04-11-2010, 12:35 PM
Sella: scusate, ci sono anch'io
La sua storia ci ha commosso, ci ha indignato, ci ha lasciato perplessi e ci ha fatto sorgere mille dubbi. Ora è caduta nel silenzio. È la storia di Emanuele Sella, vicentino classe ’81, professionista dal 2004, oggi portacolori della Carmiooro NGC. El Salbaneo (il folletto), così è soprannominato dalle sue parti, è uno dei tanti che ha sbagliato, ma uno dei pochi che è tornato in gruppo a voce bassa, senza inutili polemiche e discussioni. Ha scontato dodici mesi di squalifica per aver fatto uso di doping e ha collaborato con la giustizia. Da un anno è tornato alle gare con la speranza di riconquistare la fiducia degli appassionati di ciclismo.
La sua storia è simile a quella dello scatena-dibattiti Riccardo Riccò, ma l’atteggiamento è tutt’altro: Emanuele ha sofferto per non essere stato invitato al Giro 2010, ma non si è lamentato. Finora ha aspettato in silenzio la sua rivincita, cercando il riscatto in corsa. Continuerà a comportarsi così, ma per una volta lasciateglielo dire: «Scusate, esisto anch’io».
Torniamo al 2008, quando Emanuele indossava la maglia della CSF Group Navigare. È stato il suo anno, nel bene e nel male. Ci ha emozionato. Ha vinto le tre tappe dolomitiche del Giro: Alpe di Pampeago, Passo Fedaia e Triano. Un sogno.
«Ho un bellissimo ricordo di quelle tre splendide vittorie frutto di tanti sacrifici. Non le dimenticherò facilmente e spero rimarranno come un bel ricordo anche per chi all’epoca mi applaudiva. In tanti mi hanno dimostrato che le emozioni di quei giorni non sono state offuscate da quanto accaduto dopo e per me questa è un’altra vittoria».
Ci ha deluso. Il 23 luglio di quel 2008 è stato sottoposto a un controllo antidoping a sorpresa, il 5 agosto è stata resa ufficiale la sua positività al Cera, l’Epo di terza generazione. Due anni di squalifica (pena successivamente ridotta a un anno per collaborazione alle indagini, ndr). Un incubo.
«Mi è caduto il mondo addosso. Quello che ho provato lo sappiamo solo io e chi mi è stato vicino in quel momento difficile, quindi mia moglie Lara, la mia famiglia e i veri amici che si contano sulle dita di una mano. Del mondo del ciclismo pochi, veramente pochi. Il comportamento della maggior parte dei miei colleghi mi ha fatto soffrire parecchio, ma oggi non ce l’ho con nessuno. L’errore è stato mio, quindi ero io a dover rimediare. È stata davvero dura, ma sono riuscito a girare pagina».
Di quei giorni cosa ti resta?
«Vorrei dimenticare tutto, ma non accadrà mai e forse è meglio così. Quando si cade e ci si rialza, si acquisisce una forza in più. Per natura, poi, sono un ottimista perciò penso che anche da un periodo così nero qualcosa di buono ne uscirà. Sicuramente sono cresciuto, ho imparato molto».
Ha sbagliato. Ha pagato e collaborato. L’inchiesta penale della Procura di Padova scattata dalle sue confessioni ha svelato una vasta rete di fornitura e distribuzione di prodotti dopanti e ha portato alla denuncia di trenta persone, tra cui dodici ciclisti professionisti. È stata sicuramente una scelta difficile da prendere in un ambiente omertoso come quello ciclistico.
Cosa ti ha spinto a dare una mano al procuratore Ettore Torri? Qualcuno sospetta che tu abbia scelto di collaborare solo per ottenere una riduzione di pena…
«Ho semplicemente fatto quello che ritenevo giusto. C’è chi mi crede e chi no, ma ora non voglio parlarne più. Posso rispondere solo coi fatti, coi miei comportamenti in corsa».
È tornato alle gare il 18 agosto 2009.
«Un nuovo inizio. Le braccia aperte non sono state tante, ma me lo aspettavo. C’è chi mi ha dimostrato vera amicizia, chi ha capito la situazione in cui mi sono trovato e chi no».
Vuole riconquistarci. Come accaduto per Riccardo Riccò, quest’anno non è stato invitato al Giro d’Italia. Se per il mancato invito del Cobra si sono accese mille discussioni, per Emanuele non è stata spesa neanche una parola. Vicende simili, la tua e quella di Riccò, ma modi di fare totalmente diversi.
«Sì, abbiamo passato entrambi un periodo difficile per aver commesso lo stesso grave errore, ma siamo due persone diverse. Credo sia dovuto a un fatto di carattere: per lui è normale polemizzare, esprimere il suo disappunto in tutti i modi possibili, mentre io preferisco dimostrare quello che valgo in gara, senza parlare troppo. Una volta che ci sarò riuscito le porte si apriranno automaticamente, o almeno lo spero. Magari oltre al periodo della squalifica dovrò scontare uno, due anni di purgatorio prima di poter tornare a disputare un grande Giro. Ho tanta pazienza, sono pronto ad aspettare, anche perché sono consapevole che ciò che ho fatto è molto grave, ma in cuor mio mi auguro accada il prima possibile».
Giù dal sellino Emanuele è di poche parole, ma in corsa non si risparmia. Dal suo ritorno non ha potuto disputare le corse più importanti, ma in tutte quelle a cui ha preso parte si è messo in luce. È l’orgoglio che ti spinge ad attaccare?
«Sì, ma non sto facendo niente di più di quello che un corridore deve fare. Do il massimo, lavoro tanto e cerco il risultato. Devo riscattarmi. Quest’anno mi aspettavo qualcosa di più, ma sono fiducioso. Se in questa stagione non è arrivata neanche una vittoria, ne arriveranno almeno due l’anno prossimo!».
Per finire facciamo un salto nel futuro ormai prossimo. Nel 2011 cambierai squadra e correrai con la maglia della Androni.
«Sì, Gianni Savio mi ha proposto di correre nella sua squadra e io non ci ho pensato due volte. Ha aiutato tanti corridori a tornare grandi e io spero di essere il prossimo».
Guardando ancora oltre come si immagina Lele da grande?
«Vicino a Lara, magari con un bimbo».
E l’atleta Sella?
«Spero sia riuscito a tornare a correre ad alti livelli e sia soddisfatto dei suoi risultati. Soprattutto mi auguro abbia raggiunto il suo sogno».
E qual è?
«Tornare a vincere al Giro, la corsa che amo. Non è da me gridarlo ad alta voce, ma sarei felice di poterlo correre già l’anno prossimo».
di Giulia De Maio, tuttoBICI del Settembre 2010
La sua storia ci ha commosso, ci ha indignato, ci ha lasciato perplessi e ci ha fatto sorgere mille dubbi. Ora è caduta nel silenzio. È la storia di Emanuele Sella, vicentino classe ’81, professionista dal 2004, oggi portacolori della Carmiooro NGC. El Salbaneo (il folletto), così è soprannominato dalle sue parti, è uno dei tanti che ha sbagliato, ma uno dei pochi che è tornato in gruppo a voce bassa, senza inutili polemiche e discussioni. Ha scontato dodici mesi di squalifica per aver fatto uso di doping e ha collaborato con la giustizia. Da un anno è tornato alle gare con la speranza di riconquistare la fiducia degli appassionati di ciclismo.
La sua storia è simile a quella dello scatena-dibattiti Riccardo Riccò, ma l’atteggiamento è tutt’altro: Emanuele ha sofferto per non essere stato invitato al Giro 2010, ma non si è lamentato. Finora ha aspettato in silenzio la sua rivincita, cercando il riscatto in corsa. Continuerà a comportarsi così, ma per una volta lasciateglielo dire: «Scusate, esisto anch’io».
Torniamo al 2008, quando Emanuele indossava la maglia della CSF Group Navigare. È stato il suo anno, nel bene e nel male. Ci ha emozionato. Ha vinto le tre tappe dolomitiche del Giro: Alpe di Pampeago, Passo Fedaia e Triano. Un sogno.
«Ho un bellissimo ricordo di quelle tre splendide vittorie frutto di tanti sacrifici. Non le dimenticherò facilmente e spero rimarranno come un bel ricordo anche per chi all’epoca mi applaudiva. In tanti mi hanno dimostrato che le emozioni di quei giorni non sono state offuscate da quanto accaduto dopo e per me questa è un’altra vittoria».
Ci ha deluso. Il 23 luglio di quel 2008 è stato sottoposto a un controllo antidoping a sorpresa, il 5 agosto è stata resa ufficiale la sua positività al Cera, l’Epo di terza generazione. Due anni di squalifica (pena successivamente ridotta a un anno per collaborazione alle indagini, ndr). Un incubo.
«Mi è caduto il mondo addosso. Quello che ho provato lo sappiamo solo io e chi mi è stato vicino in quel momento difficile, quindi mia moglie Lara, la mia famiglia e i veri amici che si contano sulle dita di una mano. Del mondo del ciclismo pochi, veramente pochi. Il comportamento della maggior parte dei miei colleghi mi ha fatto soffrire parecchio, ma oggi non ce l’ho con nessuno. L’errore è stato mio, quindi ero io a dover rimediare. È stata davvero dura, ma sono riuscito a girare pagina».
Di quei giorni cosa ti resta?
«Vorrei dimenticare tutto, ma non accadrà mai e forse è meglio così. Quando si cade e ci si rialza, si acquisisce una forza in più. Per natura, poi, sono un ottimista perciò penso che anche da un periodo così nero qualcosa di buono ne uscirà. Sicuramente sono cresciuto, ho imparato molto».
Ha sbagliato. Ha pagato e collaborato. L’inchiesta penale della Procura di Padova scattata dalle sue confessioni ha svelato una vasta rete di fornitura e distribuzione di prodotti dopanti e ha portato alla denuncia di trenta persone, tra cui dodici ciclisti professionisti. È stata sicuramente una scelta difficile da prendere in un ambiente omertoso come quello ciclistico.
Cosa ti ha spinto a dare una mano al procuratore Ettore Torri? Qualcuno sospetta che tu abbia scelto di collaborare solo per ottenere una riduzione di pena…
«Ho semplicemente fatto quello che ritenevo giusto. C’è chi mi crede e chi no, ma ora non voglio parlarne più. Posso rispondere solo coi fatti, coi miei comportamenti in corsa».
È tornato alle gare il 18 agosto 2009.
«Un nuovo inizio. Le braccia aperte non sono state tante, ma me lo aspettavo. C’è chi mi ha dimostrato vera amicizia, chi ha capito la situazione in cui mi sono trovato e chi no».
Vuole riconquistarci. Come accaduto per Riccardo Riccò, quest’anno non è stato invitato al Giro d’Italia. Se per il mancato invito del Cobra si sono accese mille discussioni, per Emanuele non è stata spesa neanche una parola. Vicende simili, la tua e quella di Riccò, ma modi di fare totalmente diversi.
«Sì, abbiamo passato entrambi un periodo difficile per aver commesso lo stesso grave errore, ma siamo due persone diverse. Credo sia dovuto a un fatto di carattere: per lui è normale polemizzare, esprimere il suo disappunto in tutti i modi possibili, mentre io preferisco dimostrare quello che valgo in gara, senza parlare troppo. Una volta che ci sarò riuscito le porte si apriranno automaticamente, o almeno lo spero. Magari oltre al periodo della squalifica dovrò scontare uno, due anni di purgatorio prima di poter tornare a disputare un grande Giro. Ho tanta pazienza, sono pronto ad aspettare, anche perché sono consapevole che ciò che ho fatto è molto grave, ma in cuor mio mi auguro accada il prima possibile».
Giù dal sellino Emanuele è di poche parole, ma in corsa non si risparmia. Dal suo ritorno non ha potuto disputare le corse più importanti, ma in tutte quelle a cui ha preso parte si è messo in luce. È l’orgoglio che ti spinge ad attaccare?
«Sì, ma non sto facendo niente di più di quello che un corridore deve fare. Do il massimo, lavoro tanto e cerco il risultato. Devo riscattarmi. Quest’anno mi aspettavo qualcosa di più, ma sono fiducioso. Se in questa stagione non è arrivata neanche una vittoria, ne arriveranno almeno due l’anno prossimo!».
Per finire facciamo un salto nel futuro ormai prossimo. Nel 2011 cambierai squadra e correrai con la maglia della Androni.
«Sì, Gianni Savio mi ha proposto di correre nella sua squadra e io non ci ho pensato due volte. Ha aiutato tanti corridori a tornare grandi e io spero di essere il prossimo».
Guardando ancora oltre come si immagina Lele da grande?
«Vicino a Lara, magari con un bimbo».
E l’atleta Sella?
«Spero sia riuscito a tornare a correre ad alti livelli e sia soddisfatto dei suoi risultati. Soprattutto mi auguro abbia raggiunto il suo sogno».
E qual è?
«Tornare a vincere al Giro, la corsa che amo. Non è da me gridarlo ad alta voce, ma sarei felice di poterlo correre già l’anno prossimo».
di Giulia De Maio, tuttoBICI del Settembre 2010