08-05-2012, 04:06 PM
ATTACCHI & CONTRATTACCHI. Io sto con Ferrari
Va bene, abbiamo capito, Ferrari è maglia rosa delle carogne. Sul vialone dell’ultima tappa danese ha commesso la peggiore delle infamie, attraversando in orizzontale il gruppo dei suoi avversari. Vergogna, vergogna, vergogna. La retrocessione all’ultimo posto è una misura ridicola: come minimo andava impalato sulla pubblica piazza, una lezione esemplare per lui e per chi avesse mai intenzione di emularlo. In volata, come bene sappiamo, ci vanno solo seminaristi e boy-scout. E’ il regno del bon ton e del galateo. Prego, vada lei. Ma si figuri, non mi permetterei mai, tocca a lei. Dove crede d’essere Ferrari, al mondiale di wrestling? Faccia il piacere, si vergogni di esistere e ringrazi il suo dio che nessuno l’ha ancora avviato alla sedia elettrica.
Lo dico apertamente: sto con Ferrari. Ovviamente, non con il primo Ferrari, quello che rischia davvero di ammazzare qualcuno (come giustamente rilevato da Mario Cipollini sulla “Gazzetta”), e tanto meno sto con il Ferrari a botta calda che cade dal pero e si inventa scuse patetiche, quasi sorpreso dell’orrore generale. No, questo si meriterebbe almeno la squalifica di Riccò, perché è intollerabile, dopo una capellata monumentale, sentire certe arrampicate sugli specchi.
Sto invece appassionatamente e umanamente con il secondo Ferrari, quello che verso sera, con poche parole, si addossa le colpe e sa chiedere scusa. Potrei sbagliarmi, ma penso che molto ci abbia giocato il ruolo di Gianni Savio, anno dopo anno manager sempre più saggio, severo, giusto, uno fra i primi a capire come alla vecchia maniera si finisse tutti quanti in mezzo a una strada, coperti dal fango e dal disprezzo, così da reinventarsi tecnico e guida ad alta gradazione etica. Sì, etica, confermo questo termine: perché adesso Savio se lo merita tutto (e spero proprio che non mi riduca mai a vergognarmene per averlo sottoscritto).
Savio avrà fatto la sua parte, com’è giusto e doveroso per un capo che guida dei ragazzi, ma Ferrari dimostra di avere capito. Sbagliare è umano, il suo errore è un monumento all’idiozia. Ma alzi la mano chi davvero può dire di non aver commesso idiozie monumentali in vita sua. La cosa veramente importante è come se ne esce: ci sono quelli che vogliono stravincere, inventandosi ragioni astruse, e invece ci sono quelli che dopo un certo ragionamento capiscono l’enormità dello sbaglio, arrivando in modo esemplare all’unica riabilitazione possibile: chiedere scusa.
Bravo Ferrari, qua la mano e amici come prima. E’ chiaro che se domani ti inventi un altro dribbling del genere, sul filo dei sessanta all’ora, avviarti alla pastorizia diventerà inevitabile e necessario. Ma se l’episodio si chiude qui, se da domani le tue volate torneranno ad essere grintose e aggressive, però leali e corrette, nessuno dovrà più molestarti con moralismi e condanne a morte. Ne abbiamo già sentite abbastanza, pure troppe: come sempre, soprattutto da chi non ha titolo per scagliare la prima pietra.
di Cristiano Gatti
tuttobiciweb.it
Va bene, abbiamo capito, Ferrari è maglia rosa delle carogne. Sul vialone dell’ultima tappa danese ha commesso la peggiore delle infamie, attraversando in orizzontale il gruppo dei suoi avversari. Vergogna, vergogna, vergogna. La retrocessione all’ultimo posto è una misura ridicola: come minimo andava impalato sulla pubblica piazza, una lezione esemplare per lui e per chi avesse mai intenzione di emularlo. In volata, come bene sappiamo, ci vanno solo seminaristi e boy-scout. E’ il regno del bon ton e del galateo. Prego, vada lei. Ma si figuri, non mi permetterei mai, tocca a lei. Dove crede d’essere Ferrari, al mondiale di wrestling? Faccia il piacere, si vergogni di esistere e ringrazi il suo dio che nessuno l’ha ancora avviato alla sedia elettrica.
Lo dico apertamente: sto con Ferrari. Ovviamente, non con il primo Ferrari, quello che rischia davvero di ammazzare qualcuno (come giustamente rilevato da Mario Cipollini sulla “Gazzetta”), e tanto meno sto con il Ferrari a botta calda che cade dal pero e si inventa scuse patetiche, quasi sorpreso dell’orrore generale. No, questo si meriterebbe almeno la squalifica di Riccò, perché è intollerabile, dopo una capellata monumentale, sentire certe arrampicate sugli specchi.
Sto invece appassionatamente e umanamente con il secondo Ferrari, quello che verso sera, con poche parole, si addossa le colpe e sa chiedere scusa. Potrei sbagliarmi, ma penso che molto ci abbia giocato il ruolo di Gianni Savio, anno dopo anno manager sempre più saggio, severo, giusto, uno fra i primi a capire come alla vecchia maniera si finisse tutti quanti in mezzo a una strada, coperti dal fango e dal disprezzo, così da reinventarsi tecnico e guida ad alta gradazione etica. Sì, etica, confermo questo termine: perché adesso Savio se lo merita tutto (e spero proprio che non mi riduca mai a vergognarmene per averlo sottoscritto).
Savio avrà fatto la sua parte, com’è giusto e doveroso per un capo che guida dei ragazzi, ma Ferrari dimostra di avere capito. Sbagliare è umano, il suo errore è un monumento all’idiozia. Ma alzi la mano chi davvero può dire di non aver commesso idiozie monumentali in vita sua. La cosa veramente importante è come se ne esce: ci sono quelli che vogliono stravincere, inventandosi ragioni astruse, e invece ci sono quelli che dopo un certo ragionamento capiscono l’enormità dello sbaglio, arrivando in modo esemplare all’unica riabilitazione possibile: chiedere scusa.
Bravo Ferrari, qua la mano e amici come prima. E’ chiaro che se domani ti inventi un altro dribbling del genere, sul filo dei sessanta all’ora, avviarti alla pastorizia diventerà inevitabile e necessario. Ma se l’episodio si chiude qui, se da domani le tue volate torneranno ad essere grintose e aggressive, però leali e corrette, nessuno dovrà più molestarti con moralismi e condanne a morte. Ne abbiamo già sentite abbastanza, pure troppe: come sempre, soprattutto da chi non ha titolo per scagliare la prima pietra.
di Cristiano Gatti
tuttobiciweb.it