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Le corse dimenticate
#33
Venticinquesima Edizione – 20 settembre 1929
Su un percorso che tornava al tradizionale, da svolgere in un’unica tappa di 470 chilometri, partirono alle 21,15 dai Cessati Spiriti di Roma 46 corridori, tutti i migliori italiani, eccezion fatta per la Maino di Girardengo e, con lui, di Negrini, vincitore uscente e Giacobbe. A buona andatura i concorrenti si “mangiarono”  in una notte serena, con bella luce lunare ed aria fresca, i primi 100 chilometri, raggiungendo Terracina. Qui passarono insieme sette corridori: Frascarelli, Binda, Piemontesi, Pancera, Catalani, Chiappini e Gori. A 2’20” Vallazza e Belloni, ed a 4’, sgranati, Proietti, Bestetti, Mammina e Di Biasi. A costo di un veemente inseguimento, che vide protagonista principale Belloni, il gruppo di testa sui rinfoltì in vista di Formia. Poco dopo questa località, forò per la terza volta Binda, che anziché dannarsi come in precedenza, aspettò l’auto della Legnano e si ritirò. Ciò provocò un rallentamento notevole, ed a Capua, in testa passò un gruppo di 25 corridori, fra i quali il fratello minore di Alfredo Binda, Albino. A Napoli in piazza San Carlo, una folla enorme aspettò i ciclisti per la firma di controllo. Ad arrivare con un leggero anticipo sugli altri, fu il romano Frascarelli Il gruppo di testa aveva impiegato per compiere il tratto Roma-Napoll, nove ore e nove minuti, marciando ad una media di 25,450 kmh. Sempre senza forzare, i concorrenti giunsero a Teano, dove partirono Spadolini, Belluni, Mammina, Vallazza, Piemontesi, Frascarelli e Pancera. Dopo un paio di chilometri sopraggiunsero Gori. Bastetti e Catalani e dopo il superamento di un incidente con l’auto della giuria, rientrò anche Chiappini, seguito da Cecconi. A Cassino, la situazione si rimescolò e tagliò per primo il traguardo a premio, Spadolini, seguito a ruota da Frascarelli, indi Belloni, Catalani, Pancera, Chiappini, Cecconi, Piemontesi, Gori, Bestetti ed altri. Poco dopo, Frascarelli, iniziò ad accusare forti dolori allo stomaco e si ritirò. A Ceprano dopo 367 chilometri, fu Pancera a vincere il traguardo a premio. La corsa entrò nel vivo poco prima di Frosinone, quando il cielo divenne coperto minacciando pioggia e, forse per questo, stuzzicò i furori di Piemontesi che allungò decisamente il passo. Fu seguito da Belloni e Catalani e, poco più tardi, si unì a loro anche Pancera. A quel punto però, l’andatura dei battistrada diminuì e rientrò su di loro anche Mammina. Sulla salita di Ferentino, la sempre bassa andatura del gruppetto di testa, consentì il rientro di altri tre corridori:  Vallazza, Bestetti e Spadolini.Verso la cima scattò Pancera, sul quale si riportarono per primi Piemontesi e Belloni, poi gli altri, ed a Palestrina, dopo 440 chilometri, gli otto di testa erano ancora insieme. Cinque chilometri dopo, forò Piemontesi. Fu la scintilla della battaglia. Si susseguirono chilometri di scatti e contri scatti: crollò letteralmente Spadolini e mollarono un poco anche Mammina e Vallazza, mentre Piemontesi ritrovò forze incredibili e rientrò dalla foratura. I cinque rimasti davanti, andarono dritti all’arrivo posto sul rettilineo davanti alla Rondinella. Qui, il folto pubblico poté assistere ad una sontuosa volata del vecchio Belloni, 37 anni, che anticipò di mezza ruota Piemontesi e Bestetti.

Ordine d’arrivo:
1° Gaetano Belloni km 470 in 18h45’ alla media di 25,044 kmh; 2° Domenico Piemontesi; 3° Piero Bestetti; 4° Giuseppe Pancera; 5° Alessandro Catalani; 6° Nicolò Mammina a 2’; 7° Ermanno Valazza;.8° Arnaldo Gori a 4’; 9° Mario Spadolini a 14’; 10° Giovanni Vitto a 32’; 11° Enzo Agliani; 12° Valerio Chiappini a 38’;  13° Erminio Di Biasi a 47’; 14° Arnaldo Bergami a 56’; 15 Antonio Cervoni.




Ventiseiesima Edizione–20 settembre 1930
L’avventura della Società Sportiva Forza e Coraggio di Roma e del giornale “Il Messaggero”, giunse così al 1930. Si trattava di un’importante tappa, ma l’incalzare dell’UVI (Unione Velocipedistica Italiana), ed il regime totalitario che gravava sull’Italia, iniziarono a porre paletti e volontà che cominciarono ad incrinare l’entusiasmo degli organizzatori. Ciononostante, l’edizione del 1930, non subì contraccolpi eclatanti. 

Roma - Napoli
La 26esima “XX Settembre” partì alle 8,40 del mattino da Corso Principe Eugenio e poté vivere sulla partecipazione di 51 concorrenti. La tipologia di corsa fu modificata rispetto agli ultimi anni e ritornò a proporre due tappe distinte, ed una classifica finale a punti. La frazione verso Napoli, fu avara di episodi e visse, pur a buona andatura, sul motto “avanti insieme”. L’unica nota di cronaca di una certa tangibilità, la diede il corridore romano Tullio D’Achille che, dopo aver vinto la volata per il traguardo a premi di Fondi, proseguì solitario al comando per un bel gruzzolo di chilometri. Poi qualche scaramuccia, ma niente di particolare. Cosicché, al traguardo posto all’Arenaccia di Napoli, si presentò un folto gruppo che si spezzò solo per l’inezia di qualche secondo, a causa del caos che la volata favorì. Vinse da par suo, probabilmente il più forte velocista che l’Italia ciclistica possedeva in quell’annata: Michele Mara. Questo sorridente atleta di Busto Arsizio, superò nettamente di due biciclette il cesenaticense Pio Caimmi, ed il toscano Raffaele Di Paco.

Ordine d’arrivo:
1° Michele Mara Km 230 in 8h49’ alla media di 26,146 kmh; 2° Pio Caimmi; 3° Raffaele Di Paco; 4° Fabio Battesini; 5° Luigi Marchisio a 9”; 6° a pari merito con lo stesso tempo: Crippa, Lalle, Spadolini, Giacobbe, Fossati, Rinaldi, Gremo, Orecchia, Morelli, Camusso, Rovida, Falera, Piemontesi, Negrini, Di Vitto, Pesenti, Diamantini, D’Alessandris.

Napoli – Roma
Alla partenza, data alle ore 8 da Capodichino, si sperava in una condotta dei corridori più battagliata, ed invece la prova di ritorno verso Roma, fu ancor meno animata della precedente e percorsa ad andatura ancora più blanda. Cosicché, nonostante un errore di percorso, che aveva spezzato e riunito il gruppo, praticamente tutti i concorrenti rimasti in gara, si giocarono il traguardo di Roma, presso il motovelodromo Appio gremito in ogni ordine di posti. Rivinse con una stupenda volata Michele Mara, stavolta su Piemontesi e Morelli. Per il corridore bustese, arrivò anche la vittoria nella classifica finale a punti. Si trattava comunque di un successo meritato, che andava ad aggiungersi alle prestigiose affermazioni che Mara aveva colto nell’anno: su tutte la Milano-Sanremo, il Criterium di Apertura e ben 5 tappe al Giro d’Italia.

Sul vincitore.
[Immagine: 198px-Tour_de_France_1929_-_Michele_Mara.JPG]
Nato a Busto Arsizio il 2 ottobre 1903, deceduto a Milano il 18 novembre 1986. Passista veloce. Professionista dal 1928 al 1937 con 23 vittorie. È passato alla storia come un velocista puro, ma a ben vedere, era capace anche di tenere su certe salite, ed aveva un ottimo passo. Di qui la più corretta definizione di passista veloce. Un corridore breve nelle sue punte di carriera, ma in quel lasso, fu intenso e popolare. Ottimo dilettante, nonostante avesse imparato ad andare in bicicletta alla “veneranda” età di 20 anni, imperversò a lungo, fino a giungere al posto d’onore, dietro ad Allegro Grandi, nel Mondiale della categoria del 1928. All’indomani di quel podio, passò professionista con la Bianchi (che sarà la sua unica squadra di carriera, a parte un intermezzo, nel ’33, con la “Genial Lucifer”, limitato alle corse francesi) e riuscì a correre due prove di rilevanza, come il Giro dell’Emilia, dove dimostrò subito grande competitività giungendo terzo e il Giro di Romagna, che chiuse al sesto posto. Nel 1929, arrivarono i primi concreti segni vittoriosi del Michele Mara nell’elite del ciclismo, coi successi nella Coppa Santagostino, nella Coppa Crespi a Legnano, nel GP Cervino a Varese e nell’Astico Brenta. Stellare il suo 1930, con tredici successi (per quei tempi un numero enorme). Riuscì a primeggiare, sia nella Milano-Sanremo che nel Giro di Lombardia (in seguito alla retrocessione di Piemontesi per irregolarità, ma davanti a Binda e Guerra), indi in ben cinque tappe del Giro d’Italia: a Catania (la prima) e Milano (l’ultima), nonché a Teramo, Ancona e Rovigo. Al suo attivo anche la Roma-Napoli-Roma (la famosa XX Settembre) e le due frazioni che la componevano, la seconda tappa della Torino-Bruxelles (GP du Centenaire), il Criterium d’Apertura e il Circuito di Varese. 
Nel 1931, rivinse due tappe al Giro d’Italia, a Napoli e Genova, oltre a piazzarsi altre cinque volte sul podio di frazione. Chiuse il Giro in sesta posizione. Notevoli anche i piazzamenti di stagione: finì 2° nel Giro di Lombardia, nella Predappio-Roma e 3° nel Campionato Italiano e nella Tre Valli Varesine. Col 1932 iniziò la sua flessione, anche se continuò a piazzarsi tantissimo in classiche come la Milano Sanremo (3°), nonché nelle tappe del Giro d’Italia. Nell’anno fu pure 3° al Giro di Campania e 6° nel “Lombardia”. Vinse invece il Giro dei Castelli Romani. Dopo un 1933 avaro in tutti i sensi, anche per diversi problemi fisici (nell’anno si segnalò solo per il 10° posto alla “Sanremo” e il 13° nel “Lombardia”), ritornò ruota vincente nella stagione seguente, quando vinse il Trofeo Collinet in Francia e, sempre in terra transalpina, il GP degli Italiani, a Nizza. In Italia, si piazzò in un paio di tappe al Giro, ma niente di paragonabile alle condotte degli anni d’oro: era al tramonto. Continuò a correre ancora un paio di stagioni senza sussulti e, agli inizi del 1937, chiuse l’attività. Il testimone passò a suo fratello minore Enrico, che però, non arrivò mai a risultati di peso.

Ordine d’arrivo: 
1° Michele Mara Km 236 in 10h30’10” alla media di 24,218 kmh; 2° Domenico Piemontesi; 3° Ambrogio Morelli; 4° a pari merito col tempo del vincitore: Battesini, Di Paco, Giacobbe, Pesenti, Marchisio, Canazza, Giuntelli, Camusso, Negrini, Perna, Fossati, Crippa, Falera, Larona, Canavesi, Cardinali, Spadolini, Di Vitto, Gori, D’Achille, Orecchia, Rinaldi, Torti, Gremo, Giannini, Bergami.

Classifica finale a punti:

1° Michele Mara punti 2; 2° Raffaele Di Paco punti 7; 3° Domenico Piemontesi punti 8, 4° Ambrogio Morelli punti 8, 5°  Fabio Battesini punti 8.

Maurizio Ricci detto Morris

....segue
 
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