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Le corse dimenticate
#23
Ottava Edizione–19/20 settembre 1909
Un’edizione sfortunata, con code polemiche che misero un punto all’esperienza di un traguardo vero di tappa a Napoli. Ed una prova, dove i corridori, che stavano crescendo ovunque, al sud quanto al nord, avessero allora forse più forza ed una volontà sindacale migliore, rispetto ai colleghi di oggi. Sembra paradossale, ma quanto avvenne nella prima tappa di questa corsa, al netto dei tempi, delle conoscenze, dei rudimentali strumenti di corsa dell’epoca e dello stato delle strade, andò in questa direzione. I ciclisti, venuti a sapere a ridosso della partenza, che l’arrivo di Napoli, era posto all’interno dell’Ippodromo di San Pietro a Patierno, un piccolo comune nella periferia nord est della città partenopea, minacciarono il ritiro, se non  fosse stata cambiata la sede d’arrivo. Non volevano prestarsi al facile caos e alle conseguenti contestazioni che potevano sorgere all’ingresso dell’impianto e nel giro e mezzo di percorrenza sull’anello dell’ippodromo. A loro parere si sarebbero creati i presupposti per un arrivo irregolare e vista l’impossibilità di giungere direttamente nell’impianto, a causa del brevissimo rettilineo, rimasero decisi sull’imporre lo spostamento della sede dell’epilogo. L’organizzazione accettò, ma in virtù dell’impreparazione e delle difficoltà di collegamento con Napoli (allora non c’erano  certo i mezzi di comunicazione di oggi…), creò ulteriore caos. All’Ippodromo di San Pietro in Patierno, infatti, viste le informazioni di tutti i giornali, s’era radunata una folla strabocchevole, con tanto di pagamento di biglietto, come fosse una gara di trotto. Prima dell’arrivo dei corridori, per riempire l’attesa, erano state previste delle gare podistiche, che si svolsero normalmente, ma quando il pubblico capì che la corsa non sarebbe terminata lì, successe il pandemonio. La pretesa, legittima, di un rimborso dei soldi pagati per il biglietto, trovò impreparata tanto l’organizzazione, quanto le poche forze dell’ordine presenti, per la gran parte destinate sulla via provinciale del Comune di Casoria, fiancheggiante il binario della ferrovia secondaria, dove era stato posto il “vero” arrivo di tappa. Fatto sta che fra un problema e l’altro, proprio qui arrivarono i corridori, trovando il traguardo richiesto, anche se con uno scenario che definirlo rudimentale, rappresentava un eufemismo. 

Roma - Napoli
E dire che l’edizione visse una grande attesa e un buon numero di partenti, 66, che eguagliava il record di partecipanti. Notevole pure l’andatura nelle fasi iniziali dove il “tutti in gruppo” fu rotto dalla spaccatura del cerchione della ruota posteriore della bici del milanese Sala, costretto al ritiro e di Cuniolo, fermatosi per i postumi della caduta al Giro dell’Emilia. A Frosinone passò primo Canepari, con un leggero vantaggio sul gruppo. A Cassino la testa fu di Bruschera, sul grosso composto da 40 uomini. Verso Capua si verificarono cedimenti che ridussero il numero dei componenti il gruppo, di una buona metà. Gli ultimi chilometri furono un testa a testa fra il vincitore del Giro d’Italia Luigi Ganna e il torinese Vincenzo Borgarello, che allungarono la fila del drappello al comando, senza provocare distacchi di nota. La volata non ebbe storia e vide Ganna primeggiare senza problemi, anche grazie alla foratura di Borgarello, che tagliò il traguardo secondo con la gomma praticamente a terra, anticipando ugualmente Gerbi…che pianse per essere arrivato terzo. Il drappello che disputò la volata decisiva, era composto da nove corridori.

Ordine d’arrivo:
1° Luigi Ganna km 230 in 8h42' alla media di 26.437 kmh;
Vincenzo Borgarello; 3° Giovanni Gerbi; 4° Mario Ferrario; 5° Eberardo Pavesi; 6° Dario Beni; 7° Cesare Costa; 8° Battista Danesi; 9° Giuseppe Santhià; a distacchi maggiori 10° Mario Bruschera; 11° Pietro Aimo; 12° Mario Fortuna; 13° Cesare Brambilla; 14° Clemente Canepari; 15° Mario Gallia; 16° Amedeo Salmoiraghi; 17° Alfredo Jacobini; 18° Luigi Cagna; 19° Giovanni Ciotti; 20° Francesco Perrotta; 21° Amadeo Baiocco; 22° Adriano Jacobini; 23° Nicola Bianchedi; 24° Antonio Bizzarri; 25° Angelo Erba; 26° Emilio Chironi; 27° Antonio Lori; 28° Gino Brizzi; 29° Arnoldo Galoppini; 30° Giuseppe Galbai; 31° Luigi Chiodi; 32° Mario Costa; 33° Ernesto Azzini; 34° Giuseppe Broni; 35° Guglielmo Franceschini; 36° Giovanni Perrotta; 37° Arnaldo Nanbocci; 38° Angelo Carosi; 39° Umberto Jacomino; 40° Giuseppe Dilda; 41° Alessandro Pazienti;  42° Giuseppe Perna;  43° Gaetano Uras;  44° Giorgio Troschiatti; 45° Francesco Morrone; 46° Giovanni Miele; 47° Tebaldo Panigucci; 48° Carlo Barchiglioni; 49° Augusto Nicoletti; 50° Azeglio Tomarelli; 51° Mayer; 52° Jazzini; 53° Molda; 54° Elefante; 55° Di Lazio; 56° Mari.

Napoli - Roma
Con gli echi fortissimi del caos del giorno prima, partì la seconda e decisiva tappa da Napoli a Roma. La corsa si mosse tranquilla fino a Capua, dove a causa di un carro di tronchi, si verificò una caduta che costrinse Dario Beni al ritiro. Sulla salita di Itri, scattò Pavesi, raggiunto da Canepari e Gerbi, ma furono ben presto ripresi. A Cisterna sotto la spinta di Ganna e Pavesi il gruppo si spezzò e la salita di Velletri portò al comando un quartetto composto dall’indemoniato Ganna, Pavesi, Pietro Aimo e Gerbi. Vedendo quest’ultimo in difficoltà, il vincitore del Giro d’Italia, attaccò ulteriormente e lasciò gli altri. A Genzano passò con quasi cinque minuti di vantaggio sui tre inseguitori, ma non tardò ad andare in crisi. Una debacle che diventò disperazione e sfinimento a pochi chilometri da Roma, già sull’Appia antica, quando venne raggiunto e superato dal terzetto. A quel punto Ganna si fermò e si ritirò nonostante le sollecitazioni del direttore sportivo dell’Atala, la sua squadra e del pubblico, gridando: “O primo o ultimo”. Poco dopo, Pavesi tentò subito l'allungo, staccando Aimo e Gerbi. Quest'ultimo però, dopo un momento di tentennamento, si rimise a tirare da par suo e all'ultimo chilometro si riportò nella scia del battistrada, con alla ruota Aimo. Il pubblico enorme (i giornali dell’epoca parlarono di 60.000 persone), aveva lasciato a disposizione dei corridori, sopraffacendo le forze dell’ordine, uno stretto corridoio ampio non più di due metri. Ciò provocò non pochi problemi di equilibrio ai tre ciclisti, costretti a ripetute frenate e sbandamenti. Ad un centinaio di metri dal traguardo, due ciclisti invasero improvvisamente la strada e Pavesi, che aveva già lanciato la volata, li centrò in pieno, trascinando nella caduta anche Aimo e Gerbi. Quest’ultimo fu il primo a rialzarsi, ed a vincere per il sostegno dei suoi tifosi, con le mani. Un epilogo amaro, per una edizione sfortunata, nonostante un pubblico come mai s’era visto.

Ordine d’arrivo:
1° Giovanni Gerbi Km 230 in 9h34' alla media di 24,042 kmh;
2° Eberardo Pavesi; 3° Pietro Aimo; 4° Battista Danesi a 3'; 5° Emilio Chironi a 6'; 6° Vincenzo Borgarello a 13'; 7° Giuseppe Santhià a 15’; 8° Giovanni Ciotti; 9° Mario Ferrario; 10° Giuseppe Galbai a 18'; 11° Luigi Cagna; 12° Nicola Bianchedi; 13° Clemente Canepari a 28'; 14° Gino Brizzi a 33'; 15° Amedeo Salmoiraghi a 38'; 16° Luigi Chiodi; 17° Mario Fortuna a 48'; 18° Umberto Jacomino; 19° Mario Gallia; 20° Alfredo Jacobini; 21° Cesare Costa; 22° Francesco Perrotta; 23° Antonio Lori; 24° Antonio Bizzarri; 25° Giuseppe Perna; 26° Giovanni Perrotta; 27° Giovanni Mayer; 28° Alessandro Pazienti; 29° Francesco Morrone; 30° Tebaldo Panicucci.

Maurizio Ricci detto Morris

.....segue
 
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Le corse dimenticate - da Morris - 18-12-2018, 10:21 AM
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