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Chandra Cheeseborough
#1
Una ragazzona dalla potenza devastante, ben fatta, come quasi tutte le grandi atlete di colore statunitensi, ma con la tendenza ad ingrassare. Un problema che ne ha in parte limitato la progressione agonistica, comunque di primissima nota. Il suo nome dirà poco a quel fragile diaframma che spesso è la memoria, reso sempre più tenue dall’incapacità storica dei media di dare linfa, con adeguate retrospettive, a coloro che nella forma artistica sportiva, hanno lasciato tracce ed opere. Eppure, negli anni ottanta, in particolare, l’abbiamo vista parecchie volte correre con quell’ampia falcata che l’ha contraddistinta sulle piste più nobili dei meeting e delle gare che contano. Il suo cognome, Cheeseborough, rappresenta uno rompicapo soprattutto per la digitazione, mentre il suo nome Chandra, chissà perché, si inquadra perfettamente con la sua figura. 
[Immagine: CgmYx2xW0AICuCE.jpg]
Dunque, è di Chandra Cheeseborough che sto parlando, e di lei voglio riportare, da subito, il ricordo struggente che accompagnò il suo intervento presso la Missione di Wesley in Australia, durante le Olimpiadi di Sydney. Davanti ad una platea di giovani con problemi di tossicodipendenza, ammise che nel 1988, a carriera chiusa, solo la sua profonda fede la salvò dalla cocaina. “Mi ero giocata tutto quello che avevo guadagnato in anni ed anni di sport – disse – avevo già accumulato un debito di duecentocinquantamila dollari e stavo andando a spendere gli ultimi diecimila, la cifra che, di solito, mi serviva alla settimana, quando mi donai a Dio. Ho creduto fortemente in lui, ed ho trovato il suo aiuto per uscire da quel tunnel. Sono ritornata alla vita, ho ripianato i debiti e mi sono stretta alla laurea che mi ero guadagnata qualche anno prima. Oggi sono un’allenatrice e sono serena”. 
Già, quella droga che sovente circuisce l’atleta, quando i fuochi di carriera si stanno spegnendo e non si riesce a concepire la vita al di fuori di quel palcoscenico che, negli anni, era divenuto esclusivo, lasciando finestrelle distorte sul resto. Chandra, una dei tanti ex dello sport che stava per cadere in completa disgrazia, ma che riuscì, fortunatamente, a salvarsi e ritornare la persona gradevole e cordiale che per oltre un decennio aveva calcato le piste di atletica leggera. 
La sua carriera.
Nata a Jacksonville in Florida, la stessa località natale dell’immenso Bob Hayes, il 10 gennaio 1959, si mise in luce da subito, già ai tempi della High School, nelle medesime specialità del grande concittadino. 
Nel 1975, a soli sedici anni, da autentico prodigio, fu selezionata per i Giochi Panamericani di Città del Messico. Qui, vinse i 200 metri in 22”77, che costituiva il record statunitense assoluto. L’anno dopo, a conferma di un crescendo incredibile, stabilì il primato mondiale juniores sui 100 metri, rimasto imbattuto per quasi 40 anni, correndo in 11”13 e si guadagnò, agli “Olympic Trials” di Eugene, la partecipazione alle Olimpiadi di Montreal su ambedue le distanze veloci. 
Ai Giochi, finì poi sesta sui 100, ma era nettamente la più giovane fra le finaliste. Entrata nell’Università del Tennessee, trovò nel grande tecnico Ed Temple, colui che seppe forgiarla ulteriormente, fino a darle le basi per un futuro da allenatrice. 
Nel 1979, vinse a tempo di record mondiale le 200 yard ai campionati statunitensi indoor. Nel 1980, finì seconda dietro la Ashford nei “trias” sui 100 e vinse i 200, staccando, di conseguenza, il biglietto per la partecipazione alle Olimpiadi di Mosca, in entrambe le distanze nonché nella staffetta veloce. Ma la grande occasione sfumò, a causa del boicottaggio americano e per Chandra iniziò un periodo di involuzione tecnica, dovuta in parte a problemi di peso. Nonostante ciò, vinse a più riprese i campionati statunitensi indoor sui 200 yard (1981-’82-’83) e con l’Università del Tennessee, trionfò con relativi record mondiali ai campionati USA, nelle staffette ufficiose sulle 640 e 880 yard. 
Queste escursioni sulle distanze più lunghe, la convinsero, pur non abbandonando la velocità, ad un impegno più diretto sui 400 metri. Ed infatti, agli Olympic Trials in previsione delle Olimpiadi di Los Angeles, fu la protagonista vincente sulla distanza classica della velocità prolungata, nonché piazzata sui cento. Si presentò così ai Giochi da favorita sui 400, ma fu beffata di poco, dall’emergente connazionale Valerie Brisco-Hooks. Si rifece vincendo gli Ori con le staffette 4x100 e 4x400. Era la prima atleta nella storia a riuscirvi. 
All’indomani dei successi olimpici, iniziò la parabola discendente nella carriera della Cheeseborough, in gran parte dovuta all’incontro e al consumo di cocaina. 
Lasciò l’atletica ancor giovane, nel 1986, a soli 27 anni. 
[Immagine: hqdefault.jpg]
Superati i problemi di droga, nel 2000, l’Università del Tennessee le diede l’incarico di prima assistente dell’anziano allenatore Ed Temple e, dal 1994, Chandra è la prima allenatrice del settore femminile dell’Università. In tutti questi anni ha poi saputo conquistarsi una grande stima nell’ambiente e, nel 2008, ha condotto le ragazze statunitensi della velocità e degli ostacoli, alle Olimpiadi di Pechino. 

Maurizio Ricci detto Morris
 
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[+] A 2 utenti piace il post di Morris
#2
Ricordo questa atleta ma un po' vagamente, forse senza il boicottaggio di Mosca avrei fissato meglio nella memoria la medaglia d'oro dei 200. Così è rimasta nel mio limbo delle tante americane che ho visto in tv (o qualche volta allo stadio al Golden Gala). Da un nome a una storia, a una persona, e come sempre cambia tutto, i pochi secondi dei 100 o dei 200 metri diventano subito tutta la vita che c'è dietro, la meraviglia dello sport e delle storie che narra. 
Grande Morris!
 
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