23-04-2012, 07:11 PM
"Cacciatelo dalla granfondo". Chi ha paura di Riccò?
Il ciclista, fresco di squalifica per doping, si accoda alla gara di San Marino e invitato dalla direzione ad andarsene
SAN MARINO - Il ciclismo è bello perché, così si dice, si corre su strade aperte a tutti e non si paga niente. Le granfondo amatoriali invece sono già una mezza contraddizione, dato che a stare dietro a tutte c’è da rimetterci uno stipendio. Ieri, poi, a quella di San Marino si è arrivati anche alla negazione di un altro caposaldo, quello della libertà. A mettere a repentaglio la competizione del Titano - Ma cosa poi? La sicurezza? Il buon nome? La credibilità? - basta un uomo che pedala nel gruppo di testa. Non ha il numero dietro la schiena, è lì per i fatti suoi. Libero. Su una strada di tutti. Si accontenta di stare in scia ai migliori, senza condizionare la corsa o creare pericoli dato che in bici ci sa andare, eccome.
Eppure la sua presenza dà fastidio quanto una bestemmia in chiesa. Perché lui è Riccardo Riccò, fresco di maxi-squalifica all’antidoping. Lo stop di 12 anni ne fa un simbolo del male (figurarsi poi: è vestito tutto di nero...). Un capro espiatorio del marcio nello sport e, probabilmente, anche di qualcos’altro. Il modenese paga anche per colpe non sue ma questo non interessa: è più comodo maramaldeggiare, irriderlo, additarlo come il ‘mostro’. Meschinità antiche come la storia dell’uomo e codificate dalla saggezza popolare: “Ad albero che cade, dagli dagli”, dice un proverbio toscano. Individuato l’elemento destabilizzante, la direzione di corsa chiede a Riccò di andarsene. Sono carini però, non gli ordinano di buttarsi in un fosso. Segue scena fantozziana: la polizia s’incazza. “Dov’è Riccò? Se ne deve andare”, comincia a gridare una motostaffetta. Le regole d’ingaggio non prevedono di abbattere il nemico e il Cobra continua a ridersela sotto i baffi.
Poi la genialata: “Se Riccò non si stacca dal gruppo, sarete squalificati tutti”, urlano dalla macchina della direzione di corsa. A quel punto i corridori capiscono. Capiscono che un ragazzo di 29 anni viene trattato da appestato. E rallentano ai 30 all’ora. Una dimostrazione di solidarietà che fa onore agli amatori, per una volta meno ipocriti di tanti prof. In gruppo prevale la pietà sul giustizialismo: “Meglio che stia con noi sennò fa la fine di Pantani”. E vabbé, al massimo gli intitolano una granfondo. Una di quelle dove fa figo avere i prof in prima fila.
romagnanoi.it
Il ciclista, fresco di squalifica per doping, si accoda alla gara di San Marino e invitato dalla direzione ad andarsene
SAN MARINO - Il ciclismo è bello perché, così si dice, si corre su strade aperte a tutti e non si paga niente. Le granfondo amatoriali invece sono già una mezza contraddizione, dato che a stare dietro a tutte c’è da rimetterci uno stipendio. Ieri, poi, a quella di San Marino si è arrivati anche alla negazione di un altro caposaldo, quello della libertà. A mettere a repentaglio la competizione del Titano - Ma cosa poi? La sicurezza? Il buon nome? La credibilità? - basta un uomo che pedala nel gruppo di testa. Non ha il numero dietro la schiena, è lì per i fatti suoi. Libero. Su una strada di tutti. Si accontenta di stare in scia ai migliori, senza condizionare la corsa o creare pericoli dato che in bici ci sa andare, eccome.
Eppure la sua presenza dà fastidio quanto una bestemmia in chiesa. Perché lui è Riccardo Riccò, fresco di maxi-squalifica all’antidoping. Lo stop di 12 anni ne fa un simbolo del male (figurarsi poi: è vestito tutto di nero...). Un capro espiatorio del marcio nello sport e, probabilmente, anche di qualcos’altro. Il modenese paga anche per colpe non sue ma questo non interessa: è più comodo maramaldeggiare, irriderlo, additarlo come il ‘mostro’. Meschinità antiche come la storia dell’uomo e codificate dalla saggezza popolare: “Ad albero che cade, dagli dagli”, dice un proverbio toscano. Individuato l’elemento destabilizzante, la direzione di corsa chiede a Riccò di andarsene. Sono carini però, non gli ordinano di buttarsi in un fosso. Segue scena fantozziana: la polizia s’incazza. “Dov’è Riccò? Se ne deve andare”, comincia a gridare una motostaffetta. Le regole d’ingaggio non prevedono di abbattere il nemico e il Cobra continua a ridersela sotto i baffi.
Poi la genialata: “Se Riccò non si stacca dal gruppo, sarete squalificati tutti”, urlano dalla macchina della direzione di corsa. A quel punto i corridori capiscono. Capiscono che un ragazzo di 29 anni viene trattato da appestato. E rallentano ai 30 all’ora. Una dimostrazione di solidarietà che fa onore agli amatori, per una volta meno ipocriti di tanti prof. In gruppo prevale la pietà sul giustizialismo: “Meglio che stia con noi sennò fa la fine di Pantani”. E vabbé, al massimo gli intitolano una granfondo. Una di quelle dove fa figo avere i prof in prima fila.
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