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Un Giro bruttino e già visto, 5+1 idee per migliorare
#1
Propongo un mio piccolo pezzo sul Giro, un riassunto di concetti di cui sicuramente ho già parlato altrove. Ovviamente partendo dal presupposto che non pretendo di risolvere tutti i problemi del Giro (che ci sono) con queste piccole cose, però secondo me migliorerebbero la corsa e siccome non sono cose troppo complicate non vedo perché escluderle a priori.


UN GIRO BRUTTINO E GIÀ VISTO, 5+1 IDEE PER MIGLIORARE

Sette tappe di cui una cronosquadre, quattro volate di gruppo in pianura e due volate in salita. Il Giro d’Italia 2014 ha superato il primo terzo di gara senza sussulti e grandi emozioni, con qualcosa di buono da raccontare ma niente da ricordare, almeno per quelli che non si chiamano Michael Matthews. La classifica è già piuttosto allungata grazie alla pioggia che ha minato il percorso della cronosquadre iniziale e quello della tappa di Montecassino, facendo naufragare una comunque pessima Katusha e lanciando Cadel Evans verso un primato virtuale tanto netto quanto insperato. Guardando le immagini della corsa in televisione, cadute a parte, l’impressione è stata di guardare una replica delle edizioni passate: stesse tappe, stessi percorsi, stesse situazioni e addirittura stesse polemiche.

Squadra che vince non si cambia direte, vero in parte. Il Giro d’Italia è un marchio solido, conosciuto e ora anche internazionale, ma il marchio non è tutto e vivere di rendita non è una soluzione praticabile. Mentre altre corse sperimentano soluzioni diverse per migliorare lo spettacolo, il Giro rimane fisso sui propri schemi: la cronosquadre all’estero, le tappe piatte che più piatte non si può, magari andando a cercare un gpm fasullo e un po’ di vento in riva al mare, salvo non trovarlo praticamente mai, la volata nel circuito in una città del Sud, le lunghe processioni verso i primi arrivi in salita, deludenti da almeno 10 anni a questa parte. Facile criticare, meno proporre idee per cercare di migliorare le cose. Allora proviamoci.

Dare alle partenze straniere un senso anche sportivo

Intanto si potrebbe metter mano sulle partenze dall’estero, sempre sgradite a molti ma ormai praticamente irrinunciabili e anche belle da vedere, almeno una volta ogni due anni circa. Se partire dall’estero significa semplicemente trasferire ciò che si sarebbe fatto in Italia a qualche migliaio di chilometri di distanza senza introdurre nessuna novità e senza dare un senso sportivo alle tappe, allora le critiche sono giuste e continueranno ad arrivare. Il ciclismo trova percorsi diversi e interessanti in ogni luogo, allora perché non sfruttare al massimo quello che i Paesi che ospitano la partenza possono offrire? Il modello da imitare potrebbe essere il via del Giro 2006 da Seraing, con il prologo iniziale, due volate e la meravigliosa ascesa verso la Cittadella di Namur, uno dei luoghi più “sacri” del ciclismo. Certo, di Namur ce n’è una, ma qualcosa di simile si può cercare ovunque e se non si trova vuol dire che il Giro non passerà di lì.

La cronosquadre va bene ma non all’inizio

Assegnare la prima maglia rosa con una cronosquadre è una scelta quantomeno opinabile: quest’anno ad essere premiato è stato un corridore onesto e valido ma non certamente il migliore del lotto, fatto passare per primo sul traguardo dai compagni perché era il suo compleanno. Trionfano l’amore e l’amicizia ma lo spettatore sbadiglia (perché lo sport è soprattutto contrasto, non a caso l’unica cronosquadre che quasi tutti ricordano è quella del Giro 2007 con la lite Di Luca-Gasparotto al traguardo).In più quest’anno la crono di Belfast ha bloccato del tutto la lotta per la maglia rosa nelle prime tappe, restringendola in pratica a 3 formazioni. Una conseguenza del risultato e non della cronosquadre in sé, ma comunque preventivabile. Quindi bene la cronosquadre, disciplina sempre interessante e spettacolare, ma all’inizio un prologo o una tappa in linea sono preferibili.

La tappa di Montalcino del Giro 2010 - Foto: FranzPisa
La tappa di Montalcino del Giro 2010 – Foto: FranzPisa

Non dimentichiamo lo sterrato

Capiamoci, non si può inserire lo sterrato in ogni edizione e non si può neanche sperare che ogni volta venga fuori una tappa all’altezza di quella, indimenticabile, di Montalcino. Però non dimentichiamo che i tratti di sterrato ci sono e si possono inserire, magari una volta ogni 4-5 anni come fa il Tour de France con i settori di pavè. Questo consiglio, comunque, è sicuramente il meno necessario visto che siamo sicuri che gli organizzatori abbiano in mente di tornare sugli sterrati senesi già nelle prossime edizioni.

Tappe evento e circuiti cittadini

La formula del circuito cittadino funziona, se servissero ulteriori prove basta guardare lo spettacolo delle corse che la adottano come il Giro di Polonia o le due Classiche canadesi di fine stagione. Eppure i grandi giri sono ancora scettici e continuano a proporre tappe anonime e per gran parte soporifere come quelle di Viggiano e Montecassino: lunghi trasferimenti fino al traguardo senza la minima emozione, nella piena tutela degli uomini di classifica che se ne stanno al coperto per il 99% del tempo durante le prime due settimane. Per rendere più vivace (e mediaticamente molto più valida) la prima parte di Giro si potrebbe inserire una tappa (selettiva al punto giusto) in circuito in una città come Firenze, Siena, Bologna, Trieste o anche gioielli del Sud come Matera, Agrigento, Alberobello, magari di domenica per evitare problemi logistici.

Non solo una semplice tappa, ma un evento che si potrebbe legare a tante altre iniziative municipali e che potrebbe attrarre pubblico e campioni in strada (al di là di quello che devono dire i giornalisti in televisione, i grandi campioni al Giro non sono venuti, anche giustamente). In più, se l’evento funziona, si aprono nuove strade com’è successo per Vicenza: dopo la bellissima tappa del Giro 2013 la città veneta è tra le candidate ad ospitare i Mondiali del 2020 (in realtà l’idea c’era già prima ma sicuramente quella tappa aiuterà ad indirizzare la scelta dell’UCI verso la nostra candidata).

A chi piacciono le mezze salite?

Non bastava Montevergine di Mercogliano, simbolo di tutto ciò che non piace al pubblico, quest’anno le mezze salite sono diventate due: prima Viggiano e poi Montecassino. Se la seconda poteva avere un senso per motivazioni estetiche, culturali e storiche, la salita verso Viggiano è un punto interrogativo irrisolvibile. Due passaggi non selettivi, un chilometro sì e no di salita, lungo la quale nessuno che non avesse già messo in preventivo di staccarsi ha perso contatto dal gruppo di testa, e volatone finale con uno splendido Ulissi in una cornice di pubblico da corsa di terza categoria. Con queste tappe non si fa concorrenza al Tour, ma neanche al Giro di Polonia.

p.s. Anche la salita della nona tappa verso Sestola non è esattamente di quelle durissime e vedere, come probabilmente accadrà, i fuggitivi del mattino giocarsi la tappa della domenica sarebbe piuttosto deprimente.

Consigli di cui normalmente non ci sarebbe bisogno

Vogliamo fare qualcosa per questo asfalto o vogliamo continuare a far cadere i corridori per creare la selezione che non si riesce a creare col percorso e poi prendersela con i volontari e gli addetti al traffico? La prima risposta ovviamente è quella giusta. Se le cadute fanno parte del gioco e i “blocchi” delle tappe come quello di Bari tendono più a salvaguardare le ambizioni degli uomini di classifica che a garantire delle fantomatiche condizioni di sicurezza che non ci saranno mai, cercare di ridurre al minimo certi rischi, dove è possibile, è una cosa di cui non ci sarebbe neanche da discutere. Invece bisogna farlo e si ricomincerà da capo l’anno prossimo, come quelli seguenti.
 
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Un Giro bruttino e già visto, 5+1 idee per migliorare - da Gershwin - 17-05-2014, 10:17 PM

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