Dolore senza tempo
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Mi occupo di delinquenza minorile da quasi 40 anni. Sono grato al mio lavoro, che mi ha consentito di vivere a lungo in una oasi fatta di pensiero e di umanità, lontana da tante modestie della Pubblica Amministrazione.
Il nostro settore ha avuto notevoli figure ad informarlo, da magistrati la cui cultura del diritto si avventurava nel creare civiltà piuttosto che ratificarne i mutamenti (ad esempio, superando definitivamente il concetto medioevale di minore come persona incompleta, per farne un pieno portatore di diritti) a sociologi e psicologi che hanno portato molte altre e fondamentali sfaccettature del pensiero della seconda metà del novecento.
Da un humus così ricco è nata una delle legislazioni più moderne in assoluto, probabilmente la più avanzata e meglio costruita del mondo. Quasi ad insaputa dei politici. Quando erano presenti, in qualche convegno o occasione istituzionale, proponevamo il nostro lavoro, le nostre analisi, e avevano quanto meno la sensibilità (i politici di allora) di percepire che stavano ascoltando reali esperienze di lavoro e di cultura, una fare quotidiano che veniva da lontano.
Lavorare con ragazzi a rischio significa contattare quotidianamente sofferenze molto grandi, devastanti perché incidono su persone giovanissime, che hanno pochi strumenti per decodificare quanto gli accade, che si incolpano, che reagiscono con un desiderio di distruggere, se stessi e/o gli altri. Quando ho iniziato a lavorare si parlava di trasgressione adolescenziale, ma abbiamo capito che noi non ci occupiamo di questo, ci occupiamo di sofferenza e distruttività, dei ragazzi come delle loro famiglie. Non è raro che i genitori crollino davanti alla nostra accoglienza, stanno male, non sanno cosa fare, sperano di poter essere aiutati a stare meglio. Nessun “buonismo”, avvertire di aver pagato, con le giuste proporzioni, libera davvero, permette di tornare a scegliere.
Il nostro sistema ha ridotto enormemente la detenzione e offre strade reali per cambiare, quanto meno per crescere, forse per cambiare in un momento successivo. Non è mai facile.
Impossibile qui entrare più profondamente nella tematica.
Mentre il mio percorso lavorativo volge al termine assisto al progressivo sfacelo di questo apparato. La politica non lo capisce, i “manager” di turno tanto meno. Una delle idiozie più grandi del nostro tempo è quella di una Pubblica Amministrazione che si dota di dirigenti – manager, un magnifico sottobosco di persone spesso mediocri che hanno in mente solo incarichi e l’evitare errori e responsabilità. “Manager” che durerebbero dai 3 ai 10 secondi nel privato.
Non c’è più spazio per la formazione, per la riflessione tecnica, cose che costano. Non ci sono più contatti con il mondo universitario. Servono “efficienza”, sistemi informatici (che spesso appesantiscono per come sono pensati) e analisi dei costi ridicole e miopi, fatte come i conti della spesa. Zero pensieri, zero cultura.
Quando riceviamo visite da altri paesi e parliamo del nostro lavoro e del nostro sistema vedo la scintilla dell’interesse di chi avverte come molte buone idee siano state trasformate in pratica di lavoro. Incredibile a dirsi, il nostro sistema di Giustizia minorile è nettamente migliore di quello francese, di quello tedesco, di qualsiasi altro. Una nota stonata per un paese come l’Italia, ci stiamo adoperando per demolirlo, infatti, senza nemmeno una reale intenzione, solo perché non sappiamo come si usa, non capiamo più come è fatto. Manca la memoria, manca la cultura e manca il desiderio di fare cose ben fatte.