04-03-2012, 05:29 AM
Cancellara: rivoglio il mio posto
Il ciuffo sulla fronte continua ad essere ribelle, la maglia è cambiata, ma gli obiettivi di Fabian Cancellara restano sempre quelli. Gli obiettivi di un numero uno che sta lavorando per riprendere il suo posto sul trono.
Fabian, pronto per una nuova stagione?
«Non vedo l’ora. Questa sarà per me, e non solo per me, una stagione molto importante. Abbiamo voglia di riprenderci quello che ci spetta. Sulla carta, il nostro team è il più forte del mondo, ma la strada dovrà confermare le nostre ambizioni. I due primi ritiri, tra cui quello di Calpe, hanno già dimostrato l’importanza del lavoro svolto da Johan Bruyneel. E poi, quando si ha il lusso di avere all’interno del proprio team gente come Chris Horner e Andreas Klöden, lo staff ha solo l’imbarazzo della scelta per le gare come il Tour».
Nel 2010 hai vinto il Giro delle Fiandre e la Parigi-Roubaix. Nel 2011 non sei riuscito a ripeterti: quanto ti è bruciato?
«Molto, perché perdere non fa mai piacere a nessuno, soprattutto ad atleti come me che sono abituati a vincere. In ogni caso, non posso rimproverarmi nulla, perché in entrambe quelle corse ho dato il 110%. Non è mai facile avere il peso del pronostico: tutti ti curano, ti marcano, ti osservano. Io penso di essere stato molto forte, ma spesso per vincere tutto ciò non basta. E quest’anno spero di riuscire a dare altrettanto».
Quest’anno gli organizzatori del Giro delle Fiandre hanno deciso di cambiare il percorso: ti piace quello nuovo?
«Il Vecchio Kwaremont piazzato al chilometro 255 invece che al 160° farà molto male e resterà nelle gambe di tanti corridori. Sarà questo il nuovo punto nevralgico, di una corsa che resta durissima e affascinante. Il pavé del Kwaremont è molto irregolare ed è certamente più difficile del Mur di Grammont o del Bosberg. Per gli appassionati, in ogni caso, non cambierà un granché: questa corsa resterà la festa del ciclismo».
Johan Bruyneel, il tuo nuovo team manager, ha detto che la squadra per le classiche del nord costruita attorno a te è molto forte: sei d’accordo?
«La squadra è stata sicuramente rafforzata, questo è innegabile. Anche se, secondo me, l’assenza di un corridore come Stuart O’Grady si farà sentire».
Ma l’arrivo di Rast e la scelta di dirottare Popovych verso le classiche potrebbero rivelarsi vincente.
«Lo penso anch’io. Sia Rast che Popovych sono due ottimi corridori che hanno già dimostrato una grande attitudine per questo tipo di corse e la loro esperienza è senza ombra di dubbio importante. E poi non avrò solo loro due, ma anche corridori come Wagner e Irizar che sapranno farsi valere».
Quindi, tutto bene...
«Ogni anno è diverso dall’altro. Il 2011 è stato davvero difficile, per mille e più motivi. Al Fiandre Poosthuma cade, O’Grady non è al meglio, così mi ritrovo in pratica solo. Di contro, la BMC scollina sul Muro con 6 o 7 corridori, ma alla fine raccoglie poco più di niente. In una corsa così importante e selettiva, spesso la differenza la fa proprio il fattore fortuna: ti deve sempre girare tutto alla perfezione. Con Poosthuma e O’Grady in condizione di fare il loro lavoro, non so come sarebbe andata a finire».
Gilbert e la sua BMC sono i numero uno le classiche?
«Potenzialmente hanno 6 o 7 corridori che possono vincere il Fiandre. Ma vale anche per loro lo stesso discorso fatto in precedenza: come arriveranno a queste corse? Con quale condizione? Loro saranno in ogni caso il punto di riferimento per tutto il gruppo nelle corse del Nord, ma noi non siamo da meno».
Secondo te, come si gestisce una squadra con tanti big?
«Io sono in una buonissima squadra e i big non mancano, ma questo non è un problema. Se ti riferisci alla BMC, francamente non so se tutti nel team svizzero-americano sono pronti a sacrificarsi per il bene comune. Inoltre, per creare un certo feeling tra grandi corridori occorre anche tempo. Loro di tempo a disposizione ne hanno poco, non so cosa riusciranno a fare».
Quale sarà il tuo programma per arrivare alle classiche nella forma ideale?
«Seguirò la stessa programmazione del 2011. Quindi inizierò con il Qatar, poi farò Giro dell’Oman, Eroica, Tirreno-Adriatico e Milano-Sanremo prima di andare al Nord con il GP E3, che sarà per me l’ideale per rifinire la preparazione in vista del Giro delle Fiandre».
Qual è la bellezza e il fascino di queste corse?
«La Parigi-Roubaix, che ho vinto anche nel 2006, è forse la gara che più mi esalta, anche se è difficile fare un confronto con il Fiandre, perché nel loro genere sono davvero uniche. Quello che richiede fisicamente l’Inferno del Nord ad un corridore è davvero indescrivibile: il fisico di un atleta viene messo a dura prova, tutto il suo corpo è messo alla frustra. Ma questa però è la bellezza della Roubaix».
Un anno fa sei stato grande protagonista anche alla Sanremo. È un obiettivo?
«È un obiettivo che ho avuto la fortuna di centrare, quindi sarebbe bello ripetersi. Tutto dipenderà da come uscirò dalla Tirreno-Adriatico. In ogni caso, anche questa corsa per me resta speciale, soprattutto per la lunghezza della gara: unica al mondo. E poi in ottica classiche del Nord è strategica».
È vero che quest’anno potresti puntare anche all’Amstel Gold Race?
«Probabilmente sì, è una gara che mi solletica la fantasia. In ogni caso dovrò prima valutare la mia condizione alla vigilia della classica olandese».
Vuoi scommettere su altre gare?
«I Giochi Olimpici saranno il mio secondo obiettivo della stagione. Sto lavorando duramente con la squadra per avere una base ottimale in ottica olimpiadi di Londra. Più fondo avrò e più avrò possibilità di mantenere la forma il più lungo possibile».
Il Tour de France ti aiuterà per preparare i Giochi Olimpici?
«Innanzitutto andrò al Tour per aiutare Andy e Frank. Poi è chiaro che disputare una corsa come il Tour in prossimità delle Olimpiadi sarà sicuramente un vantaggio: non solo per me, però».
Tony Martin è indicato come il tuo avversario numero uno.
«È così: Tony sarà il mio rivale principale. Lo sarà per tutte le gare in cui ci affronteremo. La scorsa stagione, Tony è stato più forte di me: ha lavorato bene, sicuramente più di me, curando i dettagli. Ma dopo quattro o cinque stagioni, nelle quali ho reso più del previsto, per me è stato difficile rimanere su altissimi livelli. Però so perfettamente quello che devo fare per riprendere il mio posto».
Importante sarà anche gestire la pressione che questi grandi appuntamenti genereranno.
«In questi anni ho imparato a gestire bene la pressione e lo stress. So cosa significhi vincere una medaglia olimpica. Nel 2008 ho vinto l’oro della crono e l’argento nella prova in linea: anche quest’anno ho grandi aspettative, e la pressione non mi farà certo tremare le gambe. A me non tremano quasi mai».
Sei cresciuto nel vivaio della Mapei con tanti ragazzi che sono poi divenuti campioni: quest’anno Johan Bruyneel ha creato una squadra Continental sulla falsa riga di quel progetto che per certi versi fu rivoluzionario. Cosa ne pensi?
«È una bellissima iniziativa. Johan è uno che è abituato a guardare avanti, a programmare, a progettare e questo team di giovani talenti va in questa direzione. Il ciclismo ha bisogno di queste iniziative. Guardate quello che sta facendo il calcio: squadre blasonate come il Manchester United o il Barcellona hanno settori giovanili che sposano in pieno progetti della prima squadra, la nostra Continental affidata all’esperienza di Adriano Baffi, dovrà fare la stessa cosa. Far crescere con gradualità giovani talenti, che devono imparare a respirare fin da subito la filosofia della prima squadra».
Come giudichi il ciclismo italiano?
«Ha vissuto momenti di grandissima gloria, ora sta vivendo quello di un naturale cambio generazionale. Quando ero giovane, c’era gente come Bettini, Bartoli o Bortolami che dominavano. Oggi tutto sembra perso ed è difficile per me dare una risposta. Forse è una questione di soldi. Però vedo segnali di risveglio, non tutto è perduto e il ciclismo italiano ben presto tornerà a recitare il ruolo che gli compete. L’Italia ha sempre avuto grandi corridori e grandi corse come la Sanremo, il Giro d’Italia e il Lombardia. Adesso, c’è anche la Monte Paschi Strade Bianche che ogni anno cresce, che mi piace molto e nella quale voglio tornare ad essere protagonista. Il ciclismo italiano è storia e la storia si ripete, con i propri corsi e ricorsi. Vedrete, per voi sta tornando il sole…».
Pensi di potere vincere un giorno tutte le Classiche?
«È un sogno che è diventato l’obiettivo della mia carriera. Ma definirlo un sogno è sbagliato, perché i sogni sono cose irrealizzabili, io ho invece dei desideri, degli obiettivi, e io sono convinto che prima o poi una Liegi o un Lombardia sarò in grado di vincerli. Lo stesso discorso vale per il record dell’ora: non so quando, ma lo tenterò, questo è sicuro. I sogni sono desideri: realizzabili. E questi li realizzerò tutti. Vedrete».
di Jerome Christiaens
per il mensile tuttoBICI di Febbraio - www.tuttobiciweb.it
Il ciuffo sulla fronte continua ad essere ribelle, la maglia è cambiata, ma gli obiettivi di Fabian Cancellara restano sempre quelli. Gli obiettivi di un numero uno che sta lavorando per riprendere il suo posto sul trono.
Fabian, pronto per una nuova stagione?
«Non vedo l’ora. Questa sarà per me, e non solo per me, una stagione molto importante. Abbiamo voglia di riprenderci quello che ci spetta. Sulla carta, il nostro team è il più forte del mondo, ma la strada dovrà confermare le nostre ambizioni. I due primi ritiri, tra cui quello di Calpe, hanno già dimostrato l’importanza del lavoro svolto da Johan Bruyneel. E poi, quando si ha il lusso di avere all’interno del proprio team gente come Chris Horner e Andreas Klöden, lo staff ha solo l’imbarazzo della scelta per le gare come il Tour».
Nel 2010 hai vinto il Giro delle Fiandre e la Parigi-Roubaix. Nel 2011 non sei riuscito a ripeterti: quanto ti è bruciato?
«Molto, perché perdere non fa mai piacere a nessuno, soprattutto ad atleti come me che sono abituati a vincere. In ogni caso, non posso rimproverarmi nulla, perché in entrambe quelle corse ho dato il 110%. Non è mai facile avere il peso del pronostico: tutti ti curano, ti marcano, ti osservano. Io penso di essere stato molto forte, ma spesso per vincere tutto ciò non basta. E quest’anno spero di riuscire a dare altrettanto».
Quest’anno gli organizzatori del Giro delle Fiandre hanno deciso di cambiare il percorso: ti piace quello nuovo?
«Il Vecchio Kwaremont piazzato al chilometro 255 invece che al 160° farà molto male e resterà nelle gambe di tanti corridori. Sarà questo il nuovo punto nevralgico, di una corsa che resta durissima e affascinante. Il pavé del Kwaremont è molto irregolare ed è certamente più difficile del Mur di Grammont o del Bosberg. Per gli appassionati, in ogni caso, non cambierà un granché: questa corsa resterà la festa del ciclismo».
Johan Bruyneel, il tuo nuovo team manager, ha detto che la squadra per le classiche del nord costruita attorno a te è molto forte: sei d’accordo?
«La squadra è stata sicuramente rafforzata, questo è innegabile. Anche se, secondo me, l’assenza di un corridore come Stuart O’Grady si farà sentire».
Ma l’arrivo di Rast e la scelta di dirottare Popovych verso le classiche potrebbero rivelarsi vincente.
«Lo penso anch’io. Sia Rast che Popovych sono due ottimi corridori che hanno già dimostrato una grande attitudine per questo tipo di corse e la loro esperienza è senza ombra di dubbio importante. E poi non avrò solo loro due, ma anche corridori come Wagner e Irizar che sapranno farsi valere».
Quindi, tutto bene...
«Ogni anno è diverso dall’altro. Il 2011 è stato davvero difficile, per mille e più motivi. Al Fiandre Poosthuma cade, O’Grady non è al meglio, così mi ritrovo in pratica solo. Di contro, la BMC scollina sul Muro con 6 o 7 corridori, ma alla fine raccoglie poco più di niente. In una corsa così importante e selettiva, spesso la differenza la fa proprio il fattore fortuna: ti deve sempre girare tutto alla perfezione. Con Poosthuma e O’Grady in condizione di fare il loro lavoro, non so come sarebbe andata a finire».
Gilbert e la sua BMC sono i numero uno le classiche?
«Potenzialmente hanno 6 o 7 corridori che possono vincere il Fiandre. Ma vale anche per loro lo stesso discorso fatto in precedenza: come arriveranno a queste corse? Con quale condizione? Loro saranno in ogni caso il punto di riferimento per tutto il gruppo nelle corse del Nord, ma noi non siamo da meno».
Secondo te, come si gestisce una squadra con tanti big?
«Io sono in una buonissima squadra e i big non mancano, ma questo non è un problema. Se ti riferisci alla BMC, francamente non so se tutti nel team svizzero-americano sono pronti a sacrificarsi per il bene comune. Inoltre, per creare un certo feeling tra grandi corridori occorre anche tempo. Loro di tempo a disposizione ne hanno poco, non so cosa riusciranno a fare».
Quale sarà il tuo programma per arrivare alle classiche nella forma ideale?
«Seguirò la stessa programmazione del 2011. Quindi inizierò con il Qatar, poi farò Giro dell’Oman, Eroica, Tirreno-Adriatico e Milano-Sanremo prima di andare al Nord con il GP E3, che sarà per me l’ideale per rifinire la preparazione in vista del Giro delle Fiandre».
Qual è la bellezza e il fascino di queste corse?
«La Parigi-Roubaix, che ho vinto anche nel 2006, è forse la gara che più mi esalta, anche se è difficile fare un confronto con il Fiandre, perché nel loro genere sono davvero uniche. Quello che richiede fisicamente l’Inferno del Nord ad un corridore è davvero indescrivibile: il fisico di un atleta viene messo a dura prova, tutto il suo corpo è messo alla frustra. Ma questa però è la bellezza della Roubaix».
Un anno fa sei stato grande protagonista anche alla Sanremo. È un obiettivo?
«È un obiettivo che ho avuto la fortuna di centrare, quindi sarebbe bello ripetersi. Tutto dipenderà da come uscirò dalla Tirreno-Adriatico. In ogni caso, anche questa corsa per me resta speciale, soprattutto per la lunghezza della gara: unica al mondo. E poi in ottica classiche del Nord è strategica».
È vero che quest’anno potresti puntare anche all’Amstel Gold Race?
«Probabilmente sì, è una gara che mi solletica la fantasia. In ogni caso dovrò prima valutare la mia condizione alla vigilia della classica olandese».
Vuoi scommettere su altre gare?
«I Giochi Olimpici saranno il mio secondo obiettivo della stagione. Sto lavorando duramente con la squadra per avere una base ottimale in ottica olimpiadi di Londra. Più fondo avrò e più avrò possibilità di mantenere la forma il più lungo possibile».
Il Tour de France ti aiuterà per preparare i Giochi Olimpici?
«Innanzitutto andrò al Tour per aiutare Andy e Frank. Poi è chiaro che disputare una corsa come il Tour in prossimità delle Olimpiadi sarà sicuramente un vantaggio: non solo per me, però».
Tony Martin è indicato come il tuo avversario numero uno.
«È così: Tony sarà il mio rivale principale. Lo sarà per tutte le gare in cui ci affronteremo. La scorsa stagione, Tony è stato più forte di me: ha lavorato bene, sicuramente più di me, curando i dettagli. Ma dopo quattro o cinque stagioni, nelle quali ho reso più del previsto, per me è stato difficile rimanere su altissimi livelli. Però so perfettamente quello che devo fare per riprendere il mio posto».
Importante sarà anche gestire la pressione che questi grandi appuntamenti genereranno.
«In questi anni ho imparato a gestire bene la pressione e lo stress. So cosa significhi vincere una medaglia olimpica. Nel 2008 ho vinto l’oro della crono e l’argento nella prova in linea: anche quest’anno ho grandi aspettative, e la pressione non mi farà certo tremare le gambe. A me non tremano quasi mai».
Sei cresciuto nel vivaio della Mapei con tanti ragazzi che sono poi divenuti campioni: quest’anno Johan Bruyneel ha creato una squadra Continental sulla falsa riga di quel progetto che per certi versi fu rivoluzionario. Cosa ne pensi?
«È una bellissima iniziativa. Johan è uno che è abituato a guardare avanti, a programmare, a progettare e questo team di giovani talenti va in questa direzione. Il ciclismo ha bisogno di queste iniziative. Guardate quello che sta facendo il calcio: squadre blasonate come il Manchester United o il Barcellona hanno settori giovanili che sposano in pieno progetti della prima squadra, la nostra Continental affidata all’esperienza di Adriano Baffi, dovrà fare la stessa cosa. Far crescere con gradualità giovani talenti, che devono imparare a respirare fin da subito la filosofia della prima squadra».
Come giudichi il ciclismo italiano?
«Ha vissuto momenti di grandissima gloria, ora sta vivendo quello di un naturale cambio generazionale. Quando ero giovane, c’era gente come Bettini, Bartoli o Bortolami che dominavano. Oggi tutto sembra perso ed è difficile per me dare una risposta. Forse è una questione di soldi. Però vedo segnali di risveglio, non tutto è perduto e il ciclismo italiano ben presto tornerà a recitare il ruolo che gli compete. L’Italia ha sempre avuto grandi corridori e grandi corse come la Sanremo, il Giro d’Italia e il Lombardia. Adesso, c’è anche la Monte Paschi Strade Bianche che ogni anno cresce, che mi piace molto e nella quale voglio tornare ad essere protagonista. Il ciclismo italiano è storia e la storia si ripete, con i propri corsi e ricorsi. Vedrete, per voi sta tornando il sole…».
Pensi di potere vincere un giorno tutte le Classiche?
«È un sogno che è diventato l’obiettivo della mia carriera. Ma definirlo un sogno è sbagliato, perché i sogni sono cose irrealizzabili, io ho invece dei desideri, degli obiettivi, e io sono convinto che prima o poi una Liegi o un Lombardia sarò in grado di vincerli. Lo stesso discorso vale per il record dell’ora: non so quando, ma lo tenterò, questo è sicuro. I sogni sono desideri: realizzabili. E questi li realizzerò tutti. Vedrete».
di Jerome Christiaens
per il mensile tuttoBICI di Febbraio - www.tuttobiciweb.it