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Attacchi&Contrattacchi: Ma quale ciclismo d'altri tempi
#26
Non so cosa intendesse Cats, può essere anche che fosse ironico (più che altro sarcastico direi), comunque al di là di questo articolo la linea di pensiero più diffusa è quella che ho criticato nei messaggi precedenti. Si stravolge completamente la realtà delle cose, lo sport è la morte di quella meritocrazia che tutti invocano (e che nessuno vuole veramente, altrimenti chissà dove finirebbe), un po’ perché la distribuzione degli stipendi è legata in modo poco coerente ai risultati, un po’ perché questi stessi stipendi arrivano a essere anche cento volte superiori a quelli di gente che lavora onestamente e con molti più sacrifici. Molti corridori si lamentano di non essere trattati come meritano nei contratti (e rispetto al calcio magari è pure vero, rispetto al resto del mondo assolutamente no), quindi mi sorprende che non passino ad altre occupazioni, magari nel campo siderurgico, dove c’è sempre bisogno di nuovo personale perché lì chi protesta o sciopera viene licenziato (ma non va in bici con la neve, almeno non davanti alle telecamere, quindi non è un eroe ma solo un poveraccio).
Poi c’è un’altra cosa, che è questo concetto di “sadismo”. A parte le manfrine pseudo-giornalistiche sui sentimenti e i ricordi, che purtroppo grazie anche alla superficialità dei social network stanno prendendo il sopravvento (tanto che il Processo alla Tappa è diventato tipo C’è Posta per Te), a parte questo il ciclismo è essenzialmente fatica. Sia nello svolgerlo attivamente, sia nel guardarlo in tv, a parte il gusto della fatica (che da molti cicloamatori viene un po’ frainteso) c’è poco altro, la tecnica, la tattica sono cose di contorno, che possiamo apprezzare noi che siamo particolarmente appassionati, tanto di stare svegli all’una e mezzo del sabato e invece di guardare i porno, tenere acceso lo streaming del Giro di California, ma al tifoso medio, diciamo così, piace la fatica dei corridori. Quindi non siamo ipocriti, se dal ciclismo si esclude la fatica non rimane nulla. Poi è ovvio che ci sono dei limiti, il primo è quello della sicurezza, il secondo riguarda i percorsi e la possibilità concreta di portarli a termine, anche considerando le condizioni atmosferiche. “Questo percorso è fattibile o no?” Credo di non aver mai visto da quando seguo il ciclismo, un percorso che si possa dire oggettivamente troppo duro, lo dimostra il fatto che quasi tutti, ogni volta, arrivano alla fine. Se uno ci pensa, il ciclismo su strada si diversifica solo grazie alle salite, altrimenti sarebbe una brutta copia del ciclismo su pista, che ha volate e crono in una forma molto più pura. In fondo i tifosi si innamorano del ciclismo su strada perché i corridori fanno una gran fatica, negarlo sarebbe da ipocriti.
 
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RE: Attacchi&Contrattacchi: Ma quale ciclismo d'altri tempi - da Gershwin - 22-05-2013, 05:00 PM

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