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14^ tappa: Cherasco - Cervinia
#1
Sabato 19 Maggio 2012

14a Tappa
Cherasco - Cervinia
(205 km)



Presentazione

“E’ L’ORA!”. Gasperino, il carbonaio di Trastevere, aveva pronunciato questa laconica frase quando, ancora mezzo intontito dai fumi dell’alcol, raccontava a moglie e figlia la strana avventura che credeva d’aver appena sognato e che, invece, aveva realmente vissuto poiché frutto di un tremendo scherzo del giocondo marchese Onofrio del Grillo, che l’aveva sostituito alla sua persona, data l’impressionante somiglianza fisica, e l’aveva poi visto quasi finire decapitato sul patibolo, mentre il frate confessore che lo accompagnava al supplizio gli ricordava continuamente che “l’ora” era giunta. Il monito ricordato dal personaggio creato dalla fantasia di Mario Monicelli e al quale diede corpo e voce l’indimenticato Alberto Sordi risuonerà ancora, a quasi trenta anni dalla prima del film “Il marchese del Grillo”, nella mattina che darà il via alla prima tappa alpina del Giro 2012. L’ora giungente sarà quella delle grandi montagne, delle grandi selezioni, che daranno una decisa svolta a un Giro finora non particolarmente esigente sotto l’aspetto altimetrico. A meno di sorprese, le montagne finora disputate (lo sterrato Passo della Cappella, l’arrivo a Rocca di Cambio e il successivo traguardo al Laceno) saranno state al massimo teatro di qualche scaramuccia e solo a partire da oggi si farà sul serio. Se non bastasse il monito rammentato da Gasperino, ci sarebbe anche il ricordo della tappa vinta da Ivan Gotti in quella Cervinia ,che fu sede di tappa nel 1997 e riabbraccerà i “girini” la sera del 19 maggio 2012. Quel giorno Gotti tolse a Tonkov quella maglia rosa che poi porterà sino a Milano ma, questo, è un precedente che non fa molto testo, sia perché la tappa vinta dal campione bergamasco era più impegnativa di quella odierna, sia perché quell’edizione era strutturata diversamente. Nel 1997, infatti, Cervina era – ieri come oggi – la prima frazione alpina, ma da lì a Milano ce ne sarebbero state solo altre due veramente impegnative (Falzes ed Edolo) e occorreva sfruttarle, tutte e bene, queste occasioni. Stavolta ne seguiranno quattro, tutte decisamente più impervie, e la consapevolezza di questo programma certo indurrà a una calma contenuta i primattori del Giro. Il tracciato della 14a frazione, pur impegnativo, non è dei più appetibili agli scalatori e – tenuto anche conto che già domani ci sarà un’altra tappa di montagna, nettamente più dura – non si dovrà attaccare i corridori per una probabile non belligeranza odierna. Il rischio è di non averne più domani se si sarà scialacquato troppo oggi, su di un tracciato che non è comunque da sottovalutare, complici i ben 50 Km di salita che si dovranno superare negli ultimi 68 Km di gara, divise in due “fette” consistenti per lunghezza ma non certo per pendenze. Selezione ci sarà, è inevitabile, e di certo più marcata rispetto a quanto visto sull’appennino meridionale, ma non sarà ancora vero terremoto, anche se un cambio al vertice della classifica sarà, invece, molto probabile. Ci fosse un Contador nel gruppo potrebbe anche dare una bella sterzata efficace, come successo l’anno scorso sull’Etna, ma quello era un Giro di diverso spessore, con il riposo subito dopo l’arrivo siculo e le altre montagne collocate più avanti. E poi sono perle rare corridori dalla classe cristallina come lo spagnolo, capaci di fare il vuoto anche su salite non eccezionali.
Le due ascese finali, il Colle di Joux e l’arrampicata verso il Cervino, saranno le uniche difficoltà di una giornata che prima non proporrà altro che la pianura, se non qualche breve zampellotto, come quello che s’incontrerà all’uscita dal bel centro di Cherasco (vi si trovano monumenti che spaziano nel tempo dal romanico della chiesa di San Pietro al barocco) e ch lancerà il gruppo nella nascente Pianura Padana- Se ne seguirà il margine orientale, a ridosso dei colli del Roero, incastonati tra Monferrato e Langhe e come questi ammantati di vigneti dai quali “sgorgano” nettari d’alta qualità, biglietto da visita sul quale si vuol fare leva per convincere l’UNESCO a inserire quest’area, quelle confinanti e la lontana Valtellina nella lista dei Patrimoni Mondiali dell’Umanità. Ne fa parte già da quindici anni, invece, il circuito che riunisce le residenze sabaude in Piemonte, una quindicina di edifici che appartennero alla famiglia Savoia e tra i quali c’è il Castello di Moncalieri, che il gruppo sfiorerà a una quarantina di chilometri dal via e che fu la residenza preferita di Vittorio Emanuele II negli anni precedenti l’Unità, in vece del tradizionale Palazzo Reale di Torino.
Subito dopo il Giro farà ritorno nella prima capitale d’Italia, che dodici mesi fa accolse la tappa d’apertura, una cronometro a squadre tracciata tra la stupenda Reggia di Venaria Reale (altro monumento targato UNESCO) e Piazza Vittorio Veneto. Quest’anno sarà interessata dal “nastro rosa” la stretta fascia di pianura che si colloca a est del centro, stretta tra il corso del Po e le pendici della Collina Torinese, piccola catena che separa la città dal Monferrato e che ha le sue principali elevazioni nel Bric della Maddalena e nel colle di Superga. Entrambe hanno il loro bel monumento sulla sommità, anche per ottemperare alla legge non scritta che vuole sempre un segno dell’uomo – anche una semplice croce – su qualsiasi cima si riesca a metter piede: se sulla Maddalena c’è il poco noto Faro della Vittoria (lo donò alla città il senatore Giovanni Agnelli senior per celebrare il decimo anniversario della vittoria nella prima guerra mondiale), è invece conosciutissima la basilica di Superga, irresistibile richiamo per turisti di tutti i gusti, dall’appassionato d’arte ai nostalgici della monarchia (è il “pantheon” dei Re di Sardegna) fino al tifoso perché questo luogo è sacro al calcio e anche al ciclismo, per via dei passaggi della Milano – Torino, la più antica classica italiana, disputata per la prima volta nel 1876 e che quest’anno tornerà in calendario dopo uno stop quinquennale.
Usciti dal capoluogo piemontese il percorso della prima tappa alpina attraverserà il Canavese, vastissima porzione della provincia di Torino (oltre duemila chilometri quadrati) che si estende dalla pianura alle montagne poste sul confine con la Francia e la Valle d’Aosta, tra le quali si spinge la seconda strada asfaltata per altitudine del Piemonte (dopo il Colle dell’Agnello), che ha per meta i 2612 metri del Colle del Nivolet dove tra qualche anno (se non addirittura già nell’edizione 2013) potrebbe fare scalo anche la corsa rosa. Per ora sarà ancora pianura, anche se viaggiando dritti verso nord si dovrà superare un piccolo e quasi impercettibile valico, il Santa Croce, porta d’ingresso all’anfiteatro morenico di Ivrea, costituito dai sedimenti trasportati dal grande ghiacciaio che, nel periodo delle glaciazioni, occupava tutta l’attuale area della vallata della Dora Baltea. Nel mezzo di quest’anfiteatro si colloca oggi la città dalla quale ne prende il nome, considerata anche la “capitale” del Canavese. È forse più nota come centro industriale, ma è anche una piccola città d’arte dove l’antico convive con il moderno, come nel caso dell’ex stabilimento Olivetti, oggi divenuto il MAAM, un “museo all’aperto di architettura moderna” che cela nel cuore della storica azienda la quattrocentesca chiesa di San Bernardino, autentico scrigno conservante un preziosissimo ciclo d’affreschi della stessa epoca.
Lasciata Ivrea ci saranno ancora 30 Km di strada liscia da mettere sotto le ruote, ma il paesaggio circostante comincerà gradatamente a cambiare volto, con la valle della Dora che si farà man mano più stretta avvicinando le pendici delle montagne al nastro stradale. A un’ottantina di chilometri dall’arrivo il gruppo farà il suo ingresso in Valle d’Aosta da Pont-Saint-Martin, l’unico accesso alla “vallée” dall’Italia, località sorta attorno ad un ponte costruito dai romani quasi duemila anni fa e gettato sul Lys, il torrente che nasce dall’omonimo ghiacciaio del Monte Rosa e discende la valle di Gressoney. L’imponente forte di Bard, complesso difensivo d’origine medioevale riedificato dai Savoia nel XIX secolo e oggi sede del Museo delle Alpi, tirerà poi la volata ai 72 castelli che punteggiano la più piccola, montuosa e meno popolata regione d’Italia. Tra i più “gettonati” dai turisti di passaggio ce ne sono due che il percorso del Giro sfiorerà nella sua marcia verso Cervinia, i castelli di Issogne (famoso il suo cortile interno con il porticato affrescato e la fontana del melograno) e di Verrès, il cubo fortificato innalzato dalla famiglia Challant nel XIV secolo che suonerà per davvero l’”ora” delle salite. È ai piedi di questo maniero, infatti, che si darà l’arrivederci alla pianura per lanciarsi sulla prima delle due grandi salite di giornata. La meta saranno i 1640 metri del Colle di Joux, uno dei più celebri e frequentati valichi della valle, sul quale salì anche Napoleone nel maggio del 1800, durante la sua discesa in Italia, per controllare la posizione del nemico e studiare le possibilità di aggirarlo. Il Bonaparte salì dal lato “B”, quello che i partecipanti al Giro 2012 percorreranno in discesa, dopo aver affrontato 22 Km di salita, superando un dislivello di 1295 metri e una pendenza media del 5,8%. Come in tutte le salite della regione che, risalendo le vallate secondarie, devono per prima cosa vincere il “salto” che le butta nel fondovalle, i tratti più ripidi s’incontreranno all’inizio (4 Km al 7,9% con un picco del 12%), mentre il resto dell’ascesa non presenterà inclinazioni “pericolose”. S’incontrerà anche una breve contropendenza quando, giunti a Brusson dopo esser transitati non lontano da uno dei più antichi manieri della valle (Graines), si lascerà la Val d’Ayas per affrontare gli ultimi 5,5 Km dell’ascesa. La successiva planata condurrà il gruppo in una quindicina di chilometri a Saint-Vincent, località conosciuta per il casinò e per le sue acque termali, scoperte nel 1770 dall’abate Jean-Baptiste Perret e che furono anche il motore di una delle prime funicolari d’Italia, che collega il centro allo stabilimento termale e che oggi è elettrica ma che un tempo viaggiava solo grazie a due serbatoi posti sotto le vetture e che venivano alternativamente svuotati o riempiti d’acqua. Si sfruttava, dunque, anche la forza di gravità, quella che i “girini” ora dovranno vincere poiché non ci sarà nessuna pausa, discesa a parte, dopo il Joux ma si tornerà nuovamente a elevarsi, verso i 2001 metri di Cervinia. Stavolta ci saranno 5 Km in più da percorrere rispetto al Joux e una quantità maggiore di dislivello da superare (1475 metri), mentre in ribasso saranno le quotazioni della pendenza media, attestate al 5,5%, a causa della presenza di tre falsipiani che spezzeranno la continuità dell’ascesa. Il primo di questi sarà affrontato a cavallo dal passaggio da Buisson, località dalla quale parte la funivia diretta a Chamois (1818 metri), il comune più alto della Valle d’Aosta e l’unico in Italia non raggiungibile a piedi: l’alternativa è costituita dai sentieri e da piccoli aerei a elica, esistendo in frazione Suisse il primo altiporto d’Italia, una pista erbosa inclinata realizzata nel 1967.
Il secondo falsopiano sarà seguito dal tratto più ripido, che si concluderà nel centro di Paquier, la sede municipale del comune di Valtournenche, dopo aver affrontato 2400 metri di strada al 7,8%, con una punta del 12%. Dopo la salita tornerà su canoni “normali” sino a 1500 metri dall’arrivo quando inizierà l’ultimo falsopiano, che lentamente condurrà i corridori al primo traguardo alpino.
Proprio all’inizio di quest’ultimo troncone si lambirà uno dei più spettacolari angoli della “vallée”, quel Lac Bleu nelle cui acque si specchia il maestoso Cervino e che per una giornata tornerà a tingersi di “rose”. Forza e potere del Giro che, ogni ventiquattrore, inonda dei colori di maggio scorci più o meno noti della nostra nazione.

I VALICHI DELLA TAPPA

Passo di Santa Croce (359m). Vi transita la SP 86 tra Montalenghe e Villate. Mai affrontato come GPM, il Giro vi è transitato l’ultima volta nel 1995, nel corso della tappa Briançon – Gressoney Saint Jean, vinta dall’ucraino Ušakov.

Selletta di Arcésaz (1148m). Valicata dall’ex SS 506 “della Valle d’Ayas” poco prima di giungere nell’omonimo abitato, frazione del comune di Brusson. Vi si transita salendo al Colle di Joux da Verrès.

Colle di Joux (1640m). Valicato dalla strada regionale 33, mette in comunicazione Brusson con Saint-Vincent. Finora è stato scalato sei volte, l’ultima nel 1987 durante la tappa Como – Pila, vinta dallo scozzese Millar, che vide scollinare in testa Massimo Ghirotto. Atipiche le scalate che furono compiute la prima volta, nel corso della cosiddetta “tappa delle balconate valdostane”, un circuito di quasi 240 Km con partenza e arrivo fissate a Saint-Vincent (dove giunse primo Alberto Assirelli) e l’attraversamento dell’intera valle, sin quasi a Courmayeur. In quell’occasione si salì due volte al Joux, la prima in partenza dal versante di Saint-Vincent, la seconda nel finale ma da quello di Verrès: a conquistare i due GPM furono lo spagnolo Angelino Soler e lo stesso Assirelli.

Mauro Facoltosi - ilciclismo.it


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