Luca Scinto: "Tra gli juniores nel ricordo di Franco"
Intorno al furgone è tutto un fermento: un via-vai di biciclette, ruote e borracce, tra tecnici e atleti che si muovono indaffarati, da un punto all’altro, incuranti del fatto che ci sia una pioggia battente oppure un sole cocente. I grandi, dispensando consigli e raccomandazioni. I giovani, cercando di ascoltare. Le fasi precedenti all’inizio di una gara sono sempre adrenaliniche. Così come i toni delle voci dei ragazzi che, di lì a poco, si daranno battaglia lungo un centinaio di chilometri di asfalto.
Ragazzi Juniores. Puledrini di razza scalpitanti, che non vedono l’ora di montare in sella e far vedere di che pasta sono fatti. “Questa categoria è, forse, la più importante. E, forse, anche la più bella.” L’accento toscano è inconfondibile. Luca Scinto se ne sta lì in piedi, a scrutare la sfilata di livree della Franco Ballerini, squadra che segue da vicino in qualità di supervisore e, intanto, in attesa di osservarle all’opera racconta di un’avventura che è partita dal cuore. Dal suo, ma anche da quello impresso sulla divisa color acciaio che reca al centro il nome di un amico.
“Poter ricordare Franco è una cosa molto importante, perché era una persona che ha dato tanto al ciclismo. E’ stato un campione che ha vinto e fatto vincere, alle Olimpiadi ai Campionati del Mondo…” Luca fa una pausa, guarda in su e poi riprende. “Siamo partiti l’anno scorso con Angelo Citracca e con questa avventura degli Juniores. Il nostro intento sarebbe quello di andare sempre più in alto, avendo dei corridori in casa nostra e facendoli crescere. Per me è una cosa affettiva, ma è anche molto bello poter vivere questo mondo. Quella degli Juniores è la categoria più importante, dove vedi se ci sono le qualità e dove i ragazzi, oltre ad allenarsi, studiano, facendo molti sacrifici e dove ci sono persone che li seguono per hobby, senza interessi, mettendo a disposizione il proprio tempo libero. Quando si è a livelli alti non ci si rende conto di questa cosa. Si crede che tutto sia dovuto, invece l’esperienza che si vive qui fa tornare con i piedi per terra. Fa riflettere.”
Altra pausa. “In questo momenti io rifletto molto…cosa strana… - risata, ndr - Sto vivendo un momento particolare della mia vita sportiva e professionale e mi sto rendendo conto che il settore giovanile è fondamentale per creare qualcosa di importante per il ciclismo italiano.”
In fondo, parte tutto da qui. Con quelli che potrebbero essere i campioni di domani che devono affrontare le strade di oggi. “Esattamente. Quando hai a che fare con livelli alti, non ti rendi conto. Non ci pensi, né, a volte, te ne freghi. Vai a vedere qualche corsa di dilettanti, ma lo fai da spettatore. Vai a vedere qualche corridore che ti interessa…ogni tanto andavo anche io…però vivendola da dentro è tutto differente. Certo, io lo faccio con rispetto per chi lavora qui e conosce la categoria, perché non posso immaginare di arrivare e sapere già tutto. Io faccio il supervisore, cerco di mettere a disposizione la mia esperienza. Poi ci sono due direttori sportivi che danno anima e corpo alla squadra e agli atleti. Li vanno a prendere a scuola, li riportano. Fanno cose eccezionali.”
Perché gestire una squadra di ragazzi non vuol dire solo insegnare a pedalare, ma anche fare da guida in una fase delicata come è quella dei 17-18 anni.
“Io cerco di dare loro qualche consiglio, soprattutto per quanto riguarda l’importanza dello studio. Comunque, sono da ammirare: fino alle due vanno a scuola poi via, in bici. Tornano anche con il buio e devono mettersi sui libri…vita movimentata. Ma fanno questo sport perché gli piace. Il ciclismo è uno sport di sacrificio, di rinunce.”
E, alle volte, la strada giusta da seguire è quella che si può percorrere a bordo di una bici. “Li levi da tentazioni che nel mondo di oggi, purtroppo, ci sono. Questi vanno a letto presto, non si infilano nelle discoteche a far cavolate. Non dico che tutti quelli che escono le facciano, ma bisogna stare attenti. Correndo, si può fare una vita più sana rispetto a tanti coetanei. La cosa bella, poi, è che sto imparando io tante cose da loro. Cose che mi ero dimenticato. Sto imparando la passione che ci mette questa gente. Gratis. Vedo genitori che accompagnano i figli, vedo la famiglia, vedo compattezza. Non c’è invidia, non c’è cattiveria. Qui c’è ancora la bellezza del ciclismo, c’è ancora la semplicità di ritrovarsi tra amici.”
Anche a costo di fare tanti chilometri. “Dalla Toscana, ad esempio, sono andato a Novara per essere insieme a loro. Il ciclismo è la mia vita, mi piace. Il ciclismo è bello, credo sia uno degli sport più belli che ci siano. Ai ragazzi bisogna insegnare un’etica giusta e penso che il ciclismo in questo sia cambiato in meglio. Tra gli Juniores ci sono valori sani. I ragazzi cominciano a percepire che per arrivare in alto non bisogna prendere delle scorciatoie, ma farlo con le proprie doti.”
La correttezza come valore morale e stile di vita: una base fondamentale soprattutto quando si ha a che fare con lo sport e con l’agonismo, “perché il ciclismo degli Juniores è fatto anche di agonismo, certo, ma non deve esserci esasperazione. A quell’età ancora non si può sapere se in futuro faranno i ciclisti o si dedicheranno ad altro. Ed è anche per questo che lo studio è fondamentale. Poi devo fare i miei complimenti al CT Davide Cassani. Si stanno facendo delle cose importanti. E’ bello vedere i dilettanti che corrono con i professionisti. Così imparano cosa vuol dire il ciclismo. E a viverlo al meglio.”
Scritto da Silvia Tomasoni per Ciclismoweb.net
http://www.ciclismoweb.net/index.php?opt...Itemid=108