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Scrivere di ciclismo: lo stai facendo male
#81
Gazzetta Tv canale 59. Ci credete non ho visto mezza immagine di una corsa ciclistica!?
 
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#82
Io l'ho acceso una sola volta dal sito e c'era Pier Bergonzi, non so di cosa parlava ma immagino anche di ciclismo
 
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#83
Gazzetta News della vittoria di Paolini ne ha parlato
 
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#84
(31-03-2015, 10:56 PM)Hiko Ha scritto: Sono d'accordo che la Gazzetta debba fare un minimo di "formazione" e cercare di indottrinare un po' i lettori, però non può non può neanche ignorare i gusti della gente.

Però qualsiasi media, oltre a seguire il gusto della gente, può anche influenzare le persone e creare nuove tendenze: se io avessi le corse più importanti d'Italia, di sicuro non mi comporterei come solitamente fanno loro. Probabilmente alla fine si tratta di due entità quasi del tutto separate: magari lasciar un minimo sindicale di spazio anche al ciclismo (come del resto però fanno anche per altri sport minori) e non spalare merda sulle corse di casa, per il resto poi han carta bianca... Boh
 
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#85
Mica saranno stupidi, avranno fatto le loro valutazioni e avranno stabilito che lo spazio giusto da dare al ciclismo è una pagina nei giorni normali, due quando c'è una corsa importante e fino a 8 durante il Giro e il Tour, questo per ottimizzare la vendita del giornale e contemporaneamente la promozione delle corse RCS (che poi in Italia sono consolidatissime, ora la promozione si concentra su altri Paesi). La questione della prima pagina è una questione a sé, ci sono anche criteri grafici ed estetici. Poi rendiamoci anche conto di cosa vuol dire dare più spazio al ciclismo: i giornali specializzati scrivono sempre le stesse cose e sono mensili, il ciclismo non ha tutti questi argomenti da riempire 3-4 pagine al giorno di un quotidiano nazionale non specializzato. Se cominci a pubblicare interviste a Vansummeren e Turgot e a fare la cronaca del Tour de Bretagne entro 5 giorni il giornale non te lo comprano più manco per incartarci il pesce
 
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#86
Incredibile! La Gazzetta dello Sport trema, guardate lo scandalo in cui è coinvolto il suo direttore!
Naturalmente non c'è nessuno scandalo che fa tremare la Gazzetta dello Sport né il suo direttore, ci tenevamo però a porre all'attenzione dei nostri lettori un modo di fare giornalismo a dir poco becero.

[Immagine: 16gazzascreenshot1.jpg]

Cavalcare l'onda di un recente accadimento, fare un titolo "tiraclick" mirando più basso che si può, sparare la news nella prima pagina del sito, il tutto all'insegna del più facile nonché esecrabile sensazionalismo. In gergo si chiama "clickbaiting", ovvero aumentare surrettiziamente le visite sul proprio sito ingigantendo fatti secondari, facendo titoli ad effetto, sperando che la social-condivisione da parte dei lettori senza spirito critico (vera piaga dell'internet degli anni '10) faccia il resto. Un po' quello che abbiamo fatto col titolo di questa news esemplificativa.

La pubblicazione sulla Gazza online del video "incriminato" nel nostro caso avviene tra l'altro senza che venga spiegato alcunché dal punto di vista della fisica (ovvero, ad esempio, il movimento della ruota è più che naturale), senza che venga minimamente motivato l'incredibile sospetto (visto che non ci sarebbe nulla da motivare, tra l'altro), senza che ci si rifaccia a un minimo di rigor logico (a tre giorni da uno scandalo sull'argomento, in una corsa più che minore, si metterebbe a disposizione di un corridore di secondo piano un marchingegno che - stando alla stessa Gazzetta - costerebbe 200mila euro?): semplicemente, si dà una vaccata del genere in pasto alla fossa dei leoni (in un giorno in cui le visite sono moltiplicate visto che si gioca il turno infrasettimanale del campionato di calcio). Proprio un bel servizio reso al ciclismo, non c'è che dire! E da un attore che avrebbe teoricamente l'interesse a difenderlo, questo sport, visto che quella casata organizza il Giro d'Italia e altre sciocchezzuole con 100 e passa anni di storia.

Ecco in quali mani è il ciclismo in Italia. Tutto il rosa della vita? Tutto il rozzo del giornalismo!

Marco Grassi - cicloweb.it
 
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#87
Giornale sempre più scadente
 
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#88
Il giornale è scadente, il sito è da mani nei capelli. Non da ieri.
 
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#89
GUERRE DI CARTA - SCOPPIA LA GRANA GAZZETTA. L'IPOTESI DI CREARE UN POLO SPORTIVO CON "MARCA" E "RCS SPORT" FA INFURIARE LA REDAZIONE DELLA “ROSEA” - ATTESA PER LE MANOVRE DI BAZOLI, DELLA VALLE E CAIRO: CHI PRENDERA' LA QUOTA FIAT? -

L’assemblea Fca del 15 aprile discuterà la sorte delle azioni di Rcs - Sul colosso pesa un debito di 350 milioni - Il cdr della "Gazzetta" sul piede di guerra: «Il giornale non sia svenduto per fare cassa. Sono già iniziate le grandi manovre che porteranno presto a una divisione tra Gazzetta e Corriere».... -

Cinzia Meoni per “il Giornale”

Una montagna di debiti e un azionariato polverizzato. All'indomani dall'annuncio dell'uscita di Fca dallo storico editore di Via Solferino in seguito al matrimonio tra Repubblica e La Stampa, per Rcs quello che doveva essere l'anno del rilancio, presenta più sfide del previsto.

Ma il mercato ieri ha visto solo l'aspetto speculativo e il titolo ha chiuso in rialzo del 3,4% a 0,58 euro.I grandi soci dell'ex salotto buono si sfilano, oggi Fca (che nell'assemblea del 15 aprile ad Amsterdam avrà all'ordine del giorno anche la distribuzione agli azionisti della quota detenuta in Rcs, pari al 16,7%) e quanto prima, presumibilmente, anche Mediobanca (al 9,93% del capitale), e lasciano un gruppo alle prese con un piano industriale complesso e obbiettivi piuttosto ambiziosi.

I cdr delle testate di Rcs hanno esplicitamente parlato di «debito voragine provocato da scelte industriali scellerate» e di una società «smembrata» e, negli anni, «pesantemente impoverita da scelte industriali disastrose» dopo anni di reggenza torinese.

E, in effetti, il prossimo futuro del gruppo appare un percorso a ostacoli che potrebbe quanto prima passare da un nuovo aumento di capitale il cui esito, questa volta, non sarebbe scontato.

Finora il top management ha gettato acqua sul fuoco: non c'è alcun bisogno di chiedere a soci di mettere mano al portafoglio. I numeri tuttavia non sono così rosei. Sulle spalle dell'editore grava un debito di 487 milioni di euro, 3 volte superiore al patrimonio e 7 volte al margine operativo lordo.

Considerando gli incassi derivanti dalla cessione di Rcs Libri a Mondadori, il debito scenderebbe, secondo le stime, intorno ai 350 milioni. Ma anche così il debito sarebbe comunque cinque superiore al margine operativo lordo, quando il campanello d'allarme suona già una volta che siano superate le tre volte.

Persino Mediobanca, che pure è azionista dell'editore, ha dovuto ammettere che «il debito resta un problema che ha bisogno di essere risolto» per poi augurarsi «un accordo con i creditori sul rifinanziamento». Considerando che Piazzetta Cuccia è tra i creditori di Rcs (insieme a Intesa Sanpaolo, Ubi Banca, Mediobanca, Unicredit, Bnp Paribas, e Bpm), la considerazione sembrerebbe di buon auspicio posto che già quest'anno vanno a scadenza 58 milioni di finanziamenti e il prossimo 144 il prossimo.

e trattative sono in corso da tempo e i vertici sperano in un accordo entro fine mese. Qualche dettaglio potrebbe emergere con il cda sul bilancio 2015 previsto il 22 marzo.

C'è da sperare che l'accordo vada in porto posto che, dopo anni di vendite (da Flammarion a Rcs Libri), ormai di preziose attività da mettere in vetrina per rifinanziare casse del gruppo non ce ne sono più, al di là dei due pilastri Corriere della Sera e La Gazzetta della Sport.

Proprio il cdr della Gazzetta è ritornato su uno degli scenari ipotizzati dal mercato e smentiti dai vertici: la creazione e la messa in vendita di un polo sportivo (comprendete anche Marca e Rcs sport). «Vigileremo perché la Gazzetta non sia svenduta per fare cassa» promette il cdr per poi aggiungere: «Tra l'altro sono già iniziate le grandi manovre che porteranno presto a una divisione tra Gazzetta e Corriere».

Sul mercato gli operatori scommettono sul fatto che Diego Della Valle (al 4,6% del capitale di Rcs) e Urbano Cairo (al 7,3% del capitale), alla fine, raccolgano la sfida. Ma è anche vero che entrambi gli imprenditori sono ben noti per essere molto oculati nei propri investimenti. Due anni fa Cairo era riuscito addirittura acquistare La7 non solo senza debiti, ma persino con una cospicua dote. Impresa difficilmente replicabile nel caso di Rcs.

da http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_...119963.htm
 
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#90
La Stampa-Repubblica, quanti dubbi. Cairo e Della Valle, mani sulla Gazzetta?

di Luca Borioni
03 marzo alle 19:00
Scusate il fuoripista, cari utenti di calciomercato.com ma come avrete già appreso, è nato un nuovo e importante gruppo editoriale: La Stampa e Repubblica fanno ora parte di un’unica e comune proprietà. Ieri l’annuncio è stato dato ai dipendenti delle rispettive aziende, mentre è già tempo di reazioni e di analisi. Vorremmo parlarne anche qui, su questa piattaforma libera da padroni ingombranti o logiche aziendali. E non dite: che c’entra con il calcio? Ci muoviamo pur sempre sul comune terreno dell’informazione.

Il dettaglio più evidente è quello della quota di mercato: la nuova realtà editoriale, forte delle posizioni storicamente acquisite dal gruppo L’Espresso e da Itedi (ovvero il gruppo che a sua volta era stato da poco creato con la fusione tra La Stampa e Secolo XIX) va ad occupare il 20% nel settore editoriale, diventando di fatto leader assoluto. Questo potrebbe far pensare a strategie di sostanziosi investimenti nell’informazione digitale, in una pronta risposta alla crisi inarrestabile del giornalismo tradizionale e quindi in nuove strade editoriali da percorrere. Ma verosimilmente bisogna considerare altri scenari. Il modello di business legato al giornalismo tradizionale non esiste più, ai grandi giornali sono rimaste solo grandi spese. Sulle cause potremmo discutere a lungo. La miopia degli editori è stata (ed è) inconfutabile.

D’accordo che ovunque nel mondo i ricavi della carta stampata si sono ridotti e la pubblicità è scappata, ma almeno negli Usa come altrove in Europa, hanno lavorato e lavorano per studiare strade alternative, cosa che da noi avviene sempre, nel caso, solo di rimbalzo e con imbarazzante ritardo. Comunque i conti ancora non tornano e come la precedente fusione “di successo” sull’asse Torino-Genova ha portato a una riduzione di posti e ai soliti prepensionamenti, così si può immaginare che anche i primi passi del nuovo megagruppo saranno inevitabilmente orientati a un ridimensionamento occupazionale. Del resto questo accordo era nell’aria da tempo e arriva singolarmente in coincidenza con l’annunciata nuove legge sull’editoria che porterà nuovi fondi agli editori da usare anche per i prepensionamenti. Il nuovo gruppo peraltro si annuncia politicamente in linea con il Governo attuale e in questo senso l’appiattimento ideologico che si può prevedere non entusiasma. Ma si sa che di questi tempi l’informazione controcorrente è affidata a poche e piccole testate, tipo Il Fatto.

In ambito sportivo un’operazione simile l’avevamo già registrata anni fa con l’accorpamento di Tuttosport al gruppo Amodei, editore del Corriere dello Sport. Non si ricordano conseguenze positive, se non ciò che gli editori interessati in queste circostanze ogni volta paventano: se non avessimo fatto così, questo giornale avrebbe chiuso. Un classico della scena editoriale italiana dove – come segnala anche Luca Sofri nella sua riflessione online - il concentramento dei grandi gruppi editoriali è una tendenza ricorrente e passa tra l’altro sempre dalla solita cerchia di direttori intercambiabili. La svolta decisa dalla famiglia Agnelli, d’intesa con i De Benedetti ha segnato anche l’uscita della Fiat (ora Fca) da Rcs dove fino a ieri Elkann (nella foto di lastampa.it) ed Exor detenevano una partecipazione ormai storica. Anche da quelle parti si prevedono smottamenti. Qualcuno sussurra che nel cda del Corriere della Sera entrerà presto un nuovo azionista (Caltagirone?) con conseguente possibile sinergia con Il Messaggero e passaggio della Gazzetta dello Sport ai già presenti (nel cda) Cairo e Della Valle. Nuovi cambiamenti epocali in arrivo sull’orizzonte mediatico, ma perché è così difficile credere che saranno davvero novità interessanti e da condividere?

da http://www.calciomercato.com/news/la-sta...lla-633195
 
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#91
La Rcs vende La Gazzetta dello Sport ?
Posted on Mar 7 2016 - 5:33pm by Maria Lorenzini

Dopo la separazione con la Fca, la Rcs potrebbe vendere il quotidiano sportivo più letto
È notizia di questa settimana della fusione tra le società editrici di “La Stampa” e “La Repubblica” che porterà all’uscita di scena di FCA dalla RCS. E questo evento porterà ripercussioni sulla società che detiene i due quotidiani più letti d’Italia che sono il “Corriere della Sera” e “La Gazzetta dello Sport”.

Verso la vendita della “rosea” ?
E adesso che cosa succederà alla RCS dopo l’addio di FCA ? Voci di corridoio parlano di separazione tra il “Corriere della Sera” e “La Gazzetta dello Sport”. E infatti si parla insistentemente della vendita della storica “Rosea” che è il quotidiano sportivo più letto d’italia e uno dei più letti d’Europa. Acquistata dalla Rizzoli nel 1976, per 38 anni la Gazzetta dello Sport ha avuto sede in Via Solferino nello stesso palazzo che ospita il Corriere della Sera. Dal 2014 la sede della “rosea” si trova in Via Angelo Rizzoli a Milano, nel palazzo della RCS MediaGroup nel quartiere di Crescenzago. In questi due anni è successo di tutto, compresa la nascita di Gazzetta Tv, il canale sportivo che trasmetteva sul canale 59 del digitale terrestre, il quale è però durato solo dieci mesi; la sua chiusura ha causato un grave danno d’immagine al quotidiano che quest’anno compie i suoi 120 anni di vita.

Tra i pretendenti Cairo e i gruppi Groupe Amaury e Le Dernière Heure
Se ci sarà la vendita della “Gazzetta dello Sport” da parte di RCS, i pretendenti all’ acquisizione del giornale non sarebbero pochi. Favorito per l’acquisto del giornale sarebbe Urbano Cairo (editore di La7 e dei giornali DiPiù, DiPiù Tv e For Men e presidente del Torino Football Club) che è socio nella RCS, ma gli avversari non mancano, e sono i francesi del “Groupe Amaury”, proprietario dei giornali francesi “Le Parisen” e “L’ Equipe” e i belgi del gruppo “Le Dernière Heure” che è uno dei giornali più letti in Belgio. E l’interessamento del gruppo francese e del gruppo belga per la “Rosea” sarebbe anche in ottica RCS Sport (che organizza il Giro d’Italia). Infatti il gruppo francese è proprietario della ASO (che organizza il Tour de France”), mentre il gruppo belga è sponsor della Liegi-Bastogne­-Liegi (organizzata dalla stessa ASO), questo porterebbe a un monopolio dell’ASO sui tre Grandi Giri del Ciclismo (Giro, Tour e Vuelta). Non è escluso infine un interessamento del Gruppo Amodei (che detiene il “Corriere dello Sport” e “Tuttosport”) e del Gruppo Angelucci (che detiene “Libero”).

da http://news.superscommesse.it/altri-spor...rt-161326/

SarriTheBest,

Tu ci credi alla vendita dalla Gazzetta dello Sport ?
 
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#92
SarriTheBest.

Tu credi a Babbo Natale?
 
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#93
Le piste estere mi sembrano un po' fantasiose: ASO acquisterebbe solo se vede la possibilità di prendere tutto il pacchetto, ma così avrebbe tutte le più grandi corse del ciclismo mondiale e non credo proprio che sarebbe cosa gradita a molti; i belgi... boh.

Purtroppo Cairo sembra il più accreditato: dico purtroppo perché di solito va molto al risparmio su tutto ciò che fa, andando ovviamente ad intaccare sulla qualità dei suoi prodotti. Magari farà anche bene un po' di austerity in Gazzetta, però alla lunga rischi di pagare...

Citazione:Non è escluso infine un interessamento del Gruppo Amodei (che detiene il “Corriere dello Sport” e “Tuttosport”)

Sulla carta sarebbe una cosa bruttissima monopolizzare l'informazione sportiva in questa maniera Doh
 
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#94
SarriTheBest,

Che ne dici dell' ipotesi che a acquistare la RCS Sport sia la "Flanders Classics" (che è la società organizzatrice del Giro delle Fiandre) ?
 
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#95
Cairo favorito per l’acquisto della Gazzetta dello Sport. RCS Sport a ASO o alla “Flanders Classics”

Continuano a essere sempre più insistenti le voci di una vendita della “La Gazzetta dello Sport”. Voci che si sono sempre circolate di più anche alla partenza della Tirreno-Adriatico (gara organizzata da RCS Sport per conto della Gazzetta dello Sport).
Il favorito per l’acquisizione della storica “Rosea” che a aprile compirà i suoi primi 12o anni è ancora Urbano Cairo (l’ editore di La7, Di Più, Di Più Tv, Diva e Donna e For Men e presidente del Torino Football Club) che è nel Cda della Rcs. Ma c’è ancora l’interesse dei francesi del “Groupe Amaury” (editore del “L’ Equipe”) e dei belgi del “La Dernière Heure” (editori di un giornale che è uno dei quotidiani più letti in Belgio, e di un quotidiano sportivo che è il più letto in Belgio).

Se la Gazzetta dello Sport finirà nelle mani di Cairo, allora si aprirebbe la questione RCS Sport che è il braccio organizzativo della “Rosea” e organizza Tirreno-Adriatico, Milano-Sanremo, Giro d’Italia e Il Lombardia. Ovviamente ci sono i pretendenti all’acquisto della RCS Sport che sono l’ ASO e la “Flandres Classics”. L’ ASO è la più grande organizzazione sportiva d’europa (organizza Tour de France, Parigi-Nizza, Parigi-Roubaix, Freccia Vallone, Liegi-Bastogne-Liegi di ciclismo e il rally raid Dakar). E l’ ASO entra in gioco con le due cordate straniere interessate alla Gazzetta dello Sport, infatti l’ ASO è di proprietà del “Groupe Amaury”, mentre “La Dernière Heure” è uno degli sponsor della Freccia Vallone e della Liegi-Bastogne-Liegi che sono organizzate dall’ ASO. La “Flandres Classics” è la società organizzatrice del Giro del Fiandre e delle più importanti corse fiamminghe del ciclismo, e a Cairo non dispiacerebbe che la RCS Sport venga ceduta ai fiamminghi della “Flandres Classics”.



Probabilmente il destino della Gazzetta dello Sport e della RCS Sport verrà deciso entro aprile o nei prossimi mesi.

da http://news.superscommesse.it/altri-spor...cs-162356/
 
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#96
SOS CORRIERE - DOPO LA FUGA DEGLI AGNELLI, CHI SARA’ IL CAVALIERE BIANCO CHE SALVERA’ L’RCS DAL RISCHIO DEFAULT? – BAZOLI E MEDIOBANCA INCASSANO IL “NO” DEI ROCCA E MALACALZA – COME LA FIAT HA MAL GESTITO IL CORRIERE SECONDO IL MOTTO AUREO DI CORSO MARCONI: FARE PULIZIA IN CASA PROPRIA E RIFILARE I BIDONI DELLA SPAZZATURA NEL CORTILE DEL VICINO

Luca Cordero di Montezemolo, neo amministratore delegato per il settore audiovisivo, pagava 20 milioni di dollari per il 3,6% della casa di produzione americana Carolco Pictures; viene acquistato il 5% della Carlton Television e il 46% di Unedisa, proprietaria del quotidiano spagnolo El Mundo... -

E’ trascorsa quasi settimana dall’annuncio ufficiale che l’ex Fiat avrebbe abbandonato la corazzata Corriere incagliata in un mare di debiti e con una plancia di comando che fa correre il pensiero agli ammutinati del Bounty. E nel giorno che il primo ufficiale Sergio Marchionne e il guardiamarina Kaky Elkann passavano armi e bagagli sul veliero rivale armato da Carlo De Benedetti (Espresso-Repubblica), la notizia choc non ha trovato spazio nella prima pagina del quotidiano diretto da Machete Fontana, che festeggiava i 40 anni di vita del giornale fondato da Eugenio Torelli Viollier.

Uno zelo peloso (tramutatosi nell’ennesimo infortunio giornalistico) affezione che, secondo Michel de Mointagne, colpisce principianti e inesperti. Ma nel suo comunicato del giorno dopo la redazione sosteneva invece, un po’ ribalda, “che non sono sempre i migliori quelli che se ne vanno”. E, lasciava intendere che morto un papa-padrone se ne trova sempre un altro disponibile a tappare le falle del Corriere.

Come a dire? Guardiamo avanti senza chiedersi nemmeno delle ragioni (alcune reali) per le quali i nipoti dell’Avvocato hanno fatto fagotto. Ma all’orizzonte di via Solferino stavolta non sembra esserci quel Cavaliere bianco pronto a rimettere sulla rotta la corazzata che affonda. Da mesi, infatti, sia il pio Abramo Bazoli sia la Mediobanca di Nagel e Pagliaro (mediatori fallimentari), a conoscenza delle intenzioni dell’azionista di maggioranza Fca, hanno sondato alcuni grossi imprenditori (la famiglia Rocca e Vittorio Malacalza in primis) per capire se erano interessati al progetto di rilancio dell’Rcs.

La risposta secca è stata “no, grazie”. Anche perché s’imbarcherebbero su un bastimento da cui tutti voglio scappare: da Mediobanca, secondo azionista, a Banca Intesa poiché l’angelo custode del Corriere avrà in futuro poteri marginali nella nuova governance dell’istituto. A causa soprattutto della crisi bancaria. gli eventuali nuovi azionisti avrebbero ben poco da barattare com’è avvenuto in passato nei “patti di sindacato” e nei “salotti buoni” di cucciana memoria. Tanto amati anche da Gianni Agnelli che si è servito del Corrierone – come vedremo - per scopi ben diversi e meno aristocratici dal suo “amore” dichiarato per la carta stampata.

L’Avvocato poi amava ripetere che a guidare l’auto era sempre lui, per abitudine. E non soltanto. “Quando si andava a cavallo – aggiungeva nella sua metafora da ex soldato della scuola equestre di Pinerolo - c’è chi preferisce stare a cassetta e chi sceglie di sedersi comodamente in carrozza. Io preferisco stare a cassetta”. A differenza del nonno, i suoi giovani eredi Elkann hanno scelto di affidare le redini dell’azienda al postiglione elvetico Sergio Marchionne, che nel giro di qualche anno li ha scarrozzati brutalmente fuori da quella Torino dove tutto, come già osservava Friederich Nietzsche a metà dell’Ottocento, “era stato imposto un unico gusto, quello della Corte e della noblesse”.

Già, la Torino della Dinastia degli Agnelli, pur senza lombi nobili, e della loro Fiat che adesso depone il suo scettro appannato, comprese le posate di famiglia – il quotidiano la Stampa scippata dal nonno fondatore ai Frassati -, per consegnarle nelle mani del suo storico rivale sabaudo Carlo De Benedetti.

“Per me la Stampa e la Juventus vogliono dire moltissimo sentimentalmente”, aveva sempre dichiarato l’Avvocato. E in più occasioni aveva spiegato che per lui anche il Corriere della Sera “era un simbolo”. In realtà, il giornale milanese era soltanto uno strumento di potere per il suo tornaconto personale nei giochi (sporchi) della politica e della finanza (marcia).

Tant’è che gli Agnelli sono entrati e usciti dalle stanze di via Solferino ben tre volte neanche si trattasse di un albergo diurno da utilizzare per bassi servizi. E l’hanno fatta da padroni sia nel breve interregno con i Crespi e i Moratti (1972-74) sia, attraverso la finanziaria Gemina-Mediobanca, nel lungo periodo che va dal 1989 al 1998.

“L’entrata nella Rizzoli (post crac P2, nda) è un’operazione di pulizia. Si è trattato di una purificazione ambientale, un dovere di disinfestazione”, dichiarò l’Avvocato con parole crude (e ingenerose) che oggi sembrano riecheggiare (sinistramente) quelle del nipote Yaki (terzo ingresso della Fiat con toccata e fuga) al momento del suo abbandono dall’Rcs. Gruppo decotto di cui l’ex Fiat con il 16% era il primo azionista.

“Tentennavamo e il più riluttante a prendere il Corriere era Cuccia”, ha raccontato Cesare Romiti nel suo libro di memorie raccolte da Giampaolo Pansa. Ma alla fine di quel decennio, dove alla presidenza dell’Rcs si alternarono Giorgio Fattori e Alberto Ronchey, nonostante un fatturato record (3 mila miliardi di vecchie lire) i debiti del gruppo si erano più che raddoppiati (600 miliardi); gli oneri finanziari da 30 miliardi annui nel 1992 sfioravano i 90. Alla fine dell’opera di “pulizia” (sic) annunciata da Agnelli il buco di bilancio del gruppo superava 1.300 miliardi.

Un “rosso” da lasciare in eredità, ovviamente, al secondo “patto di sindacato” (1997-2013) che subentrerà ai torinesi in fuga. Ma gli “utili” (politico-aziendali), ovviamente, resteranno nella cassaforte della famiglia Agnelli. Nell’anno di grazia 1995, la stagione nera dell’espansione e dei raggiri finanziari in Italia e all’estero dell’Rcs agnellesca, le case editrici Fabbri, Sonzogno, Etas, Bompiani e Adelphi, sono rifilate dalla finanziaria degli Agnelli (Ifi) all’ex Rizzoli per oltre 307 miliardi di lire contro gli scarsi 100 milioni di euro che dovrebbero essere incassati oggi per la cessione dell’intera Rcs libri (gli stessi marchi) alla Mondadori. E nel 1993, con l’aiuto di Mediobanca, attraverso un’Opa oscura su cui hanno indagato Consob e magistratura, vengono rilevate anche tutte le azioni dell’ex gruppo Ifi-Fabbri ancora in optate.

Tutto, insomma, secondo il motto aureo di Corso Marconi: fare pulizia in casa propria e rifilare i bidoni della spazzatura nel cortile del vicino. Altro che derattizzazione al Corriere! Un anno dopo Luca Cordero di Montezemolo, neo amministratore delegato per il settore audiovisivo, pagava 20 milioni di dollari per il 3,6% della casa di produzione americana Carolco Pictures; viene acquistato il 5% della Carlton Television e il 46% di Unedisa, proprietaria del quotidiano spagnolo El Mundo.

La tragica espansione in terra iberica ha inizio, infatti, nel 1991 e si completerà nel 2007 con la conquista, a caro prezzo, di Recoletos (investimento perfezionato a 1,1 miliardi di euro).
Non finisce qui, però, la sequela delle scorribande disastrose e degli errori commessi dall’Rcs Editori targata Fiat e dei suoi manager fidati di cui soltanto oggi si ricordano giornalisti e operai del Corriere: acquisizione del portafoglio della pubblicità Rusconi in Grecia; joint venture con la francese Hachette; 77 miliardi buttati negli audiovisivi; altri 78 milioni bruciati per sanare la Carolco.

Di sicuro nei brevi e lunghi soggiorni al Corriere la Fiat degli Agnelli e i suoi proconsoli titolati, non hanno fornito prova di buona e capace amministrazione. Anzi. Tant’è che l’Avvocato si è preso pure il lusso, oltre a nominare i direttori d’intesa con Dc-Psi (Stille, Ostellino, Mieli) di lasciare l’Rcs - poi diventata Hdp -, a Cesare Romiti al momento di liquidarlo da presidente della Fiat. E anche l’avventura dell’ex numero uno della Fiat si è terminata con un clamoroso fallimento. Già, la solita maledizione del Corriere!

Il resto, di là delle balle del giovane Yaky Elkann, è storia nota. Nell’ultima gestione Fiat dell’Rcs, quella conclusasi qualche giorno fa e anticipata in novembre da Dagospia, oltre a far vittime tra i dipendenti e svendere i libri e alcune gloriosi settimanali (il Mondo, l’Europeo, Novella2000 etc) è stata alienata anche la sede storica di via Solferino nel silenzio pavido di quella borghesia milanese e di una classe intellettuale e professionale che già aveva rotto il suo ultracentenario rapporto con il Corrierone.

“A mio parere il Corriere della Sera, sia pure con i mutamenti portati dai vari direttori, ha sempre avuto un sottofondo liberale-liberista e conservatore o moderato”, ha scritto domenica Eugenio Scalfari nel tentativo (parziale) di confrontare il vecchio Corriere con la sua progressista la Repubblica. La verità è che il quotidiano post Albertini - da Mussolini al cazzaro Renzi - è stato sempre filogovernativo. E nel celebrare il primo sorpasso della Repubblica sul rivale milanese (1986) il sommo Eugenio non fa cenno allo scandalo della P2-Rizzoli che mise in ginocchio il concorrente. Né ricorda il “patto di non belligeranza” che fu firmato a Castel Fibocchi, in casa del massone deviato Licio Gelli, tra Carlo Caracciolo e Bruno Tassan Din, l’anima nera di Angelone Rizzoli.

Ma se Torino ha le sue colpe e anche le sue ragioni (altro che salvatori delle rotative di via Solferino!) i responsabili del dissesto editoriale ed economico del Corrierone sono – senza eccezione alcuna – anche i Lor signori dei poteri marciti, spesso in conflitto d’interessi, che hanno usato il loro giornale per proteggersi sotto quella testata, fregandosene bellamente dei bilanci in rosso profondo, delle imprese rischiose e se le azioni Rcs crollavano in Borsa.

E sotto l’ombrello dell’impunità (a mezzo stampa), sia pure ottenuta a caro prezzo, troviamo il pio Abramo Bazoli (Banca Intesa), la Mediobanca di Cucia, Maranghi, Nagel e Pagliaro, i Pesenti, i Merloni, i Romiti, i Della Valle, i Ligresti, i Geronzi e il probo notaro Marchetti che decantava in pubblico la bontà dell’operazione-truffa Recoletos.

Due parole sulle rappresentanze sindacali del Corriere. Nel primo comunicato (4 marzo) il comitato di redazione scrive che “non sempre i migliori se ne vanno” (Fiat-Fca) accusando gli Agnelli di aver “impoverito” il giornale “con scelte industriali disastrose”. Ma negli anni della seconda direzione di Flebuccio de Bortoli (2009-205), abile mediatore tra proprietà e redazione, tutte (dico tutte, compresa la vendita della sede di via Solferino) le “scelte disastrose” dell’ad Scott Jovane hanno ricevuto - anche per via referendaria - il via libera dei giornalisti.

E si trattava di tagli dolorosi alle testate, dei pre pensionamenti, della cassa integrazione, degli orari di lavoro triplicati, della vendita del palazzo storico di via Solferino… Neppure un giorno di sciopero. E il discorso vale anche per i sindacati dei lavoratori (Cgil, Cisl, Uil) che, bontà loro, adesso rivendicano di avere fatto “accordi dolorosi” con la proprietà e di essere stati ingannati dagli Agnelli. Già, la pax sindacale ha fatto molte vittime in via Solferino ma c’è anche qualche sindacalista che ha fatto carriera sia in redazione sia in tipografia.

da http://www.dagospia.com/rubrica-4/busine...120315.htm
 
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#97
 
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#98
Questa è una repubblica basata sul pallone, c'è poco da fare purtroppo...
Guarda anche la formula 1 in che spazietto è relegata Triste
 
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#99
Torna la cara vecchia Cazzetta, dopo la bella prima pagina dell'altro giorno.

Oggi Nibali ha vinto il Giro, l'Italia un amichevole.


Non l'Europeo. Sweat
 
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volevo comprarla e conservarla,come ho fatto quando Nibali ha vinto il Tour,ma quando ho visto la prima pagina,ci ho rinunciato.
 
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