo ricordato i trascorsi nel fuoristrada di Péraud e Jeannesson, senza scordarci di Gadret e del suo ottimo 4° posto al Giro) non costituisce affatto un ostacolo, anzi rappresenta il punto-base da cui costruire i talenti nel domani. Questo, unito alla competizione internazionale e all'abitudine a misurarsi in patria su percorsi raramente destinati ai velocisti puri (si pensi a Romain Feillu o al nome nuovo atteso al debutto tra i professionisti: Arnaud Demare) e dove la resistenza, la capacità di fare la differenza in salita e l'inventiva divengono le doti da esaltare, fa parte del bagaglio dei possibili corridori da Tour.

La Grande Boucle 2011 altro non sembra essere se non un nuovo punto di partenza, visto che all'orizzonte scalpitano possibili protagonisti delle prossime edizioni: da quel Thibaut Pinot che ha saputo entusiasmarci al Giro della Valle d'Aosta e che sembra uno dei migliori prospetti in assoluto per le gare a tappe (tra l'altro occorre far notare come raramente il ventunenne si sia ritirato da una corsa, sia essa in linea o a tappe, da quando è professionista) a Romain Sicard, che tra Avenir e mondiale nel 2009 più di un commento entusiastico aveva strappato. Passando poi per Geniez (splendido vincitore di tappa in Austria recentemente), Bardet, Elissonde o Domont (protagonisti questi ultimi di una Francia che tra gli Under 23 domina nella Coppa delle Nazioni e che probabilmente rivedremo tra gli assoluti protagonisti tra poche settimane).

Oltre le Alpi c'è quindi ben più di un motivo per guardare con fiducia al domani con questo che potrebbe non essere che l'inizio. Ma in fondo, nonostante il periodo di magra, nessuno ha creduto per davvero che il ciclismo francese fosse morto e sepolto.

cicloweb.it
 
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#2
Andiamoci piano...di corridori promettenti ne hanno avuti...
 
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#3
Si' vabbé, vanno tutti dal 15° al 20° Asd è come dire:
Wuoo il 100% degli svizzeri è nella top 100, ci sara' la rivoluzione Sisi .
Dai, quando comincio a vederli in piu' di due o tre nella Top Ten e un qualcuno sul podio comincio a crederci... Dodgy
 
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#4
infatti hanno messo Voeckler 4° e Peraud 10, quindi 2 nella top 10 ten e altri 3 nella top 15, Rolland, Jeannesson e Coppel, tra l'altro tutti che lottavano pure per la maglia bianca, e penso sia la prima volta che arrivano 4 corridori che lottano per la bianca anche nella top 15, almeno negli anni che mi ricordo io.
 
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#5
Peraud ha la sua età,Voeckler non è da Gt,a meno che non rifaccia lo scherzetto l'anno prossimo

Rolland ha dimostrato di andar forte in salita,Pinot lo stesso ed è anche più giovane,Coppel va più piano in salita ma ha la crono,può/deve migliorare comunque,e c'è anche Jeannesson!
 
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#6
senza dimenticare Sicard, qualcosina la possono combinare, anzi forse sono messi meglio di noi italiani, di giovani che lottano per le maglia bianche nei Gt mi pare non ci siano tanti nomi in giro, a meno che non esca qualcuno di quelli degli under 23 che riesca il prossimo anno a fare bene
 
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#7
Ah bhè,certo anche Sicard dirà la sua,col fatto che è in Euskaltel me l'ero scordato:D
E Geniez,anche lui ho dimenticato!:exclamation:
 
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