03-08-2014, 08:48 PM
Siccome in Italia oltre a tanti mali, abbiamo qualche bene, tipo Roberto Saviano, mi sembra giusto postare il suo articolo odierno in questa sede
La Procura di Rimini ha riaperto l’inchiesta sulla morte di Marco Pantani a seguito di una perizia medica voluta dalla famiglia. L’ipotesi è quella di omicidio volontario.
Non so davvero se questi indizi basteranno a ribaltare le indagini precedenti che avevano portato alla tesi di morte come conseguenza accidentale di overdose. Questo sarà la magistratura a stabilirlo.
La cosa certa è la nausea nel vedere che il paese che ora commosso chiede giustizia per Pantani è lo stesso che l’ha lasciato divorare dalle insinuazioni e dal fango. Sperare nella caduta di una persona eccellente come unico modo per confortare e giustificare la propria mediocrità è una tipica dinamica italiana.
Quando Pantani, sulla base dei regolamenti sportivi, fu sospeso per valori del sangue sballati, il primo sospetto fu l’uso di sostanze dopanti che poi, come venne acclarato in seguito, riguardava purtroppo l’intero sistema sportivo. Invece ci si accanì sul singolo come per emendare le colpe di tutti.
In ogni caso Pantani non fu mai condannato definitivamente in un tribunale ordinario. Dopo processi portati avanti sotto l’occhio inquisitore dei media, per due volte fu assolto dall'accusa di frode sportiva perché i fatti all'epoca non costituivano reato per la giustizia penale italiana:
- nel caso dell’ematocrito fuori norma durante i controlli alla Milano-Torino il 18 ottobre '95, dopo una condanna in primo grado nel 2000, fu assolto dall'accusa di frode sportiva dalla Corte d’Appello di Bologna nel 2001 perché “il fatto non era previsto dalla legge come reato”;
- nel caso dell’ematocrito fuori norma a Madonna di Campiglio durante il Giro d’Italia del ’99, fu assolto dall'accusa di frode sportiva dal tribunale di Tione nel 2003 perché “il fatto non era previsto dalla legge come reato”.
Per la legge italiana, quindi, Pantani era innocente. Sul piano mediatico, però, a nessuno, o quasi, sembrò così.
E per la vicenda della siringa di insulina trovata nella sua stanza a Montecatini durante il Giro d'Italia 2001, fatto che gli costò la squalifica per otto mesi dalle corse, Pantani venne alla fine assolto dalla Commissione di appello federale della Federciclismo "per non aver commesso il fatto".
Notizie di assoluzione che non ebbero lo stesso spazio che era stato riservato agli inciampi del Pirata sui media italiani, troppo spesso pronti a far trionfare la mediocrità.
Pantani, che tante volte si era rimesso in sella, non riuscì a rialzarsi da quelle cadute. Fu lasciato solo. Su di lui ci si accanì come mai era avvenuto prima in casi simili. Forse proprio perché lui era il più bravo. Ed essere bravi in questo paese è una condanna senza appello.
La Procura di Rimini ha riaperto l’inchiesta sulla morte di Marco Pantani a seguito di una perizia medica voluta dalla famiglia. L’ipotesi è quella di omicidio volontario.
Non so davvero se questi indizi basteranno a ribaltare le indagini precedenti che avevano portato alla tesi di morte come conseguenza accidentale di overdose. Questo sarà la magistratura a stabilirlo.
La cosa certa è la nausea nel vedere che il paese che ora commosso chiede giustizia per Pantani è lo stesso che l’ha lasciato divorare dalle insinuazioni e dal fango. Sperare nella caduta di una persona eccellente come unico modo per confortare e giustificare la propria mediocrità è una tipica dinamica italiana.
Quando Pantani, sulla base dei regolamenti sportivi, fu sospeso per valori del sangue sballati, il primo sospetto fu l’uso di sostanze dopanti che poi, come venne acclarato in seguito, riguardava purtroppo l’intero sistema sportivo. Invece ci si accanì sul singolo come per emendare le colpe di tutti.
In ogni caso Pantani non fu mai condannato definitivamente in un tribunale ordinario. Dopo processi portati avanti sotto l’occhio inquisitore dei media, per due volte fu assolto dall'accusa di frode sportiva perché i fatti all'epoca non costituivano reato per la giustizia penale italiana:
- nel caso dell’ematocrito fuori norma durante i controlli alla Milano-Torino il 18 ottobre '95, dopo una condanna in primo grado nel 2000, fu assolto dall'accusa di frode sportiva dalla Corte d’Appello di Bologna nel 2001 perché “il fatto non era previsto dalla legge come reato”;
- nel caso dell’ematocrito fuori norma a Madonna di Campiglio durante il Giro d’Italia del ’99, fu assolto dall'accusa di frode sportiva dal tribunale di Tione nel 2003 perché “il fatto non era previsto dalla legge come reato”.
Per la legge italiana, quindi, Pantani era innocente. Sul piano mediatico, però, a nessuno, o quasi, sembrò così.
E per la vicenda della siringa di insulina trovata nella sua stanza a Montecatini durante il Giro d'Italia 2001, fatto che gli costò la squalifica per otto mesi dalle corse, Pantani venne alla fine assolto dalla Commissione di appello federale della Federciclismo "per non aver commesso il fatto".
Notizie di assoluzione che non ebbero lo stesso spazio che era stato riservato agli inciampi del Pirata sui media italiani, troppo spesso pronti a far trionfare la mediocrità.
Pantani, che tante volte si era rimesso in sella, non riuscì a rialzarsi da quelle cadute. Fu lasciato solo. Su di lui ci si accanì come mai era avvenuto prima in casi simili. Forse proprio perché lui era il più bravo. Ed essere bravi in questo paese è una condanna senza appello.