E' un problema estremamente articolato.
Il nostro movimento sopravvive ancora perché ha radici profonde, c'è un discreto numero di società minori che lavora benino con i giovani, ci sono realtà territoriali dove il basket è molto seguito. Però...
A livello di Federazione si fa poco, senza idee e senza analizzare i problemi per cercare soluzioni. La grande preoccupazione di un Petrucci è quella della nazionale e delle Olimpiadi. In Italia se non vai alle Olimpiadi e non hai chance di medaglia conti poco e nulla: una magnifica idea dello sport e del suo valore...
Nel frattempo, tante società storiche soffrono, quando non svaniscono. E le normative sportive sembrano stare lì apposta per aiutarle a svanire.
La VIRTUS Roma

(che per ovvi motivi conosco meglio), dopo essersi autoretrocessa (

) per insostenibilità economica della massima serie (

), ha rischiato di sparire lo scorso anno per alcune ore di ritardo nel pagamento dell'iscrizione al Campionato di A2... La Federazione l'ha subito esclusa (nessuna clausola di salvataggio, nessuna previsione di multa, cancellazione e via

), vincendo però il ricorso che l'ha riammessa (un po' di pastrocchi della stessa Federazione nello stabilire le scadenze).
Le due storiche bolognesi (Basket City...) hanno attraversato mille traversie, ripartendo dalle serie minori. L'abbandono di Benetton ha messo al tappeto Treviso, che solo pian piano sta provando a risalire. Siena è crollata tra le magagne del Monte Paschi e i magheggi del solito dirigente sportivo italico integerrimo e moooolto competente (nel gioco delle tre carte, oltre che, obiettivamente, anche nel basket). Realtà storiche come Cantù e Varese, che mantengono un grande seguito di appassionati, sopravvivono a fatica.
Tante le società svanite nel nulla: tradizioni, memoria, cultura del territorio e dello sport, valori sociali alla fine... Più nulla. Alla politica tutto ciò non interessa, evidentemente, nonostante si tratti di investimenti irrisori (detassazioni, fruibilità di impianti, piccoli fondi di salvaguardia) e di valori sociali che avrebbero un forte ascolto, a livello di percezione cittadini (tifosi, in questo caso) - istituzioni e, in fondo, anche a livello di voti.
Tanti i problemi, a partire dalla mancanza di buoni impianti a costi sostenibili per le società (in Italia manca la cultura della polivalenza degli impianti, così da favorire lo svolgimento di molte manifestazioni e quindi il ritorno economico).
La crescita dei giovani è affidata alle singole società, spesso con mezzi scarsi, senza validi supporti, né norme che aiutino. la Federazione interviene di fatto solo con le nazionali giovanili e anche questo non è molto, si va per giocare e vincere il più possibile, la crescita dovrebbe essere un corollario. Un esempio di idea? Un training camp annuale organizzato dalla Federazione per i giovani lunghi (ne abbiamo sempre pochissimi che sembrano promettere qualcosa), fortemente mirato sulla crescita tecnica e atletica. Si potrebbe persino trovare uno sponsor.
In Italia non si sa quasi cosa sia il gioco spalle a canestro, ai lunghi si insegna a tirare da tre o quattro metri e a passare la palla (e prendi i rimbalzi che ti riesce di acchiappare).
Non ci sono regole che salvaguardino la società formatrice: alla fine del contratto il giovane va dove vuole, chi ha qualche soldino in più lo ingaggia e via. Questo è un ambito dove pensare qualcosa, ad esempio, creare maggiori interessi intorno alla formazione.
La maggior parte degli appassionati è contraria alle norme "salva Panda" (i giocatori italiani

). Tra l'altro, le regole si dibattono tra realtà diverse, quella europea (che non ne ha, puoi pure schierare 12 giocatori di nazionalità diversa da quella del club), quella Bosman (cittadini comunitari tutti uguali) e quelle nazionali (tutte le Federazioni hanno clausole che impongono un minimo di giocatori di "formazione sportiva" della propria nazione, concetto che aggira la Bosman).
Uno dei punti è che quasi sempre lo scarto dello scarto del basket USA, che abbia anche una nazionalità acquisita da comunitario o meno, è molto più forte del giocatore italiano medio. Le pochissime eccezioni, i giocatori italiani da quintetto a livello europeo / serie A1 o almeno da rotazione vera in A1 chiedono ed ottengono ingaggi decisamente maggiori del loro effettivo valore. E i migliori, come Datome o Melli, questi soldi li ottengono all'estero che in Italia ne girano pochi (giusto l'Olimpia di Armani potrebbe permetterseli).
Così i panda trovano il loro contratto sovradimensionato e giocano anche poco. Non è un meccanismo valido.
Non si analizzano queste tematiche e non si pensa in termini di nuova società globale, anche in relazione alle diverse opportunità multimediali. La A2 prevede sì un abbonamento via internet per le varie partite, ma è una cosa buttata lì, non ben pensata e non promossa.
Una idea potrebbe essere quella di rivedere completamente i campionati professionistici, collegandoli agli obiettivi europei e di media, cercando di creare realtà dove i giocatori italiani giochino davvero a livelli via via maggiori, adeguati ala loro crescita. A parte i rari talenti, che arrivano a giocare davvero in A1, tanti giovani che potrebbero crescere marciscono in panchina... Non giocano in A2 per i contratti che ottengono e perché i loro 5 minuti a partita
servono alle squadre di A1, non giocano in realtà nemmeno in A1... Non giocano e basta.
Gallinari in tutto questo è un oggetto strano, uno che saprebbe giocare davvero a basket... E che tira un cazzotto e si rompe una mano alla seconda amichevole...
Ma sarebbe cambiato poco.